giovedì 25 ottobre 2012

"Le Porte del Tempo: Passato" - Epilogo


Epilogo

Caro Diario,
E' notte fonda ed è trascorso soltanto un giorno da quando ho lasciato Venezia. Prima di partire il mio più grande timore era quello di non essere abbastanza preparato per ciò che avrei trovato al mio arrivo. Però, avevo tentato di convincere me stesso che non potesse trattarsi di nulla che non fossi in grado di gestire. Era da Damiano che mi stavo recando, era mio fratello ciò che avrei trovato alla fine del mio viaggio!
Mi sono illuso. Lui non ci ha messo molto a farmi comprendere che i miei timori erano fondati. Perchè davvero –
davvero!
- mi sono riscoperto ad essere del tutto incapace di affrontare ciò che mi ero ritrovato davanti: la sua freddezza, il suo distacco ad ogni costo.
Ho sempre saputo che Damiano non era come me, che tra di noi, che tra l'indole mia e la sua, c'era un abisso enorme, ma sono stato così ingenuo da non preoccuparmene abbastanza, forse. Vedevo qual era il suo atteggiamento nei confronti degli altri, dei nostri conoscenti e amici, di nostro padre e mi rendevo perfettamente conto che era un atteggiamento completamente diverso da quello che teneva con me. Con me era attento, premuroso a modo suo, protettivo oltre ogni limite ed estremamente rassicurante, nei modi e nelle parole. Forse sono stato troppo presuntuoso; ho creduto che per me avrebbe sempre fatto un'eccezione, che mi avrebbe sempre mostrato soltanto il suo lato più gioioso e comprensivo.
La realtà è stata dura d'accettare, lo è tutt'ora.
Ho la terribile sensazione che, d'ora in avanti, lui continuerà davvero ad esserci sempre per me, ma che il suo atteggiamento sarà questo: freddo, cinico, scostante...
Non so a cosa mai di buono porterà, non so neppure se finirò io stesso per cambiare così come è successo a lui. Sempre ammesso che a Damiano sia soltanto capitato e che lui non l'abbia voluto, certo. Mi riesce difficile, tuttavia, credere che lui non abbia avuto il controllo di qualcosa. Persino per quanto riguarda i sentimenti, gli unici in grado davvero di sfuggire al suo comando, mio fratello è riuscito a trovare un modo per esercitare il suo controllo, nel bene o nel male, semplicemente escludendoli quasi del tutto quando diventano troppo forti ed ingombranti. Anche in questo caso, nel caso dei sentimenti, avevo creduto di essere l'unica eccezione, l'unico per il quale non bloccava nulla di ciò che sentiva, eppure...
Mi sento terribilmente confuso, caro diario. Io ho desiderato la mia indipendenza e sono certo della mia scelta, ma sapere che avrei sempre potuto contare su un appoggio positivo di Damiano mi rincuorava. Ora dovrò camminare da solo, realmente da solo. Non escludo che addirittura le cose potrebbero mettersi peggio tra di noi, in futuro, perchè ormai tutto potrebbe essere.
E' giusto così? E' normale per due fratelli arrivare ad un punto di così forte distacco com'è quello a cui sento che siamo arrivati noi? Prima o poi va così per tutti? Ognuno fa la sua vita e...basta?
Domande, domande, domande....

Avrò mai delle risposte vere?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                     Stefano




 
Le cose si mossero in fretta per entrambi i fratelli dopo la partenza di Stefano da Venezia.
Damiano, che sentiva che la sua vita era stata di nuovo messa in subbuglio da quella visita più di quanto volesse dare a vedere, si ritrovò in preda alla rabbia e cominciò a
sbagliare
.
L'errore divenne presto una costante per lui a cui era bello aggrapparsi. Gli dava divertimento, soddisfazione e la serie di problemi che causava a se stesso gli davano da pensare quel tanto che gli serviva per non tornare sempre sul suo punto fisso: la sua famiglia che, essenzialmente, per lui era risieduta sempre in suo fratello soltanto e nel ricordo lontano di sua madre.
L'università aveva perso d'attrattiva e l'abbandonò senza rifletterci neppure troppo. Presto, Venezia stessa cominciò a stargli stretta e decise di spostarsi. Cominciò a vagabondare. Stefano una volta gli aveva detto che desiderava che lui trovasse la sua strada, lui sentiva di star facendo proprio quello, conoscendo il mondo alla sua maniera, ovviamente. Forse suo fratello aveva altro in mente, voleva per lui una vita degna di essere vissuta, ma era Damiano quello che non era così convinto di volerla una vita simile, non alle misere e ristrette condizioni che il mondo in cui vivevano imponeva, comunque.
C'era un motivo se si era sempre dato da fare per suo fratello e mai per se stesso. Aveva capito presto, infatti, che quello portato per la costruzione di un'esistenza degna entro quei canoni era Stefano, non di certo lui. Se mai fosse esistito qualcosa di adatto a lui, era piuttosto certo che non era lì, in quel mondo. Ma quello era l'unico mondo possibile, giusto? Non ne esistevano di altri. Tutto ciò che poteva fare era arrangiarsi di conseguenza.
Vagabondava da tre mesi quando si ritrovò vicino Firenze senza neppure accorgersene. Era da un bel pezzo che non faceva una sosta segreta in quella città e, dato che doveva essere ormai giunta la notizia della sua partenza da Venezia, decise che si sarebbe fatto vedere, avrebbe spillato qualche soldo a Giuseppe, avrebbe dato un'occhiata a Stefano e sarebbe ripartito per ritornare forse mai.
Il destino, però, era crudele. Spesso Damiano se l'era figurato come un grosso uomo vestito d'oro che puntava il dito a caso su un poveretto e gli rovinava l'esistenza. Mai aveva pensato che un giorno quel dito si sarebbe puntato su di lui e su Stefano, nello stesso momento e sotto forma di un angelo biondo dalle fattezze di donna, detentrice, tra l'altro, del mistero di quel mondo diverso nella cui esistenza Damiano non aveva mai davvero sperato.
Katherine entrò nella sua vita così, come aveva già fatto con Stefano, sulla soglia della villa dei Salvatore, con un sorriso timido e un inchino.
Tutto, da quel momento in avanti, senza che né l'uno né l'altro fratello potesse farci nulla, cambiò.





                                                   FINE




NOTE:Ciao a tutti e buon giovedì sera**
Allora, come sono andate queste settimane? A me praticolarmente bene, devo dire. Questa settimana soprattutto** Causa compleanno e prossimo weekend di festeggiamenti con le mie migliori amiche. XD
Ma, dato che della mia vita comprensibilmente poco vi interessa, passiamo a noi!
Siamo arrivati all'epilogo di questa prima storia tutta incentrata sul passato del Salvatore. Che dire, spero che vi sia piaciuta. Mi rendo conto che è stata una fanfiction diversa da quelle che scrivo di solito, parecchio triste, lo ammetto, ma anche difficile per me da scrivere. Questa, davvero, è stata fino ad ora la più complicata fanfiction che la mia povera mente abbia mai partoritoXD
Vorrei ringraziare tutti coloro che l'hanno letta silenziosamente. 
Ringrazio chi l'ha inserita tra le preferite, le seguite e le ricordate.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e, in particolare, annaterra che con i suoi meraviglisi commenti mi ha sempre fatto sciogliere *.* Tu, donna, sappi che ti lovvo un saccoXD 
Ma no, ma che dico? Io vi lovvo tutti!!!!! <3<3<3<3<3
Tornando seri, però, sapete - perchè mi rendo conto che ve l'ho ripetuto fino alla nausea XD - che questa era soltanto la prima storia di una serie di tre. Perfetto! Quindi, immagino che adesso starete pensando che mi prenderò un pò di tempo e poi tornerò con "Le Porte del Tempo: Presente".
Beh...vi sbagliateXD Dato che, come vi dicevo, questa prima storia è stata particolarmente complicata da buttare giù e già so che altrettanto lo saranno le altre due, per dare un pò di tregua a voi, indomiti lettori, e a me, pazza pseudo-scrittrice, ho deciso di intervallare "Le Porte del Tempo: Passato" e "Le Porte del Tempo: Presente" con una storia del tutto nuova e molto, ma molto più leggera il cui titolo, già deciso, sarà "Teorema". Non so quanto sarà lunga, ma sarà abbastanza sulla falsariga di "Se io, se lei! Se io, se lui!" per quanto riguarda la leggerezza e - udite udite - in questa nuova ff, per la prima volta almeno per me, saranno tutti umani. 
Se ve lo state chiedendo: si, il titolo (Teorema) l'ho preso dalla canzone. U.U 
Avete presente "Prendi una donna e dille che l'ami" bla bla bla e poi "Prendi una donna e trattala male" bla bla bla? Ecco! Quella canzone là mi ha dato l'idea. XD
Vabbè, adesso vado che ho delirato anche troppoXD Ringrazio ancora tutti e vi aspetto tra un mesetto circa (per la fine di novembre, l'inizio di dicembre massimo) con la nuova fanfiction "Teorema"!
A presto....BACIONI...IOSNIO90!!!


venerdì 12 ottobre 2012

"Le Porte del Tempo: Passato" - Capitolo 9

Estranei

"Stefano!" - la voce di Giuseppe risuonò per l'intera villa.
Poco dopo la porta della camera del ragazzo si spalancò rivelando la figura alta dell'uomo.
"Figliolo? La carrozza è già pronta, se non ci affrettiamo, finiremo con l'arrivare in ritardo alla festa in onore del fidanzamento della giovane Cecilia e non sarebbe educato, soprattutto da parte tua."
Stefano, seduto al suo scrittoio, si voltò a guardare il padre e annuì.
"Avete ragione. Arrivo tra un attimo, devo soltanto annotare brevemente una cosa." - spiegò.
Giuseppe sospirò e gli intimò con lo sguardo di sbrigarsi, dopodichè si richiuse la porta alle spalle e marciò via lungo il corridoio.
Stefano allora intinse la penna d'oca nell'inchiostro e prese a scrivere.



Caro diario,
sono trascorsi oggi due anni dalla partenza di Damiano ed io ho appena riposto nella solita scatola nascosta nel fondo del mio armadio la ventiquattresima lettera che gli ho scritto, ma non ho mai spedito. C'era scritto il solito, quello che l'ultima volta che abbiamo parlato ho cercato di fargli capire e che vorrei continuare a ripetergli adesso, cioè che voglio che sia felice.
Credo che in fondo lo sappia, però. Mio fratello mi conosce, non penserebbe mai che voglio il suo male perchè sa che non è così. O almeno è questo che mi piace ancora pensare dopo due anni di silenzio.
Mi rendo conto, però, che in parte la colpa è anche mia. Lui conosce me, ma anch'io conosco lui e forse dovevo o dovrei farlo io il primo passo, magari inviandogli una di quelle lettere. Però solo a pensarci provo paura. Ho il timore che si rifiuti ancora di capirmi e che le nostre strade si dividano ancora di più.
A volte mi sento sbagliato, sento sbagliato il nostro rapporto e tutti i pensieri in merito da cui mi lascio affliggere. Mi capita spesso di soffermarmi a guardare il legame che lega alcuni compagni della mia stessa età ai loro fratelli maggiori o minori che siano e mai nulla mi ricorda me e Damiano.
E' facile pensare che sia stata la vita a renderci così indispensabili l'uno per l'altro, che se nostra madre fosse guarita e sopravvissuta alla malattia le cose sarebbero state diverse, ma spesso....non so...ho la sensazione che noi due siamo così perchè siamo diversi e che, in un modo o nell'altro, sarebbe sempre stato quello il legame che ci avrebbe unito. Non so più se è un bene, se è una cosa di cui rallegrarmi. Legami simili portano immense gioie, comprensione totale, la certezza che ci sarà sempre qualcuno sul quale contare, ma portano anche grandi complicazioni, grandi distanze e grandi paure quando le cose non vanno per il meglio.
Mi sento confuso. E' difficile capire cosa fare. L'unica cosa che vorrei è potergli parlare, appianare ogni cosa rimasta in sospeso, dimostrargli che davvero posso essere indipendente da lui e che di sicuro lo sono da nostro padre e vorrei non deluderlo ancora.
Damiano....è fragile...


Qualche ora più tardi, mentre si aggirava tra la folla di nobili radunatisi nella lussuosa villa dei marchesi Venotti alla periferia nord di Firenze, Stefano ripensava ancora alla lettera scritta nel pomeriggio, alle parole che aveva riversato nel suo diario e a suo fratello. Era difficile non pensarci in quel particolare giorno, nonostante si stesse sforzando con tutto se stesso di mostrarsi spensierato e felice per la sua amica e il suo fidanzamento.
Cecilia e Ludovico Venotti si erano conosciuti circa sei mesi prima in occasione di una festa che, solo in seguito, si era scoperto fosse stata organizzata di proposito dai loro genitori nella speranza che si conoscessero e trovassero piacevole l'uno la compagnia e la presenza al proprio fianco dell'altra.
Si diceva, infatti, che entrambi i ragazzi avessero in ogni modo cercato di imporsi sui genitori per evitare un matrimonio combinato e d'interesse, quindi le due coppie di marchesi avevano fatto ricorso ai sotterfugi e quando la cosa era venuta alla luce sia Cecilia che Ludovico avevano già scoperto di provare dei forti sentimenti d'affetto l'uno per l'altra per tirarsi indietro dinanzi alla concreta prospettiva di una vita non soltanto agiata, ma anche felice.
Stefano era contento per lei. Crescendo, infatti, aveva capito che ciò che lo legava alla ragazza era una forte amicizia che all'inizio, per la giovane età e la totale inesperienza sia nei sentimenti sia nel rapportarsi con il sesso opposto, avevano entrambi scambiato per qualcosa di ben più profondo. Lei era stata il suo primo amore, ma si era trattato di un qualcosa di così puro e totalmente innocente che delle volte anche il termine "amore" non gli sembrava adatto. Preferiva definire il loro rapporto come una connessione platonica a livello emotivo. Si erano capiti. Cecilia era stata la prima persona, dopo suo fratello, con la quale aveva sentito di potersi aprire e questo gli aveva insegnato molto, gli aveva fatto capire, sopra ogni altra cosa, che esisteva un mondo al di fuori dei confini della sua villa, un mondo fatto di persone diverse le une dalle altre che valeva la pena incontrare e conoscere. Se adesso si sentiva più forte e sicuro, in un certo senso, lo doveva a lei.
"Ti vedo giù di morale. Non ti è permesso essere giù di morale alla mia festa di fidanzamento."
Cecilia lo sorprese arrivandogli alle spalle. Stefano si voltò a guardarla e le sorrise.
"Hai ragione, scusa. Ancora congratulazioni, a proposito. Sono felice per te." - le disse.
"Lo so che lo sei. E mi piacerebbe poterti dire lo stesso, ma come posso essere felice per te se tu per primo non sei felice? C'è qualcosa che ti angoscia, lo vedo." - si sentì rispondere.
Stefano scosse la testa, ma il sorriso gli morì sulle labbra e si trasformò in una piccola smorfia.
"Dovresti tornare alla festa e non preoccuparti per me."
"Lo farei anche, ma ero venuta per chiederti di ballare con me e adesso c'è un problema: un compagno di danze musone non lo voglio, quindi prima parliamo. Si tratta di tuo fratello? Guarda che lo so che lo so che questo è un giorno strano anche per te, anche se non per i miei stessi bei motivi ovviamente."
Stefano tentò invano di farle cambiare argomento, di convincerla a tornare ai suoi invitati che presto l'avrebbe raggiunta e avrebbero potuto ballare così come lei desiderava, ma Cecilia era testarda quindi alla fine sospirò e cedette, annuendo.
"Hai avuto delle notizie da lui?" - gli chiese.
Stefano scosse la testa.
"No, nessuna notizia. Non da lui direttamente, comunque. Le poche cose che sappiamo ci vengono dette dal marchese Carpin quando riceve notizie da suo fratello lì a Venezia presso cui è ospite Damiano e si lascia sfuggire qualcosa su di lui." - rispose, scrollando le spalle mentre si appoggiava al lungo tavolo imbandito alle sue spalle.
Cecilia afferrò un acino d'uva bianca e lo mangiò distrattamente prima di tornare a parlare.
"Quindi non ha mai risposto neppure a tutte le lettere che gli hai inviato?"
"Lettere? Quali lettere?"
"Quelle che mi hai detto che gli scrivi ogni mese, ricordi?"
Ah! Già! Quelle che era stato costretto a confessarle che scriveva perchè qualche mese prima lo aveva scoperto sul portico della villa mentre rimetteva l'ennesima lettera al sicuro nella sua scatola, ecco quali.
Stefano sospirò nuovamente socchiudendo per un attimo gli occhi.
"No, non ha mai risposto e neppure avrebbe potuto visto che non gli ho mai inviato nulla." - confessò.
Cecilia spalancò gli occhi, per un attimo parve confusa, ma presto si riprese e gli assestò un leggero buffetto su un braccio.
"Non gliele hai mai inviate? E potrei sapere il perchè?"
"Perchè....tu non lo conosci, Cecilia. Probabilmente avrei soltanto peggiorato le cose insistendo a dire ciò che ha travisato e per cui si è sentito tradito due anni fa quando è andato via."
"Oh, ma andiamo, smettila di rendere tutto così difficile!" - lo rimproverò lei - "Và a Venezia e parlaci di persona se temi tanto che possa fraintendere la parola scritta."
"Non vuole vedermi!"
"E tu come fai a saperlo se non ci parli da due anni?"
"Appunto per questo lo so! E poi...non è esattamente vero che non ha mai scritto. L'ha fatto in occasione di tutte le sacre Feste. Mandava un biglietto alla villa e non mancava mai di farci sapere casualmente che non avrebbe potuto raggiungerci e noi nemmeno perchè aveva in programma di partire per questa o quella città e con questo o quell'altro conoscente. Si è tenuto lontano e ha tenuto lontani me e nostro padre. Non vuole vedermi. Se programmassi un viaggio simile e lo avvertissi del mio arrivo sono sicuro che non sprecherebbe tempo e manderebbe subito a dirmi di non partire perchè tanto non lo troverei..." - rispose Stefano mestamente.
Cecilia scosse la testa e gli poggiò una mano su una spalla, delicatemente, ma stringendo appena con le dita per fargli capire che era seria.
"E tu allora non avvertirlo! Arriva di soppiatto e coglilo di sorpresa come ho fatto io poco fa con te. Hai bisogno di parlare con tuo fratello, Stefano? E allora fallo. Punto!"
"Non posso partire così....all'improvviso. E poi non è detto che mio padre sarebbe d'accordo."
"Non cercare di trovare scuse che non esistono solo perchè hai paura di ciò che potresti trovare a Venezia. In questi due anni sei stato un perfetto giovane conte, tuo padre non può negarti il suo permesso perchè te lo deve, perchè ormai sei un uomo capace di prendere le tue decisioni da solo e perchè si tratta di tuo fratello, se vuoi fargli visita è a tua discrezione ed è un tuo diritto."
Stefano alzò gli occhi e li incorciò con quelli incoraggianti di Cecilia.
Per il resto della serata non fece che pensare alle parole della sua amica. Forse lei aveva ragione. Lui indubbiamente sentiva la necessità di poter tornare a parlare con Damiano come faceva una volta, ma era vero che un pò temeva ciò che avrebbe trovato ad attenderlo. Temeva che nulla fosse più come prima. Temeva che suo fratello avesse smesso di considerarlo parte della sua vita così come in passato aveva già fatto con Giuseppe.
Cecilia, però, aveva ragione anche su un'altra cosa: adesso ero un uomo in grado di prendere le sue decisioni e, in quanto tale, doveva anche dimostrarsi capace di affrontare le sue paure.
Aspettò che la festa volgesse al termine prima di parlare della sua decisione con suo padre. Erano in una delle loro carrozze sulla strada di ritorno alla villa quando prese la parola. Era notte, era buio e faceva già freddo. Si strinse nelle spalle e tentò di scaldarsi le mani soffiandoci l'aria calda del fiato.
"Alla festa vi ho visto ridere con un uomo che non mi è mai parso di incontrare in città. Chi era?" - fece, non per vero interessamento quanto più per intavolare un discorso dato il silenzio che regnava.
Giuseppe si ridestò dai suoi pensieri e si voltò a guardare il figlio.
"Ti riferisci di sicuro al barone Von Swartzschild. Era l'unica faccia nuova alla festa." - fece - "Io stesso lo conosco soltanto da qualche mese. E' straniero. Tedesco. Affari di famiglia lo hanno portato a Milano e poi a Firenze dove ci siamo ritrovati a collaborare. E' un brav'uomo. Mi raccontava della sua unica figlia scampata per miracolo alla morte dopo aver passato quasi tutta la vita a letto per la salute cagionevole. Ora sembra essersi ripresa del tutto ed lui era in vena di festeggiamenti."
Stefano prestò giusto quel minimo di attenzione necessaria al racconto del padre. Annuì e abbozzò un sorriso.
"Mi sembra giusto." - convenne.
Temporeggiò ancora qualche minuto, guardandosi le mani e strofinandole tra loro, poi tornò ad alzare gli occhi su suo padre e richiamò la sua attenzione con un leggero colpo di tosse.
"Padre? Ho deciso di partire per Venezia. Voglio vedere Damiano." - disse, infine.
Giuseppe aggrottò la fronte e sospirò.
"Tuo fratello ha sempre fatto intendere chiaramente che non gradisce l'idea di tornare a vederci..." - fece.
"Lo so, ma non mi importa. E' da due anni che non parlo con lui, non ricevo sue notizie...." - rispose - "Prima o poi dovrà pur tornare, lo so, ma non voglio che passi ancora altro tempo prima di rivederlo. E' mio fratello e anche se è lontano fa parte della mia vita e della nostra famiglia. La distanza non deve pregiudicare tutto. Non è giusto che le cose vadano così. Voglio assicurarmi coi miei occhi che sta bene e che ha trovato il modo di essere felice. E' per questo, dopotutto, che l'ho spinto ad andare via."
Suo padre annuì e, mentre la carrozza di fermava alle spalle della loro villa, gli poggiò una mano su una spalla e gli diede una leggera pacca.
"Vedo che sei deciso."
"Si, lo sono." - confermò Stefano.
"E a quando la partenza?"
"Domani stesso. Starò via solo qualche giorno, ve lo assicuro."
Giuseppe sospirò ed annuì nuovamente, ragionevole e stanco.
"Fà preparare subito i bagagli allora." - gli suggerì.
Stefano non se lo fece ripetere e, non appena mise piede in casa, ordinò che un baule grande abbastanza per un breve viaggio di qualche giorno gli venisse preparato. Dopodichè fece convocare uno dei cocchieri, il più giovane tra i due e gli comunicò che il mattino seguente all'aba sarebbero partiti alla volta di Venezia.
Fu un viaggio lungo, ma limitando le soste al minimo indispensabile e spingendo i cavalli alla corsa, Stefano mise piede a Venezia in appena un giorno e mezzo. Il fratello minore del marchese Carpin aveva ricevuto un suo biglietto che lo avvertiva del suo arrivo e lo pregava di non farne parola con Damiano soltanto qualche ora prima, ma lo accolse cordialmente a braccia aperte dicendosi felice che il suo ospite ricevesse la sua visita finalmente ed indicandogli la via per la biblioteca, dove avrebbe potuto trovare suo fratello.
Stefano ringraziò, si scusò educatamente per il poco preavviso e per il disturbo, lasciò che il suo bagaglio venisse portato nella camera che gli era stata fatta preparare in fretta da qualche domestica e poi si avviò lungo il corridoio. A tre metri dalla porta aperta della biblioteca risentì dopo due anni la voce di suo fratello.


"Dovresti smetterla di fare resistenza..."
"Ma...potrebbero vederci. Io non dovrei neppure essere qui."
"Il pericolo rende le cose più allettanti, non trovi anche tu?"
"Damiano!" - la voce della ragazza raggiunse al suo orecchio una nota talmente stridula che Damiano dovette chiudere gli occhi e voltare di poco la testa per assicurarsi che il suo timpano non fosse andato in mille pezzi.
Serena Carpin, la figlia del padrone di casa quasi felicemente in procinto di sposarsi - il "quasi" era d'obbligo visto che il suo futuro marito era sì dotato di un patrimonio estremamente cospicuo, ma anche della stazza di un bue e del cervello di un mulo, il che rendeva la povera ragazza una preda facile per le sue attenzioni e la soddisfazione delle sue voglie - era carina, certo, coi suoi capelli biondi e la sua pelle chiara, ma a lungo andare tendeva ad annoiarlo. Durante i primi tempi del suo soggiorno a Venezia era stato addirittura piacevole e stimolante passare ore ed ore a macchinare modi per sedurla e situazioni in in cui mettere in pratica le sue idee, quantomeno era un buon passatempo nelle giornate vuote, ma a distanza di due anni perdere ancora così tanto tempo gli pareva inutile. Se aveva già ceduto, cadendogli letteralmente tra le braccia molte, moltissime volte, proprio non riusciva a capire che altri problemi si facesse ancora e, soprattutto, perchè pretendeva che lui ascoltasse le sue remore. Le titubanze - a detta di Damiano - Serena doveva farsele venire quando era ancora in tempo, quando aveva ancora una virtù da preservare.
Strinse maggiormente la presa che le sue mani avevano sulla vita sottile di lei e fece per attirarla di più a se, in un ultimo tentativo prima di perdere completamente la pazienza. Lei, in risposta, sorrise timida e voltò la testa dall'altra parte quando lui si sporse per baciarla e allora, alzando gli occhi oltre la sua spalla, Damiano la sentì irrigidirsi.
- Bene! - pensò - Fantastico! E adesso chi è? -
Serena gli diede un piccolo colpetto su un braccio e si divincolò dalla sua presa.
Damiano sospirò e si preparò alla ramanzina del padrone di casa o, peggio ancora, alla prevedibile scenata di gelosia da parte di una qualsiasi delle giovani domestiche che potevano dire di aver goduto delle sue attenzioni almeno per una notte.
Ciò che arrivò, però, non se l'era immaginato e lo spiazzò: la voce di suo fratello.
"Scusate. Non era mia intenzione interrompere nulla." - fece Stefano.
Sempre educato e attento al prossimo lui.
"No, no. No! Non avete interrotto proprio niente. Non c'era nulla da interrompere..." - rispose Serena in tutta fretta per poi scappare letteralmente via dalla porta laterale dalla quale era entrata in biblioteca poco prima.
Damiano, allora, represse ogni cosa, ogni minima sensazione e ogni pensiero causatogli dal risentire la voce di suo fratello e dalla consapevolezza che era arrivato a Venezia per cercarlo e si voltò, stampandosi in faccia un sorriso che esprimeva pura ironia e menefreghismo e che Damiano aveva imparato ad usare alla perfezione per nascondere ciò che si celava, invece, nel fondo dei suoi occhi, cioè quanto in realtà gli importasse,
quanto gli importasse di tutto."Scusala tanto, fratellino, a volte dimostra di non sapere proprio cosa sia l'educazione. Non ha nemmeno lasciato che vi presentassi." - fece.
Stefano scosse la testa e fece qualche passo nella sua direzione, spostandosi dall'uscio della biblioteca.
"Chi era?" - gli chiese.
Damiano scrollò le spalle.
"Serena, la figlia del mio ospite." - rispose.
"La tua fidanzata?"
Ovviamente! Quasi dimenticava che Stefano era troppo buono per non pensare subito che, data la situazione in cui li aveva trovati, lei fosse la sua promessa.
"Assolutamente no!" - esclamò con una leggera risata.
"Allora sei il suo...amante?"
"Le piacerebbe! Io preferisco considerarla come una distrazione abbastanza piacevole nei momenti di noia, ma temo che lei creda davvero di potermi considerare il suo fedele amante. E non c'è da strupirsi, dopotutto Serena è una giovane donna nobile e, si sa, le nobili già impegnate tendono a credere che, non appena si rialzano dal letto di un'altro uomo, questi diventa subito una loro proprietà, il loro amore segreto sul quale possono avere diritti e pretese anche quando non è così."
"Quindi stai soltanto giocando coi suoi sentimenti?" - la nota di sconcerto e forse delusione nella voce di suo fratello, Damiano di certo non se l'era sognata. Nonostante i due anni passati lontani da lui ad evitare ogni tipo di contatto, lo conosceva ancora bene come le sue tasche e quello forse non sarebbe mai riuscito a cambiarlo.
"Sei venuto a farmi la predica, Stefano?"
"No, ma....con dei sentimenti come l'amore penso che non ci si dovrebbe giocare." - gli rispose, più mesto stavolta, quasi timido.
"Ma l'amore è...un gioco." - ribattè - "E comunque chi hai mai parlato d'amore? Io non provo affetto per nessuno e di certo non per lei."
"Non è vero che non provi affetto per nessuno." - fece Stefano.
Damiano sorrise appena mentre si risistemava i capelli leggermente in disordine e i polsini di broccato.
"Un pò presuntuoso da parte tua dire una cosa simile, non credi?" - lo rimbeccò, poggiandogli una mano su una spalla e schivando egregiamente il discorso - "Andiamo a pranzo. Avrai fame."
Damiano guidò suo fratello fino alla porta che dava sul cortile interno della villa e lasciò detto che sarebbe stato fuori tutto il giorno.
Optò per due cavalli invece che per una carrozza. In carrozza non avrebbe potuto estraniarsi come sentiva il bisogno di fare, non con suo fratello sedutogli di fronte. Doveva trovare la giusta calma per affrontare il resto di quella visita che sperava vivamente si sarebbe rivelata il più breve possibile e una cavalcata poteva dargliene l'occasione.
Era da due anni che lavorava su se stesso, reprimendo il senso di colpa che sentiva ogni volta che ripensava alla promessa fatta a sua madre. A suo dire non l'aveva onorata fino alla fine, nonostante Stefano pareva piuttosto certo del contrario. A dire il vero, Damiano non sapeva dire neppure se mai un giorno, anche se avesse continuato a vivere a Firenze, sarebbe riuscito ad onorarla del tutto. Per quanto gli riguardava, suo fratello avrebbe sempre avuto bisogno di qualcuno che gli guardasse le spalle, avrebbe sempre avuto bisogno di lui.
Era logico, no? Lui era il fratello maggiore, guardare le spalle a quello più piccolo era quello che doveva fare.
Non poteva essere davvero lui l'unico a crederlo!
Si sentiva ferito, nonostante fossero trascorsi ben due anni la sensazione che gli fosse stato portato via qualcosa era ancora lì e bruciava ancora. Però si era reso conto che forse all'epoca aveva sbagliato ad addossare tutta la colpa a Giuseppe ed aveva cominciato ad addossare la maggior parte di colpa a Stefano che aveva voluto allontanarlo....per cosa? Per il suo bene? Come poteva pretendere di fare il suo bene ferendolo?
Damiano non era un'ipocrita, non troppo almeno. Nonostante ciò che aveva detto poco prima, sapeva di aver mentito. Era vero che non provava assolutamente niente per quell'ingenua di Serena, ma teneva ancora molto a suo fratello  anche se l'orgoglio era più forte e lo spingeva a non ammetterlo. Un giorno, forse, ci sarebbe riuscito di nuovo. Un giorno, forse, avrebbe confessato che lui a Firenze ci era tornato spesso, da solo, in segreto, così come era partito, per osservare tutto da lontano così come si era ripromesso di fare. Un giorno, forse, sarebbe anche riuscito a confessare che in quei due anni, persino mentre era Venezia, a dispetto della lontananza, non aveva fatto altro che continuare a tenere d'occhio Stefano, concentrando ogni sua forza e risorsa lì, nell'unica cosa che sapeva fare bene e che sentiva essere sua, il suo compito, la sua natura, la sua priorità.
Il resto, la sua vita, il tempo che gli rimaneva quando non era impegnato a vegliare su suo fratello lo utilizzava per "rendersi felice". Dopotutto doveva essere quello lo scopo del suo viaggio, giusto?
Arrivarono presto in una taverna situata presso il più grande porto della città. Non era un posto elegante nè raffinato, ma Damiano lì dentro ci aveva trascorso parecchie serate e notti "felici", quindi perchè non portarci Stefano in modo da mostrargli la sua nuova vita?
Lasciarono i cavalli ad un ragazzino tenuto lì come tuttofare e varcarono la porta, accolti subito dall'odore acre di vino scadente che imbrattava ogni cosa.
Stefano fece per sfilarsi la giacca, ma Damiano lo fermò con un'occhiata.
"Ti consiglio di tenertela stretta se dopo vuoi ritrovarla." - fece.
Avanzarono all'interno fino al solito tavolo all'angolo che Damiano occupava quasi ogni sera prima di recarsi sul retro e gettarsi nel gioco d'azzardo, che aveva scoperto essere un'altra fida fonte di "felicità" se le cose giravano a tuo favore.
"Siediti qui." - disse, agitando la mano in aria affinchè chi era al bancone potesse sapere che era arrivato il momento di servirlo.
Una delle ragazze ammiccanti della taverna gli si accostò e Damiano le afferrò la vita, strattonandola e mettendola a sedere sulle sue ginocchia.
"Chi è lui?" - fece lei - "Ti somiglia molto."
"Il mio fratellino in visita da Firenze. Vedi di tenere a posto le mani che lui è un ragazzo per bene, eh!"
"Ma davvero?"
"Già! Dillo pure alle tue amichette, mi raccomando."
Stefano, nel frattempo, sembrava confuso e smarrito.
La ragazza si spostò leggermente in avanti per sporgersi dal tavolo.
"Non se ne vedono spesso di ragazzi per bene..." - commentò.
Damiano le diede una spinta, pizzicandole un fianco e la rimise in piedi, scostandola con poco grazia.
"Mio fratello è una merce rara che presto tornerà da dove è venuto, giusto Stefano? Dopotutto sei venuto qui per controllare che stessi bene, ho ragione? Per accertarti che fossi felice....Beh! Lo sono. Come potrei non esserlo ora che sono libero di fare qualsiasi cosa mi piaccia senza impiccio alcuno."
Mentre la ragazza andava via, Damiano vide la confusione negli occhi di Stefano aumentare e venire accompagnata da una forte nota di delusione. Non era quella l'accoglienza che si era aspettato, lo sapeva bene. Sicuramente non era neppure quello il fratello che aveva desiderato rivedere, ma, rimanendo a distanza, quella parte di Damiano, la parte che lui stesso aveva sempre cercato di tenere a freno perchè così era meglio per Stefano, era venuta fuori e si era fatta strada senza problemi.
Era timore, era distacco, era autodifesa, il tutto mascherato da una buona dose di veleno e sarcasmo che, a suo dire, lo aiutavano nella vita. Erano in pochi quelli che potevano vantarsi di essere come Stefano - anime buone - e lui di certo non era tra questi. Per lui era troppo facile provare rabbia, rancore, disprezzo per essere un'anima buona. Le anime buone perdonavano, lui non lo faceva, lui si lasciava guidare dall'orgoglio e dal primo istinto che credeva sempre essere il miglior consigliero, cadendo spesso nell'errore e non curandosene.
A conti fatti, forse era stato meglio così, che lui fosse partito per Venezia e che Stefano si fosse allontanato da lui perchè, a lungo andare, corromperlo sarebbe stato facile ed inevitabile. Meglio osservare dall'ombra la bontà di suo fratello senza correre il rischio di intaccarla.
Magari sua madre sarebbe stata contenta ugualmente così.
Lui avrebbe preso ciò che la vita gli avrebbe offerto. Qualsiasi cosa sarebbe andato bene e forse un giorno Stefano avrebbe capito tutto e lo avrebbe accettato, avrebbe accettato il fatto che lui non pretendeva la felictà per se stesso, anzi, a dire il vero, non pretendeva un bel niente.
"Damiano..." - mormorò Stefano - "Ma cosa ti è successo? Questo - tutto questo - non sei tu!"
"Certo che sono io, sono sempre stato io! Prima eri soltanto troppo ragazzino per accorgertene." - gli rispose.
Stefano scrollò la testa.
"Sembri...vuoto." - fece.
Damiano aggrottò la fronte.
"Vuoto, dici? Nient'affatto! Io sono perfettamente soddisfatto di essere dove mi trovo. La mia vita va benissimo, Stefano. Era questo che volevi sapere, no?"
"Io volevo sapere se stavi bene, se eri felice, se..."
"Se, cosa? Cosa vuoi che ti dica? Sto bene! Puoi vederlo tu stesso. Sto pensando a me stesso, come mi avevi detto di fare. Adesso che lo sai puoi anche tornartene a Firenze, no? Non hai nulla da fare qui, fratellino, fidati."
"Ma...se stai bene allora perchè non vuoi tornare a casa, non ci scrivi mai nulla, non ci fai sapere niente di te?"
"Forse perchè non mi va? Forse perchè mi sono finalmente scrollato Giuseppe di dosso e voglio vederlo il meno possibile? Forse perchè...com'era che dicevi? Adesso sei cresciuto e posso lasciarti libero di vivere la tua vita da solo mentre io vivo la mia?" - rispose Damiano - "Non voglio litigare con te, Stefano, non mi interessa minimamente farlo. Se voi restare ancora qui, fai pure. Sappi soltanto che da me non otterrai più di quello che hai già ottenuto adesso. Ti ho detto che va tutta meravigliosamente e tant'è." - continuò - "Mi dicesti di andarmene da Firenze e l'ho fatto, adesso sono qua e seguo le tue direttive, non puoi sconvolgerti tanto se le cose sono andate diversamente da come avevi immaginato. Io non avevo bisogno di allontanarmi da Firenze. Lì avevo un mio posto, un mio ruolo, ma tu hai voluto che ci rinunciassi e va bene, adesso la mia vita a Venezia mi va bene. Vedi di non impuntarti su problemi e questioni che non esistono. Non siamo una famiglia perfetta, non lo saremo mai. Rassegnati!"


Stefano trascorse altri due giorni a Venezia, ma, esattamente come Damiano gli aveva detto in quella loro prima discussione, restare lì non era servì a nulla. All'inizio era convinto più che mai che suo fratello avesse qualcosa che non andava, poi pian piano si era lasciato persuadere dall'idea che forse non lo conosceva più tanto bene come in passato. Forse lui era cambiato. Forse Damiano era cambiato. Forse tutto era cambiato e doveva farsene una ragione benchè fosse difficile anche soltanto pensarci.
Rimise piede a Firenze a distanza di sei giorni dalla sua partenza e Giuseppe lo accolse con un sorriso, rimandando a dopo qualsiasi domanda sul viaggio soltanto per poterlo informare subito di una questione che gli stava molto a cuore.
"La sera prima che partissi ti ho parlato del barone Von Swartzschild e di sua figlia, ricordi?  Beh...dal momento che il barone è costretto a lasciare di nuovo l'Italia per degli affari nonostante sua figlia avesse espresso il desiderio di fermarsi ancora un pò qui, ho acconsentito affinchè la ragazza venga a stare alla nostra villa per tutto il tempo che suo padre impiegherà per ritornare dal suo viaggio. E' davvero una cosa positiva che tu sia tornato oggi, Stefano, così avrai tutto il tempo di riposarti per l'arrivo previsto per domani in mattinata della giovane Katherine."








NOTE:
Ciao a tutti e buon venerdì sera!!!**^^
Eccomi qui con il nono capitolo appena finito. Vi dico subito che non sono esattamente convintissima del risultato, ma ormai questa è storia vecchia visto che non sono esattamente convinta del risultato di ogni captolo di questa storia.XD E' cortina, ma è stata veramente difficile riuscire a scriverla, mannaggia a me e alle mie idee contorteXD
Allora....che dire....
Ormai ci siamo. Il prossimo capitolo sarà l'epilogo. Vi avevo avvertito che Katherine l'avrei soltanto accennata alla fine perchè, ripeto, la sua storia con i due fratelli la conosciamo tutti fino alla nausea, non mi pareva il caso di mettermi a riscriverla.XD
Sul capitolo non ho molto da dire, serviva essenzialmente per mostrare le conseguenze della lite dello scorso capitolo e Damon che comincia ad assomigliare sempre più al vampiro che diventerà tra non molto ormai.
Che ne pensate?
Ringrazio coloro che hanno letto e/o recensito lo scorso capitolo.
In occasione dell'epilogo, come sempre, non posterò nessuno spoiler quindi ci "rivediamo" direttamente tra due settimane qui su EFP.
A giovedì 25 ottobre...BACIONI...IOSNIO90!!!








lunedì 8 ottobre 2012

Spoiler "Le Porte del Tempo: Passato" - Capitolo 9

"Stefano!" - la voce di Giuseppe risuonò per l'intera villa.
Poco dopo la porta della camera del ragazzo si spalancò rivelando la figura alta dell'uomo.
"Figliolo? La carrozza è già pronta, se non ci affrettiamo, finiremo con l'arrivare in ritardo alla festa in onore del fidanzamento della giovane Cecilia e non sarebbe educato, soprattutto da parte tua."
Stefano, seduto al suo scrittoio, si voltò a guardare il padre e annuì.
"Avete ragione. Arrivo tra un attimo, devo soltanto annotare brevemente una cosa." - spiegò.
Giuseppe sospirò e gli intimò con lo sguardo di sbrigarsi, dopodichè si richiuse la porta alle spalle e marciò via lungo il corridoio.
Stefano allora intinse la penna d'oca nell'inchiostro e prese a scrivere.




Eccomi qui con lo spoiler!!!
Questo nono capitolo è l'ultimo prima dell'epilogo e descrive la situazione che si è creata dalla scorso capitolo con un salto temporale di due anni che porta i due fratelli all'età giusta, cioè quella che hanno alla loro trasformazione in vampiri, e quindi ad un passo da Katherine.
Che dire....vedremo la vita di Stefan, vedremo la vita di Damon e ci sarà un incontro tra i due e vedremo come sarà.
Vi dico che il capitolo si intitola "Estranei" quindi potete già cominciare a trarre le vostre conclusioni.XD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 27 settembre 2012

Le Porte del Tempo: Passato - Capitolo 8

Frattura

"No! Assolutamente no!" - era da ore che Damiano non faceva che ripetere sempre la stessa cosa, sin dalle prime luci dell'alba quando aveva raggiunto suo padre nel suo studio prima che facesse in tempo ad uscire di casa solo per potergli ribadire il suo categorico rifiuto.
Da dieci giorni non faceva altro che pensare e ripensare all'imposizione di Giuseppe, al fatto che aveva deciso, in un improvviso quanto sospetto lampo di interesse per le sue sorti, di spedirlo all'università, un'università un bel pò lontana dalla loro villa, dalla loro vita e dalla vita di Stefano.
Damiano non riusciava a non vederci una cospirazione dietro tutto ciò. In altre circostanze sarebbe stato ben felice di lasciare la casa paterna per cominciare a vivere il mondo così come aveva sempre voluto, ma qualcosa continuava a non tornargli e, dopotutto, capitava davvero raramente che qualcosa gli fosse chiara delle azioni di suo padre e delle motivazioni che le dettavano.
Per quanto gli riguardava era completamente da escludere che Giuseppe avesse preso a cuore il suo futuro e che avesse preso quella decisione soltanto per il suo bene, doveva esserci qualcosa sotto e quel qualcosa, Damiano ci si sarebbe giocato le mani, doveva per forza avere a che fare con suo fratello e con chissà quali progetti Giuseppe aveva in serbo per lui.
Suo padre aveva rinunciato ormai da tempo a qualsiasi piano avesse mai avuto nei suoi riguardi, ma con Stefano aveva trovato terreno fertile. Si era ritrovato davanti ad un ragazzo che non gli serbava tutto il rancore che gli serbava lui, che ancora lo considerava un padre magari addirittura capace di amare i propri figli e che sarebbe stato disposto anche a passare oltre ad anni ed anni di indifferenza e torti pur di allacciare un rapporto con lui, il tutto a causa di una naturale indole mansueta che Stefano aveva ereditato da Margherita e che nulla aveva a che fare con quella ben più combattiva che era la sua.
Damiano credeva molte cose di suo padre, ma di certo non aveva mai pensato che fosse un'idiota, indi per cui gli veniva facile pensare che Giuseppe si fosse fatto un calcolo ben preciso di come, da quel giorno in avanti, avrebbe voluto che la vita di suo fratello si svolgesse. Sicuramente voleva inserirlo a pieno titolo negli affari di famiglia per poi trovargli una ragazza docile e carina con la quale fargli contrarre un matrimonio che avrebbe giovato alla loro famiglia e a quella della prescelta, così come si confaceva ad ogni giovane uomo del rango di Stefano.
L'unico ostacolo, quindi, era lui e Damiano credeva che Giuseppe avesse calcolato anche questo.
Lui che si era sempre battuto per suo fratello non avrebbe mai accettato che finisse col diventare soltanto un'altra ruota del carro trainato da Giuseppe, uno dei tanti ingranaggi che serviva soltanto a mantenere alto l'onore della famiglia anche a discapito della personale felicità. Si sarebbe messo in mezzo, avrebbe fatto in modo che Stefano capisse una volta per tutte che non era il loro astuto padre a dovere decidere del suo destino, ma che poteva benissimo farlo da solo, scegliere ciò che più lo avrebbe reso felice e che se Giuseppe davvero desiderava far parte della sua vita, allora lo avrebbe aiutato e accettato lo stesso.
Ma tutto questo Giuseppe non poteva permetterselo, quindi aveva deciso di tentarlo offrendogli l'occasione che lui aveva sempre desiderato di avere: una vita lontana da lui con l'opportunità di decidersi in autonomia la strada che più avrebbe voluto percorrere senza alcuna interferenza paterna. Questo, ovviamente, con la speranza che lui dicesse di si e che gli lasciasse via libera con Stefano.
Nella mente di Damino il ragionamento era semplice e lineare.
"La mia è una decisione definitiva, Damiano, non ho alcuna intenzione di tornare sui miei passi. Domani lascerai questa casa. Il fratello del marchese Carpin ti aspetta a Venezia dove ti ospiterà per tutto il tempo necessario fino alla fine dei tuoi studi, qualsiasi argomento essi trattino. I tuoi bagagli saranno ultimati in mattinata e verrano spediti già tra qualche ora. In quanto al denaro, ne avrai a sufficenza e te ne arriverà una consistente quota ogni venti giorni. E' deciso. Come vedi è già tutto pronto." - gli rispose Giuseppe, con un'irritante nota di calma e indifferenza nella voce, mentre era intento a rileggere sommariamente qualche documento pieno zeppo più di numeri che di parole.
"Ovviamente! Peccato che io non ho alcuna intenzione di lasciare questa casa!" - si ostinò Damiano.
Giuseppe scosse di poco la testa e gli lanciò un'occhiata, fermandosi in piedi alle spalle della sua grossa scrivania.
"Eppure pensavo che ci saresti andato a nozze con l'idea di andartene da qui."
"E sarebbe anche così, se questo non significasse lasciare Stefano nella tue mani!"
"Questa discussione non riguarda tuo fratello, ma il tuo futuro." - obiettò Giuseppe.
"Certo che riguarda Stefano! Riguarda sempre Stefano. Ho promesso alla mamma che l'avrei protetto, che avrei fatto in modo che fosse felice."
Damiano tacque, lasciando spazio soltanto al silenzio per diversi minuti. Giuseppe lo fissava con gli occhi socchiusi, come a rimproverarlo per il fatto che avesse appena violato uno delle sue più ferree regole: mai parlare di Margherita in sua presenza.
Un regola, quella, che Damiano fin da bambino odiava più di tutte le altre messe insieme, una regola che da sola era bastata, nel momento in cui era stata stabilita per la prima volta ad alta voce, a far scattare quel disprezzo che da allora aveva preso ad associare sempre alla figura di suo padre.
"Avete un piano per Stefano, un piano che non mi piace." - riprese.
"Non ho nessun piano per tuo fratello, non essere paranoico adesso."
"Volete farlo diventare come voi." - quelle parole, dette da Damiano, sembrarono un'accusa bella e buona.
Giuseppe lo trafisse con lo sguardo. Damiano gli restituì il favore. In quel momento i suoi occhi neri erano più scuri del solito, senza alcuna luce ad illuminarli dall'interno, un'unico insieme di determinazione e sfrontata aggressività.
"Voi volete manipolarlo." - continuò.
Giuseppe lasciò cadere i fogli che ancora teneva stretti e battè con forza le mani sul legno duro della scrivania.
"Mi dipingi come un mostro! Io sono vostro padre!" - urlò, perdendo tutta la compostezza che era solito sfoggiare.
"Sulla carta, ma non vi siete mai comportato come tale. Da quando la mamma ci ha lasciati voi non avete fatto altro che delegare tutto ciò che riguardava me e Stefano a qualcun altro. Prima la balia, poi il precettore...non avete mai mostrato il minimo interesse per noi e adesso pretendete di decidere del nostro futuro spacciandovi per un padre che ha davvero a cuore l'avvenire dei suoi figli! Io e Stefano siamo cresciuti da soli!"
"Io ho sofferto...per la morte di mia moglie!" - fece Giuseppe in risposta.
"Noi eravamo dei bambini e l'abbiamo vista morire. Voi avreste dovuto sostenerci, avrete dovuto starci accanto e non lo avete fatto. Adesso non avete alcun diritto di lamentarvi perchè io non riconosco in voi più alcuna autorità paterna nè alcun nobile sentimento celato dietro le vostre azioni. Sono cresciuto senza l'aiuto di nessuno avendo a cuore solo Stefano, solo la promessa fatta a mia madre. Mi sono occupato solo di mio fratello, lasciando che la mia vita fosse completamente votata alla felicità che avevo giurato che lui avrebbe conosciuto."
"Damiano....sto cercando di occuparmi di te. Prova a credermi."
"Voi non me lo porterete via! Io non ve lo lascerò fare!"
"Damiano!"
Il richiamo di suo padre lo raggiunse quando già aveva lasciato la stanza e si era avviato a grandi passi lungo il corridoio.
Si sentiva completamente fuori di se. E messo alle strette. Più di ogni altra cosa si sentiva messo alle strette.
Il pensiero che ci fosse la remota possibilità che Giuseppe si stesse realmente dando da fare per lui non riusciva minimamente a farsi strada nella sua testa, inondata com'era dall'unica idea che suo padre fosse solo un usurpatore.
Ancora una volta, riusciva a formulare un unico ragionamento: Giuseppe all'epoca della morte di Margerita non aveva saputo come affrontare la cosa e aveva lasciato i suoi due figli da soli, rimanendo a guardare distrattamente negli anni mentre lui, il maggiore, prendeva in mano le redini della situazione e aiutava se stesso e suo fratello a crescere, a costruirsi una vita. Infine, adesso che sia lui che Stefano erano diventati abbastanza grandi da non avere più bisogno costantemente di una guida paterna, Giuseppe aveva deciso di infilarsi nel mezzo, cercando di mostrarsi pentito tramite stupide paroline e stupidi gesti, con la pretesa di fare il padre adesso che la parte più dura del crescere due figli che avevano dovuto affrontare una perdita simile in così giovane età era passata.
Damiano era convinto che Giuseppe volesse mandarlo via perchè sapeva che lui non avrebbe mai abboccato e perchè sapeva anche che Stefano, nonostante fosse in grado di perdonargli qualsiasi cosa al suo primo accenno di pentimento, non avrebbe mai dato retta soltanto a lui benchè fosse il padre, ma avrebbe continuato a fare affidamento anche e soprattutto sull'unica persona che gli aveva sempre badato, cioè Damiano.
Doveva essere così. Non poteva esserci altra spiegazione. Doveva essere per forza così.




Il grande orologio a pendolo esposto in salotto battè le due di notte quando Stefano realizzò che, preso com'era dai suoi pensieri, oramai era impossibile che riuscisse ad addormentarsi tranquillo e a riposarsi per ciò che lo attendeva la mattina dopo.
Si era ripromesso che si sarebbe stampato in faccia un bel sorriso nel salutare Damiano in partenza per l'università e non poteva permettersi di non rispettare quel giuramento fatto a se stesso. Un pò per lui, un pò per suo fratello.
Nonostante lo sbigottimento iniziale causato dalla notizia, in quei dieci giorni Stefano aveva trascorso molto tempo a riflettere ed era giunto alla conclusione che forse era un bene che suo fratello si allontanasse per terminare i suoi studi. Sapeva che Damiano era molto preoccupato per cosa ne sarebbe stato di lui una volta rimasto solo, ma Stefano era più che convinto che fosse giunto il momento, per suo fratello, di cominciare a pensare un pò più a se stesso che a lui.
Lui sarebbe stato bene. Era cresciuto, aveva imparato molte cose, spesso proprio da Damiano stesso. In definitiva: poteva farcela. E passare del tempo da solo con suo padre non credeva potesse causargli poi tanto danno. Insomma, era pur sempre di suo padre che si stava parlando!
Conosceva da sempre l'opinione che Damiano aveva di Giuseppe, ma Stefano non poteva fare a meno di credere che un'opportunità, soprattutto adesso che Giuseppe sembrava desideroso di guadagnarsela, gliela si poteva concedere.
Suo padre era un uomo, quindi sbagliava. Non era perfetto, ma era tutto ciò che avevano. Disprezzarlo per le azioni compiute in passato non avrebbe portato a nulla; al contrario, provare a dargli un pò di fiducia, voltando le spalle a ciò che era stato e volgendo lo sguardo al futuro, forse un giorno avrebbe dato dei risultati positivi, forse addirittura quel piccolo atto di perdono e comprensione avrebbe restituito loro una famiglia vera, unita.
Stefano non credeva che tutto ciò fosse soltanto pura utopia, anzi si era convinto che con un pò di buona volontà da parte di tutti fosse un qualcosa di fattibile, di realizzabile.
Per questo motivo aveva messo da parte ogni sua lamentela, ogni dubbio ed ogni attacco di tristezza per il fatto che presto non avrebbe più avuto il supporto dato dalla presenza costante di suo fratello nella sua vita e aveva provato a mettersi l'anima in pace, a guardare la cosa da un punto di vista diverso, più maturo.
Li aveva ascoltati i litigi tra suo padre e suo fratello che avevano fatto da sottofondo alla vita della villa per i dieci giorni precedenti, sapeva che l'unico motivo per cui Damiano si ostinava tanto a combattere era lui. Si sentiva in colpa per questo ed anche un pò a disagio.
Negli anni Damiano aveva ricoperto per lui non soltanto il ruolo di fratello maggiore e di questo gli era grato, ma adesso che gli anni erano passati Stefano cominciava a sentirsi un peso ingombrante sulle spalle di suo fratello, un peso che non gli permetteva di andare avanti, di guardare oltre quel ruolo che sì ricopriva nella sua vita, ma che non doveva essere l'unica cosa che per Damiano avesse senso ed importanza.
Si sentiva in debito con suo fratello di tutta quella serenità, di quella felicità che crescendo gli aveva donato. Per ripagarlo doveva lasciarlo libero, libero di vivere la sua vita così come voleva. Era la libertà - libertà dalle restrizioni, dai compromessi, dalle imposizioni, dalle regole - il miglior dono che potesse fare a Damiano.
Stefano, che conosceva la vera indole del fratello, spesso si era ritrovato a pensare che Damiano, per la persona che era e per le idee che aveva, fosse nato nel secolo sbagliato o magari solo nel luogo sbagliato. Forse, con un interno mondo di possibilità ai suoi piedi, con un intero mondo in via d'espanzione da conoscere e scoprire e senza più le costanti preoccupazioni date dal suo fratellino, Damiano sarebbe riuscito a trovare, da qualche parte, un angolo di quel mondo fatto su misura per lui, in cui poter essere nient'altro che se stesso.
Stava ancora parlando con se stesso quando la sua attenzione venne attirata da un rumore sordo molto simile a quello di passi leggeri e strascicati proveniente dal corridoio.
Si irrigidì ed i suoi sensi scattarono tutti in allerta quando la porta della sua camera venne socchiusa leggermente e il fascio di luce di una candela illuminò una lunga striscia di pavimento.
Chi poteva essere a quell'ora della notte?
Ogni sua impovvisa paura si placò soltanto nel momento in cui ascoltò e riconobbe la voce che prese a pronunciare il suo nome dall'oscurità oltre la porta dopo un lungo attimo di silenzio angosciante.
"Stefano! Stefano! Stefano, sei sveglio?" - il sussurro di Damiano era frettoloso e concitato.
Tirò fuori completamente la testa dalle coperte e scattò a sedere, annuendo.
Damiano allora entrò nella camera e si richiuse subito la porta alle spalle. Stando attento ad ogni minimo rumore, portò la candela che reggeva in mano accanto allo scaffale dove riposavano spenti i candelabri della camera di Stefano e ne accese un paio.
"Damiano? Che succede? E' notte fonda!" - fece Stefano.
Suo fratello non gli rispose, ma spalancò le ante del suo armadio, ne tirò fuori un grosso baule e cominciò a ficcarci dentro tutti gli indumenti su cui riusciva a mettere le mani. Afferrò anche il suo diario dal cassetto in cui lo riponeva e lo mise insieme al resto.
Stefano cominciò ad agitarsi.
"Damiano! Rispondimi, per favore, si può sapere che sta succedendo?" - chiese ancora.
Damiano afferrò con una mano la vestaglia che teneva ripiegata ai piedi del letto e gliela lanciò.
"Alzati e vestiti. Alla svelta! E non fare rumore! Non deve sentirci nessuno." - lo istruì.
Stefano spalancò gli occhi, ma afferrò la vestaglia e se la infilò, mentre scendeva dal letto e raggiungeva suo fratello. Un terribile pensiero circa le intenzioni di Damiano gli si formò nella mente.
"Damiano..." - provò a chiamarlo.
"Bravo! Ti sei alzato. Adesso và a vestirti, coraggio." - lo incitò, afferrandolo per le spalle e spingendolo più in la, verso lo specchio, mentre prendeva a cercare scarpe e camicie da aggiungere a ciò che già era finito disordinatamente in quel baule.
Stefano non si mosse.
"Sei ancora lì? Ti ho detto di fare in fretta. Forza!"
"Perchè? Perchè dovrei vestirmi a quest'ora della notte? E perchè stai facendo tutto...questo?"
"Smettila di lamentarti! Fà come ti ho detto!"
"Perchè?" - pretese Stefano.
"Perchè ce ne andiamo. Ecco perchè! Contento? Adesso muoviti."
Stefano scosse la testa e abbassò lo sguardo.
Suo fratello....sembrava fuori di se, non lo aveva mai visto in quelle condizioni, così poco ragionevole poi. Ciò che voleva fare era una follia, non se ne rendeva conto?
Damiano diede un'ultima occhiata al baule e lo chiuse prima di tornare a fissarlo, con gli occhi lucidi d'impazienza.
"Stefano ti ho detto di--"
"No!"
"No?"
"Non verrò con te. Non ce ne possiamo andare. Io non posso venire con te!" - disse.
Damiano scosse la testa.
"Non hai la minima idea di ciò che stai dicendo..."  - gli rispose.
"No, sei tu che non hai la minima idea di ciò che stai facendo, invece!" - ribattè Stefano - "Cosa vuoi? Che noi due fuggiamo dalla casa di nostro padre? E' una pazzia!"
"Vuole dividerci!" - obiettò Damiano - "Vuole spedirmi a Venezia cosicchè possa avere campo libero per manipolare la tua vita. Vuole farti diventare come lui, togliendoti ogni libertà di scelta. Vuole prendere il mio posto. Vuole tenerti lontano da me!"
Stefano si fece avanti, un pò timoroso di fronte a tanta ostilità, ma riuscì a poggiargli entrambe le mani sulle spalle. Benchè avessero tre anni di differenza, ormai avevano raggiunto più o meno la stessa altezza.
"Damiano, è di nostro padre che stai parlando, non di un mostro. Hai mai provato a pensare che forse si è reso conto degli errori che ha commesso in passato e sta cercando di sforzarsi per riuscire a fare la cosa più giusta per il tuo futuro? Pensaci! Vuole che tu vada a Venezia perchè sa quanto tu hai bisogno di sapere di poter prendere le tue decisioni senza nessuna influenza esterna. Ti ha concesso di poter studiare qualsiasi cosa tu voglia per poter intraprendere qualsiasi strada tu scelga, che sia anche all'opposto della sua. Ci sta provando veramente, me lo sento!"
Damiano scosse la testa e sfuggì alla sua presa, distogliendo lo sguardo e facendo un passo indietro, con le braccia incrociate al petto.
"Tu sei troppo buono, Stefano. Vedi il bene ovunque. Ti fidi troppo." - gli disse.
"E se non fossi io quello che si fida troppo? Se, invece, fossi tu quello che si fida troppo poco? Non siamo noi due contro il mondo intero, non c'è marcio ovunque."
Suo fratello tornò a guardarlo. Aveva il respiro corto e una profonda ruga gli segnava la fronte aggrottata.
"Tu vuoi che io me ne vada? Vuoi che ti lasci da solo?" - gli chiese, nella sua voce Stefano riconobbe incredulità.
"No è questo il punto. Non si tratta più di me, ma di te. Ti sei dato tanto da fare per darmi una vita degna di questo nome, una vita felice, che spesso penso che tu, per occuparti di me, abbia trascurato te stesso e non è giusto. Anche tu meriti la tua dose di felicità e se lasciare questa casa, lasciare me, ti aiuterà ad ottenerla....allora si, voglio che tu insegua il tuo desiderio di libertà, voglio che tu lasci Firenze, lasci ogni incombenza che riguardi la mia buona crescita a me e a nostro padre per fare quello che ti riesce meglio: scoprire ciò che è nascosto dietro l'angolo e che ancora non conosci. Voglio che provi a pensare soltanto a te stesso per una volta e a vedere che succede!"
Stefano aveva parlato col cuore, mettendoci l'anima in ogni parola da lui pronunciata, ma ciò che gli parve di scorgere negli occhi tumultuosi di suo fratello non era ciò che si era aspettato di vedere quando aveva cominciato quel discorso.
"Già parli come lui!" - lo accusò - "Non si tratta di te? Certo che si tratta di te! Per quanto mi riguarda si è sempre trattato di te. Tu non puoi volere che io vada via perchè io non posso andarmene, lo capisci? Io devo proteggerti, devo assicurarmi che tu stia bene. E' questo il mio compito. E' questo ciò che faccio, ciò che ho sempre fatto, giorno dopo giorno, negli ultimi dodici anni. Non potete portarmelo via. Non potete pretendere che io lasci perdere tutto adesso e semplicemente....pensi al mio futuro. Non esiste. E' al tuo futuro che devo pensare. L'ho promesso a nostra madre e l'ho promesso a te il giorno del suo funerale. Ti ho promesso che non me ne sarei mai andato, come puoi non ricordartelo? Me l'hai chiesto tu!"
"Me lo ricordo! Mi ricordo tutto! Ma tu non capisci! Non è così che devi vivere. Proteggere me non può essere l'unica cosa che conta. Io ormai sono cresciuto, posso cavarmela, me lo hai insegnato tu stesso. Adesso devi preoccuparti della tua vita! Hai fatto un ottimo lavoro con me, ma è arrivata l'ora che tu la smetta di combattere per me e cominci a combattere per te stesso, per trovare il tuo posto nel mondo. Quando nostra madre ti ha chiesto di farmi conoscere cosa significava essere felici, sono convinto che non volesse che, per onorare una simile promessa, tu mettessi da parte te stesso. Ed io ti ho chiesto di non andartene mai, è vero, ma noi siamo fratelli, siamo sangue dello stesso sangue, non importa quanta distanza fisica ci sia tra di noi, ci saremo sempre l'uno per l'altro."
Un pesante silenzio travolse entrambi. Stefano si ritrovava stanco e spostato dopo tutto ciò che si erano detti. Per un attimo, un attimo solo, si permise di distogliere lo sguardo da suo fratello per farlo volare ad una delle candele accese, la cui fiamma aveva improvvisamente preso a tremolare come conseguenza ad uno spiffero d'aria causato dalla lenta chiusura di una delle ante del suo armadio.
"Quindi tu vuoi che io me ne vada." - concluse Damiano.
Stefano tornò a guardarlo e annuì, una sola volta, con serietà.
"Si, voglio che tu vada via." - confermò.
Damiano prese un respiro, diede un piccolo colpo con un ginocchio al baule che giaceva lì, ricolmo di cose ai suoi piedi, poi gli voltò le spalle e si diresse alla porta, fermandosi solo per riprendere la candela con la quale era entrato.
"Damiano?" - Stefano lo fermò mentre faceva leva sulla maniglia per poter uscire - "Tu hai capito, vero, il perchè? Hai capito il motivo per il quale io voglio che tu vada a Venezia, giusto?"
Damiano restò immobile per parecchi istanti, fermo sulla soglia della porta, dandogli le spalle.
Stefano, in cuor suo, desiderava soltanto che si voltasse e che gli dicesse di non preoccuparsi, che alla fine aveva compreso le sue ragioni.
Damiano non si voltò. Non si voltò nè gli rispose.
Lasciò la stanza.



Sentiva di aver perso.
Non appena Giuseppe gli aveva detto che presto sarebbe partito, Damiano aveva cominciato a lottare perchè sapeva che se fosse andato via qualcosa gli sarebbe stato strappato, ma quella sera, faccia a faccia con Stefano, era stato come se quel qualcosa gli fosse già stato portato via prima ancora che lasciasse quella casa.
Quel qualcosa di così tanto indefinito era il suo ruolo tra quelle mura, il suo ruolo nella vita di Stefano, l'unica vita di cui gli era mai importato qualcosa, effettivamente.
Cosa gli rimaneva senza più quel ruolo? In quella villa in cui aveva l'impressione di essere diventato quello di troppo, quello senza uno scopo da perseguire, sicuramente non gli rimaneva più nulla.
Salì su quella carrozza quando il sole era soltanto un lieve e lontano bagliore aranciato e la luna era ancora alta nel cielo e non dava segno di voler sparire, molte ore prima dell'ora fissata per la sua partenza.
C'era soltanto lui, lui e il cocchiere.
Disse all'uomo di partire dopo essersi concesso soltanto una breve occhiata alla finestra della camera di suo fratello.
Voleva che se ne andasse e lui lo stava accontentando, ma la promessa che gli aveva fatto quando erano bambini ancora gli scalpitava nel petto.
Con o senza il suo consenso, per proteggerlo oppure no, non lo avrebbe lasciato. Mai. Per il resto dei suoi giorni.


Stefano riaprì gli occhi il giorno dopo un paio d'ore prima del solito. Neppure ricordava quando era riuscito ad  addormentarsi, sapeva soltanto che, dopo che Damiano aveva lasciato la sua camera, si era messo a letto a fissare le fiamme di quelle candele ancora accese per non pensare, fino a che probabilmente le palpebre gli erano diventate pesanti ed aveva ceduto al sonno.
Nonostante avesse dormito poco, però, si era svegliato presto per assistere agli ultimi preparativi per la partenza di Damiano e per poter salutare suo fratello ribadendogli brevemente che se voleva che partisse non era perchè non lo voleva più nella sua vita, ma che lo desiderava per lui, per il suo avvenire.
Si buttò un pò d'acqua sul viso e si vestì in fretta, precipitandosi al piano di sotto.
A metà scala, però, si era già reso conto che qualcosa non andava.
A quell'ora avrebbe già dovuto essere tutto pronto, con tanto di carrozza all'ingresso e porta spalancata, ma non c'era niente e non c'era nessuno.
Si guardò intorno, confuso, poi sentì dei passi e la voce di suo padre provenire dall'esterno. Si affrettò a raggiungere una finestra e vide Giuseppe scambiare poche parole con il loro secondo cocchiere prima di ritornare in casa, sfuggendo al freddo del mattino.
Stefano si accigliò e lo raggiunse.
"Padre! Cosa succede? Dov'è la carrozza? E Damiano? Dov'è mio fratello? Avrebbe già dovuto essere qui, pronto per il suo viaggio..." - fece.
Giuseppe annuì e gli posò una mano su una spalla.
"Damiano è già partito." - gli rivelò.
"Cosa? E' impossibile! Io...non ho neppure avuto modo di salutarlo. Perchè nessuno mi ha avvertito?"
"Nessuno è riuscito a salutarlo, Stefano. Tuo fratello è partito in piena notte" - gli rispose - "Non ti angosciare, vedrai che statà bene."
Stefano avrebbe voluto davvero seguire il consiglio di suo padre e non angosciarsi, ma non ci riusciva, non poteva.
La notte prima aveva detto a Damiano che loro due non si sarebbero mai persi, ma proprio quella discussione, la partenza solitaria e notturna di suo fratello, la freddezza con cui aveva lasciato la sua camera....
Stefano cominciava a non essere più tanto certo di poter credere alle sue stesse parole.




NOTE:
Ciao a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo, l'ottavo. Dopo questo, tra due settimane ci sarà il nono e poi l'epilogo di questa storia.
Che dire...ve l'avevo detto che, nonostante il titolo, nessuno si rompeva un osso, no?XD
La frattura, a parte gli scherzi, è ovviamente di tipo diverso, riguarda il rapporo tra i fratelli, ma la si vedrà maggiormente nel prossimo capitolo che sarà narrato a due anni di distanza, giusto poco prima dell'arrivo di una certa vampira.
In questo capitolo, infatti, il salto temporale è stato di appena dieci giorni, quelli che Giuseppe aveva concesso a Damon nello scorso capitolo prima della sua partenza.
E alla fine Damon parte.
Insomma, lo sapevamo che partiva, nel primo libro viene detto chiaramente che Damon torna alla villa e incontra Katherine dopo essersene tornato a casa dall'università.
Il fatto interessante, credo, era capire perchè partiva, visto e considerando che sembrava piuttosto deciso a non volerlo fare.
Non è un bel capitolo per Damon, si mostra immaturo, attaccato alle promesse che ha fatto prima a sua madre e poi a Stefan e al ruolo che si è ritagliato negli anni e non vuole lasciare perchè crede di non avere nient'altro.
Dal mio punto di vista - magari sbaglio, fatemi sapere voi come la pensate - tra i due, nonostante tutto, quello che più dipende dall'altro fratello non è Stefan, ma proprio Damon.
Stefan ha una vita sua, grazie alla sua indole e grazie al fratello è stato in grado di crearsela abbastanza serenamente. La vita di Damon, invece, mi è sempre sembrato che ruotasse intorno a quella del fratello. Vuoi per proteggerlo, vuoi per distruggerlo, Stefan sembra sempre il perchè di fondo di ciò che Damon fa.
Ma questo è solo un mio pensiero random, eh!XDXDXD
Vabbè...vi lascio.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e/o recensito lo scorso capitolo**
Vi aspetto lunedì 8 ottobre sul blog per lo spoiler, mentre per il capitolo...
A giovedì 11 ottobre...BACIONI...IOSNIO90!!!



lunedì 24 settembre 2012

AVVISO

Ciao a tutte!!
Purtroppo per stasera, in via eccezionale, lo spoiler salta!
Mi dispiace moltissimo, ma tra impegni vari, il lavoro che non dà un attimo di tregua e problemi al portatile su cui scrivo le fanfiction che oggi mi hanno seriamente fatto temere il peggio, il capitolo non è ancora pronto ergo...niente spoiler per questa settimana! Scusate tantissimo!
In cambio, però, qualcosina posso dirvela.
Non ci saranno salti temporali nel prossimo capitolo, riprenderemo il discorso di Giuseppe che vuole mandare via Damon e lui che non ne vuole sapere.
E poi possi dirvi il titolo e lasciarvi a rimuginarci su!XD
Allora, il titolo del capitolo sarà "Frattura" e state certe che non si riferisce a nessuno che si rompe un osso!XD
A giovedì allora, sia qui che su EFP per il capitolo e scusate ancora per il contrattempo!
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

"Le Porte del Tempo: Passato" - Capitolo 7

Estate

Cara Cecilia,
E' ormai trascorso più di un anno dal nostro primo incontro e voglio che sappiate che per me il solo avervi conosciuto non è stato soltanto un onore, ma anche una grande fonte di sollievo nei momenti di tristezza.
La vostra amicizia mi rende....


"Completamente negato a scrivere qualcosa che abbia un senso, ecco cosa mi rende!" - Stefano lasciò cadere malamente la penna d'oca che stringeva tra le dita sporche d'inchiostro e accartocciò, frustrato, l'ennesimo pezzo di carta da buttare via, pieno di frasi che non davano nemmene l'idea di ciò che lui voleva realmente dire.
Aveva deciso di scrivere una lettera essenzialmente per due motivi.
Primo: la distanza. Ora che sia lui che Cecilia avevano lasciato Firenze per la stagione estiva non avrebbe avuto modo di rivederla fino all'arrivo dell'autunno.
Secondo: non era sfacciato abbastanza da riuscire a parlarle di ciò che ingenuamente sentiva di provare per lei guardandola dritto negli occhi.

In vigore di queste due motivazioni si era detto che una lettera avrebbe fatto al caso suo perchè avrebbe parlato per lui e avrebbe dato ad entrambi tempo per prepararsi ad un futuro incontro dopo le rivelazioni che quel foglio di carta avrebbe contenuto, ma se non riusciva a scriverla - e ci stava provando ormai da quasi un mese intero - trovava parecchio difficile credere che le cose sarebbero andate secondo i suoi piani.
Ma si sarebbe arreso? No! E non poteva neppure se avesse voluto, non ora che Damiano aveva scoperto i suoi intenti e aveva scommesso con lui che quella lettera non l'avrebbe mai scritta nè spedita.
Probabilmente alla fine di quella storia sarebbe soltanto andato incontro ad una brutta umiliazione? Evitava di pensarci.
Guardò il travolo sul quale era poggiato e sospirò alla vista di tutte quelle lettere che aveva cominciato e poi gettato via. Si chiese se era normale sentirsi così impacciati anche semplicemente scrivendo.
Decise di riprovarci, quindi afferrò un nuovo foglio e se lo posizionò davanti.
"Stavolta devo farlo bene!" - si disse, cercando di risultare a se stesso il più determinato e convincente possibile.
Dopotutto non aveva neppure un vero motivo per avere così tanta paura. Lui e Cecilia avevano trascorso molto tempo insieme dalla sua festa di compleanno l'anno prima ed erano diventati molto amici. Col passare del tempo Stefano aveva scoperto in lei una confidente fidata e il loro rapporto gli aveva insegnato ad aprirsi anche agli altri oltre che a suo fratello. E Dio solo sapeva se quella non era una lezione che aveva davvero bisogno di imparare!
Più crescevano, infatti, più l'astio tra suo padre e Damiano aumentava, più lui sentiva che molte cose non poteva rivelarle al fratello per timore di deluderlo o irritarlo, cose tipo il suo desiderio di trascorrere più tempo con Giuseppe oppure cose tipo la sua decisione di impegnarsi serimante al fianco di suo padre negli affari della loro famiglia.
Damiano non ne voleva sapere, lui voleva seguire la sua strada, una strada che desiderava ardentmente che si distanziasse il più possibile da quella paterna, ma lui non la vedeva in quel modo. Stefano ci aveva riflettuto parecchio, durante quell'anno suo padre lo aveva portato con lui anche a qualche suo incontro d'affari con altri nobil'uomini e, sebbene non se lo fosse aspettato, il mondo dell'economia popolato da importanti banchieri lo affascinava e, a detta del suo precettore, pareva addirittura che ci fosse portato.
Di queste cose non poteva parlarne con Damiano, non riusciva ancora a trovarne il coraggio, ma ne aveva parlato con Cecilia che era sempre stata in grado di capirlo e consigliarlo al meglio.
Era stato durante i loro incontri, durante le lunghe passeggiate e le ionterminabili chiacchierate che Stefano si era reso conto con stupore che il suo cuore cominciava a battere più forte quando la ragazza gli era vicino. Poche settimane prima le gli aveva timidamente permesso di tenerle la mano e Stefano si era sentito felice, felice di una felicità che non aveva mai sperimentato prima, che gli aveva fatto illuminare gli occhi e gli aveva permesso di imprimersi nella memoria la liscia e delicata consistenza della pelle chiara di Cecila a contatto con la sua. E tutte quelle sensazioni non riusciva più a tenersele dentro.
Di notte ancora sognava il momento in cui Cecilia era andata a salutarlo prima di partire con la madre per poter trascorrere l'intera estate in Francia dai suoi zii e nonni. Quella volta era stato triste per entrambi separarsi e, al momento di andare via, lei gli aveva lasciato un bacio segreto su una guancia e gli aveva sussurrato una promessa: che si sarebbero rivisti presto e che sarebbero tornati insieme, a chiacchierare passeggiando tra i roseti della sua villa.
Mai come quella volta, Stefano non desiderava altro che lasciare la tenuta al mare che un tempo era appartenuta ai genitori di sua madre e dove trascorrevano ogni estate per poter fare ritorno a Firenze.
Nel frattempo, si accontentava di provare a scrivere una lettera che sembrava non riuscire a prendere forma per via della sua incapacità di esprimere con le parole quei sentimenti che stavano appena affiorando nel suo animo.
"L'estate passerebbe prima se uscissi da questa casa e provassi a svagarti, sai?"
Stefano, alla voce di suo fratello, sobbalzò. Alzò di scatto la testa e si voltò a guardare Damiano mentre lui avanzava con un mezzo sorriso, scalciando qua e là tutti i fogli appallottolati che erano caduti sul pavimento.
"Non ti ho sentito entrare." - disse - "Da quanto sei lì sulla porta?"
"Da almeno tre fogli sprecati..." - rispose Damiano, scrollando le spalle con noncuranza.
Ultimamente capitava spesso che Stefano se lo ritrovasse alle spalle senza che neppure se ne accorgesse, come se Damiano sbucasse dal nulla e si piantasse lì a spiarlo per il puro gusto di divertirsi a fargli prendere un colpo ogni volta che decideva di intervenire senza preavviso, come poco prima.
"Io questa lettera riuscirò a scriverla!" - fece Stefano.
"Secondo me fai prima a tornare a Firenze e a rivederla di persona, ma è solo la mia opinione, a chi vuoi che importi?"
"Lo sai che mi importa la tua oppinione è solo che...." - Stefano si fermò e prese un bel respiro - "Io non penso proprio di riuscirgliele a dire certe cose guardandola in viso. Sarebbe troppo imbarazzante!"
"Perchè invece ritornare a Firenze e incontrala per poi rimanere in silenzio a fissarvi tra voi con lei che si aspetta che tu le ripeta ciò che le hai scritto e tu che aspetti che sia lei, invece, a fare la prima mossa e a darti una risposta alla lettera non sarà per niente imbarazzante, eh?"
I sensi di Stefano si misero in allerta generale.
"Lei si aspetterà che io le ripeta quanto le avrò scritto?" - fece.
"Certo che si! E' una ragazza! Le lettere vanno bene, ma devono servire soltanto a ricordarle giorno dopo giorno ciò che in un primo momento le avrai detto chiaro e tondo a voce alta guardandola negli occhi."
Stefano rimase in silenzio a fissare con occhi increduli il foglio bianco che aveva davanti.
Se Damiano aveva ragione tutto il suo brillante piano non risultava essere poi così brillante alla fin fine. In quel caso, si, tanto valeva lasciar stare la lettera e parlare direttamente a Cecilia, ma come poteva trovare il coraggio per farlo?
Si sentiva così codardo in quel momento...
Suo fratello  spostò una delle sedie della stanza e la mise di fianco a lui, prendendo posto e sospirando mentre gli poggiava una mano su una spalla.
"Stefano, fratellino caro, sei un quindicenne alla prima cotta e non hai idea di quanto tu sia divertente!" - gli disse, sogghignado senza ritegno.
Stefano si voltò a guardarlo, corrucciato e anche un pò offeso a dirla tutta.
"Però! Grazie mille, Damiano, e tu dovresti essere mio fratello?"
"Oh, andiamo, non te la prendere.."
"Come faccio a non prendermela?! Io ho un problema e tu mi ridi in faccia!"
Damiano rigettò indietro una risata e Stefano alzò gli occhi al cielo: "Ecco! Appunto!" - sottolineò.
"Va bene, va bene, hai ragione!" - fece Damiano, mostrandogli le mani in segno di resa e tentando di far sparire ogni traccia di divertimento dal viso.
Stefano apprezzò la cosa e annuì.
"Così va meglio!"
"Bene! Adesso, però, lascia che ti dica una cosa, fratellino: tu non hai un vero problema! Insomma, capisco che la cosa può sembrarti difficile perchè sei un ragazzino e senti di provare per la prima volta qualcosa per una ragazza che conosci, ma i veri problemi sono altri. Questo è...facilmente risolvibile!"
"Ah si? E come?" - chiese Stefano.
"Beh...siamo in vacanza, usa questo tempo per fare chiarezza nella tua testa e capire cos'è che vuoi dirle esattamente. Non appena torniamo a casa, poi, vi rivedrete, parlerete tra voi, le prenderai la mano e le dirai per filo e per segno come ti senti. Non è nulla di ufficiale, non c'è bisogno di essere troppo cerimoniosi, sii semplicemente te stesso e deciderete insieme se non dire nulla a nessuno e restare solo molto amici, oppure se parlarne a tutti e ritrovarvi tra appena qualche anno con una casa vostra e figli al seguito." - rispose Damiano.
"Non scherzarci su!" - lo ammonì Stefano.
"Non sto scherzando! E' così che vanno le cose ed è così che si fanno quando si vogliono fare le cose per bene!"
"Tu non hai mai fatto nulla del genere, però."
"Io non ho mai fatto le cose per bene!" - ghignò Damiano.
"Perchè mi sembra che la cosa non ti turbi affatto?" - fece Stefano.
"Perchè è vero, non mi turba affatto, tutt'altro direi, mi ci trovo benissimo a fare le cose senza seguire le regole!"
"Ed è per questo che finisci sempre nei guai."
"La mia vita è divertente!"
"Quindi la mia non lo è?"
"La tua è esattamente come dev'essere, Stefano: normale e il più serena possibile!" - concluse Damiano.
Stefano sorrise debolmente e annuì, rimettendo al suo posto il foglio bianco che aveva ancora davanti e allontanando da se penna d'oca e calamaio.
Forse Damiano aveva ragione, forse stava davvero prendendo tutta quella faccenda troppo seriamente. Avrebbe dovuto godersi l'erstate, godersi i suoi sentimenti senza lasciare che la paura di esternarli gli rovinasse l'attimo.
"Dicevi che dovrei uscire di qui e provare a svagarmi?" - fece, riferito alla prima cosa che Damiano gli aveva detto entrando nella stanza.
Suo fratello annuì.
"Stasera dovrebbe esserci una specie di festa in un paesino qui vicino, una di quelle feste dove si balla per strada, si lasciano i titoli a casa e ci si diverte celebrando la bella stagione. Ho sentito dire che ci sarà anche una piccola compagnia teatrale itinerante che metterà su qualche scenetta comica, ti va di andarci?"





"Quel tizio era completamente pazzo!"
Damiano si voltò verso il fratello e sorrise della sua esclamazione e della fragorosa risata che seguì subito dopo.
Alla fine avevano fatto esattamente come lui aveva proposto. Si erano cambiati d'abito, lasciando le giacche a casa, erano saliti in groppa a due cavalli ed erano corsi via uno di fianco all'altro fino ad arrivare ad un paesino fuori mano, abitato per lo più da contadini grassocci che li avevano accolti con grandi sorrisi e qualche riverenza da parte delle signore che avevano riconosciuto in loro due nobili.
Stefano si era lasciato trascinare tra la folla di persone allegre che accompagnavano le note della musica di un quartetto di suonatori improvvisati con movenze del corpo sgraziate, ma divertite ed era rimasto affascinato dalla vita del posto, dalle bancarelle rifornite di ogni cosa e soprattutto da quel gruppo di disgraziati che avevano montato un palchetto in legno con qualche pedana rubata ai commercianti di frutta e si erano messi a decantare frasi celebri di importanti autori greci e latini con una buona dose di melodramma nei gesti e nella voce per poi storpiare il tutto con qualche entrata non prevista, qualche loro considerazione da "gente quasiasi" e una valanga di battutacce spesso volgari che erano però riuscite nell'intento di ingraziare loro il folto grutto di persone che avevano riunito.
Stefano, appunto, era tra quelli che erano riusciti ad ingraziarsi. Damiano lo aveva visto arrossire a qualche battuta un pò spinta, ma ridere di gusto per la maggior parte del tempo.
Di solito Giuseppe non permetteva mai che loro assistessero a spettacolini simili, ma il bello dell'estate era proprio quello: Giuseppe, come ogni anno, diceva che li avrebbe accompagnati con la servitù e alla fine se ne restava a Firenze impegnato in qualche suo affare piuttosto che raggiungerli.
I due fratelli, quindi, restavano soli per quasi tre mesi durante i quali Damiano sentiva di poter mettere da parte i rancori e le preoccupazioni per un pò e lasciarsi totalmente andare, assecondando ogni suo istinto e desiderio. Non era esattamente il comportamento adatto a qualcuno del suo rango e spesso anche Stefano sembrava biasimarlo, ma a Damiano importava poco. Aveva conosciuto così poche gioie nella sua vita che quando aveva la possibilità di darsi solo ai divertimenti senza pensare alle regole e alle conseguenze allora la coglieva al volo perchè, in fondo, sentiva di meritarselo.
Stefano era diverso da lui, meno complicato forse. A lui bastava poco per essere sereno, passava sulle cose, buttava su carta i suoi dolori e guardava avanti con fiducia, ma Damiano....no, lui le cose se le legava al dito, si lasciava tormentare dalle sofferenze e ad ogni batosta rialzava la testa soltanto per mostrare uno sguardo sempre più cupo e vendicativo. Lui aveva bisogno di assecondare i suoi desideri di tanto in tanto.
"Probabile, si!" - sogghignò in risposta dando una leggera gomitata a Stefano che camminava al suo fianco tutto esaltato.
"Sai? E' stata proprio una grande idea venire qua! Mi piace questo posto..." - gli disse, voltandosi a salutare con la mano un gruppo di donne e ragazze che gli avevano rivolto un cenno riverente di saluto - "...e le persone sono molto gentili!"
"Si aspettano che tu ti dia da fare e spenda parecchio alle loro bancarelle..." - fece Damiano.
"E allora facciamolo, no? Compriamo delle cose!" - fece Stefano.
Damiano si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato.
"Compriamo delle cose?"  - ripetè.
Tutta quella leggerezza da parte di Stefano era inusuale, di solito lui era sempre coscienzioso in tutto.
"Certo che si! L'hai detto tu che devo godermi l'estate e svagarmi, no? Sto facendo come fai tu!" - rispose Stefano, scrollando le spalle.
"Come faccio io?"
"Si! Faccio tutto quello che mi va, quando mi va. Lascio i pensieri a casa e mi diverto. Prima ho pensato che forse hai ragione tu, che forse non dovrei prendere sempre tutto troppo sul serio, dopotutto sono ancora un ragazzo, certe cose mi sono ancora permesse, no? E' inutile che faccio l'adulto prima del tempo!"
Damiano strabuzzò gli occhi e rise di gusto, dando una pacca su una spalla al fratello.
"Sai cosa? Vuoi fare quello che ti va, quando ti va? E chi sono io per impedirtelo?" - fece.
Stefano scoppiò a ridere di nuovo, saltò sul posto una volta sola e poi corse via mentre Damiano lo guardava e scuoteva la testa.
L'avrebbe tenuto d'occhio, quello era ovvio, ma ormai Stefano stava crescendo, presto Giuseppe avrebbe cominciato a caricare anche lui di nuove responsabilità e, inoltre, aveva come la sensazione che qualcosa nell'aria stesse per cambiare. Per questo voleva, quindi, che suo fratello si lasciasse andare adesso che poteva ancora permettersi di farlo perchè sapeva bene che, nel momento in cui le cose sarebbero davvero cambiate e avrebbe smesso di essere considerato un ragazzo per essere definito invece un uomo, allora Stefano avrebbe preso la cosa molto più sul serio di quanto non avesse fatto lui in passato.
Damiano non era stupido, conosceva suo fratello, sapeva che se Giuseppe si fosse fatto avanti allora Stefano ci avrebbe pensato per davvero ad assecondarlo e a seguire i piani che il padre avrebbe predisposto per lui.
Prima che questo accadesse, quindi, ci teneva a dare al suo fratellino un assaggio di quella che era la vita lontana dalle restrizioni e dalle regole perchè si, gli avrebbe fatto bene.
Trascorsero ore su ore, la sera calò mentre le stradine venivano illuminate dalle fiaccole e Stefano continuava ad andarsene liberamente in giro. Damiano lo aveva visto comprare di tutto, a volte lasciando anche più denaro di quanto pattuito solo perchè gli era sembrato che il figlio del venditore in questione fosse smagrito o perchè la donna che gli aveva servito la cena in una taverna aveva lo scialle scucito.
Era buono, non ci si poteva fare niente.
A tarda notte la musica e i balli ancora continuavano. Stefano aveva stretto amicizia praticamente con tutti e ad un certo punto aveva deciso che era giunto anche per lui il momento di ballare, quindi Damiano se l'era ritrovato improvvisamente di fronte e aveva dovuto lasciare in sospeso l'intrigante chiacchierata che aveva intavolato con una ragazza del posto abbastanza carina.
"Dovremmo ballare!" - se ne uscì Stefano.
Damiano si accigliò.
"Io e te? Insieme? Preferirei di no, grazie tante!" - rispose Damiano.
Stefano alzò gli occhi al cielo, infilò la mano in una botte piena d'acqua fresca e poi se la passò sul viso e intorno al collo sudato.
"Non intendevo io e te insieme, stupido! Dicevo solo che dovremmo metterci a ballare!" - precisò.
Peccato solo che Damiano si fosse bloccato alla prima metà della frase.
"Mi hai dato dello stupido?" - gli chiese.
"Si e allora?"
"Dì un pò, fratellino, hai bevuto?"
"Vino! Lo producono loro, lo sai? Era buono, veramente buono!"
Damiano lo fissò qualche attimo e poi scoppiò a ridergli in faccia.
"Perchè ridi adesso?" - chiese, confuso, Stefano.
"Perchè sembra che tu ti sia preso la tua prima sbronza.."
"Beh, almeno è avvenuto sotto la tua supervisione." - disse, ovvio, suo fratello.
Damiano trattenne a stento una nuova ondata di risate.
"Incredibile! Responsabile sempre e comunque tu, eh?" - fece.
Ma Stefano si era già stancato del loro scambio di battute e aveva preso a saltellare sul posto, seguendo il ritmo della musica.
"Che fai?" - fece Damiano.
"Io vado a ballare!" - rispose Stefano, allontanandosi.
Damiano lo vide correre dall'altra parte della strada, afferrare la mano di una ragazzina più o meno della sua età, non molto alta, graziosa, coi capelli biondi e un sorriso solare, per poi portarla con se al centro dello spiazzo in cui numerose coppie ballavano e saltavano gli uni di fianco agli altri.
Per l'ennesima volta quel giorno, Damiano rise e rise ancora osservando la spensieratezza di suo fratello e poi seguì il suo consiglio, riacciuffando dalla mischia la ragazza con la quale parlava poco prima e ballando prima con lei e poi con altre ancora, fino al mattino dopo quando lui e Stefano ripresero i cavalli e si riavviarono verso casa.
"Non credo di reggermi in piedi, sono stanco!" - si lamentò Stefano.
"Infatti non devi reggerti in piedi. Ti faccio notare che sei seduto su un cavallo, fratellino." - ridacchiò Damiano.
"Ah! Già! Hai ragione!"
"Allora? Ti sei divertito?"
Gli occhi di Stefano si illuminarono e lui annuì.
"Dovremmo farlo di nuovo, divertirci insieme!" - disse.
"Abbiamo tutta l'estate ancora davanti!" - lo rassicurò Damiano.





Caro diario,
Ora che l'estate è trascorsa e siamo tornati alla villa, con tutto quello che è accaduto mi pento davvero molto di non averti portato con me. Però, ho scritto delle cose, ho preso delle annotazioni e presto comincierò a farti un resoconto dei mesi trascorsi con Damiano lontano da Firenze.
Quest'anno è stato diverso. Forse perchè io ormai sono cresciuto e allora Damiano poteva portarmi in giro con se. Non scriverò tutto ciò che abbiamo fatto, le persone che abbiamo conosciuto e i posti che abbiamo visto adesso, ma ti basti sapere che mio fratello aveva ragione! Ho soltanto quindici anni, dopotutto, dovrei avere degli amici e vivere senza preoccuparmi troppo del futuro.
Si, so che per tutti io sono già un uomo a quest'età, ma non mi sento tale, non ho vissuto abbastanza per definirmi tale, non ho provato abbastanza.
Damiano, lui alla mia età era già un adulto, lui si è sempre preso cura di me, non è mai stato davvero un ragazzino, ma si è impegnato affinchè io crescessi come tale e adesso....si, vorrei provare a rendere felice anche mio padre, ma ho capito che lasciar perdere tutto ogni tanto mi fa bene, mi fa guardare le cose da un'altra prospettiva, mi alleggerisce la mente e lo spirito, aiutandomi ad essere ancora più ottimista del solito.
Ne ho parlato anche con Cecilia e le ho confessato della lettera che volevo scriverle e non le ho scritto, le ho confessato ciò che avrei voluto dirle e lei mi ha sorriso, dicendomi che è giusto vivere i nostri giovani sentimenti per quello che sono adesso, ancora così acerbi e innocenti, e aspettare il momento giusto per riuscire a comprenderli in pieno e a capire se sarà oppure no il caso di renderli ufficiali e più seri.
Sono felice, lo sono davvero, mi sento senza pensieri....


Stefano lasciò cadere la penna d'oca sul tavolo non appena Damiano entrò senza preavviso nella sua stanza e si buttò sospirando sul suo letto.
Si accigliò. Erano tornati da meno di qualche ora e suo fratello aveva già trascorso molto tempo da solo con Giuseppe che gli aveva detto di volergli parlare con urgenza.
Stefano si sentì improvvisamente preoccupato senza saperne neppure il perchè.
"Damiano? Che succede?" - gli chiese.
"Vuole che io lasci Firenze!" - si sentì rispondere.
Stefano spalancò gli occhi, interdetto.
"Come, scusa? E perchè mai?"
"Dice che è giunta l'ora che prosegua i miei studi lontano da qui, in una specie di università o come diavolo l'ha chiamata..."
"Per quanto tempo?" - chiese.
Damiano scosse la testa.
"Tutto quello che sarà necessario! Anni, forse.."
"Anni? E...e dove andrai di preciso?"
"Non ne ho idea, credo che sia indeciso anche lui. L'unica cosa di cui è sicuro è che mi vuole fuori da questa casa entro dieci giorni al massimo!" - rispose Damiano.
Stefano si ammutolì, non sapeva che pensare.
Perchè suo padre aveva preso una decisione del genere? Da quanto tempo ci stava pensando senza dire nulla?
"E tu vuoi andare via?" - chiese.
Damiano si tirò su a sedere di scatto.
"Ovvio che no! E non andrò da nessuna parte. Io non ti lascio qui da solo con lui! M'inventerò qualcosa, vedrai!" - gli rispose.
Stefano annuì e abbassò gli occhi che gli caddero sul diario ancora aperto sulla scrivania e sull'ultima frase che aveva scritto:
Sono felice, lo sono davvero, mi sento senza pensieri.
Osservò quelle parole per qualche istante ancora, poi riafferrò la penna e le cancellò via tutte. Se Damiano se ne fosse andato via, per anni lontano da lui, non sarebbe mai stato felice, affatto.




NOTE:
Ciao a tutti e buon givedì sera!!!
Come va? Come sempre inizio ringraziando tutti coloro che hanno letto e/ o recensito lo scorso capitolo! Grazie mille davvero!**
Che dire di questo capitolo, più leggero di tutti quelli che ho scritto fino ad adesso, senza dubbio.
Il protagonista di sicuro è stato Stefan alle prese con 15 anni e le sue prime preoccupazioni amorose e non.
L'unica nota dolente arriva sul finale, con Giuseppe che vuole spedire Damon via di casa, ma questo verrà approfondito in seguito quindi qui ho preferito soltanto accennarlo.
Ormai mancano tre capitoli alla fine e proprio questo sarà l'inizio dello step finale che porterà alla lenta rottura tra i due fratelli, quindi si, mi sa che un capitolo abbastanza leggero ci stava tutto prima di quelli che verranno adessoXDXDXDXD
Adesso, scusate se non scrivo le mie solite note lunghissime, ma già sono in ritardo nel postare e vado un pò di fretta, quindi...
Vi aspetto lunedì 24 settembre sul blog per lo spoiler mentre per il capitolo..
A giovedì 27...BACIONI..IOSNIO90!!!