giovedì 27 settembre 2012

Le Porte del Tempo: Passato - Capitolo 8

Frattura

"No! Assolutamente no!" - era da ore che Damiano non faceva che ripetere sempre la stessa cosa, sin dalle prime luci dell'alba quando aveva raggiunto suo padre nel suo studio prima che facesse in tempo ad uscire di casa solo per potergli ribadire il suo categorico rifiuto.
Da dieci giorni non faceva altro che pensare e ripensare all'imposizione di Giuseppe, al fatto che aveva deciso, in un improvviso quanto sospetto lampo di interesse per le sue sorti, di spedirlo all'università, un'università un bel pò lontana dalla loro villa, dalla loro vita e dalla vita di Stefano.
Damiano non riusciava a non vederci una cospirazione dietro tutto ciò. In altre circostanze sarebbe stato ben felice di lasciare la casa paterna per cominciare a vivere il mondo così come aveva sempre voluto, ma qualcosa continuava a non tornargli e, dopotutto, capitava davvero raramente che qualcosa gli fosse chiara delle azioni di suo padre e delle motivazioni che le dettavano.
Per quanto gli riguardava era completamente da escludere che Giuseppe avesse preso a cuore il suo futuro e che avesse preso quella decisione soltanto per il suo bene, doveva esserci qualcosa sotto e quel qualcosa, Damiano ci si sarebbe giocato le mani, doveva per forza avere a che fare con suo fratello e con chissà quali progetti Giuseppe aveva in serbo per lui.
Suo padre aveva rinunciato ormai da tempo a qualsiasi piano avesse mai avuto nei suoi riguardi, ma con Stefano aveva trovato terreno fertile. Si era ritrovato davanti ad un ragazzo che non gli serbava tutto il rancore che gli serbava lui, che ancora lo considerava un padre magari addirittura capace di amare i propri figli e che sarebbe stato disposto anche a passare oltre ad anni ed anni di indifferenza e torti pur di allacciare un rapporto con lui, il tutto a causa di una naturale indole mansueta che Stefano aveva ereditato da Margherita e che nulla aveva a che fare con quella ben più combattiva che era la sua.
Damiano credeva molte cose di suo padre, ma di certo non aveva mai pensato che fosse un'idiota, indi per cui gli veniva facile pensare che Giuseppe si fosse fatto un calcolo ben preciso di come, da quel giorno in avanti, avrebbe voluto che la vita di suo fratello si svolgesse. Sicuramente voleva inserirlo a pieno titolo negli affari di famiglia per poi trovargli una ragazza docile e carina con la quale fargli contrarre un matrimonio che avrebbe giovato alla loro famiglia e a quella della prescelta, così come si confaceva ad ogni giovane uomo del rango di Stefano.
L'unico ostacolo, quindi, era lui e Damiano credeva che Giuseppe avesse calcolato anche questo.
Lui che si era sempre battuto per suo fratello non avrebbe mai accettato che finisse col diventare soltanto un'altra ruota del carro trainato da Giuseppe, uno dei tanti ingranaggi che serviva soltanto a mantenere alto l'onore della famiglia anche a discapito della personale felicità. Si sarebbe messo in mezzo, avrebbe fatto in modo che Stefano capisse una volta per tutte che non era il loro astuto padre a dovere decidere del suo destino, ma che poteva benissimo farlo da solo, scegliere ciò che più lo avrebbe reso felice e che se Giuseppe davvero desiderava far parte della sua vita, allora lo avrebbe aiutato e accettato lo stesso.
Ma tutto questo Giuseppe non poteva permetterselo, quindi aveva deciso di tentarlo offrendogli l'occasione che lui aveva sempre desiderato di avere: una vita lontana da lui con l'opportunità di decidersi in autonomia la strada che più avrebbe voluto percorrere senza alcuna interferenza paterna. Questo, ovviamente, con la speranza che lui dicesse di si e che gli lasciasse via libera con Stefano.
Nella mente di Damino il ragionamento era semplice e lineare.
"La mia è una decisione definitiva, Damiano, non ho alcuna intenzione di tornare sui miei passi. Domani lascerai questa casa. Il fratello del marchese Carpin ti aspetta a Venezia dove ti ospiterà per tutto il tempo necessario fino alla fine dei tuoi studi, qualsiasi argomento essi trattino. I tuoi bagagli saranno ultimati in mattinata e verrano spediti già tra qualche ora. In quanto al denaro, ne avrai a sufficenza e te ne arriverà una consistente quota ogni venti giorni. E' deciso. Come vedi è già tutto pronto." - gli rispose Giuseppe, con un'irritante nota di calma e indifferenza nella voce, mentre era intento a rileggere sommariamente qualche documento pieno zeppo più di numeri che di parole.
"Ovviamente! Peccato che io non ho alcuna intenzione di lasciare questa casa!" - si ostinò Damiano.
Giuseppe scosse di poco la testa e gli lanciò un'occhiata, fermandosi in piedi alle spalle della sua grossa scrivania.
"Eppure pensavo che ci saresti andato a nozze con l'idea di andartene da qui."
"E sarebbe anche così, se questo non significasse lasciare Stefano nella tue mani!"
"Questa discussione non riguarda tuo fratello, ma il tuo futuro." - obiettò Giuseppe.
"Certo che riguarda Stefano! Riguarda sempre Stefano. Ho promesso alla mamma che l'avrei protetto, che avrei fatto in modo che fosse felice."
Damiano tacque, lasciando spazio soltanto al silenzio per diversi minuti. Giuseppe lo fissava con gli occhi socchiusi, come a rimproverarlo per il fatto che avesse appena violato uno delle sue più ferree regole: mai parlare di Margherita in sua presenza.
Un regola, quella, che Damiano fin da bambino odiava più di tutte le altre messe insieme, una regola che da sola era bastata, nel momento in cui era stata stabilita per la prima volta ad alta voce, a far scattare quel disprezzo che da allora aveva preso ad associare sempre alla figura di suo padre.
"Avete un piano per Stefano, un piano che non mi piace." - riprese.
"Non ho nessun piano per tuo fratello, non essere paranoico adesso."
"Volete farlo diventare come voi." - quelle parole, dette da Damiano, sembrarono un'accusa bella e buona.
Giuseppe lo trafisse con lo sguardo. Damiano gli restituì il favore. In quel momento i suoi occhi neri erano più scuri del solito, senza alcuna luce ad illuminarli dall'interno, un'unico insieme di determinazione e sfrontata aggressività.
"Voi volete manipolarlo." - continuò.
Giuseppe lasciò cadere i fogli che ancora teneva stretti e battè con forza le mani sul legno duro della scrivania.
"Mi dipingi come un mostro! Io sono vostro padre!" - urlò, perdendo tutta la compostezza che era solito sfoggiare.
"Sulla carta, ma non vi siete mai comportato come tale. Da quando la mamma ci ha lasciati voi non avete fatto altro che delegare tutto ciò che riguardava me e Stefano a qualcun altro. Prima la balia, poi il precettore...non avete mai mostrato il minimo interesse per noi e adesso pretendete di decidere del nostro futuro spacciandovi per un padre che ha davvero a cuore l'avvenire dei suoi figli! Io e Stefano siamo cresciuti da soli!"
"Io ho sofferto...per la morte di mia moglie!" - fece Giuseppe in risposta.
"Noi eravamo dei bambini e l'abbiamo vista morire. Voi avreste dovuto sostenerci, avrete dovuto starci accanto e non lo avete fatto. Adesso non avete alcun diritto di lamentarvi perchè io non riconosco in voi più alcuna autorità paterna nè alcun nobile sentimento celato dietro le vostre azioni. Sono cresciuto senza l'aiuto di nessuno avendo a cuore solo Stefano, solo la promessa fatta a mia madre. Mi sono occupato solo di mio fratello, lasciando che la mia vita fosse completamente votata alla felicità che avevo giurato che lui avrebbe conosciuto."
"Damiano....sto cercando di occuparmi di te. Prova a credermi."
"Voi non me lo porterete via! Io non ve lo lascerò fare!"
"Damiano!"
Il richiamo di suo padre lo raggiunse quando già aveva lasciato la stanza e si era avviato a grandi passi lungo il corridoio.
Si sentiva completamente fuori di se. E messo alle strette. Più di ogni altra cosa si sentiva messo alle strette.
Il pensiero che ci fosse la remota possibilità che Giuseppe si stesse realmente dando da fare per lui non riusciva minimamente a farsi strada nella sua testa, inondata com'era dall'unica idea che suo padre fosse solo un usurpatore.
Ancora una volta, riusciva a formulare un unico ragionamento: Giuseppe all'epoca della morte di Margerita non aveva saputo come affrontare la cosa e aveva lasciato i suoi due figli da soli, rimanendo a guardare distrattamente negli anni mentre lui, il maggiore, prendeva in mano le redini della situazione e aiutava se stesso e suo fratello a crescere, a costruirsi una vita. Infine, adesso che sia lui che Stefano erano diventati abbastanza grandi da non avere più bisogno costantemente di una guida paterna, Giuseppe aveva deciso di infilarsi nel mezzo, cercando di mostrarsi pentito tramite stupide paroline e stupidi gesti, con la pretesa di fare il padre adesso che la parte più dura del crescere due figli che avevano dovuto affrontare una perdita simile in così giovane età era passata.
Damiano era convinto che Giuseppe volesse mandarlo via perchè sapeva che lui non avrebbe mai abboccato e perchè sapeva anche che Stefano, nonostante fosse in grado di perdonargli qualsiasi cosa al suo primo accenno di pentimento, non avrebbe mai dato retta soltanto a lui benchè fosse il padre, ma avrebbe continuato a fare affidamento anche e soprattutto sull'unica persona che gli aveva sempre badato, cioè Damiano.
Doveva essere così. Non poteva esserci altra spiegazione. Doveva essere per forza così.




Il grande orologio a pendolo esposto in salotto battè le due di notte quando Stefano realizzò che, preso com'era dai suoi pensieri, oramai era impossibile che riuscisse ad addormentarsi tranquillo e a riposarsi per ciò che lo attendeva la mattina dopo.
Si era ripromesso che si sarebbe stampato in faccia un bel sorriso nel salutare Damiano in partenza per l'università e non poteva permettersi di non rispettare quel giuramento fatto a se stesso. Un pò per lui, un pò per suo fratello.
Nonostante lo sbigottimento iniziale causato dalla notizia, in quei dieci giorni Stefano aveva trascorso molto tempo a riflettere ed era giunto alla conclusione che forse era un bene che suo fratello si allontanasse per terminare i suoi studi. Sapeva che Damiano era molto preoccupato per cosa ne sarebbe stato di lui una volta rimasto solo, ma Stefano era più che convinto che fosse giunto il momento, per suo fratello, di cominciare a pensare un pò più a se stesso che a lui.
Lui sarebbe stato bene. Era cresciuto, aveva imparato molte cose, spesso proprio da Damiano stesso. In definitiva: poteva farcela. E passare del tempo da solo con suo padre non credeva potesse causargli poi tanto danno. Insomma, era pur sempre di suo padre che si stava parlando!
Conosceva da sempre l'opinione che Damiano aveva di Giuseppe, ma Stefano non poteva fare a meno di credere che un'opportunità, soprattutto adesso che Giuseppe sembrava desideroso di guadagnarsela, gliela si poteva concedere.
Suo padre era un uomo, quindi sbagliava. Non era perfetto, ma era tutto ciò che avevano. Disprezzarlo per le azioni compiute in passato non avrebbe portato a nulla; al contrario, provare a dargli un pò di fiducia, voltando le spalle a ciò che era stato e volgendo lo sguardo al futuro, forse un giorno avrebbe dato dei risultati positivi, forse addirittura quel piccolo atto di perdono e comprensione avrebbe restituito loro una famiglia vera, unita.
Stefano non credeva che tutto ciò fosse soltanto pura utopia, anzi si era convinto che con un pò di buona volontà da parte di tutti fosse un qualcosa di fattibile, di realizzabile.
Per questo motivo aveva messo da parte ogni sua lamentela, ogni dubbio ed ogni attacco di tristezza per il fatto che presto non avrebbe più avuto il supporto dato dalla presenza costante di suo fratello nella sua vita e aveva provato a mettersi l'anima in pace, a guardare la cosa da un punto di vista diverso, più maturo.
Li aveva ascoltati i litigi tra suo padre e suo fratello che avevano fatto da sottofondo alla vita della villa per i dieci giorni precedenti, sapeva che l'unico motivo per cui Damiano si ostinava tanto a combattere era lui. Si sentiva in colpa per questo ed anche un pò a disagio.
Negli anni Damiano aveva ricoperto per lui non soltanto il ruolo di fratello maggiore e di questo gli era grato, ma adesso che gli anni erano passati Stefano cominciava a sentirsi un peso ingombrante sulle spalle di suo fratello, un peso che non gli permetteva di andare avanti, di guardare oltre quel ruolo che sì ricopriva nella sua vita, ma che non doveva essere l'unica cosa che per Damiano avesse senso ed importanza.
Si sentiva in debito con suo fratello di tutta quella serenità, di quella felicità che crescendo gli aveva donato. Per ripagarlo doveva lasciarlo libero, libero di vivere la sua vita così come voleva. Era la libertà - libertà dalle restrizioni, dai compromessi, dalle imposizioni, dalle regole - il miglior dono che potesse fare a Damiano.
Stefano, che conosceva la vera indole del fratello, spesso si era ritrovato a pensare che Damiano, per la persona che era e per le idee che aveva, fosse nato nel secolo sbagliato o magari solo nel luogo sbagliato. Forse, con un interno mondo di possibilità ai suoi piedi, con un intero mondo in via d'espanzione da conoscere e scoprire e senza più le costanti preoccupazioni date dal suo fratellino, Damiano sarebbe riuscito a trovare, da qualche parte, un angolo di quel mondo fatto su misura per lui, in cui poter essere nient'altro che se stesso.
Stava ancora parlando con se stesso quando la sua attenzione venne attirata da un rumore sordo molto simile a quello di passi leggeri e strascicati proveniente dal corridoio.
Si irrigidì ed i suoi sensi scattarono tutti in allerta quando la porta della sua camera venne socchiusa leggermente e il fascio di luce di una candela illuminò una lunga striscia di pavimento.
Chi poteva essere a quell'ora della notte?
Ogni sua impovvisa paura si placò soltanto nel momento in cui ascoltò e riconobbe la voce che prese a pronunciare il suo nome dall'oscurità oltre la porta dopo un lungo attimo di silenzio angosciante.
"Stefano! Stefano! Stefano, sei sveglio?" - il sussurro di Damiano era frettoloso e concitato.
Tirò fuori completamente la testa dalle coperte e scattò a sedere, annuendo.
Damiano allora entrò nella camera e si richiuse subito la porta alle spalle. Stando attento ad ogni minimo rumore, portò la candela che reggeva in mano accanto allo scaffale dove riposavano spenti i candelabri della camera di Stefano e ne accese un paio.
"Damiano? Che succede? E' notte fonda!" - fece Stefano.
Suo fratello non gli rispose, ma spalancò le ante del suo armadio, ne tirò fuori un grosso baule e cominciò a ficcarci dentro tutti gli indumenti su cui riusciva a mettere le mani. Afferrò anche il suo diario dal cassetto in cui lo riponeva e lo mise insieme al resto.
Stefano cominciò ad agitarsi.
"Damiano! Rispondimi, per favore, si può sapere che sta succedendo?" - chiese ancora.
Damiano afferrò con una mano la vestaglia che teneva ripiegata ai piedi del letto e gliela lanciò.
"Alzati e vestiti. Alla svelta! E non fare rumore! Non deve sentirci nessuno." - lo istruì.
Stefano spalancò gli occhi, ma afferrò la vestaglia e se la infilò, mentre scendeva dal letto e raggiungeva suo fratello. Un terribile pensiero circa le intenzioni di Damiano gli si formò nella mente.
"Damiano..." - provò a chiamarlo.
"Bravo! Ti sei alzato. Adesso và a vestirti, coraggio." - lo incitò, afferrandolo per le spalle e spingendolo più in la, verso lo specchio, mentre prendeva a cercare scarpe e camicie da aggiungere a ciò che già era finito disordinatamente in quel baule.
Stefano non si mosse.
"Sei ancora lì? Ti ho detto di fare in fretta. Forza!"
"Perchè? Perchè dovrei vestirmi a quest'ora della notte? E perchè stai facendo tutto...questo?"
"Smettila di lamentarti! Fà come ti ho detto!"
"Perchè?" - pretese Stefano.
"Perchè ce ne andiamo. Ecco perchè! Contento? Adesso muoviti."
Stefano scosse la testa e abbassò lo sguardo.
Suo fratello....sembrava fuori di se, non lo aveva mai visto in quelle condizioni, così poco ragionevole poi. Ciò che voleva fare era una follia, non se ne rendeva conto?
Damiano diede un'ultima occhiata al baule e lo chiuse prima di tornare a fissarlo, con gli occhi lucidi d'impazienza.
"Stefano ti ho detto di--"
"No!"
"No?"
"Non verrò con te. Non ce ne possiamo andare. Io non posso venire con te!" - disse.
Damiano scosse la testa.
"Non hai la minima idea di ciò che stai dicendo..."  - gli rispose.
"No, sei tu che non hai la minima idea di ciò che stai facendo, invece!" - ribattè Stefano - "Cosa vuoi? Che noi due fuggiamo dalla casa di nostro padre? E' una pazzia!"
"Vuole dividerci!" - obiettò Damiano - "Vuole spedirmi a Venezia cosicchè possa avere campo libero per manipolare la tua vita. Vuole farti diventare come lui, togliendoti ogni libertà di scelta. Vuole prendere il mio posto. Vuole tenerti lontano da me!"
Stefano si fece avanti, un pò timoroso di fronte a tanta ostilità, ma riuscì a poggiargli entrambe le mani sulle spalle. Benchè avessero tre anni di differenza, ormai avevano raggiunto più o meno la stessa altezza.
"Damiano, è di nostro padre che stai parlando, non di un mostro. Hai mai provato a pensare che forse si è reso conto degli errori che ha commesso in passato e sta cercando di sforzarsi per riuscire a fare la cosa più giusta per il tuo futuro? Pensaci! Vuole che tu vada a Venezia perchè sa quanto tu hai bisogno di sapere di poter prendere le tue decisioni senza nessuna influenza esterna. Ti ha concesso di poter studiare qualsiasi cosa tu voglia per poter intraprendere qualsiasi strada tu scelga, che sia anche all'opposto della sua. Ci sta provando veramente, me lo sento!"
Damiano scosse la testa e sfuggì alla sua presa, distogliendo lo sguardo e facendo un passo indietro, con le braccia incrociate al petto.
"Tu sei troppo buono, Stefano. Vedi il bene ovunque. Ti fidi troppo." - gli disse.
"E se non fossi io quello che si fida troppo? Se, invece, fossi tu quello che si fida troppo poco? Non siamo noi due contro il mondo intero, non c'è marcio ovunque."
Suo fratello tornò a guardarlo. Aveva il respiro corto e una profonda ruga gli segnava la fronte aggrottata.
"Tu vuoi che io me ne vada? Vuoi che ti lasci da solo?" - gli chiese, nella sua voce Stefano riconobbe incredulità.
"No è questo il punto. Non si tratta più di me, ma di te. Ti sei dato tanto da fare per darmi una vita degna di questo nome, una vita felice, che spesso penso che tu, per occuparti di me, abbia trascurato te stesso e non è giusto. Anche tu meriti la tua dose di felicità e se lasciare questa casa, lasciare me, ti aiuterà ad ottenerla....allora si, voglio che tu insegua il tuo desiderio di libertà, voglio che tu lasci Firenze, lasci ogni incombenza che riguardi la mia buona crescita a me e a nostro padre per fare quello che ti riesce meglio: scoprire ciò che è nascosto dietro l'angolo e che ancora non conosci. Voglio che provi a pensare soltanto a te stesso per una volta e a vedere che succede!"
Stefano aveva parlato col cuore, mettendoci l'anima in ogni parola da lui pronunciata, ma ciò che gli parve di scorgere negli occhi tumultuosi di suo fratello non era ciò che si era aspettato di vedere quando aveva cominciato quel discorso.
"Già parli come lui!" - lo accusò - "Non si tratta di te? Certo che si tratta di te! Per quanto mi riguarda si è sempre trattato di te. Tu non puoi volere che io vada via perchè io non posso andarmene, lo capisci? Io devo proteggerti, devo assicurarmi che tu stia bene. E' questo il mio compito. E' questo ciò che faccio, ciò che ho sempre fatto, giorno dopo giorno, negli ultimi dodici anni. Non potete portarmelo via. Non potete pretendere che io lasci perdere tutto adesso e semplicemente....pensi al mio futuro. Non esiste. E' al tuo futuro che devo pensare. L'ho promesso a nostra madre e l'ho promesso a te il giorno del suo funerale. Ti ho promesso che non me ne sarei mai andato, come puoi non ricordartelo? Me l'hai chiesto tu!"
"Me lo ricordo! Mi ricordo tutto! Ma tu non capisci! Non è così che devi vivere. Proteggere me non può essere l'unica cosa che conta. Io ormai sono cresciuto, posso cavarmela, me lo hai insegnato tu stesso. Adesso devi preoccuparti della tua vita! Hai fatto un ottimo lavoro con me, ma è arrivata l'ora che tu la smetta di combattere per me e cominci a combattere per te stesso, per trovare il tuo posto nel mondo. Quando nostra madre ti ha chiesto di farmi conoscere cosa significava essere felici, sono convinto che non volesse che, per onorare una simile promessa, tu mettessi da parte te stesso. Ed io ti ho chiesto di non andartene mai, è vero, ma noi siamo fratelli, siamo sangue dello stesso sangue, non importa quanta distanza fisica ci sia tra di noi, ci saremo sempre l'uno per l'altro."
Un pesante silenzio travolse entrambi. Stefano si ritrovava stanco e spostato dopo tutto ciò che si erano detti. Per un attimo, un attimo solo, si permise di distogliere lo sguardo da suo fratello per farlo volare ad una delle candele accese, la cui fiamma aveva improvvisamente preso a tremolare come conseguenza ad uno spiffero d'aria causato dalla lenta chiusura di una delle ante del suo armadio.
"Quindi tu vuoi che io me ne vada." - concluse Damiano.
Stefano tornò a guardarlo e annuì, una sola volta, con serietà.
"Si, voglio che tu vada via." - confermò.
Damiano prese un respiro, diede un piccolo colpo con un ginocchio al baule che giaceva lì, ricolmo di cose ai suoi piedi, poi gli voltò le spalle e si diresse alla porta, fermandosi solo per riprendere la candela con la quale era entrato.
"Damiano?" - Stefano lo fermò mentre faceva leva sulla maniglia per poter uscire - "Tu hai capito, vero, il perchè? Hai capito il motivo per il quale io voglio che tu vada a Venezia, giusto?"
Damiano restò immobile per parecchi istanti, fermo sulla soglia della porta, dandogli le spalle.
Stefano, in cuor suo, desiderava soltanto che si voltasse e che gli dicesse di non preoccuparsi, che alla fine aveva compreso le sue ragioni.
Damiano non si voltò. Non si voltò nè gli rispose.
Lasciò la stanza.



Sentiva di aver perso.
Non appena Giuseppe gli aveva detto che presto sarebbe partito, Damiano aveva cominciato a lottare perchè sapeva che se fosse andato via qualcosa gli sarebbe stato strappato, ma quella sera, faccia a faccia con Stefano, era stato come se quel qualcosa gli fosse già stato portato via prima ancora che lasciasse quella casa.
Quel qualcosa di così tanto indefinito era il suo ruolo tra quelle mura, il suo ruolo nella vita di Stefano, l'unica vita di cui gli era mai importato qualcosa, effettivamente.
Cosa gli rimaneva senza più quel ruolo? In quella villa in cui aveva l'impressione di essere diventato quello di troppo, quello senza uno scopo da perseguire, sicuramente non gli rimaneva più nulla.
Salì su quella carrozza quando il sole era soltanto un lieve e lontano bagliore aranciato e la luna era ancora alta nel cielo e non dava segno di voler sparire, molte ore prima dell'ora fissata per la sua partenza.
C'era soltanto lui, lui e il cocchiere.
Disse all'uomo di partire dopo essersi concesso soltanto una breve occhiata alla finestra della camera di suo fratello.
Voleva che se ne andasse e lui lo stava accontentando, ma la promessa che gli aveva fatto quando erano bambini ancora gli scalpitava nel petto.
Con o senza il suo consenso, per proteggerlo oppure no, non lo avrebbe lasciato. Mai. Per il resto dei suoi giorni.


Stefano riaprì gli occhi il giorno dopo un paio d'ore prima del solito. Neppure ricordava quando era riuscito ad  addormentarsi, sapeva soltanto che, dopo che Damiano aveva lasciato la sua camera, si era messo a letto a fissare le fiamme di quelle candele ancora accese per non pensare, fino a che probabilmente le palpebre gli erano diventate pesanti ed aveva ceduto al sonno.
Nonostante avesse dormito poco, però, si era svegliato presto per assistere agli ultimi preparativi per la partenza di Damiano e per poter salutare suo fratello ribadendogli brevemente che se voleva che partisse non era perchè non lo voleva più nella sua vita, ma che lo desiderava per lui, per il suo avvenire.
Si buttò un pò d'acqua sul viso e si vestì in fretta, precipitandosi al piano di sotto.
A metà scala, però, si era già reso conto che qualcosa non andava.
A quell'ora avrebbe già dovuto essere tutto pronto, con tanto di carrozza all'ingresso e porta spalancata, ma non c'era niente e non c'era nessuno.
Si guardò intorno, confuso, poi sentì dei passi e la voce di suo padre provenire dall'esterno. Si affrettò a raggiungere una finestra e vide Giuseppe scambiare poche parole con il loro secondo cocchiere prima di ritornare in casa, sfuggendo al freddo del mattino.
Stefano si accigliò e lo raggiunse.
"Padre! Cosa succede? Dov'è la carrozza? E Damiano? Dov'è mio fratello? Avrebbe già dovuto essere qui, pronto per il suo viaggio..." - fece.
Giuseppe annuì e gli posò una mano su una spalla.
"Damiano è già partito." - gli rivelò.
"Cosa? E' impossibile! Io...non ho neppure avuto modo di salutarlo. Perchè nessuno mi ha avvertito?"
"Nessuno è riuscito a salutarlo, Stefano. Tuo fratello è partito in piena notte" - gli rispose - "Non ti angosciare, vedrai che statà bene."
Stefano avrebbe voluto davvero seguire il consiglio di suo padre e non angosciarsi, ma non ci riusciva, non poteva.
La notte prima aveva detto a Damiano che loro due non si sarebbero mai persi, ma proprio quella discussione, la partenza solitaria e notturna di suo fratello, la freddezza con cui aveva lasciato la sua camera....
Stefano cominciava a non essere più tanto certo di poter credere alle sue stesse parole.




NOTE:
Ciao a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo, l'ottavo. Dopo questo, tra due settimane ci sarà il nono e poi l'epilogo di questa storia.
Che dire...ve l'avevo detto che, nonostante il titolo, nessuno si rompeva un osso, no?XD
La frattura, a parte gli scherzi, è ovviamente di tipo diverso, riguarda il rapporo tra i fratelli, ma la si vedrà maggiormente nel prossimo capitolo che sarà narrato a due anni di distanza, giusto poco prima dell'arrivo di una certa vampira.
In questo capitolo, infatti, il salto temporale è stato di appena dieci giorni, quelli che Giuseppe aveva concesso a Damon nello scorso capitolo prima della sua partenza.
E alla fine Damon parte.
Insomma, lo sapevamo che partiva, nel primo libro viene detto chiaramente che Damon torna alla villa e incontra Katherine dopo essersene tornato a casa dall'università.
Il fatto interessante, credo, era capire perchè partiva, visto e considerando che sembrava piuttosto deciso a non volerlo fare.
Non è un bel capitolo per Damon, si mostra immaturo, attaccato alle promesse che ha fatto prima a sua madre e poi a Stefan e al ruolo che si è ritagliato negli anni e non vuole lasciare perchè crede di non avere nient'altro.
Dal mio punto di vista - magari sbaglio, fatemi sapere voi come la pensate - tra i due, nonostante tutto, quello che più dipende dall'altro fratello non è Stefan, ma proprio Damon.
Stefan ha una vita sua, grazie alla sua indole e grazie al fratello è stato in grado di crearsela abbastanza serenamente. La vita di Damon, invece, mi è sempre sembrato che ruotasse intorno a quella del fratello. Vuoi per proteggerlo, vuoi per distruggerlo, Stefan sembra sempre il perchè di fondo di ciò che Damon fa.
Ma questo è solo un mio pensiero random, eh!XDXDXD
Vabbè...vi lascio.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e/o recensito lo scorso capitolo**
Vi aspetto lunedì 8 ottobre sul blog per lo spoiler, mentre per il capitolo...
A giovedì 11 ottobre...BACIONI...IOSNIO90!!!



lunedì 24 settembre 2012

AVVISO

Ciao a tutte!!
Purtroppo per stasera, in via eccezionale, lo spoiler salta!
Mi dispiace moltissimo, ma tra impegni vari, il lavoro che non dà un attimo di tregua e problemi al portatile su cui scrivo le fanfiction che oggi mi hanno seriamente fatto temere il peggio, il capitolo non è ancora pronto ergo...niente spoiler per questa settimana! Scusate tantissimo!
In cambio, però, qualcosina posso dirvela.
Non ci saranno salti temporali nel prossimo capitolo, riprenderemo il discorso di Giuseppe che vuole mandare via Damon e lui che non ne vuole sapere.
E poi possi dirvi il titolo e lasciarvi a rimuginarci su!XD
Allora, il titolo del capitolo sarà "Frattura" e state certe che non si riferisce a nessuno che si rompe un osso!XD
A giovedì allora, sia qui che su EFP per il capitolo e scusate ancora per il contrattempo!
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

"Le Porte del Tempo: Passato" - Capitolo 7

Estate

Cara Cecilia,
E' ormai trascorso più di un anno dal nostro primo incontro e voglio che sappiate che per me il solo avervi conosciuto non è stato soltanto un onore, ma anche una grande fonte di sollievo nei momenti di tristezza.
La vostra amicizia mi rende....


"Completamente negato a scrivere qualcosa che abbia un senso, ecco cosa mi rende!" - Stefano lasciò cadere malamente la penna d'oca che stringeva tra le dita sporche d'inchiostro e accartocciò, frustrato, l'ennesimo pezzo di carta da buttare via, pieno di frasi che non davano nemmene l'idea di ciò che lui voleva realmente dire.
Aveva deciso di scrivere una lettera essenzialmente per due motivi.
Primo: la distanza. Ora che sia lui che Cecilia avevano lasciato Firenze per la stagione estiva non avrebbe avuto modo di rivederla fino all'arrivo dell'autunno.
Secondo: non era sfacciato abbastanza da riuscire a parlarle di ciò che ingenuamente sentiva di provare per lei guardandola dritto negli occhi.

In vigore di queste due motivazioni si era detto che una lettera avrebbe fatto al caso suo perchè avrebbe parlato per lui e avrebbe dato ad entrambi tempo per prepararsi ad un futuro incontro dopo le rivelazioni che quel foglio di carta avrebbe contenuto, ma se non riusciva a scriverla - e ci stava provando ormai da quasi un mese intero - trovava parecchio difficile credere che le cose sarebbero andate secondo i suoi piani.
Ma si sarebbe arreso? No! E non poteva neppure se avesse voluto, non ora che Damiano aveva scoperto i suoi intenti e aveva scommesso con lui che quella lettera non l'avrebbe mai scritta nè spedita.
Probabilmente alla fine di quella storia sarebbe soltanto andato incontro ad una brutta umiliazione? Evitava di pensarci.
Guardò il travolo sul quale era poggiato e sospirò alla vista di tutte quelle lettere che aveva cominciato e poi gettato via. Si chiese se era normale sentirsi così impacciati anche semplicemente scrivendo.
Decise di riprovarci, quindi afferrò un nuovo foglio e se lo posizionò davanti.
"Stavolta devo farlo bene!" - si disse, cercando di risultare a se stesso il più determinato e convincente possibile.
Dopotutto non aveva neppure un vero motivo per avere così tanta paura. Lui e Cecilia avevano trascorso molto tempo insieme dalla sua festa di compleanno l'anno prima ed erano diventati molto amici. Col passare del tempo Stefano aveva scoperto in lei una confidente fidata e il loro rapporto gli aveva insegnato ad aprirsi anche agli altri oltre che a suo fratello. E Dio solo sapeva se quella non era una lezione che aveva davvero bisogno di imparare!
Più crescevano, infatti, più l'astio tra suo padre e Damiano aumentava, più lui sentiva che molte cose non poteva rivelarle al fratello per timore di deluderlo o irritarlo, cose tipo il suo desiderio di trascorrere più tempo con Giuseppe oppure cose tipo la sua decisione di impegnarsi serimante al fianco di suo padre negli affari della loro famiglia.
Damiano non ne voleva sapere, lui voleva seguire la sua strada, una strada che desiderava ardentmente che si distanziasse il più possibile da quella paterna, ma lui non la vedeva in quel modo. Stefano ci aveva riflettuto parecchio, durante quell'anno suo padre lo aveva portato con lui anche a qualche suo incontro d'affari con altri nobil'uomini e, sebbene non se lo fosse aspettato, il mondo dell'economia popolato da importanti banchieri lo affascinava e, a detta del suo precettore, pareva addirittura che ci fosse portato.
Di queste cose non poteva parlarne con Damiano, non riusciva ancora a trovarne il coraggio, ma ne aveva parlato con Cecilia che era sempre stata in grado di capirlo e consigliarlo al meglio.
Era stato durante i loro incontri, durante le lunghe passeggiate e le ionterminabili chiacchierate che Stefano si era reso conto con stupore che il suo cuore cominciava a battere più forte quando la ragazza gli era vicino. Poche settimane prima le gli aveva timidamente permesso di tenerle la mano e Stefano si era sentito felice, felice di una felicità che non aveva mai sperimentato prima, che gli aveva fatto illuminare gli occhi e gli aveva permesso di imprimersi nella memoria la liscia e delicata consistenza della pelle chiara di Cecila a contatto con la sua. E tutte quelle sensazioni non riusciva più a tenersele dentro.
Di notte ancora sognava il momento in cui Cecilia era andata a salutarlo prima di partire con la madre per poter trascorrere l'intera estate in Francia dai suoi zii e nonni. Quella volta era stato triste per entrambi separarsi e, al momento di andare via, lei gli aveva lasciato un bacio segreto su una guancia e gli aveva sussurrato una promessa: che si sarebbero rivisti presto e che sarebbero tornati insieme, a chiacchierare passeggiando tra i roseti della sua villa.
Mai come quella volta, Stefano non desiderava altro che lasciare la tenuta al mare che un tempo era appartenuta ai genitori di sua madre e dove trascorrevano ogni estate per poter fare ritorno a Firenze.
Nel frattempo, si accontentava di provare a scrivere una lettera che sembrava non riuscire a prendere forma per via della sua incapacità di esprimere con le parole quei sentimenti che stavano appena affiorando nel suo animo.
"L'estate passerebbe prima se uscissi da questa casa e provassi a svagarti, sai?"
Stefano, alla voce di suo fratello, sobbalzò. Alzò di scatto la testa e si voltò a guardare Damiano mentre lui avanzava con un mezzo sorriso, scalciando qua e là tutti i fogli appallottolati che erano caduti sul pavimento.
"Non ti ho sentito entrare." - disse - "Da quanto sei lì sulla porta?"
"Da almeno tre fogli sprecati..." - rispose Damiano, scrollando le spalle con noncuranza.
Ultimamente capitava spesso che Stefano se lo ritrovasse alle spalle senza che neppure se ne accorgesse, come se Damiano sbucasse dal nulla e si piantasse lì a spiarlo per il puro gusto di divertirsi a fargli prendere un colpo ogni volta che decideva di intervenire senza preavviso, come poco prima.
"Io questa lettera riuscirò a scriverla!" - fece Stefano.
"Secondo me fai prima a tornare a Firenze e a rivederla di persona, ma è solo la mia opinione, a chi vuoi che importi?"
"Lo sai che mi importa la tua oppinione è solo che...." - Stefano si fermò e prese un bel respiro - "Io non penso proprio di riuscirgliele a dire certe cose guardandola in viso. Sarebbe troppo imbarazzante!"
"Perchè invece ritornare a Firenze e incontrala per poi rimanere in silenzio a fissarvi tra voi con lei che si aspetta che tu le ripeta ciò che le hai scritto e tu che aspetti che sia lei, invece, a fare la prima mossa e a darti una risposta alla lettera non sarà per niente imbarazzante, eh?"
I sensi di Stefano si misero in allerta generale.
"Lei si aspetterà che io le ripeta quanto le avrò scritto?" - fece.
"Certo che si! E' una ragazza! Le lettere vanno bene, ma devono servire soltanto a ricordarle giorno dopo giorno ciò che in un primo momento le avrai detto chiaro e tondo a voce alta guardandola negli occhi."
Stefano rimase in silenzio a fissare con occhi increduli il foglio bianco che aveva davanti.
Se Damiano aveva ragione tutto il suo brillante piano non risultava essere poi così brillante alla fin fine. In quel caso, si, tanto valeva lasciar stare la lettera e parlare direttamente a Cecilia, ma come poteva trovare il coraggio per farlo?
Si sentiva così codardo in quel momento...
Suo fratello  spostò una delle sedie della stanza e la mise di fianco a lui, prendendo posto e sospirando mentre gli poggiava una mano su una spalla.
"Stefano, fratellino caro, sei un quindicenne alla prima cotta e non hai idea di quanto tu sia divertente!" - gli disse, sogghignado senza ritegno.
Stefano si voltò a guardarlo, corrucciato e anche un pò offeso a dirla tutta.
"Però! Grazie mille, Damiano, e tu dovresti essere mio fratello?"
"Oh, andiamo, non te la prendere.."
"Come faccio a non prendermela?! Io ho un problema e tu mi ridi in faccia!"
Damiano rigettò indietro una risata e Stefano alzò gli occhi al cielo: "Ecco! Appunto!" - sottolineò.
"Va bene, va bene, hai ragione!" - fece Damiano, mostrandogli le mani in segno di resa e tentando di far sparire ogni traccia di divertimento dal viso.
Stefano apprezzò la cosa e annuì.
"Così va meglio!"
"Bene! Adesso, però, lascia che ti dica una cosa, fratellino: tu non hai un vero problema! Insomma, capisco che la cosa può sembrarti difficile perchè sei un ragazzino e senti di provare per la prima volta qualcosa per una ragazza che conosci, ma i veri problemi sono altri. Questo è...facilmente risolvibile!"
"Ah si? E come?" - chiese Stefano.
"Beh...siamo in vacanza, usa questo tempo per fare chiarezza nella tua testa e capire cos'è che vuoi dirle esattamente. Non appena torniamo a casa, poi, vi rivedrete, parlerete tra voi, le prenderai la mano e le dirai per filo e per segno come ti senti. Non è nulla di ufficiale, non c'è bisogno di essere troppo cerimoniosi, sii semplicemente te stesso e deciderete insieme se non dire nulla a nessuno e restare solo molto amici, oppure se parlarne a tutti e ritrovarvi tra appena qualche anno con una casa vostra e figli al seguito." - rispose Damiano.
"Non scherzarci su!" - lo ammonì Stefano.
"Non sto scherzando! E' così che vanno le cose ed è così che si fanno quando si vogliono fare le cose per bene!"
"Tu non hai mai fatto nulla del genere, però."
"Io non ho mai fatto le cose per bene!" - ghignò Damiano.
"Perchè mi sembra che la cosa non ti turbi affatto?" - fece Stefano.
"Perchè è vero, non mi turba affatto, tutt'altro direi, mi ci trovo benissimo a fare le cose senza seguire le regole!"
"Ed è per questo che finisci sempre nei guai."
"La mia vita è divertente!"
"Quindi la mia non lo è?"
"La tua è esattamente come dev'essere, Stefano: normale e il più serena possibile!" - concluse Damiano.
Stefano sorrise debolmente e annuì, rimettendo al suo posto il foglio bianco che aveva ancora davanti e allontanando da se penna d'oca e calamaio.
Forse Damiano aveva ragione, forse stava davvero prendendo tutta quella faccenda troppo seriamente. Avrebbe dovuto godersi l'erstate, godersi i suoi sentimenti senza lasciare che la paura di esternarli gli rovinasse l'attimo.
"Dicevi che dovrei uscire di qui e provare a svagarmi?" - fece, riferito alla prima cosa che Damiano gli aveva detto entrando nella stanza.
Suo fratello annuì.
"Stasera dovrebbe esserci una specie di festa in un paesino qui vicino, una di quelle feste dove si balla per strada, si lasciano i titoli a casa e ci si diverte celebrando la bella stagione. Ho sentito dire che ci sarà anche una piccola compagnia teatrale itinerante che metterà su qualche scenetta comica, ti va di andarci?"





"Quel tizio era completamente pazzo!"
Damiano si voltò verso il fratello e sorrise della sua esclamazione e della fragorosa risata che seguì subito dopo.
Alla fine avevano fatto esattamente come lui aveva proposto. Si erano cambiati d'abito, lasciando le giacche a casa, erano saliti in groppa a due cavalli ed erano corsi via uno di fianco all'altro fino ad arrivare ad un paesino fuori mano, abitato per lo più da contadini grassocci che li avevano accolti con grandi sorrisi e qualche riverenza da parte delle signore che avevano riconosciuto in loro due nobili.
Stefano si era lasciato trascinare tra la folla di persone allegre che accompagnavano le note della musica di un quartetto di suonatori improvvisati con movenze del corpo sgraziate, ma divertite ed era rimasto affascinato dalla vita del posto, dalle bancarelle rifornite di ogni cosa e soprattutto da quel gruppo di disgraziati che avevano montato un palchetto in legno con qualche pedana rubata ai commercianti di frutta e si erano messi a decantare frasi celebri di importanti autori greci e latini con una buona dose di melodramma nei gesti e nella voce per poi storpiare il tutto con qualche entrata non prevista, qualche loro considerazione da "gente quasiasi" e una valanga di battutacce spesso volgari che erano però riuscite nell'intento di ingraziare loro il folto grutto di persone che avevano riunito.
Stefano, appunto, era tra quelli che erano riusciti ad ingraziarsi. Damiano lo aveva visto arrossire a qualche battuta un pò spinta, ma ridere di gusto per la maggior parte del tempo.
Di solito Giuseppe non permetteva mai che loro assistessero a spettacolini simili, ma il bello dell'estate era proprio quello: Giuseppe, come ogni anno, diceva che li avrebbe accompagnati con la servitù e alla fine se ne restava a Firenze impegnato in qualche suo affare piuttosto che raggiungerli.
I due fratelli, quindi, restavano soli per quasi tre mesi durante i quali Damiano sentiva di poter mettere da parte i rancori e le preoccupazioni per un pò e lasciarsi totalmente andare, assecondando ogni suo istinto e desiderio. Non era esattamente il comportamento adatto a qualcuno del suo rango e spesso anche Stefano sembrava biasimarlo, ma a Damiano importava poco. Aveva conosciuto così poche gioie nella sua vita che quando aveva la possibilità di darsi solo ai divertimenti senza pensare alle regole e alle conseguenze allora la coglieva al volo perchè, in fondo, sentiva di meritarselo.
Stefano era diverso da lui, meno complicato forse. A lui bastava poco per essere sereno, passava sulle cose, buttava su carta i suoi dolori e guardava avanti con fiducia, ma Damiano....no, lui le cose se le legava al dito, si lasciava tormentare dalle sofferenze e ad ogni batosta rialzava la testa soltanto per mostrare uno sguardo sempre più cupo e vendicativo. Lui aveva bisogno di assecondare i suoi desideri di tanto in tanto.
"Probabile, si!" - sogghignò in risposta dando una leggera gomitata a Stefano che camminava al suo fianco tutto esaltato.
"Sai? E' stata proprio una grande idea venire qua! Mi piace questo posto..." - gli disse, voltandosi a salutare con la mano un gruppo di donne e ragazze che gli avevano rivolto un cenno riverente di saluto - "...e le persone sono molto gentili!"
"Si aspettano che tu ti dia da fare e spenda parecchio alle loro bancarelle..." - fece Damiano.
"E allora facciamolo, no? Compriamo delle cose!" - fece Stefano.
Damiano si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato.
"Compriamo delle cose?"  - ripetè.
Tutta quella leggerezza da parte di Stefano era inusuale, di solito lui era sempre coscienzioso in tutto.
"Certo che si! L'hai detto tu che devo godermi l'estate e svagarmi, no? Sto facendo come fai tu!" - rispose Stefano, scrollando le spalle.
"Come faccio io?"
"Si! Faccio tutto quello che mi va, quando mi va. Lascio i pensieri a casa e mi diverto. Prima ho pensato che forse hai ragione tu, che forse non dovrei prendere sempre tutto troppo sul serio, dopotutto sono ancora un ragazzo, certe cose mi sono ancora permesse, no? E' inutile che faccio l'adulto prima del tempo!"
Damiano strabuzzò gli occhi e rise di gusto, dando una pacca su una spalla al fratello.
"Sai cosa? Vuoi fare quello che ti va, quando ti va? E chi sono io per impedirtelo?" - fece.
Stefano scoppiò a ridere di nuovo, saltò sul posto una volta sola e poi corse via mentre Damiano lo guardava e scuoteva la testa.
L'avrebbe tenuto d'occhio, quello era ovvio, ma ormai Stefano stava crescendo, presto Giuseppe avrebbe cominciato a caricare anche lui di nuove responsabilità e, inoltre, aveva come la sensazione che qualcosa nell'aria stesse per cambiare. Per questo voleva, quindi, che suo fratello si lasciasse andare adesso che poteva ancora permettersi di farlo perchè sapeva bene che, nel momento in cui le cose sarebbero davvero cambiate e avrebbe smesso di essere considerato un ragazzo per essere definito invece un uomo, allora Stefano avrebbe preso la cosa molto più sul serio di quanto non avesse fatto lui in passato.
Damiano non era stupido, conosceva suo fratello, sapeva che se Giuseppe si fosse fatto avanti allora Stefano ci avrebbe pensato per davvero ad assecondarlo e a seguire i piani che il padre avrebbe predisposto per lui.
Prima che questo accadesse, quindi, ci teneva a dare al suo fratellino un assaggio di quella che era la vita lontana dalle restrizioni e dalle regole perchè si, gli avrebbe fatto bene.
Trascorsero ore su ore, la sera calò mentre le stradine venivano illuminate dalle fiaccole e Stefano continuava ad andarsene liberamente in giro. Damiano lo aveva visto comprare di tutto, a volte lasciando anche più denaro di quanto pattuito solo perchè gli era sembrato che il figlio del venditore in questione fosse smagrito o perchè la donna che gli aveva servito la cena in una taverna aveva lo scialle scucito.
Era buono, non ci si poteva fare niente.
A tarda notte la musica e i balli ancora continuavano. Stefano aveva stretto amicizia praticamente con tutti e ad un certo punto aveva deciso che era giunto anche per lui il momento di ballare, quindi Damiano se l'era ritrovato improvvisamente di fronte e aveva dovuto lasciare in sospeso l'intrigante chiacchierata che aveva intavolato con una ragazza del posto abbastanza carina.
"Dovremmo ballare!" - se ne uscì Stefano.
Damiano si accigliò.
"Io e te? Insieme? Preferirei di no, grazie tante!" - rispose Damiano.
Stefano alzò gli occhi al cielo, infilò la mano in una botte piena d'acqua fresca e poi se la passò sul viso e intorno al collo sudato.
"Non intendevo io e te insieme, stupido! Dicevo solo che dovremmo metterci a ballare!" - precisò.
Peccato solo che Damiano si fosse bloccato alla prima metà della frase.
"Mi hai dato dello stupido?" - gli chiese.
"Si e allora?"
"Dì un pò, fratellino, hai bevuto?"
"Vino! Lo producono loro, lo sai? Era buono, veramente buono!"
Damiano lo fissò qualche attimo e poi scoppiò a ridergli in faccia.
"Perchè ridi adesso?" - chiese, confuso, Stefano.
"Perchè sembra che tu ti sia preso la tua prima sbronza.."
"Beh, almeno è avvenuto sotto la tua supervisione." - disse, ovvio, suo fratello.
Damiano trattenne a stento una nuova ondata di risate.
"Incredibile! Responsabile sempre e comunque tu, eh?" - fece.
Ma Stefano si era già stancato del loro scambio di battute e aveva preso a saltellare sul posto, seguendo il ritmo della musica.
"Che fai?" - fece Damiano.
"Io vado a ballare!" - rispose Stefano, allontanandosi.
Damiano lo vide correre dall'altra parte della strada, afferrare la mano di una ragazzina più o meno della sua età, non molto alta, graziosa, coi capelli biondi e un sorriso solare, per poi portarla con se al centro dello spiazzo in cui numerose coppie ballavano e saltavano gli uni di fianco agli altri.
Per l'ennesima volta quel giorno, Damiano rise e rise ancora osservando la spensieratezza di suo fratello e poi seguì il suo consiglio, riacciuffando dalla mischia la ragazza con la quale parlava poco prima e ballando prima con lei e poi con altre ancora, fino al mattino dopo quando lui e Stefano ripresero i cavalli e si riavviarono verso casa.
"Non credo di reggermi in piedi, sono stanco!" - si lamentò Stefano.
"Infatti non devi reggerti in piedi. Ti faccio notare che sei seduto su un cavallo, fratellino." - ridacchiò Damiano.
"Ah! Già! Hai ragione!"
"Allora? Ti sei divertito?"
Gli occhi di Stefano si illuminarono e lui annuì.
"Dovremmo farlo di nuovo, divertirci insieme!" - disse.
"Abbiamo tutta l'estate ancora davanti!" - lo rassicurò Damiano.





Caro diario,
Ora che l'estate è trascorsa e siamo tornati alla villa, con tutto quello che è accaduto mi pento davvero molto di non averti portato con me. Però, ho scritto delle cose, ho preso delle annotazioni e presto comincierò a farti un resoconto dei mesi trascorsi con Damiano lontano da Firenze.
Quest'anno è stato diverso. Forse perchè io ormai sono cresciuto e allora Damiano poteva portarmi in giro con se. Non scriverò tutto ciò che abbiamo fatto, le persone che abbiamo conosciuto e i posti che abbiamo visto adesso, ma ti basti sapere che mio fratello aveva ragione! Ho soltanto quindici anni, dopotutto, dovrei avere degli amici e vivere senza preoccuparmi troppo del futuro.
Si, so che per tutti io sono già un uomo a quest'età, ma non mi sento tale, non ho vissuto abbastanza per definirmi tale, non ho provato abbastanza.
Damiano, lui alla mia età era già un adulto, lui si è sempre preso cura di me, non è mai stato davvero un ragazzino, ma si è impegnato affinchè io crescessi come tale e adesso....si, vorrei provare a rendere felice anche mio padre, ma ho capito che lasciar perdere tutto ogni tanto mi fa bene, mi fa guardare le cose da un'altra prospettiva, mi alleggerisce la mente e lo spirito, aiutandomi ad essere ancora più ottimista del solito.
Ne ho parlato anche con Cecilia e le ho confessato della lettera che volevo scriverle e non le ho scritto, le ho confessato ciò che avrei voluto dirle e lei mi ha sorriso, dicendomi che è giusto vivere i nostri giovani sentimenti per quello che sono adesso, ancora così acerbi e innocenti, e aspettare il momento giusto per riuscire a comprenderli in pieno e a capire se sarà oppure no il caso di renderli ufficiali e più seri.
Sono felice, lo sono davvero, mi sento senza pensieri....


Stefano lasciò cadere la penna d'oca sul tavolo non appena Damiano entrò senza preavviso nella sua stanza e si buttò sospirando sul suo letto.
Si accigliò. Erano tornati da meno di qualche ora e suo fratello aveva già trascorso molto tempo da solo con Giuseppe che gli aveva detto di volergli parlare con urgenza.
Stefano si sentì improvvisamente preoccupato senza saperne neppure il perchè.
"Damiano? Che succede?" - gli chiese.
"Vuole che io lasci Firenze!" - si sentì rispondere.
Stefano spalancò gli occhi, interdetto.
"Come, scusa? E perchè mai?"
"Dice che è giunta l'ora che prosegua i miei studi lontano da qui, in una specie di università o come diavolo l'ha chiamata..."
"Per quanto tempo?" - chiese.
Damiano scosse la testa.
"Tutto quello che sarà necessario! Anni, forse.."
"Anni? E...e dove andrai di preciso?"
"Non ne ho idea, credo che sia indeciso anche lui. L'unica cosa di cui è sicuro è che mi vuole fuori da questa casa entro dieci giorni al massimo!" - rispose Damiano.
Stefano si ammutolì, non sapeva che pensare.
Perchè suo padre aveva preso una decisione del genere? Da quanto tempo ci stava pensando senza dire nulla?
"E tu vuoi andare via?" - chiese.
Damiano si tirò su a sedere di scatto.
"Ovvio che no! E non andrò da nessuna parte. Io non ti lascio qui da solo con lui! M'inventerò qualcosa, vedrai!" - gli rispose.
Stefano annuì e abbassò gli occhi che gli caddero sul diario ancora aperto sulla scrivania e sull'ultima frase che aveva scritto:
Sono felice, lo sono davvero, mi sento senza pensieri.
Osservò quelle parole per qualche istante ancora, poi riafferrò la penna e le cancellò via tutte. Se Damiano se ne fosse andato via, per anni lontano da lui, non sarebbe mai stato felice, affatto.




NOTE:
Ciao a tutti e buon givedì sera!!!
Come va? Come sempre inizio ringraziando tutti coloro che hanno letto e/ o recensito lo scorso capitolo! Grazie mille davvero!**
Che dire di questo capitolo, più leggero di tutti quelli che ho scritto fino ad adesso, senza dubbio.
Il protagonista di sicuro è stato Stefan alle prese con 15 anni e le sue prime preoccupazioni amorose e non.
L'unica nota dolente arriva sul finale, con Giuseppe che vuole spedire Damon via di casa, ma questo verrà approfondito in seguito quindi qui ho preferito soltanto accennarlo.
Ormai mancano tre capitoli alla fine e proprio questo sarà l'inizio dello step finale che porterà alla lenta rottura tra i due fratelli, quindi si, mi sa che un capitolo abbastanza leggero ci stava tutto prima di quelli che verranno adessoXDXDXDXD
Adesso, scusate se non scrivo le mie solite note lunghissime, ma già sono in ritardo nel postare e vado un pò di fretta, quindi...
Vi aspetto lunedì 24 settembre sul blog per lo spoiler mentre per il capitolo..
A giovedì 27...BACIONI..IOSNIO90!!!







lunedì 10 settembre 2012

Spoiler "Le Porte del Tempo: Passato" - Capitolo 7

Cara Cecilia,
E' ormai trascorso più di un anno dal nostro primo incontro e voglio che sappiate che per me il solo avervi conosciuto non è stato soltanto un onore, ma anche una grande fonte di sollievo nei momenti di tristezza.
La vostra amicizia mi rende....



"Completamente negato a scrivere qualcosa che abbia un senso, ecco cosa mi rende!" - Stefano lasciò cadere malamente la penna d'oca che stringeva tra le dita sporche d'inchiostro e accartocciò, frustrato, l'ennesimo pezzo di carta da buttare via, pieno di frasi che non davano nemmene l'idea di ciò che lui voleva realmente dire.
Aveva deciso di scrivere una lettera essenzialmente per due motivi.
Primo: la distanza. Ora che sia lui che Cecilia avevano lasciato Firenze per la stagione estiva non avrebbe avuto modo di rivederla fino all'arrivo dell'autunno.
Secondo: non era sfacciato abbastanza da riuscire a parlarle di ciò che ingenuamente sentiva di provare per lei guardandola dritto negli occhi.




Ecco lo spoiler!!!
E beh...che dire....estate e primi amori, ragazze..XDXDXD
Non penso che ci saranno drammi in questo capitolo, anzi penso proprio che sarà il più leggero della storia visto e considerando che i due fratelli se ne vanno in vacanza senza padre al seguitoXD
Parteciperanno a ricevimenti, eventi, serate a teatro....peccato solo che l'ormai quindicenne Stefan (è passato un anno dallo scorso capitolo) debba pure fare i conti con i suoi primi piccoli problemi di cuoreXD Che carino che è *****
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!