domenica 25 dicembre 2011

25 Dicembre 2011

Tantissmi auguri per un fantastico e felice Natale a tutti!!!!

Vi adoro immensamente!!!
BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 22 dicembre 2011

"Forse...il destino..." - Capitolo 15

Allarme rosso
Nel sogno, Lilian era solo una bambina.
Aveva più o meno cinque anni e camminava per la via principale di Fell’s Chruch completamente deserta, ma illuminata da quelle luci natalizie dorate che rendevano l’atmosfera magica.
Era accompagnata dai suoi genitori che le tenevano una mano ciascuno, l’uno a destra e l’altra a sinistra.
Entrambi erano vampiri, entrambi erano felici, entrambi erano innamorati.
Erano una famiglia serena, il ritratto perfetto della gioia e Lilian si stava divertendo tantissimo sentendosi protetta dalla sua bellissima mamma e dal suo straordinario papà.
Voleva comprare dei leccalecca giganti, due di quelli fatti a girandola dei colori dell’arcobaleno, e voleva portarne uno anche a Nicole.
Strattonò le mani dei suoi genitori ed indicò un negozio di caramelle dall’altra parte della strada.
I due le sorrisero e la lasciarono andare.
Lilian corse, corse, corse a perdifiato, ma all’improvviso non era più una bambina, era cresciuta, stava male, il negozio era stato rimpiazzato da un cumulo di cenere e le luci natalizie erano sparite per lasciare il posto a schegge incandescenti che piovevano dal cielo.
Si voltò e i suoi genitori erano ancora lì, ma si stavano dando le spalle ed entrambi avevano perso il sorriso.
Cominciarono a camminare allontanandosi l’uno dall’altra e allontanandosi da lei.
Il corpo di Lilian venne scosso da un crampo e lei si piegò in due sotto il peso del dolore.
Doveva fermarli, doveva dire loro che le stavano facendo del male comportandosi così, ma quando aprì bocca per parlare né uscì solo un fiotto rosso di sangue che le macchio il vestito candido che indossava….


Lilian aprì gli occhi si scatto.
Intorno a lei tutto era buio e il corpo le doleva, schiacciato com’era contro la pietra dura del pavimento.
Le ritornò alla mente tutto: l’improvvisa debolezza, lei che cercava di resistere, la preoccupazione di Owen, il salto e poi la caduta.
Doveva essersi ferita gravemente ad una gamba perché la sentiva fredda e pesante, ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro che a quel sogno.
Era svenuta per poco tempo, ne era sicura, eppure quell’incubo era riuscito a giungere a lei e a turbarla nell’intimo.
Ogni sua supposizione sulla correlazione di quei malesseri all’allontanamento tra Stefan ed Elena avevano trovato una conferma nel suo stesso subconscio e lei non poteva più ignorare la cosa.
Stava mettendo a rischio la sua vita e la missione di Meredith e non si sarebbe data più pace se qualcosa fosse andato storto solo perché non aveva detto a tutti cosa stava succedendo a lei e a Nicole a causa delle controparti passate dei loro genitori.
Nicole….
Lilian ebbe l’improvviso timore che fosse successa la stessa cosa anche a lei ed una lacrima sfuggì al suo controllo, rigandole il viso sporco di polvere e terra.
La cosa più grave che era potuta succedere a lei era stata cadere in una voragine, ma Nicole rischiava di farsi uccidere da Astaroth se la debolezza l’avesse attanagliata.
Era ferma sul pavimento, immobile e sentiva i numerosi acciacchi e la più profonda ferita alla gamba che si rimarginavano e si rimettevano a posto da soli senza nessun tipo di intervento esterno: uno dei vantaggi di essere un ibrido.
Avvertiva ancora la stanchezza, ma la fitta lancinante che l’aveva colta di sorpresa poco prima di cadere era scomparsa.
Una luce bianca ed improvvisa le illuminò il volto e Lilian tirò su una mano per proteggersi istintivamente gli occhi.
“E’ qui! Ci sono! Sembra che stia bene!” - urlò una voce….sembrava un ragazzo.
“Ne sei sicuro?” - gli rispose un uomo dall’alto.
“Si! Fatemi scendere di più!” - urlò ancora il ragazzo sempre più vicino a lei.
Poco dopo Lilian sentì uno scatto ed uno strano fruscio, poi due mani grandi e forti le afferrarono delicatamente la vita e la voltarono in modo che lei potesse appoggiare il viso al petto del suo salvatore.
Lilian sorrise ed inspirò l’inconfondibile profumo di muschio tipico di Owen.
Lui le scostò delicatamente i capelli dal viso e rimase a guardarla completamente assorto e completamente terrorizzato.
“Cos’hai?” - gli chiese Lilian, preoccupata.
Owen sgranò gli occhi.
“Cos’ho io, mi chiedi? Cos’hai tu, piuttosto?” - la corresse - “Sei caduta da almeno trenta metri d’altezza dopo esserti sentita inspiegabilmente male. Te ne rendi conto, Lilian? Come stai?” - le disse mentre un brivido gli attraversava il corpo nel descrivere cosa le era successo.
Lilian capì che Owen sembrava così terrorizzato perché aveva avuto paura per lei, paura che le fosse successo qualcosa di irreparabile e sentì gli occhi che le si riempivano nuovamente di lacrime.
Allungò una mano e gli accarezzò il volto.
“Mi dispiace che tu ti sia preoccupato tanto, Owen!” - rispose - “Io sto bene, sul serio! Mi sono ferita, ma sono già guarita, non temere…”
“Non dire stupidaggini! Io avrò sempre timore che ti succeda qualcosa! Sempre! Ogni singola volta che metti piede fuori dalla stessa stanza in cui sono anch’io!” - la interruppe lui, scuotendo appena la testa.
Lilian sorrise, emozionata e commossa, e annuì.
“Owen! Owen, mi senti? Come sta Lilian?” - l’altra voce che aveva sentito poco prima tornò a risuonare su di loro scendendo dall’alto e Lilian riuscì a riconoscerla come la voce di Alaric.
Owen alzò la testa e prese un bel respiro preparandosi ad urlare a sua volta per rispondere al padre che, evidentemente, era rimasto su con Meredith.
“Sta bene! E’ tutto ok! Adesso la riporto su!” - gridò Owen.
Il ragazzo fece subito per staccarsi da lei e alzarsi, ma Lilian lo trattenne.
Se non poteva ancora dire nulla agli altri, almeno voleva spiegare cosa le era successo davvero ad Owen: tenere dei segreti con lui era già di per se difficilissimo, ma adesso che lui le aveva confessato così accoratamente che il suo desiderio era di vederla sempre al sicuro, per lei era diventato quasi impossibile non dirgli nulla della sua attuale situazione.
“Aspetta!” - disse - “Aspetta! Voglio dirti cosa mi è successo prima, perché mi sono sentita male all’improvviso!”.
Owen si voltò verso di lei con sguardo confuso.
“Tu…sai esattamente cosa ti è successo? E….perché non ce lo hai detto subito, avremmo potuto farti affaticare di meno se si trattava di qualcosa di grave!” - le rispose.
Lilian scosse la testa.
“Non si tratta di qualcosa che riguarda soltanto me e non si tratta di qualcosa che posso gestire!” - fece lei.
“Non capisco…” - disse Owen, scuotendo la testa.
“Si tratta di me e di Nicole e dei nostri genitori, quelli del passato! Ci siamo rese conto che più loro - Stefan ed Elena per me, Damon e Bonnie per Nicole - si allontanano e si respingono più io e lei ci sentiamo deboli e stiamo male!” - confessò.
Owen si accigliò: “Cioè…aspetta! Questo significa..cosa esattamente? Che stanno cambiando il corso delle loro vite?” - le chiese.
“Il corso delle loro vite è già cambiato, Owen! I nostri genitori non hanno mai viaggiato nel tempo e nel loro 2011 non sono mai stati raggiunti né da Astaroth né dalle loro figlie future che se li sono portati dietro, capisci?” - ribattè Lilian - “Io e Nicole ne abbiamo parlato con Matt e lui ci ha dato ragione! Le versioni passate dei nostri genitori ora che sono qui nel futuro stanno vedendo con i loro occhi come sarà la loro vita se le cose continuano ad andare così come vanno adesso! Questo significa che, dato che conoscono già cosa li aspetta tra qualche anno se continuano per la strada che hanno scelto, potrebbero anche decidere che a loro la cosa non piace e quindi prendere decisioni diverse che porteranno inevitabilmente a delle vite diverse per loro e a nessuna vita per noi, se decidessero di separarsi!”.
“Ok! Quindi tu stai male perché Stefan ed Elena, quelli del passato, stanno pensando all’eventualità di non stare più insieme?” - fece Owen.
“Esatto! Anche se…non credo ci sia bisogno che lo pensino entrambi! Insomma…ne basta uno solo! E lo stesso vale per Nicole!” - rispose Lilian.
“Ma…se le cose fossero così…” - cominciò Owen.
“Le cose SONO così!” - lo interruppe Lilian.
“Ok! Ma….qui c’è anche la versione passata di mia madre, ricordi? E lei avrebbe tutte le ragioni per decidere di cambiare rotta, no? Insomma….potrebbe anche pensare che se si allontanasse da mio padre e dalla vita che in generale conduce adesso nel suo tempo potrebbe evitare che le accada ciò che ha visto, cioè che un demone le squarci il petto e la riduca in fin di vita! Eppure….io sto bene, non ho mai avvertito nessun tipo di strana debolezza o quello che è!” - spiegò Owen.
Lilian ci pensò su un attimo e bastò veramente poco perché la rabbia le montasse dentro.
Si alzò di scatto e cominciò a camminare avanti e indietro con i pugni serrati lungo i fianchi.
Owen aveva ragione!
La sua futura madre, Meredith, lei aveva un’ottima ragione per farsi sfiorare dai dubbi. Lei poteva essere pienamente giustificata se fosse successa a causa sua una cosa simile ad Owen.
Ma Stefan ed Elena, Damon e Bonnie…..loro no!
Di cosa potevano lamentarsi loro?
Di essere andati nel futuro e di aver visto quanto, nonostante tutto, sarebbero stati felici e innamorati?
Di aver conosciuto due figlie che li adorano?
Di essere venuti a conoscenza del fatto che avranno due belle famiglie e tanti amici intorno, pronti a sostenerli?
Avrebbero dovuto esserne felici!
Avrebbero dovuto guardarsi tra di loro, tirare un sospiro di sollievo e dirsi: “Menomale! Nonostante tutti i casini in cui ci infiliamo, la vita ci ha riservato qualcosa di  bello!”.
E invece no! Invece rigettavano l’idea, si rifiutavano di accettare il loro destino e se ne importavano davvero poco se le loro stupide decisioni potevano avere gravi conseguenze su di lei o su Nicole.
Meredith….lei poteva avere dei dubbi, a lei sarebbero stati concessi! Non agli altri!
E adesso Lilian si sentiva furiosa con loro e furiosa con se stessa per non essersi arrabbiata subito, per aver tenuto segreta la cosa, per non aver alzato immediatamente la voce con quei quattro che sembravano troppo presi dai loro mondi interiori e dal loro orgoglio per capire che dovevano andare oltre, che il destino gli stava tendendo una mano e gli stava indicando la giusta via, gli stava dicendo a chiare lettere che tutto ciò che stavano facendo avrebbe portato ad un bel risultato prima o poi.
Owen si alzò e la raggiunse.
Il buio di quel luogo era rischiarato fiocamente solo dalla torcia che aveva portato Owen con se mentre scendeva e che adesso riposava ai loro piedi, ma nonostante questo lui riuscì a trovarla e a stringerle le spalle.
“E’ tutto ok?” - le chiese.
Lilian scosse la testa.
“Nulla è ok!” - rispose - “Nulla è ok perché io e Nicole rischiamo di stare male ogni secondo che passa per via di quei quattro ingrati ed io ho una gran voglia di ritrovarmici faccia a faccia per raccontare loro tutto e per dirgli quanto io e Nicole siamo state male e abbiamo rischiato, soprattutto lei contro Astaroth!”.
Owen non le rispose, semplicemente l’abbracciò forte avvolgendola con le sue braccia e facendole sentire tutto il suo sostegno e il suo appoggio.
“Grazie!” - si sentì in dovere di dire Lilian mentre si discostavano l’uno dal’altro.
“Io sarò sempre qui per te, lo sai!” - rispose Owen.
Lilian arrossì e abbassò leggermente il viso, imbarazzata.
“Adesso torniamo su, ti va?” - le propose Owen.
“Si! Andiamo!” - rispose Lilian.
Mentre Owen si allontanava per avvertire gli altri di sopra, Lilian si abbassò per recuperare la torcia e la sua attenzione venne attirata da un altro leggero bagliore davanti alla parete alle sue spalle.
Vi si avvicinò senza pensarci e notò sul pavimento una pietra leggermente più lucente delle altre, una pietra che sembrava ricoperta da una patina argentata.
La osservò un attimo prima di sfiorarla con la punta del piede destro.
La parete davanti a lei tremò nello stesso istante, facendosi di scatto più avanti e poi scomparendo nel nulla.
Un breve corridoio illuminato da due file di torce si aprì davanti ai suoi occhi increduli.
Oltre il corridoio c’era una nuova stanza, una stanza piccola, sotterranea e segreta.
“Owen?” - chiamò, ma lui le era già di fianco e stava osservando ad occhi sgranati la stessa scena.
Non le rispose, ma le prese la mano e gliela strinse.
“Credo sia meglio se tu dici a tuo padre e a Meredith di scendere giù, invece di salire noi!” - disse Lilian.
“Lo credo anch’io…” - rispose Owen.


Probabilmente se la situazione fosse stata diversa e non si fossero trovati a camminare per i corridoi bui delle segrete del castello di un pazzo psicopatico, Damon si sarebbe messo a ridere.
L’altro Damon e l’altro Stefan camminavano davanti a lui e al suo fratellino elaborando mosse, dandosi consigli e scambiandosi pacche d’approvazione e supporto sulle spalle.
Lui e il suo fratellino non avevano mai avuto un…rapporto del genere e, se anche lo avevano avuto, ormai lui non ne aveva più memoria né ci teneva ad averla.
Stava meglio da solo, indubbiamente.
Il ruolo del fratello maggiore preoccupato e apprensivo non gli calzava per niente e non gli era mai andato a genio.
Perché mai avrebbe dovuto pensare alla felicità di Stefan, quando proprio questa poteva rovinargli la sua di felicità?
Insomma…rendere Stefan felice avrebbe significato buttare all’aria il duro lavoro degli ultimi anni e lasciargli Elena, ma questa era un’eventualità che non gli piaceva affatto e poi…perché mai avrebbe dovuto farlo?
Certo, guardando l’altro Damon e l’altro Stefan gli veniva da pensare che un motivo valido per lasciare a suo fratello l’Angelo lo avrebbe trovato, ma questa era un’altra cosa a cui non gli piaceva pensare perché altrimenti correva il rischio di incappare in troppi dubbi e troppe domande.
Prima tra tutte: Quanto si poteva cambiare nel giro di qualche anno?
Aveva passato mezzo millennio ad essere sempre uguale, a dormire sugli allori della sua abitudinarietà, a non cercare mai il cambiamento perché cambiare nel suo caso voleva dire migliorare e per migliorare bisognava lavorare sodo e sudare parecchio e correre il rischio di diventare come il suo santo fratellino.
Quindi…cosa aveva spinto l’altro Damon a prendere la decisione di cambiare tutt’a un tratto e così drasticamente?
Insomma….sposarsi, mettere su famiglia, combattere per gli ideali di un branco di umani che aveva sempre e solo considerato come spuntini ambulanti…..questo era un  cambiamento radicale e, forse, addirittura eccessivo per un tipo come lui.
Possibile che non si conoscesse abbastanza?
Possibile che fosse stato davvero l’amore che l’altro Damon tanto decantava per la streghetta e fargli mettere in dubbio persino la percezione che aveva di se stesso?
Ma, se così fosse stato, avrebbe dovuto odiarla per questo, non amarla, giusto?
Lui l’avrebbe odiata, ne era certo!
E l’altro Damon era pur sempre lui, no?
Quindi era logico pensare che l’avesse odiata anche lui a suo tempo?
“Ehi, tu!” - chiamò - “Damon!”.
L’altro Damon si bloccò nel bel mezzo di un discorso con l’altro Stefan e si voltò per dargli attenzione.
“Cosa?” - gli chiese.
“Tu adesso parli tanto di quanto ami l’altra Bonnie, ma all’inizio l’hai odiata, vero? Se davvero sei cambiato così tanto devi averla odiata….per forza! Perché è così che ragiono io e così ragioni anche tu!” - non sapeva neppure lui perché stava dando voce a quei pensieri.
Forse voleva solo sfidare l’altro Damon per ribadire a se stesso che tutto ciò che stava vedendo sul suo futuro era assurdo, perché sapeva che, se così non era, allora il cambiamento era probabilmente dietro l’angolo anche per lui e ne aveva timore.
Aveva trascorso così tanti anni deridendo chiunque si dimostrava fiducioso del fatto che anche lui poteva migliorare che man mano si era autoconvinto che il cambiamento era semplicemente qualcosa per il quale non era portato.
L’altro Damon ridusse gli occhi a due fessure e lo fissò per qualche istante prima di sorridergli.
“Sì! Anch’io ragionavo come te! Ma….ragionavo…al passato, Damon! Adesso non la vedo più così, né la vedevo così quando ho dichiarato i miei sentimenti alla mia streghetta e sai perché? Perché sin dalla prima volta che ho preso coscienza di amarla e di quanto lei mi avesse cambiato nel profondo…beh…le sono stato riconoscente! E poi che razza di carogna odierebbe mai una creatura come Bonnie, me lo spieghi? Neppure tu sei così bastardo!” - gli rispose.
Damon ricambiò lo sguardo fisso dell’altro se stesso e fece solo un cenno del capo mentre riprendevano la marcia verso la porta che li avrebbe condotti al secondo livello delle segrete.
Riconoscente…
L’altro Damon era stato davvero riconoscente all’altra Bonnie per averlo messo faccia a faccia con qualcosa con cui aveva sempre avuto paura di confrontarsi, cioè se stesso e quanta strada avrebbe dovuto fare per diventare un uomo accettabile?
Damon non riusciva a crederci, ma su una cosa doveva dar ragione all’altro Damon: nemmeno lui con il suo cuore morto poteva odiare la streghetta, semplicemente perché lei non permetteva a nessuno di odiarla.
Era sempre stata quel genere di persona che aveva un’aura talmente candida e limpida da poter essere percepita in tutta la sua purezza anche dal più scemo degli scemi.
Un esempio? Stefan!
Il suo caro fratellino se ne era accorto eccome della straordinarietà della streghetta altrimenti come si spiegava il modo in cui le era stato appiccicato per tutto il pomeriggio del giorno prima?
Non che a Damon importasse, ovviamente! Era solo una constatazione oggettiva dei fatti, la sua!
Nonostante questo, però, lanciò uno sguardo alla sua destra verso suo fratello e notò che anche lui lo stava tenendo d’occhio così si affrettò a ghignare e a  dissimulare.
“Sei davvero un cretino!” - sibilò Stefan.
Damon sgranò leggermente gli occhi.
“Come scusa?” - non riusciva a credere alle sue orecchie.
“Mi hai sentito benissimo!” - ribattè Stefan - “Come diavolo ti è venuta in mente quella roba assurda sull’odiare Bonnie?” - s’indignò - “Sai una cosa? A differenza di quello che dice l’altro Damon non penso proprio che tu non sia così bastardo da non pensare davvero di odiarla o di farla soffrire!”.
Damon si bloccò sul posto e si voltò verso Stefan, fronteggiandolo.
“Punto primo: non mi interessa assolutamente nulla di ciò che pensi!” - rispose - “Punto secondo: Poco importa di quello che provo io per la streghetta! Tanto…che sia odio o indifferenza ci saresti comunque tu disposto a consolarla, no?”.
“Si! Ci sarei io! Perché è quello che fanno gli amici, ma cosa vuoi saperne tu….” - fece Stefan.
Damon si lasciò andare ad un risata secca e amara.
“A me non sembravate solo amici mentre ve ne stavate tutti abbracciati ieri in giardino…” - esplose.
Stefan sgranò un attimo gli occhi.
“Ci stavi spiando?” - fece.
Damon serrò la mascella ed un forte spostamento d’aria gli fece capire che le loro controparti future si erano accorti che erano rimasti indietro e li avevano raggiunti.
“Davvero li stavi spiando?” - fece, curioso, l’altro Stefan, ghignando apertamente.
Incredibile! Invece di mettere fine alla cosa prima che lui potesse lasciarsi sfuggire qualche altro pensiero che mai avrebbe dovuto concretizzarsi in parole, loro se ne stavano lì a godersi lo spettacolo.
“Non dirmi che sei geloso, Damon…” - rincarò la dose Stefan.
“Oooh…Ma certo che è geloso! Geloso marcio!” - s’intromise l’altro Damon.
“Io non sono geloso!” - scattò Damon.
“Certo che lo sei!” - fece l’altro Stefan - “Me le ricordo ancora le scenate che mi faceva lui quando mi vedeva con Bonnie…” - continuò indicando l’altro Damon.
“La gelosia è una brutta bestia!” - fece l’altro Damon con il tono da stupido saccente che parla solo per frasi fatte e a cui non crede nessuno.
Damon stava cominciando ad irritarsi.
Si avvicinò a suo fratello lasciando perdere gli altri due e gli puntò un dito contro.
“Io non sono geloso della streghetta, intesi? Fino a prova contraria, ti ricordo che sono innamorato della tua ragazza, fratellino!” - sibilò.
Stefan restò a guardarlo con un sopracciglio alzato e poi fece un  solo passo arrivandogli ad un palmo dal naso.
“Ah davvero? Peccato che mi hai visto baciare Elena un migliaio di volte e non te ne è mai importato niente, adesso, invece, per uno stupido abbraccio con Bonnie hai la faccia e il tono di uno che mi staccherebbe volentieri via a morsi la testa dal collo!” - gli rispose.
Damon si irrigidì e tornò a contrarre la mascella.
Cadde il silenzio.
Stefan gli lanciò appena un sorrisino di vittoria e poi  si allontanò  da lui riprendendo camminare.
“Quella laggiù è a porta che stavamo cercando per scendere giù, no? Allora che stiamo aspettando?” - disse, mettendo un punto all’argomento e andando avanti.
L’altro Damon e l’altro Stefan lo seguirono senza fiatare, ma entrambi con delle facce soddisfatte che Damon avrebbe tanto voluto prendere a schiaffi.
Lui, invece, restò fermo ancora qualche attimo, guardando i tre e ribollendo dalla rabbia.
Rabbia per come gli aveva parlato Stefan.
Rabbia per come anche gli altri due gli si erano schierati contro.
Rabbia per come, per un solo attimo, in seguito alle ultime parole di suo fratello, lui si era davvero sentito tentato dalla voglia di urlargli in faccia che aveva ragione.


Quando Lilian era caduta, Meredith aveva avvertito un senso di brutto aggrovigliamento alla bocca dello stomaco.
Quando Owen si era assicurato la fune alla vita e aveva raggiunto la ragazza sul fondo della voragine, l’angoscia che provava Meredith si era moltiplicata all’infinto lasciandola spossata e sull’orlo di un cedimento del sistemo nervoso.
Forse era dovuto al fatto che, in cuor suo, già si sentiva legata a doppio filo ad Owen, già sentiva che quel ragazzo era il suo bambino, suo figlio.
O forse dipendeva dal fatto che stavano succedendo troppe cose non previste e tutte insieme.
Qualunque fosse la causa, però, Meredith non poteva fare altro che sperare che tornassero su il prima possibile e tutti interi.
Si accasciò a terra appoggiando le spalle contro il basso muretto di pietra ruvida che costreggiava la voragine e sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e massaggiandosi lo stomaco, come a voler prevenire un forte attacco di nausea.
L’altro Alaric fissò il buio della voragine ancora qualche attimo prima di voltarsi verso di lei e sorridere.
“Lo fai sempre!” - dise, attirando la sua attenzione - “Quel gesto, quello di passarti una mano sullo stomaco ogni volta che Owen si caccia in qualche guaio….lo fai sempre, cioè…lo fa sempre l’altra Meredith, ma….in fondo che lo faccia anche tu non mi sorprende: sei rimasta sempre la stessa negli anni!” - si spiegò.
Meredith arcuò un sopracciglio, confusa.
“Ed è un bene?” - gli chiese, scettica.
L’altro Alaric le si sedette di fianco e la guardò con quel suo sguardo carico di comprensione e verità che riusciva sempre a spiazzarla.
“Certo che è un bene! Perché ho l’impressione che tu ne stia dubitando?” - le disse.
“Beh…forse perché, non so se te lo ricordi, ma nel momento della mia vita in cui sono adesso io e te non abbiamo proprio un rapporto idilliaco! Non ci sentiamo quasi mai e, le poche volte che riusciamo a telefonarci e a parlare, io spreco tempo ad urlare, ad incolparti e a ricriminare per tutto il tempo che tu passi lontano da me!” - rispose Meredith.
L’altro Alaric sorrise con una punta di tristezza nello sguardo ed annuì.
“Me lo ricordo! Certo che me lo ricordo!” - le disse  - “E ricordo anche che tu avevi perfettamente ragione! Ero così ossesionato dal mio lavoro e dalle mie ricerche che ogni volta che potevo scappavo via per mesi senza dare mai una vera chance alla nostra relazione! Tu avevi ragione a darmene la colpa!”.
Meredith scosse la testa: “Oh, andiamo, smettila! No che non ho ragione, mi comporto come una ragazzina petulante e isterica e non dovrei perché tu aiuti le persone e i tuoi studi sono importanti! E….lo vedo come guardi l’altra Meredith e sento come ne parli: tu ne sei innamorato per davvero e non penso proprio che tutto queso amore sia nato dallle sue crisi isteriche, no? Lei è sicuramente diversa da me…più comprensiva!”.
L’altro Alaric scoppiò a ridere e questo fece strabuzzare gli occhi di Meredith che lo guardò come se fosse impazzito.
“Invece fidati quando ti dico che siete uguali perché è così! Lei non è cambiata di una virgola rispetto a te e neppure avrebbe dovuto farlo perché tu sei già perfetta così come sei! E per quanto riguardo l’amore che nutro per mia moglie...beh….sappi che non è mai importata la distanza tra noi per me!” - le disse.
“E questo che significa?” - chiese Mertedith.
“Significa che anche nel 2011 mentre ero via ed io e la mia Meredith non facevamo altro che litigare al telefono…beh…anche allora io l’amavo già come la amo adesso!” - le confessò.
Meredith si ammutolì e abbassò leggermente il viso per nascondere l’improvviso rossore alle guance.
Lei non era il tipo che arrossiva.
Lei era quella imperturbabile, come la definiva Bonnie, oppure era quella inquietante, come la definiva Damon, ma non era il tipo che arrossiva.
Le succedeva solo rare volte e sempre per via di qualcosa detto da Alaric, versione giovane o futura che fosse.
“Papà? Papà? Meredith!” - la voce di Owen arrivò dal fondo della voragine a spezzare quel momento di imbarazzo e Meredith gliene fu segretamente grata.
Si alzarono all’istante.
“Owen!” - urlò l’altro Alaric - “Siete pronti a risalire?” - gli chiese.
“No! Dovete scendere voi giù!” - fu la risposta che ricevettero.
La sorpresa non fu indifferente e traspariva perfettamente sia dal volto di Meredith che da quello dell’altro Alaric.
“Cosa?Perché?” - fece l’altro Alaric al figlio.
“Fidati!” - urlò in risposta Owen.
L’altro Alaric semplicemente annuì al vuoto e tirò fuori da una sacca che aveva con se una nuova fune spessa con tanto di gancio enorme annesso e, presa la balestra, l’assicurò saldamente al soffitto così come aveva fatto con l'altra fune che avevano usato prima per saltare.
Meredith lo guardò.
“Scendiamo davvero?” - gli chiese.
L’altro Alaric scrollò le spalle.
“Se mio figlio mi dice che devo fidarmi, allora io mi fido!” - le rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Ah! Ok!” - fece Meredith.
Dovettero scendere lentamente ed uno alla volta, per essere certi che il gancio tenesse.
Per Meredith fu doloroso e a tratti terrificante, ma il fatto di dover scendere giù in linea retta e di sapere che ad aspettarla c’erano sia Owen che Lilian la fece stare più tranquilla.
Per l’altro Alaric, invece, la discesa fu una passeggiata e durò decisamente meno della sua.
Il sollievo nel vedere che i due ragazzi erano sani e salvi la fece sospirare e le si inumidirono gli occhi dalla gioia.
Arrivarono con altre torce, ma la luce proveniente dalla nuova stanza trovata da Lilian era così forte che dovettero spegnerle.
“E quella cos’è?” - fece Meredith.
“Una biblioteca, ad occhio e croce!” - rispose Owen, sorridendo.
“Una biblioteca che non avremmo mai trovato se io non fossi caduta!” - fece notare Lilian, soddisfatta.
“Della serie: Non tutti i mali vengono per nuocere, eh?” - scherzò l’altro Alaric.
“Voi dite che il libro che cerchiamo è lì dentro?” - chiese Meredith.
“Ne siamo certi!” - rispose Owen - “Mentre io vi avvertivo e voi due venivate giù, Lilian è andata a fare un giro di perlustrazione lì dentro e…e l’ha trovato!” - spiegò.
Meredith si voltò verso la ragazza, meravigliata e quasi commossa.
“E’ sull’enorme tavolo dall’altra parte della stanza!” - fece Lilian.
Meredith sorrise e si mosse in contemporanea all’altro Alaric, verso il tavolo indicatole da Lilian.
Non si interessò molto a ciò che aveva intorno che, per quanto riuscì a cogliere solo con la coda dell’occhio, erano solo cumuli su cumuli di libri antichi e stracolmi di polvere.
In generale, erano tutti così felici per il fatto di aver finalmente trovato il libro con il quale avrebbero potuto guarire l’altra Meredith che nessuno di loro si guardò intorno o si fece domande di alcun tipo.
Nei giorni a seguire ripensando a quel momento, Meredith si sarebbe maledetta per l’idea di andare in gruppo proprio con Lilian, Owen e l’altro Alaric perché, se all’inizio il coinvolgimento personale di tutti le era sembrato un punto a favore, poi si era resa conto che era stato proprio quello a portare alla brutte conseguenze che si erano verificate dopo.
Lei era troppo presa dall’idea di salvare se stessa.
L’altro Alaric era troppo preso dall’idea di salvare sua moglie.
Owen era troppo preso dall’idea di salvare sua madre.
E Lilian era troppo presa dall’idea di salvare sua zia e di vedere felice Owen.
Erano tutti così presi che nessuno si chiese il perché del fatto che, tra tanti libri, solo quello che stavano cercando loro non era nascosto chissà dove, ma messo lì in bella vista e aperto, oltretutto, sulla pagina dell’incantesimo che sarebbe servito loro, come se qualcuno stesse urlando che quello era proprio il libro giusto, che dovevano prenderlo ad ogni costo.
Nessuno si chiese perché, in mezzo a tutto quel caos, era come se gli altri libri disegnassero un percorso aperto prprio fino al tavolo su cui c’era il LORO libro.
Nessuno si chiese niente di niente e, non appena Meredith afferrò il volume e lo sollevò, un suono stridulo si diffuse per l’intera sala e le luci rosse lampeggianti fecero capire a tutti che erano caduti in una trappola piazzata lì da Astaroth, una trappola in cui si erano gettati a capofitto portandosi dietro anche tutti gli altri sparsi per il castello e che contavano sulla segretezza per poter agire.


“Touchè!” - esclamò soddisfatto Astaroth dopo un affondo andato a buon fine.
Nicole gli fece un cenno e ghignò prima di riportarsi al centro della sala e prepararsi ad una nuova sfida a colpi di fioretto.
Astaroth la seguì, mentendo anche lui il sorriso e scrollando un paio di volte il polso con il quale reggeva la lama.
Era un pezzo che non praticava la scherma, ma quella sfida con Nicole gliela stava facendo apprezzare nuovamente.
Si appuntò mentalmente di allenarsi più spesso e di cercarsi, possibilmente, degli avversari che fossero stati degni della giovane Salvatore.
Doveva ammetterlo: Nicole si era sempre dimostrata all’altezza in ogni sfida o combattimento!
I suoi genitori l’avevano educata bene all’arte della guerra e questo, ad Astaroth, non poteva che far piacere: se così non fosse stato, si sarebbe annoiato da morire a cercare di ucciderla!
“Devo riconoscertelo Nicole: hai avuto una buona idea!” - disse.
“Oh, ma io ho sempre buone idee, Astaroth!” - rispose la ragazza, altezzosa come sempre.
Astaroth sorrise e si lanciò in una nuova ed elegante schermaglia…almeno fino a che le luci del castello non cominciarono a lampeggiare rosse e nere, segno che c’era stata un’un effrazione nella sua sala dei trofei.
Astaroth si bloccò e con lui anche Nicole.
Si voltò verso la ragazza: “Tu!” - disse.
“Non dirmi che non lo avevi immaginato!” - fece Nicole.
Certo! Certo che lo avevo immaginato che lei si fosse inventata tutta la faccenda della scherma per un qualche secondo fine, ma non avrebbe mai pensato che fossero talmente idioti da pensare di entrare nel suo castello e passarla liscia.
Ruppe il patto con Nicole e lasciò cadere al suolo la lama, richiamando mentalmente un paio di demoni che si presentarono subito al suo cospetto.
Nicole restò ferma, Astaroth non dovette neppure immobilizzarla.
“Andate alla sala dei Trofei e fate prigionieri chiunque ci sia all’interno! E..mandate qualcuno anche nelle segrete, sono sicuro che ci sia qualche stupido vampiro anche lì sotto, vero Nicole?” - ordinò Astaroth.
Nicole ghignò e scrollò le spalle.
“Uuuh…come sei intelligente, Astaroth! Ci hai beccato!” - lo prese in giro.
Astaroth le diede poco peso e fece segno ai demoni di eseguire i compiti che gli erano stati appena imposti prima di tornare a voltarsi verso di lei.
“Insultare in questo modo la mia intelligenza facendomi solo perdere tempo…non è onorevole, Nicole!” - la rimproverò.
“Regola numero uno, Astaroth: in guerra tutto è concesso! E poi l’hai detto tu che il mio obiettivo principale è difendere la mia famiglia, no? Che ti aspettavi, quindi? Era ovvio che sarei anche venuta qui a prenderti in giro e a farti perdere tempo pur di coprirli e salvarli! Anche a costo di risultare poco onorevole ai tuoi occhi!” - rispose Nicole.
“Quindi? Adesso cosa si fa? Suppongo che non mi lascerai andare a stroncare la vita di quei miserabili che ti sei portata in casa mia così come se niente fosse, giusto?” - fece Astaroth.
Nicole si mosse ad una velocità inaudita e se la ritrovò subito ad un palmo dal naso.
“Supponi bene!” - gli disse  - “Adesso basta giochetti, Astaroth! Adesso si combatte per davvero!”.

martedì 20 dicembre 2011

Spoiler "Forse...il destino..." - Capitolo 15

Il buio di quel luogo era rischiarato fiocamente solo dalla torcia che aveva portato Owen con se mentre scendeva e che adesso riposava ai loro piedi, ma nonostante questo lui riuscì a trovarla e a stringerle le spalle.  
“E tutto ok? - le chiese.
Lilian scosse la testa.
“Nulla è ok! - rispose - Nulla è ok perché io e Nicole rischiamo di stare male ogni secondo che passa per via di quei quattro ingrati ed io ho una gran voglia di ritrovarmici faccia a faccia per raccontare loro tutto e per dirgli quanto io e Nicole siamo state male e abbiamo rischiato, soprattutto lei contro Astaroth!.
Owen non le rispose, semplicemente labbracciò forte avvolgendola con le sue braccia e facendole sentire tutto il suo sostegno e il suo appoggio.
“Grazie! - si sentì in dovere di dire Lilian mentre si discostavano luno dalaltro.
“Io sarò sempre qui per te, lo sai! - rispose Owen.
Lilian arrossì e abbassò leggermente il viso, imbarazzata. 
“Adesso torniamo su, ti va? - le propose Owen.
“Si! Andiamo! - rispose Lilian.




Eccomi qui con un giorno di ritardo, ma ci sono!XD
Beh...da quessto spoiler direi che si capiscono tre cose!
1) Ci sarà un'altra scena tra Lilian ed Owen che io, personalmente, adoro!*_*
2) Lilian racconterà ad Owen cosa sta succedendo a lei e a Nicole per via di Stefan ed Elena e di Bonnie e Damon e quindi tutta la faccenda della debolezza!
3) Lilian è incazzata nera con quei quattro e...ve lo dico...non perchè si è sentita male, ma semplicemente per una cosa che le farà notare Owen e che le farà rivalutare un pò la situazione dei suoi zii e genitori dal passato!XD
Curiosi?
Beh...spero di si, in fondo è a questo che servono gli spoiler: a mettere coriosità!XDXDXD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

lunedì 19 dicembre 2011

AVVISO!!!

Scusate per il mancato preavviso, ma in via del tutto eccezionale, lo spoiler di stasera si sposta a domani sera!!!
Purtroppo si sa....sotto Natale le giornate diventano sempre frenetiche e scrivere qualcosa di decente diventa quasi un optional!XD
Se in più ci si mette il lavoro con degli orari impossibili....beh...allora capirete che il tutto si complica!!
Scusate ancora...tantissimo!!!
Ma vi aspetto domani sera sicuramente per lo spoiler!!!!XDXD
A DOMANI...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 15 dicembre 2011

"Forse...il destino..." - Capitolo 14

Stati d’animo correlati
Sin dal suo primo vagito i suoi genitori avevano cominciato a darle quegli insegnamenti che le sarebbero serviti ad affrontare tutte le prove della vita.
Era ancora una neonata quando le insegnarono a sapersi dividere tra la fame di cibo e la sete di sangue in modo da controllarle entrambe e non eccedere in nessuna delle due.
A cinque anni sua madre cominciò ad insegnarle i primi rudimenti della magia e a sette anni era già in grado di difendersi da sola.
A otto anni sua madre passò dagli incantesimi difensivi a quelli offensivi e a dieci anni, quando era già abbastanza in grado di lanciare alcuni tra gli incantesimi più difficili che esistessero, suo padre cominciò l’allenamento fisico insegnandole ad usare correttamente tutte le facoltà che le venivano naturalmente concesse dalla sua metà vampiresca.
Continuarono così per un paio di anni circa e all’età di dodici anni suo padre aggiunse alla pratica del combattimento anche la teoria in modo da renderla una guerriera non solo forte, ma anche intelligente.
Durante la sua prima lezione di strategia suo padre le insegnò tre cose fondamentali:
- Non sottovalutare mai il tuo nemico.
- Non sopravvalutare mai il tuo nemico.
- Conosci il tuo nemico.
All’inizio Nicole ci aveva riso su perché sembravano le solite frasi fatte che si dicevano in quei brutti film in cui tutti si facevano la guerra, ma da quando Astaroth era arrivato a mettere a rischio la sua vita e quella di tutta la cittadina di Fell’s Church, Nicole aveva finalmente capito che suo padre aveva ragione: quelle tre semplici regole erano davvero l’unica cosa che le avevano permesso di rimanere viva tanto a lungo e di darle speranza giorno dopo giorno.
Non se ne era mai resa conto prima perché non c’era mai stato nessuno che l’avesse realmente messa in pericolo, ma applicate ad Astaroth quelle regole avevano un loro senso logico in battaglia.
Quindi aveva imparato a non sottovalutare mai il Figlio del Fuoco e questo le aveva permesso di non sorprendersi mai troppo delle sue mosse improvvise e dei suoi cambi di piano.
Contemporaneamente, però, aveva imparato anche a non sopravvalutarlo e questo le aveva permesso di sentirsi forte anche nei momenti più cupi, le aveva permesso di andare avanti credendo sempre nelle sue capacità.
Infine….aveva imparato a conoscerlo e si era rivelata davvero la cosa più intelligente che potesse fare soprattutto perché tornava utile in situazioni come quella in cui si trovava in quel momento, cioè una situazione in cui doveva distrarlo per favorire la riuscita dei piani degli altri e tenerli al sicuro.
Distrarre Astaroth non era una cosa semplice e ci si poteva riuscire solo se si conosceva il suo più grande punto debole: la sua curiosità.
Quel demone aveva una curiosità pari a pochi che lo portava anche a fare cose apparentemente senza alcun senso.
Collezionava oggetti e qualsivoglia cosa che attirava il suo interesse solo perché curioso di capire cosa ci trovassero di tanto utile gli esseri umani. Rinchiudeva intere città fuori dal mondo e le radeva al suolo facendo orde di prigionieri solo perché curioso di capire come funzionavano i rapporti tra gli uomini e poco importava se li trattava come delle cavie da laboratorio perché infondo era questo che rappresentavano per lui.
Se ci si fermava a rifletterci su un attimo, Astaroth era un personaggio abbastanza complesso e interessante: uccideva gli umani tanto per ucciderli, ma si sforzava comunque di capirne la mentalità.
Nicole non aveva mai capito bene il perché lo facesse, ma spesso aveva pensato che lui lo vedesse come un passatempo giusto perché, avendo visto già ogni cosa, adesso l’unico modo per dare una spinta alla sua monotona esistenza doveva essere quello di porsi domande su domande persino su coloro che sterminava per capriccio.
Fare leva sulla sua curiosità, quindi, era l’unico modo che aveva per attirare la sua attenzione e focalizzarla su di se.
Come già detto in precedenza, lei non lo sottovalutava e quindi sapeva che Astaroth non era così stupido da non aver trovato strano il suo comportamento di quel giorno, ma sapeva anche che lui era curioso di capire il perché di quel cambiamento e che quindi l’avrebbe assecondata anche accettando una sfida il cui unico scopo era quello di fargli perdere tempo.
Nicole sorrise soddisfatta e cominciò a vagare per la stanza sfiorando ogni oggetto possibile.
“Che sfida, vuoi sapere? Beh….avevo pensato a qualcosa di diverso per una volta!” - esordì.
“Diverso?” - chiese Astaroth.
“Sì! Magari senza magia! Una sfida prettamente fisica tra me e te…..un duello!” - rispose - “Ecco, sì! Potremmo cimentarci nella scherma, ad esempio!” - propose,  afferrando un fioretto dalla fattura antica e pregiata appeso ad una parete e puntandolo contro il demone.
Astaroth sorrise: “Prima toglimi una curiosità, Nicole….” - disse.
Nicole gli fece un cenno invitandolo a proseguire.
“Perché questa sfida? Insomma…Io ho rapito tua madre! A rigor di logica tu saresti dovuta venire qui per mettere a ferro e fuoco la mia casa pronta ad uccidermi per il torto arrecato alla tua adorata famiglia, non per invitarmi a duellare!” - disse.
Nicole si ricompose e ritirò il fioretto per poi sfiorarne delicatamente la lama con la mano libera.
“Hai ragione! E mi rendo conto che questo mio comportamento possa sembrarti strano, ma….ho capito che comportarmi in quel modo sarebbe stato pazzo e sconsiderato! Tu hai ucciso quasi tutti gli abitanti di Fell’s Church e gli unici sopravvissuti vivono al pensionato costantemente terrorizzati e la loro incolumità è una mia responsabilità! Inoltre, non so a quali torture tu stia sottoponendo mia madre, ma la barriera difensiva con cui teneva protetto il pensionato si sta lentamente indebolendo e quelle persone hanno sempre più paura! Non si tratta solo della mia famiglia, ma di tutti loro ed io devo proteggerli, ma per farlo devo riprendermi mia madre e devo restare viva, quindi non mi sono concessi colpi di testa di nessun tipo!” - rispose.
“Ma io ti ho già detto che non ti restituirò la strega…” - fece Astaroth.
“Sì, ed è per questo che insieme alla sfida voglio proporti un accordo perché so che sei un uomo di parola e lo manterrai qualora tu lo accettassi!” - rispose Nicole.
Astaroth assottigliò lo sguardo: “Che accordo?” - chiese.
“E’ semplice!” - rispose Nicole scrollando le spalle - “Se io vinco il duello allora lascerai libera mia madre e lei potrà tornare con me al pensionato! Se vinci tu….beh…in quel caso potrai uccidermi ed io non opporrò resistenza e sai di poterti fidare perché anch’io mantengo sempre la parola data!”.
Astaroth, a quelle parole, rimase in silenzio a guardarla.
Nicole sostenne il suo sguardo per tutto il tempo, fiera e composta, sentendo un’intensa forza scorrerle su e giù per le vene.
In quel momento le ritornarono alla mente le parole di Matt, che quella mattina aveva detto a lei e a Lilian di tenere duro e sperare che nessun improvviso attacco di debolezza le colpisse, e quasi le venne da sospirare di sollievo perché la forza che sentiva dentro sembrava solida e della debolezza non sembrava essercene neppure più una misera traccia.
Pregò che restasse tutto così almeno fino alla fine del duello con Astaroth altrimenti sarebbe stata la sua fine e quella di tutti gli altri.
Astaroth si sfilò la giacca e sfoderò il suo inquietante sorriso compiaciuto.
“Beh….questa mattinata in effetti si presentava un po’ fiacca e prima che arrivino le due di questo pomeriggio ce ne vuole ancora di tempo, per cui…” - commentò.
“Le due del pomeriggio?” - chiese Nicole incuriosita da quell’affermazione.
“Sì! Hai presente quando hai parlato delle presunte torture a cui sottopongo tua madre? Beh….non sono affatto < presunte >! Anzi…avvengono con regolarità ogni giorno alle due del pomeriggio!” - le rispose in tutta tranquillità.
Nicole si irrigidì e dovette sforzarsi per riuscire a mantenere la sua facciata tranquilla e non cedere alla provocazione di Astaroth perché sapeva che, altrimenti, avrebbe mandato tutto all’aria.
Servì tutta la sua volontà e il suo buonsenso per riuscirci.
Alla fine sospirò e tese di nuovo la sua lama verso il demone.
“Allora? Abbiamo un accordo?” - gli chiese.
Astaroth afferrò un altro fioretto da una teca bassa alle sue spalle e ne incrociò la lama con quella del suo.
“Affare fatto!” - rispose.


Probabilmente lì dentro faceva freddo a giudicare dagli sbuffi di vapore che venivano fuori ogni volta che uno dei prigionieri apriva bocca per chiedere il loro aiuto.
Stefan non aveva la certezza che facesse freddo - insomma…lui era un vampiro e queste cose non le pativa - ma non sapeva neppure bene perché, però il fatto che sembrasse che faceva freddo rendeva tutta la situazione ancora più angosciante di quanto già non fosse.
Dopo essersi richiusi la botola alle spalle, avevano sceso una buia rampa di scale fino ad arrivare al primo livello delle segrete di Astaroth.
Adesso un lungo e largo corridoio completamente in pietra e ricoperto da strati e strati di polvere che ti ostruiva la gola solo a guardarla, figuriamoci a respirarla, si snodava davanti al loro ristretto gruppo. La parete alla loro sinistra era solo roccia e spuntoni di ferro arrugginito. La parete destra ospitava le celle: piccoli buchi di pietra con appena un giaciglio di paglia e senza neppure una misera finestra.
Solo il pensiero che l’altra Bonnie si trovasse in una di quelle celle gli fece nascere nel petto un profondo sentimento di odio per il Figlio del Fuoco perché non si poteva, semplicemente non si poteva confinare una creatura come Bonnie in un  posto del genere! Poteva anche essere cresciuta e poteva anche essere maturata come donna e come strega, ma Stefan non aveva alcun dubbio sul fatto che avesse continuato a sprigionare quell’aura di purezza e gentilezza che aveva da sempre contraddistinto la sua amica.
“Non ascoltateli e cercate di guardarli il meno possibile!” - sussurrò l’altro se stesso riferendosi ai prigionieri di quel livello - “Forse se li trattate con indifferenza non cominceranno subito a gridare di volere la libertà per mano nostra e allora non ci ritroveremo un esercito di demoni addosso e potremo limitarci a spazzare via le guardie mano a mano che le incontriamo!” - spiegò.
Stefan annuì soltanto abbassando la testa e tornando a perdersi nei suoi pensieri.
Dover passare davanti a quelle celle piene di prigionieri con i volti sfigurati dal dolore era straziante e il fatto di non poterli aiutare lo era ancora di più, ma cercava di consolarsi dicendosi che una volta tolto di mezzo Astaroth allora anche tutte quelle anime in pena avrebbero ritrovato la loro libertà e la loro vita.
Stefan aveva l’impressione che molti di quei prigionieri fossero ancora vivi semplicemente perché stavano facendo di tutto per resistere e non dare la soddisfazione al loro carceriere di vederli morire in quel posto terribile.
Beh…tutti loro avrebbero anche potuto trovare finalmente pace una volta che Astaroth fosse stato ucciso, per questo motivo non potevano fallire.
L’altro Damon si bloccò senza preavviso e fece loro cenno di addossarsi alla parete per rendersi, il più possibile, invisibili. Era vero che erano al buio, ma a quanto pareva i demoni avevano la stessa vista sviluppata dei vampiri e potevano vederli benissimo.
“Ce ne sono due…” - sussurrò l’altro Damon indicando una piccola colonna accanto ad una rietranza nella parete di roccia poco più avanti.
“Allora basteremo noi!” - fece l’altro Stefan al fratello.
“Che? Ehi!” - tentò di protestare Damon, ma l’altro Damon lo interruppe voltandosi verso di lui.
“Lo so che cosa stai pensando! Stai pensando che noi due ti stiamo mettendo da parte trattandoti come un cretino e tenendoti lontano dalla lotta, ma non è così! Semplicemente….le guardie sono solo due quindi non c’è bisogno che ci esponiamo in quattro! Io e mio fratello le toglieremo facilmente di mezzo e potremo proseguire e più scenderemo in basso più ci saranno guardie in numero maggiore e più forti, quindi dobbiamo essere intelligenti e non sprecare energie inutilmente se vogliamo avere una speranza di arrivare dalla mia Bonnie! Capito?” - gli disse.
Damon sbuffò sonoramente un paio di volte, ma poi annuì alla sua controparte e alzò le mani in segno di resa: “Capito!” - rispose.
L’altro Damon e l’altro Stefan si lanciarono uno sguardo d’intesa prima di cominciare ad avanzare verso le due guardie.
Stafan rimase a guardarli in silenzio sporgendosi appena in avanti per seguire al meglio ciò che avevano intenzione di fare.
L’altro Damon e l’altro Stefan arrivarono lentamente e di soppiatto alle spalle della prima guardia e attirarono la sua attenzione solo nel momento in cui l’altro Damon balzò fuori per scontrarsi con l’altra guardia lasciando all’altro Stefan il demone a cui si erano avvicinati per primo.
Vedere le versioni future sue e di suo fratello combattere fianco a fianco, spalleggiandosi a vicenda per raggiungere un obiettivo comune fu….quasi un’esperienza extracorporea.
L’altro Damon e l’altro Stefan avevano una sincronia nei movimenti che lui e Damon non avevano mai avuto.
Le loro controparti non si sottovalutavano tra loro né si sbeffeggiavano e, durante tutto lo scontro, non persero mai di vista l’altro in modo da potersi aiutare a vicenda qualora ce ne fosse stato il bisogno.
Si coprivano le spalle, ecco cosa facevano!
Solo per un momento Stefan si voltò a guardare Damon che, poco distante da lui, se ne stava con le spalle appoggiate alla parete e batteva un piede per terra, come se si stesse annoiando terribilmente e fosse totalmente indifferente a ciò ce stava accadendo lì vicino. Il che poteva essere visto che Damon sembrava essere sempre completamente indifferente al 90% di ciò che gli succedeva intorno.
Certo! A meno che non si trattasse di Elena!
In quel caso si poteva stare certi che l’attenzione di Damon avrebbe raggiunto livelli altissimi.
A quel pensiero, Stefan si voltò sdegnato dall’altra parte continuando a seguire lo scontro degli altri due almeno con gli occhi, visto che la mente era altrove.
Pensare ad Elena non gli faceva bene!
E pensare al nome di Damon associato a quello di Elena lo faceva stare addirittura peggio.
Fino al giorno prima aveva sempre saputo dell’indecisione di Elena tra lui e suo fratello e, non essendo stupido, aveva sempre saputo che tra i due era impossibile che non fosse mai successo nulla, ma aveva continuato a credere che ciò che potevano pensare di provare l’uno per l’altra non era paragonabile a nulla che avesse a che fare con l’amore vero che univa lui ed Elena.
Tutto questo…fino a che Elena non gli aveva detto di aver scelto lui in base a ciò che sembrava aver fatto l’altra Elena!
Da quel preciso istante Stefan aveva avvertito una rabbia ed una delusione come non ne aveva mai sentite.
Con quelle poche parole e con ciò che significavano, Elena gli aveva sbattuto in faccia anni ed anni di consapevole e voluta infedeltà e il fatto che lei non se ne fosse neppure resa conto lo faceva infuriare ancora di più.
Un ultimo tonfo sordo e poi l’altro Damon e l’altro Stefan li raggiunsero nuovamente.
“Ecco! Adesso possiamo andare avanti!” - fece l’altro Stefan.
Stefan li guardò entrambi, annuì e nel frattempo scacciò violentemente via il pensiero di Elena, annullandola completamente dalla sua mente senza tenere conto delle conseguenze a cui tutto ciò poteva portare.


Il caldo era soffocante e più avanzavano più Meredith aveva la netta sensazione che l’afa sarebbe aumentata fino a togliere loro il fiato.
Cercava di fare respiri rilassati e profondi, ma era difficile quando sentiva che la gola le si seccava e i polmoni le andavano in fiamme solo se osava aprire bocca.
Con il caldo che premeva insistente sulle loro teste era arduo persino andare avanti e resistere all’implulso di accasciarsi al suolo e rimanere lì.
Meredith riusciva a scorgere la sua stessa agonia anche sui visi e nei comportamenti degli altri, ma era quasi certa che fosse lei quella messa peggio.
Lilian aveva dalla sua il suo fattore ibrido che la rendeva più resistente di una normale ragazza umana e Owen e l’altro Alaric, benchè fossero per davvero solo degli umani, però erano cacciatori, erano addestrai e allenati a resistere in tutte le situazioni in cui si sarebbero potuti trovare.
Lei, invece, non era ancora nulla di tutto ciò.
Lo sarebbe diventata, perché l’altra Meredith prima di finire in quel letto con il petto squarciato era una cacciatrice capace e temuta, ma quella non era ancora la sua realtà e, per quanto potesse essere già abbastanza forte e poco impressionabile di suo, il fatto che si fosse completamente paralizzata di fronte a quel demone poco prima che gli altri corressero a salvarla, beh…quella era la prova lampante che non era ancora pronta per nulla di tutto ciò che le stava succedendo intorno.
Ma poteva fermarsi? Poteva tirarsi indietro?
Assolutamente no!
Era della sua stessa vita, del suo stesso futuro che si stava parlando e Meredith, pronta o meno, era disposta a fare qualsiasi cosa per salvarsi, anche camminare di sua spontanea volontà nella perfetta trasposizione dell’inferno.
Il terreno su cui avanzavano era dissestato e spesso, mettendo i piedi in determinati punti, si poteva addirittura riuscire a sentire la sensazione delle suole che si fondevano come se fossero state appoggiate su un cumulo di carboni ardenti.
Cercavano di tenersi ad una certa distanza dai muri, visto che all’improvviso sbucavano fuori da questi colate di lava incandescente, ma, allo stesso tempo, cercavano di rimanere il più all’ombra possibile.
La cosa che più inquietava Meredith era che nessuno di loro era sudato nonostante il caldo.
Era come se il sudore evaporasse nel momento esatto in cui sgorgava, lasciandoli asciutti e….secchi, come se il loro corpo venisse prosciugato dall’acqua.
Per la prima volta nella sua vita, Meredith ringraziò se stessa per essere sempre così previdente perché proprio la sua previdenza le aveva fatto decidere di portare con sé anche delle scorte d’acqua divise in quattro borracce che già si era premurata di dividere tra gli altri.
Con tutti quegli accorgimenti continuavano ad avanzare nella sala cercando intorno a loro con lo sguardo qualsiasi cosa poteva vagamente ricordare il libro che erano venuti a prendere, ma quel posto era così stracolmo di cianfrusaglie di ogni genere che Meredith stava seriamente cominciando a chiedersi se un giorno sarebbe bastato per controllarlo tutto.
Almeno, però, potevano stare tranquilli sulla strada da perlustrare. Fatta eccezione per i ponti e le scale da salire e scendere, non c’erano bivii o passaggi alternativi, ma solo una lunga via dritta.
Con l’aiuto dell’altro Alaric, che le camminava al fianco, Meredith riuscì a saltare agevolmente una piccola voragine nel terreno e, non appena anche Owen e Lilian fecero lo stesso, svoltarono l’angolo seguendo sempre lo stesso percorso e…si ritrovarono la strada sbarrata.
Era come se le due pareti si fossero ristrette all’improvviso e si fossero chiuse ai due lati di un ampio e profondissimo pozzo nero, più simile ad una voragine che ad un vero pozzo visto che, di solito, i pozzi non avevano un diametro di circa dieci metri.
Meredith si accigliò leggermente e, in un primo momento, si chiese se dovevano continuare oppure la sala dei trofei di Astaroth fosse finita senza che loro si accorgessero di dove fosse il libro, ma, sporgendosi con il busto oltre il pozzo, l’altro Alaric confermò loro che dopo quello stretto passaggio c’era ancora altra strada da fare ed un bel pezzo di sala da controllare.
“Quindi che si fa?” - chiese Merdith.
“Scavalchiamo il pozzo! E’ la nostra unica opzione visto che dobbiamo proseguire oltre e questa è l’unica via!” - spiegò l’altro Alaric.
Meredith annuì mentre Owen cominciava a tirare fuori dalla grossa sacca che si era portato dietro per tutto il tempo una lunga fune con un pesante gancio ad un’estremità.
“Usiamo quella per scavalcare?” - chiese un po’ scioccamente, forse, Meredith.
“Esatto!” - rispose semplicemente l’altro Alaric.
Owen sciolse la fune per poi passarla a suo padre che la caricò sulla balestra che aveva usato poco prima contro i demoni all’esterno . L’altro Alaric, poi, con un solo tiro preciso, riuscì a conficcare il gancio all’estremità della fune al soffitto della sala che si apriva oltre il pozzo.
Padre e figlio rimisero da parte la balestra e Owen diede uno strattone alla fune: “E’ sicura!” - disse.
“Perfetto! Allora… non abbiamo una vera e propria imbracatura sicura, quindi dovremo improvvisare e contare solo sulla forza delle nostre braccia! Andrò prima io, in modo da poter aiutare voi quando arriverete dall’altro lato, poi toccherà a Meredith e a Lilian, infine ad Owen! Ok?” - fece l’altro Alaric.
Meredith si limitò ad annuire soltanto e, quando l’altro Alaric si assicurò la fune intorno ad un braccio e si lanciò nel vuoto dandosi una bella spinta per poter arrivare a toccare con i piedi l’estremità opposta del pozzo-voragine, Meredith fece in modo di rimanere ben concentrata su di lui per riuscire a memorizzarne i movimenti per poi poterli ripetere.
L’altro Alaric arrivò sano e salvo dall’altra parte e rilanciò la fune verso di loro in modo che Owen potesse riprenderla ed offrirla a lei.
Meredith si voltò verso Lilian.
“Vuoi andare prima tu?” - le chiese.
Lilian abbozzò un sorriso, ma scosse la testa: “ No! Non preoccuparti, Meredith, vai prima tu….” - le disse con una voce stranamente flebile.
Meredith si accigliò e si voltò a guardare Owen che, come lei, sembrava confuso dall’improvviso cambiamento di Lilian che, mentre un attimo prima sembrava nel pieno delle sue forze e saltava da una roccia all’altra senza alcuno sforzo, adesso sembrava che tutta la debolezza accumulata le si fosse riversata addosso in un colpo solo.
Owen lanciò uno sguardo d’apprensione a Lilian.
“Lilian? Tutto bene? Sembri improvvisamente stanca! Stai male?” - le chiese.
“Se vuoi possiamo fermarci un po’!” - propose Meredith.
“Ehi! Che succede?” - la voce dell’altro Alaric arrivò forte e perplessa alle loro orecchie.
Owen si voltò verso il padre.
“Credo che Lilian abbia bisogno di un attimo di riposo!” - urlò, ma la ragazza scosse vigorosamente la testa e si fece avanti prendendo la fune e mettendola nella mani di Meredith.
“No! Io sto bene, davvero! Mi passerà tra un attimo!” - cercò di rassicurarli - “E non possiamo fermarci, quindi salta Meredith…io ti seguirò subito dopo!” - aggiunse.
Meredith era ancora un po’ perplessa, ma annuì alla ragazza e strinse saldamente la fune.
Owen le arrivò di fianco e gliela assicurò al braccio.
“Adesso fatti indietro, prendi una bella rincorsa, salta su questo lato del pozzo e poi lasciati andare cercando di sporgerti con il busto in avanti in modo da dare la direzione alla fune, ok? Papà ti prenderà dall’altro lato!” - le disse, indicandole l’altro Alaric.
Meredith annuì e prese un bel respiro per farsi coraggio da sola.
Era una fortuna che non soffrisse di vertigini e che in educazione fisica fosse sempre andata alla grande, altrimenti sarebbero stati grossi guai in quel momento.
Forse non era ancora la cacciatrice addestrata che sarebbe diventata in seguito, ma di certo non poteva dire di essere messa completamente male in quanto a capacità fisiche.
Si concentrò e fece qualche passo indietro, sforzandosi per visualizzare solo il pozzo e l’arrivo dall’altro lato.
Quando si sentì sufficientemente sicura cominciò a correre, poi saltò sul primo lato del pozzo e si diede una bella spinta, stringendosi alla fune e cercando di richiudersi le gambe verso il petto, mentre un vento caldo le portava indietro il capelli e le sferzava il viso con stilettate di calore che erano quasi dolorose.
Bastarono pochi secondi e poi avvertì due mani grandi e salde che le afferravano i polpacci e la tiravano in avanti.
Meredith non si era neppure resa conto di aver chiuso gli occhi fino a che non dovette riaprirli per poter guardare in viso l’altro Alaric che adesso la teneva in equilibrio sull’altro lato del pozzo e le sorrideva orgogliosamente.
“Ce l’ho fatta!” - fece Meredith.
“Non avevo dubbi!” - rispose l’altro Alaric, aiutandola a scendere e rispedendo indietro la fune che venne nuovamente riacciuffata da Owen.
“Gran bel salto, Meredith!” - si complimentò il ragazzo dall’altro lato.
Meredith scrollò le spalle: “Penso proprio di avercelo nel sangue!” - rispose.
“Credo anch’io, sai?” - fece Owen sorridendole per poi voltarsi verso Lilian.
“Non credo che stia bene, sai? Lilian, intendo…” - sussurrò Meredith all’altro Alaric.
“In effetti, anche da qui, sembra stanca…” - rispose l’altro Alaric.
“E’ normale?” - chiese Meredith preoccupata - “Insomma…Nicole non sembra mai stanca e neppure Lilian lo è mai sembrata..” - si spiegò.
“Beh…anche loro si stancano dopo un po’, è normale!” - rispose l’altro Alaric.
“Si, ma….come hai appena detto, si stancano dopo un po’! Dopo che hanno combattuto parecchio è normale che anche loro abbiano bisogno di una nottata di sonno, ma….fino a poco fa Lilian stava alla grande, in perfetta forma, e poi all’improvviso…bum..si è accasciata! Questo…è normale?” - fece Meredith.
L’altro Alaric scosse la testa e si accigliò: “No! Questo è strano! Lilian e Nicole possono resistere giorni combattendo e senza mai stancarsi, quindi hai ragione….è strano!” - le rispose.
Meredith annuì senza sapere cosa pensare, mentre dall’altro lato Lilian afferrava la fune ed Owen gliel’assicurava al braccio destro.
Adesso che avevano stabilito che, a quanto pareva, Lilian aveva qualcosa che non andava non sapeva  cosa fare in merito.
Oltretutto non sapeva neppure cosa avesse esattamente la ragazza né se lei sapesse di avere qualcosa che non andava e glielo stesse nascondendo di proposito.
All’improvviso Meredith si sentì in apprensione non appena la vide prepararsi a spiccare il salto.
“Facciamoci più vicini..” - suggerì all’altro Alaric che annuì, probabilmente intuendo il corso dei suoi pensieri.
Anche lui sembrava pensieroso e non staccava un attimo gli occhi dalla figura di Lilian.
Owen, dall’altra parte, non sembrava da meno e aveva lo sguardo così corrucciato che una lunga ruga gli aveva increspato la fronte.
Lilian corse e saltò e Meredith si sentì quasi una vera stupida quando la vide librarsi in aria e poggiare la punta del piede destro sul loro lato del pozzo senza nessun problema.
Era a metà di un sospiro di sollievo quando, improvvisamente, prima che l’altro Alaric riuscisse ad afferrare Lilian, lei emise uno strano gemito di dolore e lasciò la presa sulla fune….cadendo all’indietro nel vuoto.
Meredith spalancò gli occhi e si aggrappò con entrambe le mani al pozzo, così come fece l’altro Alaric di fianco a lei ed Owen dall’altra parte.
Cercarono di chiamarla, di puntare quante più torce possibili verso la fine della voragine, ma niente….di Lilian non era rimasta traccia.


Bonnie sporse leggermente la testa oltre la porta della sua camera e tirò un sospiro di sollievo nel vedere che il corridoio era vuoto.
La verità? Si stava nascondendo! Più precisamente, di stava nascondendo da Elena!
Quando poche ore prima la sua amica le aveva chiesto di parlare di Stefan, Bonnie era andata nel panico.
Insomma….era facile immaginare cosa le avrebbe confidato Elena, ma era difficile capire cosa era giusto risponderle! E poi quella era una questione tra la sua amica e Stefan e avrebbero dovuto sbrigarsela tra loro, giusto?
Oddio! Forse un consiglio da parte sua ad Elena sarebbe servito, ma Bonnie sapeva con certezza che, se le avesse parlato, avrebbe finito con il tirare fuori tutti i brutti pensieri che aveva fatto su Elena dopo che Stefan le aveva spiegato la loro situazione e allora le avrebbe inveito contro come non aveva mai fatto in vita sua e non ci teneva a fare, per questo motivo preferiva evitare di entrare nel merito della questione e concentrarsi sui suoi problemi che già erano abbastanza seri e pesanti da sopportare.
Non per fare la melodrammatica o per mettersi al centro di tutto ma….era nel futuro, un futuro in cui la sua versione cresciuta sembrava essere diventata la donna che lei aveva sempre voluto essere ma che non aveva mai sperato di diventare. Oltretutto questa super versione di se stessa era tenuta prigioniera dal loro nemico, quindi doveva fare i conti con gli sguardi malinconici di Nicole, la sua futura figlia, e quelli tristi e speranzosi di tutti gli altri. Per non parlare di Damon! Quello del suo tempo non se la filava di striscio e Bonnie ormai ci aveva pure fatto l’abitudine, ma adesso c’era l’altro Damon che la guardava come se fosse stata una gemma preziosa e le sussurrava frasi gentili! E Damon non era mai stato gentile con lei! Mai!
Quindi…si! Aveva già troppe cose a cui pensare senza che ci si mettesse anche Elena!
Diede un’ultima occhiata ai due lati del corridoio e, una volta dichiarato il via libera, uscì dalla stanza e si avviò al piano di sotto: era da ore che voleva una tazza fumante di camomilla, giusto per rilassare i nervi!
Tre passi! Fece solo tre passi e poi si sentì chiamare dall’ultima persona che voleva vedere: Elena!
“Bonnie!” - l’altra urlò il suo nome con sorpresa, come se non si aspettasse davvero più di vederla.
Bonnie accelerò il passo e fece finta di non averla sentita, sperando che lei se la bevesse.
Si sentiva così in colpa ad ignorare la sua amica così….
Abbassò la testa e nascose vergognosamente il viso tra i capelli sforzandosi di non pensare all’espressione amareggiata e delusa che Elena poteva avere in quel momento e tirò dritto.
Uno sbuffo di vento alla sua destra e si ritrovò la strada sbarrata…da Elena!
Bonnie la guardò alcuni attimi senza capire.
Si voltò indietro ed Elena non c’era! Cioè…c’era, ma adesso era davanti a lei e il tutto nel giro di pochi secondi, cosa che non poteva assolutamente essere possibile a meno che quella non fosse esattamente Elena!
“L’altra Elena?” - tentò, imbarazzata.
La vampira le sorrise e scoprì i canini quel tanto che bastava per darle la prova certa della sua identità.
Suo malgrado, Bonnie sosprirò di sollievo.
“Ti ho spaventata?” - le chiese l’altra Elena - “Se l’ho fatto, scusa…non era mia intenzione! E’ che ti ho vista e ho pensato di fare quattro chiacchiere con te! La verità è che mi manca parecchio la mia migliore amica viste anche le condizioni in cui versa Meredith, quella del mio tempo ovviamente!”.
Bonnie sorrise e annuì.
Poteva capirla! Adesso che l’altra Bonnie era stata rapita e che l’altra Meredith era…beh…non stava bene, l’altra Elena doveva sentirsi molto sola perché, anche se aveva con se l’altro Stefan e Lilian, l’amicizia che legava loro tre era un qualcosa di cui nessuna riusciva mai a fare a meno.
L’altra Elena le si affiancò ed imboccarono insieme la rampa di scale dirette al piano di sotto.
“Non vuoi vedere Elena?” - le chiese.
Bonnie scrollò le spalle.
“Adesso penserai che sono un mostro, vero?” - fece Bonnie.
L’altra Elena la condusse in silenzio verso un piccolo angolino appartato dell’ingresso, accanto ad una grande finestra.
“No! A dire il vero, penso che sia Elena ad essere davvero stupida! Ma non preoccuparti: sta capendo!” - le rispose, lasciandola senza parole.
Bonnie si voltò a guardarla e rimase per un attimo in silenzio, persa nell’analizzare il profilo dell’altra Elena.
Adesso che era diventata una vampira era anche, se possibile, diventata più bella.
Non che non lo sapesse, eh?
Non era la prima volta che Bonnie la vedeva come vampira se si considerava la breve esperienza di trasformazione che Elena aveva vissuto molti anni prima, quindi guardare l’altra Elena non era né una novità né una sorpresa.

La nuova bellezza che l’altra Elena sembrava avere acquisito era più una bellezza interiore che fisica.
Sembrava più….consapevole, ecco!
Consapevole di cosa, Bonnie non lo aveva ancora deciso, ma < consapevole > era decisamente la parola giusta per descrivere l’altra Elena.
“Aspetta! Sta…capendo? Capendo cosa? Cosa deve capire Elena?” - chiese.
L’altra Elena si voltò verso di lei e le poggiò delicatamente una mano su una spalla.
“La differenza tra me e te, Bonnie, è che tu sei sempre stata molto più matura di me, sotto certi punti di vista! Io l’ho capito tardi, ma ho parlato con Elena e spero che lei ci metta meno tempo di me a farlo!” - rispose l’altra Elena.
Bonnie strabuzzò gli occhi.
“Io sono sempre stata più matura? Ma cosa dici? Io non sono matura per niente! Tu sei sempre stata quella sicura di se!” - ribattè.
“Sono sempre stata troppo….sicura di me, vorrai dire!” - la corresse l’altra Elena - “Essere sicuri di se stessi non vuol dire necessariamente essere maturi! Tu hai sempre avuto le idee chiare quando si parlava di sentimenti, di cosa  giusto e di cosa è sbagliato fare nei confronti delle persone che si ama, io no! Guarda Elena e guarda cosa ha combinato negli anni con Stefan e Damon! Quello non è essere maturi! Quello è essere capricciosi ed egoisti! Ed Elena è egoista soprattutto nei tuoi confronti, Bonnie! Io…sono stata egoista soprattutto nei tuoi confronti!” - rivelò.
Bonnie si accigliò: quella conversazione stava diventando davvero
molto strana.
“Egoista nei miei confronti? Cosa c’entro io?” - chiese.
“C’entri Bonnie! Perché Elena sa esattamente come io, al mio tempo, sapevo, che tu sei sempre stata sinceramente innamorata di Damon e che il suo comportamento ti fa soffrire, ma non se ne cura! Pensa egoisticamente che Damon ami e possa amare solo lei, dicendosi che quelle volte in cui lui ti protegge o ti difende lo fa solo per compiacere lei e non per vero interesse nei tuoi riguardi! E se te lo dico io puoi fidarti!” - spiegò l’altra Elena.
Bonnie scosse la testa.
“Ma è vero che Damon mi protegge solo per far piacere ad Elena! Perché sa che io sono una sua amica e lei starebbe male se mi succedesse qualcosa!” - ribattè Bonnie.
“No! Damon è complicato, a ti posso assicurare con assoluta certezza che lui si prodiga tanto per tenerti al sicuro non perché altrimenti Elena starebbe male, ma perché se ti succedesse qualcosa lui stesso starebbe male, anche se ora come ora non lo capisce ancora!” - rispose l’altra Elena sorridendole - “Fidati di me, Bonnie! Io l’ho già visto accadere con..l’altro Damon e l’altra Bonnie, come li chiamate voi! C’ero quando l’altro Damon si è reso conto di cosa significassero quei suoi comportamenti ed ero presente quando ha capito di amare solo l’altra Bonnie e di non poter vivere senza di lei!” - aggiunse.
Bonnie rimase a guardarla in silenzio per qualche attimo.
“Perché mi stai dicendo queste cose?” - chiese, alla fine.
“Solo per farti capire che…non devi preoccuparti di Elena e…per chiederti scusa, credo! Mi sono resa conto di non aver mai chiesto scusa alla Bonnie del mio tempo per tutto il dolore che le ho causato con il mio cieco egoismo e la mia smania di sentirmi importante e contesa tra i due fratelli Salvatore! Ma ti assicuro che mi dispiace sinceramente e ti assicuro che anche Elena si sentirà molto in colpa quando capirà!” - rispose l’altra Elena.
Bonnie scosse la testa: “Ma non è a me che devi chiedere scusa, ma all’altra Bonnie! Insomma…tutto quello che mi hai detto su Damon e sui sentimenti che capirà di provare nei miei confronti..beh..per me è ancora fantascienza, ma per l’altra Bonnie non è così! E’ a lei che devi dire queste cose, se davvero ci tieni!” - disse.
L’altra Elena sorrise debolmente, con gli occhi bassi.
“Hai ragione! Ma trovo anche che sia giusto che tu sappia che Elena, la tua Elena, se ne renderà conto presto del dolore che ti ha causato e allora crescerà e maturerà, riuscendo forse a diventare quell’amica che davvero meriti di avere!” - le rispose.
Istintivamente, Bonnie sorrise e si sporse in avanti per abbracciare l’altra Elena.
Non l’aveva mai ammesso nemmeno a se stessa, ma in quel momento si era resa conto che aveva davvero bisogno di sentire quelle parole da parte di Elena, aveva davvero bisogno di sentire che la sua amica dava alla loro amicizia la stessa importanza che le dava lei, sfatando quei dubbi che di tanto in tanto le si affacciavano alla mente su quanto in realtà Elena la conoscesse e ci tenesse a lei.
L’altra Elena sciolse l’abbraccio e la guardò radiosa e sorridente.
“Adesso torno di sopra da Meredith!” - le disse.
Bonnie annuì e la guardò andare via, prima di tornare a perdersi nei suoi pensieri.
Se persino l’altra Elena le aveva suggerito di tenere duro e non rinunciare ai suoi sentimenti per Damon allora poteva fidarsi, no?
In quel momento sentì la forza e l’importanza delle parole che si erano appena scambiate scorrerle dentro con nuova linfa e ridarle vigore.



In una stanza lontana da lì, una stanza in cui regnava decisamente un’atmosfera più tesa, una stanza perduta all’interno di un terribile castello nero nascosto dal bosco, due figure si tenevano d’occhio a vicenda tenendo alte le lame delle rispettive spade, spade sottili e affilate, spade da schermidori.
All’improvviso, però, quella situazione di studio e stasi cambiò drasticamente e Nicole affondò il primo colpo, andando a segno e riuscendo a cogliere di sorpresa Astaroth facendolo indietreggiare, spinta da una nuova ondata di forza che prima non aveva, un’ondata di forza simile a nuova linfa che le scorreva dentro ridandole vigore.

lunedì 12 dicembre 2011

Spoiler "Forse...il destino..." - Capitolo 14

In quel momento le ritornarono alla mente le parole di Matt, che quella mattina aveva detto a lei e Lilian di tenere duro e sperare che nessun improvviso attacco di debolezza le colpisse, e quasi le venne da sospirare di sollievo perché la forza che sentiva dentro sembrava solida e della debolezza non sembrava essercene neppure più una misera traccia.
Pregò che restasse tutto così almeno fino alla fine del duello con Astaroth altrimenti sarebbe stata la sua fine e quella di tutti gli altri.
Astaroth si sfilò la giacca e sfoderò il suo inquietante sorriso compiaciuto.
Beh.questa mattinata in effetti si presentava un po fiacca e prima che arrivino le due di questo pomeriggio ce ne vuole ancora di tempo, per cui…” - commentò.
Le due del pomeriggio? - chiese Nicole incuriosita da quellaffermazione.
“Sì! Hai presente quando hai parlato delle presunte torture a cui sottopongo tua madre? Beh.non sono affatto < presunte >! Anziavvengono con regolarità ogni giorno alle due del pomeriggio! - le rispose in tutta tranquillità.
Nicole si irrigidì e dovette sforzarsi per riuscire a mantenere la sua facciata tranquilla e non cedere alla provocazione di Astaroth perché sapeva che, altrimenti, avrebbe mandato tutto allaria.
Servì tutta la sua volontà e il suo buonsenso per riuscirci.
Alla fine sospirò e tese di nuovo la sua lama verso il demone.
Allora? Abbiamo un accordo? - gli chiese.



Eccomi qui con lo spoiler!!!
Ovviamente si tratta di un POV Nicole, così ci sarà modo di capire cosa le passa esattamente per la testa e cosa ha in mente per tenere occupato Astaroth!XD
Ma il cattivo è sempre il cattivo e Astaroth che fa? La provoca con la storia delle torture alla mdre sapendo bene che l'argomento "famiglia" è il punto debole di Nicole!
Lei sembra tenere duro per il momento e oltretutto sembra che non ci sia traccia di quella Debolezza che colpisce lei e Lilian, quindi...cosa significherà questo? Cosa sta passando per la mente di Damon e Bonnie in questo momento che rende così forte Nicole?
E...sarà lo stesso per Lilian? Anche lei si sentirà forte oppure le accadrà qualcosa di brutto?
Quante domande.....XDXDXD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 8 dicembre 2011

"Forse...il destino..." - Capitolo 13

Scoperte

“Avanti, Elena! Non farti pregare! Primo: la parte della timida non ti si addice per niente! Secondo: conosci questa stanza meglio delle tue tasche, quindi è inutile che io stia qui a dirti che puoi entrare, che puoi accomodarti e che devi fare come se fossi a casa tua, visto e considerando che tecnicamente tu sei davvero a casa tua! Coraggio...entra e chiudi la porta!”.
L’altra Elena aveva ragione…aveva ragione su tutto.
Lei non era mai stata timida neppure da bambina ed era inutile fingere di esserlo adesso o farsi venire strane insicurezze. E poi la stanza dove l’aveva condotta era la stessa in cui lei abitava già nel suo tempo, quella stessa stanza che condivideva con Stefan, la stanza che tutti i suoi amici e lei stessa definivano < la stanza di Stefan >.
Ragionandoci su un attimo, era strano che nessuno dicesse < la stanza di Stefan ed Elena > visto che ci abitava anche lei sin da quando aveva dovuto lasciare la sua vita e la sua famiglia e solo adesso si rendeva conto che definirla solo di Stefan la faceva quasi sentire come un’intrusa nella vita del vampiro, cosa che veniva ancor di più avvalorata dallo strano comportamento che lui teneva dal giorno prima.
Si fece avanti e richiuse la porta dietro di se come le era stato detto.
L’altra Elena, nel frattempo, si era portata allo specchio e si stava sciogliendo delicatamente i lunghi capelli biondi che aveva tenuto acconciati in una morbida crocchia fino a quel momento.
Elena ne approfittò per andare a sedersi sul davanzale della finestra: non riusciva a guardare l’altra se stessa troppo a lungo senza sentirsi a disagio.
“Ah, certo! Come ho fatto a dimenticarmene? Tu adesso sei in quel periodo…ovviamente!” - fece all’improvviso l’altra Elena voltandosi verso di lei.
Elena aggrottò la fronte.
“Quel periodo?” - ripetè - “Quale periodo?” - chiese.
“Quello in cui sei l’esatta personificazione della principessina viziata che passa ore ed ore alla finestra persa nell’ardua decisione su quale dei due pretendenti scegliere!” - rispose l’altra Elena come se fosse una cosa ovvia.
Elena si indispettì: sembrava che l’altra la stesse prendendo in giro.
“Davvero? E se io sono in quel periodo, tu in che periodo sei allora?” - le chiese infastidita.
L’altra Elena le rivolse una sorriso di circostanza, uno di quelli che si rivolge a chi è troppo giovane e inesperto per capire certe cose e si accomodò su un’ampia poltrona sistemandosi per bene la gonna lunga e leggera che indossava.
“Io sono nel mio periodo da donna realizzata e felice nonché amorevole e soddisfatta madre di una ragazza speciale e moglie di un vampiro unico nel suo genere!” - le rispose accentuando di parecchio la voce sulla parola < donna >.
Ad Elena la cosa non sfuggì.
Ridusse gli occhi a due fessure e la guardò accavallando le gambe.
“Stai dicendo che io sono una ragazzina?” - fece con sfida.
“Sii onesta con te stessa, Elena! Tu SEI una ragazzina! E il fatto che non ti rendi conto di ciò che ti circonda ne è la prova.” - rispose l’altra Elena - “Ma non preoccuparti troppo, infondo lo hanno sempre saputo tutti che il tuo più grande difetto è l’egocentrismo! Sei talmente e costantemente concentrata su te stessa che non ti rendi conti di ciò che ti succede intorno. Dici sempre di agire per il bene di tutti, ma in realtà ti dai sempre così tanto da fare perché in vita tua tutto ciò che avete dovuto affrontare aveva sempre a che fare con te, in qualche modo! In quei casi eri sempre la prima a buttarti nella mischia e, invece, guardati adesso….non hai fatto una piega quando ti hanno ordinato di restartene a casa e questo perché non si tratta di te questa volta, ma di Meredith e Bonnie! Se fossi stata io ad essere rapita o se ci fossi stata io in quel letto con il petto squarciato tu ti saresti messa contro Damon e contro tutti pur di partire!”.
Elena restò spiazzata da quelle parole.
Sin da quando era arrivata nel futuro aveva sempre avvertito una strana sensazione alla bocca dello stomaco che le suggeriva di tenersi alla larga dall’altra se stessa perché ciò che aveva da dirle forse non le sarebbe piaciuto, ma non si era mai aspettata che la sua controparte la rimproverasse e quasi la insultasse.
Insomma…l’altra Elena stava parlando di lei, ma era come se stesse parlando di se stessa, giusto?
Elena si sentì in obbligo di farglielo notare, un po’ per autodifesa, un po’ perché voleva sempre avere l’ultima parola, essere un passo davanti agli altri anche se si trattava di se stessa.
“Stai praticamente dicendo che sono un’egoista, anzi…che SIAMO delle egoiste!” - disse.
L’altra Elena sorrise e si riavviò i capelli all’indietro, lasciandosi comodamente andare contro la poltrona.
“Infatti! Io stessa ci ho rimesso tempo, energie e lacrime prima di capire questa piccola lezione su me stessa, prima di fare realmente i conti con chi ero e scenderci a patti per cercare di migliorare…ma alla fine ce l’ho fatta e adesso credo di potermi orgogliosamente definire una persona migliore! Ma tu sei ancora la ragazzina che io stessa ero un tempo e allora ho pensato che, magari, potevo darti una mano a capire e risparmiarti almeno in parte il duro percorso che ho fatto io!” - le rispose.
Ma Elena non era soddisfatta.
Diceva che era una persona migliore, ma lei conosceva almeno qualcuno che non la pensava allo stesso modo.
“Nicole ti detesta nonostante tu sia sua zia…” - le fece notare.
L’altra Elena la guardò per qualche attimo prima di parlare.
“Lo so! Ma è una situazione complicata quella….” - disse - “Vedi….io credo che il più grande cambiamento sia avvenuto nel momento in cui ho capito di amare solo Stefan e che era con lui che volevo passare il resto dell’eternità! Una volta presa questa decisione così importante e definitiva tutti gli altri piccoli cambiamenti che sono arrivati, soprattutto cambiamenti caratteriali, sono arrivati come in automatico. Insomma….sono diventata più altruista seguendo l’esempio di Stefan. Sono diventata più gentile seguendo l’esempio di Stefan. Sono diventata più aperta e comprensiva seguendo l’esempio di Stefan. Tutti i miei miglioramenti hanno fatto da specchio a quelle che sono sempre state le sua qualità! Come se io, inconsciamente, avessi deciso di migliorarmi per essere davvero degna di lui, capisci? E’ stato Stefan a rendermi migliore! E’ merito suo!”.
“Ok! Ma ancora non capisco perché Nicole ti detesta!” - fece Elena.
“Nicole…sa com’ero e sa che tutti i miei miglioramenti sono dovuti alla scelta che ho fatto di vivere con Stefan! Credo che ciò che si chiede è: e se un giorno la cara zietta dovesse stancarsi? Se un giorno decidesse che essere migliore non le interessa più e volesse ritornare quella che era prima? Allora in quel caso farebbe di tutto per mettersi tra i miei genitori?” -  rispose l’altra Elena - “Sono dubbi leciti visto il mio passato e Nicole ama così tanto i suoi genitori che li mette al primo posto su tutto e tutti!”.
“E la cosa non ti da  fastidio?” - chiese Elena.
“Te l’ho detto: Nicole conosce il passato, conosce te….i suoi sono dubbi leciti!” - rispose l’altra Elena scrollando le spalle.
Elena ci riflettè su qualche attimo voltando di lato il viso per poter affondare gli occhi nel panorama inquietante che c’era oltre la finestra.
In quel momento le passò per la mente un pensiero assurdo e totalmente fuori luogo: quella stessa finestra che stava guardando, nel suo tempo era in mille pezzi.
Sorrise quasi con nostalgia fino a che le parole che l’altra Elena le aveva detto poco prima circa il suo cambiamento e il coinvolgimento di Stefan non le ritornarono alla mente.
“Non capisco! Tu hai detto che non appena hai fatto la tua scelta tutto è andato al suo posto e hai imparato ad essere migliore stando al fianco di Stefan, giusto?” - chiese.
“Giusto!” - approvò l’altra Elena assottigliando lo sguardo per capire dove volesse andare a parare.
“Allora perché non appena io ho scelto Stefan si è allontanato da me e non mi rivolge neanche più la parola?” - buttò fuori.
L’altra Elena la guardò in silenzio per qualche attimo come se stesse soppesando le parole da dire.
“Ricordo quando ho fatto la scelta che mi ha cambiato la vita…ricordo il giorno esatto! Era il 15 settembre del 2012!” - disse.
“E questo che significa? Che ho sbagliato a dire a Stefan di aver scelto lui perché non sono giusti i tempi?” - chiese Elena, sarcasticamente.
L’altra se stessa scosse la testa.
“No, ovviamente! I tempi non c’entrano, c’entra il percorso! Prima di arrivare a quella decisione sono successe altre cose tra me e Stefan, tra me e Damon, tra Stefan e Damon…..cose che a te non sono ancora capitate! Tutte quelle cose, sommate al passato, mi hanno portato a scegliere! Tu hai fatto la tua scelta senza aver compiuto un percorso di riflessione, l’hai fatta semplicemente copiando la mia ed è per questo che Stefan ce l’ha con te!” - rispose l’altra Elena.
Elena era sempre più confusa.
Fare una scelta, copiare la sua…non era la stessa cosa?
“Ma io sono te e tu sei me….anche se ho copiato la tua scelta cosa c’è di sbagliato? Alla fine sarei finita con Stefan, no?” - fece.
“Si! Ma saresti finita con lui con la certezza e la consapevolezza che ami solo ed esclusivamente lui e che per Damon non provi nulla!” - ribattè l’altra Elena - “Ascoltami! Voglio farti delle domande…” - disse.
Elena annuì.
“Se pensi a Damon adesso cosa provi per lui? Ti senti confusa? Attratta? Se pensi a lui con Bonnie cosa senti? Gelosia? Fastidio?” - le chiese.
Elena cominciò ad innervosirsi e prese a torturarsi una ciocca di capelli.
“Non capisco questo cosa c’entri, adesso..” - disse.
“C’entra!” - ribattè decisa l’altra Elena - “C’entra perché è esattamente come ti senti rispetto a Damon! C’entra perché è quello che ancora provi per lui! Ma ti dirò una cosa, Elena: quando io ho fatto la mia scelta, per Damon non provavo assolutamente nulla se non un affetto che potrebbe definirsi benissimamente fraterno! Non lo consideravo neanche più un amico, ma un vero fratello e solo il pensiero che ero stata attratta da lui in senso fisico mi faceva venire letteralmente il voltastomaco! Tu adesso puoi dire lo stesso? Se Damon ti si avvicina troppo tu ti tiri indietro? Se Damon ti fa un complimento ti lusinga o ti lascia indifferente?” - le chiese,  implacabile e incalzante.
Elena restò colpita da quelle parole e abbassò il viso senza dire una parola, completamente colpevole.
L’altra Elena si sporse verso di lei e cercò il suo sguardo.
“Ecco! E’ questo il problema di Stefan! Ed è questa la differenza tra noi due, Elena!” - disse.
Elena annuì. Ormai non poteva fare altro che arrendersi.
L’altra se stessa aveva ragione e lei era stata una stupida a non pensarci.
Avrebbe dovuto parlarne con Stefan, avrebbe voluto parlargli in quel preciso istante, ma sapeva che era impossibile perché lui era andato chissà dove a rischiare la vita contro un esercito di demoni e oltretutto in collera con lei.
Si sentiva in colpa.
Si sentiva in colpa verso Stefan per quello che gli faceva patire sempre con le sue stupide parole.
Si sentiva in colpa verso se stessa per essere stata tanto sciocca e codarda.
Si sentiva in colpa perché, nonostante ciò che aveva sostenuto negli ultimi giorni, l’altra Elena aveva ragione e lei non poteva fare a meno di essere anche in pensiero per Damon.
E si sentiva in colpa anche verso l’altra Elena perché veniva odiata da Nicole per un qualcosa in cui lei non c’entrava più perché, se proprio doveva essere sincera, era lei che Nicole avrebbe dovuto odiare, non sua zia che certi sbagli se li era lasciati alle spalle per sempre.
C’era un modo per rimediare? Non lo sapeva.
Forse doveva aspettare per riuscire a maturare e capire.
O forse era semplicemente tutto perduto ora che Stefan non voleva neppure condividere lo stesso spazio con lei.
L’altra Elena le poggiò una mano su un ginocchio.
“Ehi…stai bene?” - le chiese gentilmente.
Elena lasciò cadere la domanda nel vuoto.


Lo guardavano tutti in modo strano.
Forse sembrava che non se ne accorgesse, anzi…era proprio quella l’impressione che voleva dare, ma in realtà se ne accorgeva eccome e la cosa stava cominciando lentamente a dargli su i nervi.
Insomma….Ok che da quando erano arrivati nel 2034 non aveva fatto altro che dare addosso a tutti e negare tutto ciò che gli veniva regolarmente sbattuto sotto il naso, ma questo non significava che non avesse il diritto di cambiare leggermente opinione.
Si chiamava o non si chiamava Damon Salvatore? Aveva o non aveva sempre dato prova di un’intelligenza tale che gli permetteva di ragionare su vari livelli per giungere a più conclusioni possibili tutte insieme, conclusioni a cui nessun altro riusciva ad arrivare così rapidamente, oltretutto?
Ecco! Quindi di che si stupivano tutti?
Era una sua prerogativa dire una cosa un giorno e poi pensarla in modo del tutto diverso alla fine della giornata successiva!
Sì, da quando era arrivato non aveva fatto altro che rigettare l’idea di un bel matrimonio felice tra l’altro se stesso e la presunta altra Bonnie che nessuno aveva ancora avuto il piacere neppure di vederla da lontano con un cannocchiale, ma Damon aveva pensato e pensato ed era giunto alla conclusione che liberare l’altra streghetta dalla prigionia di Astaroth sarebbe tornato utile visto che tutti ne parlavano come una specie di super-strega.
E poi era curioso!
Insomma….lui guardava Bonnie e vedeva una ragazzina dalla lacrima facile, debole e incapace persino di attraversare la strada senza che ci fosse qualcuno al suo fianco, quindi voleva capire come aveva fatto l’altro Damon ad innamorarsi di lei! Cioè…quando l’altro Damon parlava di sua “moglie” sembrava che parlasse di una specie di dea scesa in terra con tanto di manto luminoso ad avvolgerla, quindi che si facesse delle domande era ovvio, no?
Voleva capire…semplicemente questo…
Certo, poi c’era stata anche quella specie di piccola sensazione lontana che aveva sentito mentre guardava Bonnie e Stefan che si abbracciavano, ma quella era tutta un’altra cosa e non c’entrava niente…forse.
Damon scosse la testa.
Quel futuro gli stava facendo male! Persino il suo cervello sopraffino stava andando in tilt a causa delle troppe novità apprese in così poco tempo e questo non era un bene…assolutamente no!
Cioè…il fatto che si mettesse pure a pensare che gli aveva dato fastidio vedere la streghetta con suo fratello significava solo una cosa: aveva parlato un po’ troppo con l’altro Damon che era riuscito a mettergli in testa cose che non pensava relamente perché lui aveva per la mente solo il suo angelo. Punto!
In quel momento stava agendo solo per curiosità nei confronti dell’altra Bonnie, non per altro. E poco importava se ogni volta che gli cadeva l’occhio su Stefan gli tornava alla mente ciò che aveva visto la sera prima e allora gli veniva voglia di dargli un sonoro pugno in faccia. E importava altrettanto poco che si fosse imposto di trattenere il respiro perché se camminando fianco a fianco con il suo caro fratellino avesse avvertito odore di fragola provenire da lui, segno che aveva stretto tanto Bonnie che il suo odore gli era rimasto addosso nonostante fossero passate ore, allora lo avrebbe probabilmente appeso per il collo all’albero più vicino per poi lasciarlo lì a marcire.
Ma tutto questo non c’entrava niente con Bonnie! Assolutamente niente!
“Fermi..” - ordinò a bassa voce l’altro se stesso avvicinandosi ad una botola nel terreno - “Ci siamo!” - aggiunse.
Dopo aver lasciato Nicole avevano camminato lungo il perimetro del castello tenendosi ben nascosti e a distanza di sicurezza fino a che non erano arrivati sul lato est che era quello più riparato dagli alberi, quindi più buio e più vicino alla vegetazione.
L’altro Damon forzò il lucchetto pesante in ferro arrugginito che chiudeva la botola e la spalancò, rivelando una lunga scala buia che sembrava condurre direttamente al centro esatto dell’inferno.
“E’ l’entrata per le segrete?” - chiese Stefan.
L’altro Stefan fece per rispondere, ma dalla radura che dava sull’entrata principale del castello cominciarono ad arrivare grida strazianti accompagnate dai rumori tipici di una lotta.
Taquero tutti e quattro e tutti e quattro voltarono la testa verso destra, tendendo le orecchie per bene e cercando di captare ogni cosa fosse loro possibile.
“E’ Nicole…” - sussurrò piano l’altro Damon.
Damon lo sapeva!
E non soltanto perché conosceva il piano e sapeva bene cosa dovesse fare Nicole, lo sapeva perché lo avvertiva dentro! Avvertiva una sorta di….cosa? Preoccupazione?….Non ne era certo, ma ciò che gli era chiaro era lo strano senso di improvvisa inquietudine che aveva provato nel momento in cui la lotta di Nicole era cominciata.
Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma si…forse era davvero preoccupato per quella ragazza.
Il caos cessò in fretta e portò via con se anche la tensione che Damon sentiva esserglisi accumulata sulle spalle durante quel breve lasso di tempo.
Solo allora tornarono a guardarsi l’un l’altro e l’altro Damon, in particolare, fece sfoggio un sorrisino orgoglioso che Damon stesso conosceva bene, ma gli faceva uno strano effetto vederlo per inneggiare alla vittoria di qualcun altro: di solito lui, quello stesso sorrisino, lo riservava a se stesso e alle sue imprese andate a buon fine.
“Allora…” - riprese l’altro Stefan - “Dai resoconti che Matt ha trovato di quei pochi che hanno avuto la fortuna di uscirne vivi per raccontarlo o scriverlo, le segrete di Astaroth sono divise su vari livelli andando verso il basso, quindi a scendere! Su ogni livello vengono tenuti i prigionieri per ordine di importanza, naturalmente a detta di Astaroth! Sul primo livello, che è quello dove scenderemo adesso, ci sono i prigionieri di poco conto, sul secondo quelli che potrebbero tornare utili in qualche modo, sul terzo ci sono quelli importanti, sul quarto quelli d’eccellenza!”.
“E naturalmente l’altra Bonnie è sul quarto livello, giusto?” - fece Stefan.
“Si, abbiamo ogni ragione di credere che lui la tega lì! In ogni caso, per trovarla dobbiamo comunque perlustrare tutte le celle fino ad arrivare alla sua, quindi su che livello sia non ci interessa poi molto!” - rispose l’altro Stefan.
“Dobbiamo essere veloci!” - intervenne l’altro Damon - “Non è detto che Nicole riesca a reggerci il gioco a lungo! Astaroth non è stupido e potrebbe capire tutto se lei la tira troppo per le lunghe!”.
“Allora ci conviene darci una mossa, no?” - fece Damon avanzando verso l’entrata.
Non appena tutti si immersero nell’oscurità, l’altro Stefan richiuse alle loro spalle la botola.



Lilian afferrò l’ultimo demone per il collo e lo buttò a terra.
Nello stesso momento Owen sopraggiunse ed una delle sue spade fendette veloce l’aria fino a staccare di netto la testa del nemico.
Lei alzò gli occhi ad incontrare quelli di lui e si sorrisero mentre il cadavere decapitato del demone si trasformava in una melma densa e scura e poi scompariva come riassorbito dalla terra.
“Direi che qui abbiamo finito, per ora…” - commentò Alaric poco distante ripulendosi le mani sui jeans per cercare di cancellare le macchie della lotta.
Lilian annuì in risposta volgendo lo sguardo intorno a se, sulla radura che fino a poco prima era piena di circa una ventina di demoni sbucati da chissà dove.
“Meredith stai bene?” - chiese Owen calamitando l’attenzione di tutti sulla figura della ragazza.
Meredith annuì.
“Si, grazie per averlo chiesto!” - rispose - “E grazie anche per avermi salvato da quel demone che mi era arrivato alle spalle….”.
Owen scrollò le spalle: “Figurati! Piuttosto…scusaci per averti lasciata indietro senza protezione!” - disse.
Lilian si accodò, completamente d’accordo.
“Si, Meredith, scusaci…non ricapiterà!” - disse.
“Giusto! E’ che è un po’ difficile pensare che, nonostante tu sia sempre stata forte, c’è stato un periodo della tua vita in cui non eri addestrata come lo sei per noi in questo tempo! E’ difficile pensarla così per me che che ti ho conosciuta proprio in quel periodo, figurati per loro che conoscono solo la versione di te guerriera…” - spiegò Alaric.
Meredith scosse la testa: “Non dovete preoccuparvi, davvero! Lo capisco! Adesso , però, direi che visto che abbiamo via libera dovremmo entrare, no? Prima che arrivino altri demoni…” - propose.
Furono tutti d’accordo con lei, ovviamente, e si avviarono in gruppo verso l’entrata di quel capanno che dietro le sue porte nascondeva chissà cosa.
Gli appunti con cui Matt aveva istruito tutti la sera prima non dicevano nulla sulla sala dei trofei di Astaroth. C’erano solo dei piccoli accenni alla baracca che la ospitava e che si trovava sempre nascosta dietro il castello, ma nulla più di questo. Matt era giunto alla conclusione che, molto probabilmente, nessuno vi aveva mai messo piede tranne Astaroth stesso e Lilian non era ancora riuscita a decidere se questo fosse un bene oppure un male.
Si fermarono tutti contemporaneamente davanti a quella porta e si voltarono a guardarsi l’un l’altro con la stessa espressione di incertezza mista a curiosità sul volto.
Praticamente, loro erano l’unico gruppo partito quella mattina che non aveva la più pallida idea di in che cosa si stesse andando a cacciare visto che non erano riusciti a trovare informazioni su quel posto da nessuna parte, quindi sì…Lilian era nervosa così come lo erano gli altri e il loro nervosismo era più che giustificato visto che quando si aveva a che fare con i demoni non si sapeva mai cosa bisognava aspettarsi.
Merdith emise un lungo sospiro ed appoggiò una mano sulla maniglia arrugginita del capanno.
Non appena fece per aprire la porta, tumulti e grida si levarono nel cielo alle loro spalle.
Si voltarono tutti, sugli attenti, già pronti ad affrontare una nuova ondata di demoni diretti da loro, ma alle loro spalle non c’era nessuno: le grida provenivano da lontano.
“E’ Nicole! Dobbiamo fare in fretta!” - capì all’istante Lilian che si sentì stringere la mano da Owen.
“Se la caverà, vedrai! Lei se la cava sempre!” - le sussurrò il ragazzo all’orecchio.
Lilian gli sorrise e annuì, riconoscente per quel gesto di conforto. Ma lei e Nicole erano cresciute insieme e, nonostante fossero profondamente diverse, Lilian non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei sapendola da sola contro Astaroth e i suoi demoni.
“Ok! Andiamo mentre lei li tienie tutti occupati!” - disse, voltandosi verso Meredith e Alaric.
Meredith annuì, forse leggendole nello sguardo l’ansia per le sorti di sua cugina e riuscendo a capirla perfettamente, poi spalancò di scatto la porta e li lasciò passare tutti prima di richiudersela alle spalle.
Una volta dentro, Lilian spalancò gli occhi e rimase a bocca aperta: quel posto era l’inferno!
Prima di partire, aveva provato a fare delle ipotesi su ciò che avrebbero trovato all’interno, ma nulla era paragonabile allo scenario che aveva davanti.
Dall’estrerno il capanno sembrava piccolo, basso e sgangherato, ma all’interno era infinito, alto, con tunnel e rampe di scale. Tutto era fatto di pietra e scorrevano fiumi di lava da piccoli anfratti nelle pareti fino ad arrivare a formare delle pozze arancioni ai loro piedi.
Sembrava di trovarsi all’interno della bocca di un vulcano pronto ad eruttare e non era una bella sensazione.
Tutt’intorno, su varie rocce, erano disposti ad arte tonnellate di oggetti provenienti da tempi e luoghi diversi: quelli dovevano essere i cimeli di Asatroth.
C’erano grosse spade, armature, mobili antichi e addirittura vestiti, forse strappati alle sue vittime prima che morissero. Il pensiero di Astaroth che toglieva gli abiti alle persone morte per mano sua la investì in pieno e la disgustò davvero solo quando notò, tra le altre cose, un paio di piccole scarpette insanguinate che dovevano essere appartenute per forza ad un bambino molto piccolo.
Lilian sentì arrivarle agli occhi lacrime di puro odio per quel mostro.
“Andiamo! Dobbiamo trovare il libro con l’incantesimo!” - fece Alaric sorpassandola e riportandola indietro dai suoi pensieri.
Lilian annuì e, mentre Merdedith affiancava Alaric, lei ed Owen presero a camminare alle loro spalle.
“Ehi! Stai bene?” - le chiese lui.
“Non proprio!” - rispose Lilian indicando tutto ciò che avevano intorno.
Owen annuì: “Ti capisco…”   - rispose solamente.



Erano passate due ore da quando gli altri si erano diretti al castello di Astaroth e da quel momento al pensionato aveva regnato il puro silenzio.
Da quando erano arrivati, Matt aveva spesso sperato di riuscire di nuovo a starsene seduto in completo silenzio perso nei suoi pensieri, ma adesso che quel momento era arrivato non vedeva l’ora che qualcosa lo cacciasse via perché proprio quel silenzio che aveva tanto desiderato adesso era troppo pesante da sopportare.
Meglio i lamenti, meglio le grida, meglio le chiacchiere senza senso, ma non il silenzio.
Uscì dalla sua camera, dove era tornato a rinchiudersi dopo la partenza degli altri, e scese al piano di sotto andando direttamente in cucina.
Da che erano arrivati aveva sempre voluto andarci per rispondere ad una domanda che gli stava tartassando la mente.
C’erano tutti in quel futuro: lui, Damon, Stefan, Elena, Meredith, Alaric e persino Bonnie rinchiusa da qualche parte da Astaroth, ma…dov’era la signora Flowers? Perché non l’aveva mai vista in giro mentre si prendeva cura dei feriti?
Matt aveva una strana sensazione al riguardo e il fatto che nessuno ne avesse mai parlato non faceva che accrescerla, ma…lui voleva sapere!
Si era affezionato davvero a quell’anziana donna stramba e voleva capire che fine avesse fatto.
Una volta in cucina, si guardò intorno.
Sembrava che non fosse cambiato nulla. C’erano i soliti mobili, addirittura le solite staviglie, c’erano i soliti barattoli pieni di strane erbe miracolose, c’era tutto…tranne la signora Flowers.
La porta alle sue spalle si aprì e l’altro Matt entrò sorridendogli mesto.
Matt non lo salutò neppure, si voltò semplicemente verso di lui con l’aria confusa.
“Dov’è la signora Flowers?” - gli chiese.
L’altro Matt abbassò per un attimo gli occhi e prese un bel respiro prima di tornare a guardarlo.
“E’ morta!” - gli rispose.
A quelle parole, Matt sentì l’improvviso bisogno di sedersi e si accasciò appena in tempo su una sedia, con lo sguardo vacuo e la mente vuota.
L’altro Matt gli si sedette di fronte, dall’altra parte di quello stesso tavolo.
“E’ stato…Astaroth?” - chiese esitante Matt.
L’altro Matt scosse la testa e Matt chiuse gli occhi e sospirò sollevato.
“E allora come è successo?” - gli chiese.
“Nulla! Lo ha deciso lei…circa un anno prima che arrivassero i demoni, quindi tre anni fa! Una sera venne da noi e ci disse che aveva avuto una vita lunga e felice e che, dato che eravamo finalmente tutti felici anche noi, lei poteva andarsene in pace e tranquillità!” - rispose l’altro Matt.
“E nessuno ha tentato di fermarla?” - chiese Matt.
“Certo che si! Le abbiamo portato via tutte le sue erbe per paura che potesse crearsi qualche pozione strana, le abbiamo portato via tutti gli oggetti pericolosi, l’abbiamo sorvegliata per giorni e giorni, ma non è servito! Quando decise che era giunto il momento se ne andò semplicemente a letto a dormire e il mattino dopo non si svegliò più!” - rispose l’altro Matt.
Matt restò in silenzio e annuì piano.
Non gli piaceva, non gli piaceva per niente quella storia né la possibilità che un giorno la signora Flowers decidesse di morire e di lasciarli tutti, ma almeno si consolava sapendo che lei non aveva sofferto e che nessun demone le aveva strappato via la vita con la forza.
In quanti potevano dire di potersi consolare con un pensiero del genere per la morte di un loro caro?
“Però, qui dentro….in cucina, intendo…” - fece, guardandosi intorno.
“E’ rimasto tutto uguale, sì! Me ne occupo personalmente!” - rispose l’altro Matt.
“Ok! Bene!” - fece Matt.
Calò il silenzio, di nuovo. E di nuovo Matt lo sentì pesare sulla sua testa e pesava troppo perché lui riuscisse a sopportarlo.
E già che c’era poteva chiedere all’altro Matt qualcosa rispetto a ciò che aveva sentito quella mattina.
“Stamattina ti ho sentito parlare con Nicole e Lilian…” - la buttò lì.
L’altro Matt sorrise: “Stavi origliando…” - disse.
Matt scrollò le spalle come a dargli ragione.
“E cosa hai sentito?” - chiese l’altro Matt.
“Tutto! Anche se ci ho capito molto poco!” - rispose sincero Matt - “Cosa sta succedendo alle due ragazze?” - chiese.
L’altro Matt si lasciò andare contro lo schienale della sedia e guardò il soffitto, come per trovare le parole giuste per spiegarglielo o forse stava semplicemente valutando se raccontargli tutto o meno….in ogni caso, dopo un po’ riportò gli occhi su di lui e cominciò a parlare.
“E’ un po’ complicato!” - disse - “Anzi, no…..non è complicato: è strano! Decisamente strano come argomento e difficile anche!”.
Matt si accigliò.
“Stai dicendo che sono troppo stupido per capirlo?” - chiese.
L’altro Matt scosse lentamente la testa: “Sto dicendo che potrebbe non piacerti ciò che sto per dirti!” - rispose.
Matt si tirò leggermente indietro, sorpreso da quelle parole.
Cosa c’entrava lui con ciò che stava succedendo a Nicole e a Lilian?
Perché era ancora delle due ragazze che si stava parlando, vero?
“Non capisco…” - fece Matt.
“Dimenticati di Bonnie, Matt!” - fece l’altro Matt, serio.
Matt strabuzzò gli occhi: “Come, scusa?”.
“Mi hai sentito! Tu sei innamorato di lei, me lo ricordo! Ma devi lasciarla andare per il tuo bene, per il suo e per quello di Nicole! Sii suo amico, ma non pretendere nient’altro! Lasciala a Damon!” - fece l’altro Matt.
“No, no, no…Aspetta! Che stai dicendo? Dovrei lasciarla a Damon? Ma scherzi? Forse il Damon del vostro tempo è cambiato, ma quello del mio è ancora un cretino che non la merita! E poi….che c’entra il bene di Nicole e quello che le sta succedendo con quello che io provo per Bonnie? Tra me e Bonnie non è mai successo niente, quindi Nicole è al sicuro da me, no?” - sbottò Matt.
“Matt, calmati! Lascia che ti spieghi! Ciò che succede a Nicole c’entra con te, così come c’entrerebbe con chiunque che cercasse di mettersi tra Damon e Bonnie, quelli del tuo tempo! Se foste rimasti nel passato non sarebbe successo nulla a Nicole e a Lilian perché le storie dei loro genitori sarebbero andate così come erano state scritte in precedenza! Ma adesso siete qui e state scoprendo delle cose che non avreste dovuto scoprire e allora le vostre storie stanno inevitabilmente cambiando e Nicole e Lilian già hanno le versioni giovani dei loro genitori che hanno deciso di mettersi a fare i capricci e andare contro l’inevitabile, non c’è bisogno che nessun altro si metta in mezzo! E io ti conosco Matt, so cosa provi adesso per Bonnie e so che, se prima era difficile sapere che provava probabilmente qualcosa per Damon, adesso è praticamente insopportabile sapere che addirittura metteranno su famiglia insieme, ma devi farti da parte e non ostacolarla più nei suoi sentimenti! Hai ragione, il Damon del tuo tempo non è lo stesso di quello del mio, ma ti ricordo che una volta il Damon del mio tempo era quello del tuo tempo! Poi lui è cambiato, ma ci sono voluti anni, impegno da parte sua e l’amore di Bonnie per arrivare al cambiamento! Così come sono serviti anni, l’impegno di Bonnie e l’amore di Damon per arrivare al cambiamento della Bonnie del mio tempo, perché ti assicuro che anche lei è diversa!” - fece l’altro Matt - “Visto? Loro hanno bisogno l’uno dell’altra per crescere e migliorarsi e Nicole ha bisogno di loro per…esistere! E tu non puoi ostacolare Bonnie…non puoi!” - concluse.
Matt rimase in silenzio, soppesando le parole della sua controparte.
L’altro Matt aveva ragione su Nicole, Matt sapeva che aveva ragione perché lo aveva pensato anche lui che mettersi tra Damon e Bonnie significava fare male a Nicole e allora non era giusto, ma….rinnegare i suoi sentimenti ancora una volta era difficile.
L’aveva dovuto fare con Elena quando lei si era innamorata di Stefan e adesso doveva farlo con Bonnie perché lei era innamorata di Damon.
Lui era sempre quello che restava solo e cominciava a chiedersi sinceramente se un giorno avrebbe mai trovato la felicità.
Guardò l’altro Matt e sospirò affranto: forse sarebbe stato solo per sempre!
“A cosa pensi?” - gli chiese l’altro Matt.
“Penso che hai ragione e penso che non sarò mai felice, vero?” - fece Matt.
L’altro Matt lo guardò confuso per attimo, poi si infilò una mano sotto il colletto del maglioncino  rosso scuro che indossava sotto la giacca in tweed marrore e gli mostrò i ciondoli appesi alla catenina in oro bianco che portava al collo: erano due anelli.
Matt si accigliò.
“Cosa sono?” - gli chiese.
“La mia fede nuziale e quella di mia moglie!” - rispose l’altro Matt.
Matt restò senza parole a quella frase, completamente immobile e sbalordito.
“Sei…sei sposato?” - chiese.
“Ero sposato, si!” - rispose l’altro Matt, improvvisamente triste.
A Matt dispiaceva vederlo in quello stato, così affranto, ma voleva sapere…doveva sapere.
“Era? Cosa le è successo?” - gli chiese.
“Un demone l’ha uccisa circa un anno fa..” - rispose l'altro Matt risistemandosi la catenina sotto il maglioncino.
“Posso chiederti…chi era? Com’era? Come vi siete conosciuti?” - chiese Matt.
L’altro Matt lo guardò a lungo negli occhi prima di scrollare le spalle.
“Ma sì….tanto ormai sapete così tante cose del vostro futuro…” - si arrese  - “Tu dovrai aspettare ancora qualche anno prima di conoscerla, ma…non appena la vedrai la riconoscerai subito perché capirai all’istante che è finalmente arrivata quella giusta! Si chiamava Olivia ed era bellissima! La incontrai all’univerisità….una notte dopo una delle prime visite di Elena come vampira. Olivia mi stava seguendo perché…beh…perché aveva saputo dei due vampiri che c’erano in giro, che poi erano Stefan ed Elena, e allora voleva proteggermi e salvarmi la vita! Era una cacciatrice, lo era sempre stata e quando si rese conto che i due vampiri da cui voleva tenermi al sicuro invece erano due miei amici non li attaccò, ma poi venne a cercarmi per chiedermi spiegazioni! Fu così che ci conoscemmo! Lei all’inizio era scettica verso le mie < strane amicizie > ma poi venne a Fell’s  Church e conobbe gli altri e capì che non c’era nulla da temere da loro! Ci innamorammo, ci sposammo, purtroppo non potemmo avere figli, ma trattavamo Owen, Lilian e Nicole come se davvero fossero sangue del nostro sangue a tanto ci bastava! Quando Astaroth arrivò lei prese a combattere insieme agli altri, come aveva sempre fatto nei momenti di crisi e, lo sai…durante ogni lotta c’è sempre qualcuno che viene ferito e qualcuno che muore!”- raccontò l’altro Matt.
“Quando è successo?” - chiese Matt.
“Sei mesi fa, più o meno…” - rispose l’altro Matt.
“Eravate felici?” - chiese Matt.
L’altro Matt annuì: “Si…tanto!” - gli rispose.
“Mi dispiace molto…” - fece Matt.
L’altro Matt scosse la testa: “Non pensarci! Pensa solo a questo: tu la devi ancora incontrare, Matt! E quando succederà vivrai gli anni più belli della tua vita…” - gli disse.
“Si, ma poi le morirà…” - lo interruppe Matt.
“E’ qui che sbagli! Pensaci! Cosa sappiamo con certezza di Astaroth? Che lui è unico a differenza nostra! Insomma…tu ed io non siamo unici nel Tempo. Esiste un Matt del 2011 e uno del 2034, così come esiste un Matt del 2012, uno del 2013, uno del 2014! Il Tempo è…complesso, Matt! Non bisogna viaggiare avanti o indietro di anni per incontrare un’altra versione di te stesso, basta anche viaggiare indietro o avanti di un secondo o di un millesimo di secondo per incontrare un altro te!” - fece l’altro Matt.
Matt assottigliò lo sguardo, completamente concentrato sulle parole della sua controparte.
“Ma se Astaroth è unico….” - fece.
“Esatto!” - approvò l’altro Matt - “Se Astaroth è unico significa che nel Tempo non ne esistono altri, che lui viaggia avanti e indietro senza mai correre il rischio di incontrare un altro Astaroth perché come lui stesso dice sempre: lui non ha né passato né futuro, ma vive in un unico infinito presente! E questo sai cosa significa? Significa che se lo uccidiamo adesso, nel 2034, la tua storia cambierà perché quando tu crescerai e arriverai nel tuo 2034 non ci sarà nessun Astaroth da sconfiggere…”
“Certo! Quindi Meredith non verrà mai ferita, Bonnie non verrà mai rapita, Nicole non sarà costretta a rischiare continuamente la vita e Olivia non morirà!” - concluse Matt - “Oddio….”.
L’altro Matt sorrise: “Hai capito!” - disse.
“Dobbiamo uccidere Astaroth!” - fece Matt.
“Assolutamente!” - concordò l’altro.