lunedì 27 febbraio 2012

Spoiler "Forse...il destino..." - Capitolo 23

“Bonnie! Sono qui, sono Nicole, che sta succ…” - ma le parole le morirono in gola quando oltre la soglia, a circa un metro di distanza da loro, riconobbe la figura solitaria e sorridente di Astaroth.
Aggrottò la fronte e indurì la mascella, afferrando un braccio di Bonnie e costringendola malamente a farsi indietro.
“Resta dentro!” - le disse, continuando a tenere gli occhi fissi sul demone.
Bonnie si ritirò immediatamente alle spalle di Stefan che era accorso con gli altri e che adesso le si era parato davanti, serio e protettivo.
Solo dopo essersi assicurata che tutti fossero a debita d’istanza dall’uscio del pensionato, Nicole afferrò la porta d’ingresso e la spalancò completamente con uno strattone, provocando gemiti di terrore in chi ancora non era riuscito a scorgere Astaroth.
Incrociò le braccia al petto e guardò il Figlio del Fuoco con sfida.




Eccomi qui!
Ed ecco qui lo spoiler!XD
Un'altra piccola scazzottata verbale tra Nicole e Astaroth durante la quale risponderò alla domanda che mi avete praticamente fatto tutte nei commenti: Cosa diamine ci è andato a fare Astaroth tutto sorridente al pensionato?
Beh..vi dirò...nulla di cattivo...all'apparenza! XDXDXD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 23 febbraio 2012

Rubrica Fotografica: Così come li vedo io!

Ciaooooooo!Dopo aver postato il capitolo, come sempre eccomi qui a postare le foto!
Ormai sono quasi finite quindi tra un pò prometto che non vi scoccerò più!XDXDXDX
Dato che i personaggi principali sono finiti, mi restano da mostrarvi solo quelli secondari che, per la maggior parte, ho inventato io stessa nelle mie storie.
Questa settimana vi mostrerò le foto dei personaggi, tutti tratti da "Il linguaggio della resa", che non erano nè cattivissimi nè buonissimi, ma che si lasciavano trasportare facilmente dagli eventi e da chi avevano intorno e che....wow...a farci caso hanno fatto tutti una brutta fine!XD Mamma mia che cattiva che sono, me lo dico da sola!ahahaha
Le foto sono quelle di Ted, Maddy e Sean tre stregoni del Regno Magico che erano un pò le marionette comandate a bacchetta da Samuel e che sono stati uccisi da Damon e Lucas in parti diverse della serie! Poverini loro!XD
Eccoli qui...

Da "Il linguagio della resa: Il Labirinto"
Ted - Harry Sutcliff
Ted Harry Sutcliff


Da "Il linguaggio della resa: Il Sigillo e Il grigio della vita"
Maddy  - Amanda Seyfried
Maddy Amanda Seyfried


Saen  - William Moseley
Sean William Moseley

Eccoli qua! Che ve ne sembra?
Su di loro non ho molto da dire! Avendoli creati io li ho sempre immaginati in un certo modo quindi sono andata sul sicuro nella scelta delle foto!XD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

"Forse...il destino..." - Capitolo 22

Influenze sul futuro

Non riuscire a fare un qualcosa che si vuole fare disperatamente è già abbastanza irritante di suo, se a questo si aggiungevano delle torture mentali appena subite e un dolore che non accennava a diminuire allora l’irritazione poteva arrivare tranquillamente a raggiungere i livelli della rabbia cieca e dell’istinto omicida.
I demoni lo tenevano per le braccia e non facevano altro che spingerlo attraverso corridoi lunghissimi e obbligarlo a scendere scalinate strette ed infinite per poterlo riportare nella cella dalla quale lo avevano prelevato ormai qualche ora prima e Damon, con la vista annebbiata e la testa che gli pulsava, non faceva che chiedersi come avesse fatto in precedenza a non accorgersi di quanto fosse lunga la strada che divideva le segrete dalle stanze di Astaroth.
Astaroth….
Avrebbe voluto ucciderlo con le sue stesse mani, peccato che non ne aveva la forza.
Qualsiasi cosa gli avesse fatto lo aveva reso una sottospecie di rincretinito accecato dal dolore che addirittura si era umiliato urlando e che a quanto pareva aveva urgente bisogno di un deambulatore se voleva avere qualche chance di andarsene in giro da solo a breve.
Damon lo odiava, odiava Astaroth e odiava se stesso per non essere riuscito a fare nulla per contrapporsi, per non essere riuscito a rimanere lucido.
Si era arreso e non riusciva a perdonarselo.
Forse il fatto di avere qualcuno che ti stritolava letteralmente il cervello poteva essere, agli occhi degli altri, una scusa accettabile per essersi dimostrato così debole da non riuscire a combattere, ma per lui no.
Lui si sentiva deluso da se stesso, indegno di essere considerato un vampiro.
E se non era degno di essere un vampiro allora di cosa mai poteva essere degno?
Aveva trascorso la sua vita nella convinzione che la sua natura fosse tutto ciò che gli serviva e tutto ciò che meglio lo rappresentava, che passare il tempo a far finta di essere ancora umano non sarebbe mai servito a nulla.
Essere un vampiro era tutto ciò che realmente aveva, l’unica cosa che sapesse fare al meglio.
Ma se si lasciava sottomettere così dal primo demone che passava, se non era più in grado di essere un vampiro temibile allora quale altra ragione aveva per continuare a lottare e ad andare avanti?
Recuperare la propria dignità, la propria nobiltà d’animo?
Ci aveva provato, o almeno aveva pensato di provarci…per Elena, ma si era presto reso conto che essere nobile e dignitoso non gli si addiceva, quello era il ruolo perfetto per Stefan, non per lui.
Damon era il fratello cattivo, il mostro, l’assassino spietato e senza scrupoli.
Ma se arrivava un altro mostro ancora più crudele di lui, allora cosa succedeva?
Damon aveva visto abbastanza film di serie B da sapere con certezza che quando arriva un cattivo più cattivo del precedente allora quest’ultimo nel migliore dei casi viene ucciso altrimenti passa sullo sfondo e diventa un specie di mammoletta effeminata, diventa inutile….così come si sentiva lui in quel momento dopo il suo primo, vero colloquio privato con Astaroth.
Lasciarsi andare al dolore che ancora provava e lasciare che vincesse trasformandolo in un inetto, un’ameba a malapena cosciente oppure uccidendolo sarebbe stato facile, la cosa più facile da fare.
Ma - accidenti a lui! - aveva fatto una promessa e se c’era una cosa che non appena era divenuto vampiro aveva deciso di continuare a tenere vivo nel suo essere era il senso del dovere: quando dava la sua parola, allora la manteneva! Sempre! Poco importavano le conseguenze.
E lui aveva dato la sua parola a Bonnie dicendole che sarebbe tornato, le aveva fatto una promessa e non poteva non mantenerla.
Il ricordo dell’angoscia nella voce della streghetta poco prima che lui chiudesse la connessione telepatica con lei era ancora vivido nella sua mente e, sebbene non riuscisse ancora ad ammettere il perché, Damon sentiva che l’unica cosa che davvero voleva fare in quel momento era riaprire quella dannata connessione e farle sapere che stava bene, che Astaroth non aveva voluto vederlo per ucciderlo.
Lei si sarebbe accorta che era stato torturato, ma meglio saperlo torturato che pensarlo morto, no?
Damon riusciva quasi ad immaginarla Bonnie, oltre la nebbia che gli offuscava la mente, mentre se ne andava in giro per il pensionato guardando fuori dalle finestre e aspettando malinconicamente di ricevere sue notizie.
Magari avrebbe anche passato tutto il suo tempo attaccata al braccio dell’altro Damon, perché sentire che l’altro Damon era vivo ed era con lei avrebbe significato che anche lui era ancora vivo nelle segrete del castello nero aspettando il momento buono per mantenere la sua promessa e ritornare.
Ma ritornare dove?
Al pensionato?
Da lei?
Damon non credeva neppure di saperlo. Per lui la promessa si fermava al tornare, cosa ci sarebbe stato al suo arrivo ad aspettarlo allora lo avrebbe visto e deciso in seguito.
I demoni spalancarono, con un gran fracasso di metallo contro metallo, la cella dove ancora era incatenata l’altra Bonnie e lo spinsero malamente all’interno per poi richiudere tutto e andarsene via velocemente.
Damon si lasciò scivolare a terra, tenendo la schiena contro le sbarre e si afferrò la testa tra le mani, quasi sorridendo all’idea del suo cervello spappolato che continuava a grondare sangue nonostante cercasse di rimarginarsi e rimettersi a posto da solo.
Tutto quel dolore sembrava quasi una punizione divina per tutto il male che lui aveva causato nel corso dei secoli. Peccato solo che il suo punitore fosse un demone dell’Inferno e non un angelo arrabbiato disceso appositamente dal Paradiso per fargliela pagare e per fare finalmente giustizia.
Forse si trattava del karma: era risaputo che fosse un gran bastardo.
Damon aprì appena gli occhi e sospirò di sollievo quando l’altra Bonnie gli si inginocchiò di fronte e gli poggiò le sue mani fresche sul viso.
Strano! Avrebbe dovuto essere lui quello morto e freddo e invece in quel momento si rese conto di quanto si sentisse vulnerabile e bollente, come se stesse andando a fuoco.
Quella sensazione di terrificante calore doveva essere un marchio del passaggio di Astaroth, il Figlio del Fuoco: forse allora c’era davvero un motivo per il fatto che lo chiamassero così oltre all’evidente predisposizione del demone a sparare palle di fuoco dalle mani.
“Damon? Cosa ti è successo, Damon? Cosa voleva Astaroth?” - gli chiese gentilmente l’altra Bonnie. Aveva avuto l’accortezza di parlare bisbigliando e Damon gliene fu silenziosamente grato.
“A saperlo, Bonnie! Da quello che mi ha detto si annoiava e voleva divertirsi quindi si è dato alla tortura su di me, ma non so di preciso cosa ha fatto! Mi ha afferrato la testa tra le mani e poi ho sentito solo…dolore, anche adesso lo sento e non riesco a contattare Bonnie al pensionato per dirle di non stare a preoccuparsi per me!” - le rispose.
“Sei stato torturato eppure l’unica cosa a cui pensi è a tranquillizzare Bonnie?” - gli chiese l’altra Bonnie con uno sguardo da furba che evidentemente avrebbe sviluppato negli anni perché al momento la streghetta del suo tempo ne era sprovvista.
“Non è quello che ho detto!” - rispose Damon.
“Invece è esattamente quello che hai detto!” - lo rimbeccò l’altra Bonnie.
“Ho detto quello che ho detto! Smettila di tentare di trovarci dei significati profondi e nascosti! Al momento non penso di avere la prontezza di spirito di risponderti a dovere, troppo mal di testa!” - fece Damon, cercando di dare abbastanza fermezza al suo tono per farle intendere che quell’argomento si esauriva in quel momento, ma a quanto pareva l’altra Bonnie non l’aveva capito oppure faceva finta di non averlo capito perché continuava a guardarlo con quei suoi occhi che troppe volte lo avevano portato sull’orlo della pazzia, spingendolo a provare cose che aveva deciso di non provare più e a parlare di cose di cui mai avrebbe voluto parlare.
“Smettila di fissarmi in quel modo…” - le disse, scocciato.
“In che modo?” - fece lei - “Non ho messo su nessuna espressione particolare in questo momento!” - si difese.
Damon non ce la fece più, troppo stanco per via della sofferenza alla testa che provava.
“Non è l’espressione! Sono gli occhi! Sono sempre stati gli occhi! Hai degli occhi strani! Mi spingono a….sentire cose…” - fece Damon, parlando quasi con disgusto verso se stesso e verso quelle cose che gli occhi della streghetta gli avevano sempre fatto provare.
“Dovresti dirlo a Bonnie!” - fece l’altra Bonnie dopo una breve risata.
“Che ha gli occhi strani?” - fece Damon.
“Esatto!” - rispose l’altra Bonnie, scrollando le spalle.
“E tu dovresti farti gli affari tuoi!” - disse Damon.
L’altra Bonnie gli sorrise accondiscendente, accarezzandogli i capelli e fissandolo come se fosse sul serio un povero demente.
“Ma questi sono affari miei, Damon! Io sono Bonnie! Ho qualche anno in più, ma sono sempre la stessa streghetta che adesso è al pensionato!” - gli fece notare candidamente.
Damon assottigliò lo sguardo mentre si rendeva conto che il numero dei secondi tra una fitta di dolore alla testa e un’altra aveva lentamente cominciato ad aumentare.
“Allora, strega, che ne dici di fare una qualche strana magia e vedere cosa mi ha fatto Astaroth! Può dire quello che gli pare, ma non me la bevo che mi abbia fatto andare fino al suo studio privato per torturami! Avrebbe potuto farlo qui, come ha fatto con te! Perchè portarmi di sopra? Per mostrarmi il suo Luna Park?” - fece Damon.
“Luna Park?” - s’incuriosì l’altra Bonnie.
Damon scrollò le spalle e si staccò le mani dalle tempie, appoggiando la testa contro le sbarre alle sue spalle.
“Già! A quanto pare fervono grandi preparativi al pieno di sopra! Ha detto che è per Nicole e per noi tutti!” - rispose Damon.
L’altra Bonnie ci riflettè su un attimo, volgendo lo sguardo alla sua destra e arricciando il naso mentre si mordeva il labbro inferiore.
Era bella, non c’era nient’altro da dire.
Era bella così come lo era la streghetta, ma allo stesso tempo era profondamente diversa da lei, Damon non poteva non notarlo.
Bonnie era una bambolina che andava protetta, talmente fragile che dava l’idea che si sarebbe potuta rompere anche con un banale soffio di vento.
L’altra Bonnie, invece, era più matura, più consapevole, troppo diversa da Bonnie perché lui potesse in qualche modo capirla o trovare delle somiglianze tra le due.
“Sta per succedere qualcosa!” - sentenziò l’altra Bonnie.
“Lo penso anch’io!” - sospirò Damon - “Allora…adesso cerchi di capire oppure no cosa mi ha fatto Astaroth e perché non riesco più a connettermi con Bonnie?” - la incalzò, poi, tornando sul discorso precedente.
L’altra Bonnie scrollò la testa, come a liberarsi da un pensiero fisso, e tornò a guardarlo.
“Non riesci a connetterti con Bonnie perché sei ancora troppo provato dopo la tortura e per quanto riguarda cosa ti ha fatto Astaroth….beh…niente! Nella tua mente è tutto a posto!” - gli rispose.
Damon corrugò la fronte.
“E questo lo hai capito da…” - fece.
“Questo l’ho capito dalla connessione telepatica tra noi due!” - rispose l’altra Bonnie.
Damon si tirò leggermente indietro.
“Io non sono connesso con te! Io sono connesso con Bonnie!” - fece.
“Io e Bonnie siamo la stessa persona e il mio passato sta cambiando!” - rispose l’altra Bonnie.
“Spiegati!” - la incitò Damon.
“Aprire una connessione telepatica con qualcuno vuol dire letteralmente creare un ponte che colleghi le due persone coinvolte! La connessione funziona più o meno così: una delle due persone crea il ponte e poi incontra l’altra persona al centro di esso ed è lì che condividono pensieri, emozioni, parole…stando insieme al centro di quel ponte! La connessione si chiude quando una delle due persone lascia il ponte, ma quel ponte non sparisce perché una volta creato non può più essere distrutto e questo significa che, nel bene o nel male, quelle due persone saranno sempre collegate e che in qualsiasi momento uno dei due potrà attraversare quel ponte e esortare l’altro a raggiungerlo! Più le due persone sono vicine, sia emozionalmente che fisicamente, più è possibile che ciò avvenga, che i due entrino in contatto quasi automaticamente!” - spiegò l’altra Bonnie.
“Questo lo so anch’io, quello che non capisco ancora è cosa c’entri tu e cosa c’entra il tuo passato che cambia!” - fece Damon.
“Damon…voi avete viaggiato nel futuro, nel vostro futuro! Non importa le ipotesi che fate o ciò che pensate, non vi trovare in una realtà parallela o in chissà quale altra linea temporale! Voi non vi siete mossi dalla vostra linea temporale, avete soltanto fatto un passo avanti di vent’anni su quella stessa linea, la vostra
 linea! Ciò significa che noi siamo davvero voi stessi tra qualche anno! Adesso devi capire che tutto ciò che vi sta capitando a noi non è mai capitato! I giorni che voi state passando qui avreste dovuto trascorrerli tranquillamente nel vostro tempo a fare le vostre cose così come abbiamo fatto noi! Ma così non è stato, voi siete venuti qui e quei giorni tranquilli che noi abbiamo vissuto voi non li state vivendo e, per quanto voi possiate pensare che siamo noi quelli che influenzano le vostre scelte e le vostre persone, in realtà è il contrario: siete voi che influenzate le nostre vite! Bonnie, la tua Bonnie, per me rappresenta il mio passato e se fino a prima che voi arrivaste io ricordavo chiaramente quei giorni tranquilli che voi avreste dovuto vivere a Fell’s Church senza viaggi temporali, senza demoni e senza figlie dal futuro, adesso i miei ricordi, come quelli di ognuna delle vostre versione future, si stanno facendo annebbiati, si confondo con ciò che voi avete vissuto perché se lo avete vissuto voi allora è logico pensare che un tempo l’abbiamo vissuto anche noi! Voi state riscrivendo le nostre storie, le nostre vite e di conseguenza i nostri ricordi stanno cambiando, stanno diventando lentamente uguali ai vostri! Quando tutta questa storia sarà finita e voi tornerete nel vostro tempo, tutto sarà diverso. Voi crescerete ricordando il vostro viaggio nel futuro e noi ci ritroveremo con delle storie diverse, ci ritroveremo a ricordare che anche noi abbiamo viaggio nel futuro a nostro tempo perché siamo stati coinvolti in una strana guerra con un demone!” - fece l’altra Bonnie - “Cosa c’entro io con la connessione telepatica tra te e Bonnie? E’ semplice! Io e Damon, il mio Damon, non abbiamo mai aperto nessuna connessione telepatica perché non ne abbiamo mai avuto bisogno! Ma adesso tu e Bonnie lo avete fatto, tu e Bonnie le nostre versione passate, quindi ciò significa che anche questo aspetto della nostra vita è cambiato, che di conseguenza anche noi siamo collegati! E se io sono Bonnie e sono collegata a Damon, poco importa a che punto della nostra vita siamo, io e te siamo collegati perché potremmo anche venire da due anni diversi ma siamo sempre Bonnie e Damon! E la stessa cosa ovviamente vale adesso anche per mio marito e  Bonnie al pensionato!” - terminò.
“E’ tutto talmente assurdo da sembrare quasi logico!” - commentò Damon.
“Si tratta di viaggi nel tempo, Damon, che ti aspettavi?”.


Quando la vita ti mette di fronte a delle situazioni impossibili che fai?
Quante volte Matt aveva sentito questa domanda ripetuta come intro di qualche stupido telefilm di fantascienza o come sottofondo ad una pubblicità di detersivi o ancora in uno di quei talk show pomeridiani che tanto piacevano alla signora Flowers?
E ovviamente mai che ci fosse stata una volta in cui qualcuno fosse riuscito a dare davvero una risposta sensata o a suggerire almeno sommariamente il comportamento più adatto da tenere quando si trattava delle suddette “situazioni impossibili”.
Nemmeno lui, che ormai poteva affermare con convinzione che di situazioni impossibili ne aveva vissute abbastanza da averne le tasche piene per il resto dei suoi giorni, sapeva davvero rispondere a quella domanda.
Forse perché non esisteva una risposta adatta.
Forse perché ognuno reagiva in modo diverso.
O forse perché le vere situazioni impossibili capitavano così raramente ed erano così improvvise che nessuno aveva mai la prontezza di spirito per analizzare cosa gli stesse succedendo.
L’istinto….probabilmente era a quello che ci si doveva affidare, ma Matt non ne era propriamente convinto.
In quel momento il suo istinto non faceva altro che urlargli di scappare via da quel posto, da quel tempo e da Astaroth, ma si rendeva conto che non poteva farlo, non senza qualcuno che lo riportasse nel suo tempo.
E quanto sarebbe stato codardo a chiedere a Nicole di rispedirlo nel 2011?
Oltretutto non poteva farlo perché, oltre a deludere gli altri, avrebbe deluso se stesso. E con “se stesso” non intendeva la sua versione futura, ma proprio se stesso, Matt, la sua persona.
Se c’era una cosa di cui poteva essere grato a quella strana esperienza che stava vivendo era che gli aveva dato un motivo per lottare, gli aveva donato la prospettiva di una vita felice, di una casa, di una moglie, di una famiglia e Matt non aveva alcuna intenzione di lasciarsela sfuggire.
Era difficile, non poteva negarlo a nessuno, figuriamoci a se stesso.
Era difficile perché lui dopo tutte le belle batoste che aveva avuto con le poche ragazze alle quali aveva davvero donato il suo cuore o aveva pensato di farlo adesso tendeva a non fidarsi molto quando si trattava di sentimenti quindi lottare per una persona, Olivia, che non aveva mai conosciuto, lottare per la felicità insieme a lei nonostante non sapesse chi fosse gli risultava abbastanza complicato.
L’altro Matt gli era stato di grande aiuto perché lo teneva costantemente distratto, spingendolo ad interessarsi ad altre faccende.
Paradossalmente sembrava che, mentre tutti gli altri cercavano sempre il modo di scappare dalle loro versioni future, lui era l’unico che passava tutto il suo tempo proprio con l’altro se stesso che adesso si era messo in testa di cominciare ad istruirlo e a dargli le dritte giuste che gli avrebbero permesso, in futuro, di diventare come lui o - per meglio dire - di diventare lui.
Non gli ci era voluto di certo l’altro Matt per capire che non poteva avere avuto un evoluzione ed una maturazione simile nel giro di una notte sola, ma il fatto che proprio l’altro Matt, che all’inizio sembrava quello più restio ad aprirsi con loro, si fosse fatto venire l’idea di essere lui stesso il suo primo “mentore” - se così lo si poteva chiamare - lo aveva lasciato a dir poco stupito.
L’altro Matt gli faceva leggere libri e documenti antichi, lo spingeva a ragionare e a riflettere, gli parlava per ore dei vari metodi di ricerca e lo esortava a fargli domande di qualsiasi tipo per poterlo aiutare a fugare ogni dubbio o incertezza che poteva avere e che rendeva la sua mente poco lucida.
Gli piaceva l’altro Matt e non si vergognava a dirlo.
Era con lui e con l’altra Meredith in quel momento nel solaio che di solito usavano come stanza per le riunioni private e stava ascoltando i due che parlavano di tutto ciò che era successo da quando l’altra Meredith era stata ferita e rilegata in un letto.
Era strano vederli insieme, invecchiati, a scambiarsi confidenze ed opinioni, ma gli faceva piacere sapere che il suo rapporto con Meredith fatto di stima reciproca e appoggio incondizionato non sarebbe cambiato nel corso del tempo.
L’altra Meredith si stava preparando a tornare da suo marito quando Nicole e l’altro Damon entrarono e li pregarono di rimanere.
Matt rimase al suo posto, ad ascoltare e ad osservarli: l’ultima cosa che voleva era infastidirli in un momento tanto delicato come quello in cui si trovavano.
“Astaroth ha in mente qualcosa, qualcosa di infinitamente…demoniaco!” - esordì Nicole facendo su e giù per la stanza a grandi falcate.
“Questo è certo! Da quando ci ha sorpresi tutti nel suo castello sono passati due giorni e non si è ancora visto! Oltretutto anche i demoni sembrano totalmente scomparsi dalla città: sono tutti al Castello!” - si accordò l’altro Damon.
“Allora la domanda adesso è: perché? Perché Astaroth tiene tutto il suo esercito chiuso in casa? Cosa sta architettando?” - fece l’altra Meredith, seduta su una sedia sgangherata poco lontano da lui.
“Non mi piace per niente! Non ci ha mai messo così tanto per riorganizzarsi! Mai!” - fece notare Nicole, fermandosi ad osservarli tutti, uno per uno - “E’ un problema! Sta diventando un problema sempre più imponente mano a mano che i secondi passano! Per non parlare di Damon e la mamma: non abbiamo più loro notizie da quando Damon ha chiuso il collegamento con Bonnie!” - aggiunse.
“Neanch’io riesco a sentire nulla, in effetti!” - fece l’altro Damon, lasciando Matt perplesso per un attimo, ma tornò di nuovo a focalizzarsi sul gruppo che aveva di fronte: ci avrebbe pensato in seguito a chiedere delucidazioni all’altro Matt.
Insomma…se era Damon quello connesso con Bonnie allora cosa c’entrava l’altro Damon?
“E abbiamo anche un altro problema bello grosso!” - aggiunse l’altro Damon, catturando l’attenzione di tutti.
“Quale?” - chiese Nicole.
Ma l’altro Damon lasciò perdere sua figlia e si rivolse all’altro Matt.
“Quello che ha detto Lilian sul fatto che lei e Nicole si sentono male per via delle nostre versioni passate…” - disse - “…è vero? E’ così?”  - chiese.
L’altro Matt fu costretto ad annuire.
“E dobbiamo preoccuparcene? Cioè…non che io non sia preoccupato per la faccenda, ma…quello che voglio sapere è se dobbiamo preoccuparcene più del dovuto e considerarlo un problema di prioritaria importanza perché, se così fosse, dovrete rassegnarvi al fatto che non manderò mai mia figlia contro Astaroth correndo il rischio che possa sentirsi male ed indebolirsi all’improvviso e senza che nessuno possa fare nulla per aiutarla!” - fece l’altro Damon.
Matt osservò la sua controparte futura sospirare e scuotere la testa con un accenno di sorriso sul volto stanco.
“Per Nicole non credo ci siano problemi ora come ora! Adesso che Damon e Bonnie hanno questa connessione sono portato a credere che si stiano in qualche modo avvicinando, così come siamo portati a crederlo tutti!” - rispose.
“E Lilian?” - chiese Nicole.
“Per Lilian….beh…non credo che Stefan ed Elena siano rimasti del tutto indifferenti alla sue parole e alle sue accuse! E se conosco Stefan almeno un po’ credo che farà di tutto per riuscire a trovare al più presto una soluzione al problema che vada a beneficio di ogni persona coinvolta e non faccia del male a nessuno!” - rispose l’altro Matt.
L’altro Damon annuì e ghignò.
“Non l’avrei mai detto, ma la prevedibilità di mio fratello di tanto in tanto è piacevole, molto rassicurante! E il fatto che negli anni non è mai cambiato di una virgola rende molto più semplice capirlo e decifrarne i pensieri!” - disse.
Nicole incorciò le braccia al petto e sorrise.
“A differenza tua, o meglio di Damon che con la sua tanto adorata imprevedibilità non sai mai cosa gli passa per la testa!” - commentò.
“Così è più divertente!” - si difese l’altro Damon.
“Divertente? Sarà divertente per te, ma per chi ti deve stare intorno e sopportarti ventiquattro ore al giorno è terribilmente irritante!” - rispose a tono l’altra Meredith - “Magari adesso ti si riesce a sopportare di più, ma me lo ricordo il tempo da cui vengono le nostre versioni passate ed in quel periodo posso dire onestamente che davi proprio il peggio di te!” - aggiunse.
“Mi era mancata la tua infinita gentilezza, Meredith!” - fece, sarcastico, l’altro Damon.
Matt si ritrovò a guardare il vampiro e la cacciatrice con sguardo ammirato e sognante perché, nonostante fossero anni nel futuro, quei due erano ancora Damon, Meredith e le loro frecciatine al vetriolo.
Era sempre bello scoprire che alcune piccole cose non erano cambiate affatto.
Già era stato scioccante venire a conoscenza del cambiamento nel suo rapporto con Damon, almeno sapere che tra il vampiro e Meredith non sarebbe mai cambiato niente lo rincuorava non poco.
“E già che siamo in vena di elencare tutti i problemi che ci affliggono…” - riprese l’altra Meredith - “…qualcuno mi spiega di nuovo il motivo per cui tu, Damon, hai deciso che fosse una decisione saggia far venire loro dal passato? Potrebbero cambiare ogni cosa! Già alcune cose sono cambiate!” - fece, tenendo con forza il suo braccio sinistro e indicando Matt che si guardò intorno spaesato.
L’altro Damon abbassò per un attimo la testa e sospirò, passandosi una mano sul volto improvvisamente tormentato.
“Lo so, Meredith, lo so! Non è stata una grande idea, me ne rendo conto, ma ormai è tardi per tornare indietro: l’unica cosa che possiamo fare è cercare di contenere i danni che loro potrebbero arrecare alle nostre vite!” - le rispose.
“Si, Damon, ma…perché? Perché hai deciso una cosa simile? Non eri più così imprudente da parecchio tempo, ormai!” - incalzò l’altra Meredith.
“Perché? Perché io e Stefan eravamo circondati dai demoni, perché Astaroth aveva appena rapito Bonnie, perché Nicole e Lilian erano nel passato e non sapevo come stessero, perché tu eri mezza morta in un letto e perché tuttora passo le giornate a cercare le parole adatte per dire a tutti i superstiti di Fell’s Church che quando ho promesso loro che avrei liberato la loro città e gliel’avrei restituita non mentivo! Ecco perché! Forse ho sbagliato o forse no, non lo so ancora, ma in quel momento avevo tutti questi motivi che mi ronzavano per la testa e mi sembravano tutti più che validi!” - rispose l’altro Damon con una serietà che Matt faceva ancora fatica a vedergli sul volto nonostante avesse capito ormai che Damon e l’altro Damon erano molto diversi l’uno dall’altro.
L’altra Meredith rimase in silenzio a fissare l’altro Damon per qualche secondo, poi annuì severa e tornò a voltarsi anche verso di loro.
“Dobbiamo pensare a cosa fare con Astaroth!” - disse.
“Questa volta dobbiamo farla finita!” - aggiunse l’altro Damon.
Lo sguardo di Matt, a quelle parole, scivolò su Nicole, l’unica che poteva realmente mettere fine a tutto, l’unica che aveva le capacità per sconfiggere Astaroth.
La ragazza annuì a suo padre e si voltò di spalle, perdendosi con lo sguardo su un mappamondo poggiato su un mobiletto basso di fronte a lei.
Guardandola in quel momento, con le spalle ricurve e gli occhi malinconici, per la prima volta Matt la vide come una ragazza qualsiasi, una ragazza fragile così come lo era Bonnie e ne ebbe una profonda compassione.



Una richiesta di felicità.
Qual era il modo migliore per far fronte ad una richiesta di felicità?
Esisteva un modo per far fronte ad una richiesta di felicità?
Stefan aveva passato anni inseguendo la felicità e aveva passato anni credendo di averla trovata, illudendosi di essere arrivato alla fine della sua ricerca, ma a conti fatti aveva dovuto incassare il colpo e rassegnarsi a capire che non era ancora finita, che aveva ancora un altro bel pezzo di strada da fare e che forse sarebbe stato anche il più difficile.
Voleva farlo?
A volte pensava di si, altre volte si lasciava trascinare dallo sconforto e dal dubbio che non ne valesse la pena e pensava di no.
Doveva farlo?
Assolutamente si! Doveva farlo! Doveva farlo per se stesso, per Elena e per Lilian.
Smettere di pensare alla ragazza e alla sua richiesta malinconica gli era diventato quasi impossibile nelle ultime ore appena trascorse.
Dopo il risveglio dell’altra Meredith, quest’ultima non si era persa in chiacchiere e si era data subito da fare facendosi aggiornare da tutti su ogni evento capitato, iniziando a macchinare piani su piani con l’aiuto dell’altro Matt e a revisionare le scorte di armi insieme a suo marito e a suo figlio.
Stefan più di una volta si era ritrovato a fissare la donna e a pensare che non aveva mai visto nessuno tanto attivo come lei. E poi guardava Meredith e un sorriso gli affiorava sulle labbra: sebbene la sua amica paresse incredibilmente spaesata a causa dell’uragano che era l’altra Meredith, Stefan non faticava a credere che lei già avesse messo in moto il cervello per capire qual era il modo perfetto per migliorarsi e diventare come la sua controparte. E ci sarebbe riuscita, Meredith ce l’avrebbe fatta perché era palese che l’altra Meredith non fosse altro che la naturale evoluzione della loro Meredith.
Chi meglio di lei poteva diventare una provetta cacciatrice del soprannaturale?
Tra tutti gli umani esistenti, chi meglio di Meredith poteva essere la persona adatta, poteva avere il coraggio e l’astuzia sufficiente per affrontare a testa alta demoni, vampiri e quant’altro di terribile fosse nascosto dal buio della notte?
Stefan, tranquillamente assorto nei suoi pensieri, raggiunse la panchina sul retro del pensionato dove appena pochi giorni prima aveva espresso per la prima volta i suoi dubbi su Elena a Bonnie e vi si lasciò cadere, tenendosi le mani nella tasche dei jeans anche dopo che si fu seduto.
Non arrivava nemmeno un leggero soffio di vento a smuovere l’aria e a rinfrescargli la mente, ma Stefan era ostinato e sopportava con audacia la pressione che l’afa esercitava sui suoi pensieri, schiacciandoli e contorcendoli fino a farli diventare un’unica massa informe e grondante di liquido grigio.
Aveva bisogno di riflettere, di trovare una soluzione valida alla stranissima situazione in cui lui ed Elena si trovavano in quel momento.
Se non ci fosse riuscito prima che al piano di sopra del pensionato avessero capito qual era la mossa più giusta da fare adesso contro Astaroth, Stefan sapeva che avrebbe fatto ciò che gli avrebbero chiesto, ma senza avere le idee abbastanza lucide per riuscire al meglio e questo non poteva permetterselo nessuno. Astaroth e i demoni in generale erano degli avversari troppo forti e spietati per poterli combattere senza l’adeguata prontezza mentale.
Dei passi leggeri e cadenzati, dei passi che avrebbe riconosciuto tra mille, gli si avvicinarono lentamente fino a che due mani che si contorcevano l’un l’altra non entrarono nel suo campo visivo.
Stefan alzò gli occhi ad incontrare quelli azzurri di Elena e rimase a fissarla.
Non c’erano né gioia né accusa nei suoi occhi verdi, solo tanta tristezza.
“Posso sedermi con te?” - sussurrò Elena.
“Certo!” - le rispose cortesemente Stefan, lasciandosi scivolare verso un lato della panchina mentre Elena occupava l’altro.
Calò il silenzio, un silenzio imbarazzato e terribile come non ce n’erano mai stati tra loro.
Stefan aveva passato ore ed ore a pensare al loro rapporto e al modo più efficace per uscire da quella crisi in cui erano sprofondati che adesso gli sembrava paradossale il fatto che non riuscisse a trovare le parole adatte per aprire un qualsiasi discorso proprio con la ragazza che - lui lo sapeva - amava più di ogni altra cosa al mondo.
“E’ così difficile….” - esordì Elena - “E’ difficile anche solo trovare le parole giuste per cominciare, ma credo che noi due dovremmo parlare un po’!”.
Stefan non si voltò a guardarla, ma annuì.
“Un po’ di tempo fa ho parlato con l’altra Elena, da sola, mentre voi eravate in missione al castello di Astaroth! Mi ha detto che devo lasciarmi guidare da te, che devo seguirti e che grazie a te sarei diventata una persona migliore!” - gli rivelò -“Non avevo capito e mi ero anche parecchio indispettita all’inizio! Non capivo perché mai continuasse a ripetermi che dovevo miglirare come persona. Perché avrei dovuto farlo? Cosa dovevo migliorare io? Ma adesso ho capito! Ho visto e ascoltato te e ho visto e ascoltato Lilian e…non posso fare a meno di sentirmi piena di…amarezza e rabbia verso me stessa e il mio egoismo. Mi sento un verme, Stefan, e non so come far passare questa sensazione! Tu lo sai?” - gli chiese.
Stefan scosse la testa.
“Io non credo che tu sia un verme, Elena! Io credo che tu sia solo….abituata ad essere il centro dell’attenzione e questo è colpa nostra perché siamo noi che lo rendiamo possibile, siamo noi a metterti su un piedistallo! E il fatto di trovarti sempre al centro di tutto fa si che tu non ti accorga sempre del male che alcune tue azioni possono fare agli altri!” - le disse, voltandosi verso di lei - “Tu non sei una persona cattiva, Elena! Anzi…sai essere molto generosa e sai combattere per difendere le persone che ti stanno a cuore, ma sei anche ingenua! E’ questo il punto: tu non sei forte, sei ingenua! Ed è questa ingenuità che ti spinge a fronteggiare a testa alta i tuoi nemici come se fossi la più coraggiosa delle amazzoni ed è questa ingenuità che non ti fa distinguere  tra i sentimenti d’amore e d’affetto che provi per chi ti sta intorno!” - aggiunse.
“E questo è un male…” - fece Elena.
“Non sto dicendo questo, ma sicuramente è una parte di te che può essere migliorata!” - rispose Stefan.
“Stefan ha ragione, Elena! Ascoltalo!” - una voce femminile inaspettata proveniente dalla loro destra li colse entrambi di sorpresa.
L’altro Stefan e l’altra Elena erano lì insieme e li stavano raggiungendo, sorridendo incoraggianti e tenendosi per mano.
“Te l’ho già detto una volta, Elena! Si tratta di un percorso, un percorso di miglioramento che tu devi compiere e durante il quale solo Stefan potrà darti l’appoggio necessario!” - ribadì l’altra Elena.
“Si! Adesso l’ho capito!” - rispose Elena, annuendo - “Le parole di Lilian….tutto il male che ho fatto anche a lei…”.
“Non addossarti tutta la colpa, Elena, anch’io ho contribuito a fare del male a Lilian…” - intervenne Stefan, profondamente mortificato e colpevole.
“Non lo sembra, forse, ma Lilian è una ragazza forte! Se così non fosse, state certi che noi non riusciremmo a darle tutto lo spazio che le serve nonostante sappiamo benissimo di averla profondamente delusa!” - disse l’altro Stefan.
“Delusa voi?” - chiese Elena.
L’altra Elena sorrise e le poggiò una mano su una spalla.
“Certo! Noi siamo voi, Elena!” - le ricordò - “Anche noi abbiamo avuto i nostri brutti momenti così come li state avendo voi adesso, ma non ne abbiamo mai fatto parola con Lilian nonostante più volte ce l’abbia chiesto! Si sente ferita perché crede di non conoscerci davvero e che le abbiamo mentito ogni volta che le abbiamo raccontato che l’amore è un qualcosa di perfetto e non mostrandole mai l’altra faccia della medaglia, non parlandole mai del fatto che è proprio per amore che si soffrono i dolori peggiori e adesso si sente impreparata e indifesa perché non crede di sapere come fare ad affrontare un dolore emotivo, se mai dovesse presentargliesene uno, non crede di avere abbastanza forza per superarlo perché guarda voi e vi vede….rotti, divisi, straziati e questo le fa male!” - disse.
“Io…non voglio che Lilian soffra! Non sarà ancora mia figlia, ma…io voglio fare di tutto per proteggerla perché lo sento, sento che è parte di me, che è la mia famiglia!” - fece Stefan.
“Già! E tutta quella storia che ci ha raccontato sulla debolezza che di tanto in tanto l’assale a causa nostra lasciandola in pericolo…..io non voglio che le accada ancora! Non posso permetterlo!” - aggiunse Elena.
Stefan non potè fare altro che annuire convinto e d’accordo mentre l’altro Stefan e l’altra Elena sorridevano forse anche un po’ sollevati.
“E’ questo che volevamo sentire! Io e mio marito eravamo preoccupati  proprio di questo!” - disse l’altra Elena.
“Forse non ve ne rendete ancora conto in pieno, ma se noi vi spingiamo a fare e pensare certe cose, se noi vi diciamo certe cose, lo facciamo perché vogliamo fare in modo che non possa capitare nulla di sgradevole al mondo così come noi lo conosciamo, alle nostre vite e ai nostri figli! Voi avete il potere di cambiare tutto semplicemente prendendo una diversa decisione rispetto a quelle che a nostro tempo abbiamo preso noi e questo, inevitabilmente, ogni volta che accade o sta per accadere influisce su Nicole, su Lilian e…sì…anche su di noi!” - spiegò l’altro Stefan.
Stefan si ritrovò a pensare ancora alle parole dello sfogo di Lilian, a come aveva descritto il futuro suo e di Elena, un futuro molto più felice di quello che sembrava essere toccato in sorte a tutti gli altri.
“Capisco cosa intendete…più o meno…”- disse, prima di voltarsi verso Elena e prenderle una mano tra le sue - “Io non voglio che cambi nulla! Voglio che il mio futuro sia questo perché….mi va più che bene così!” - aggiunse.
Elena gli restituì lo sguardo e strinse la presa sulla sua mano prima di rispondere.
“Per me è lo stesso! Adesso l’ho capito: con o senza demoni, voglio che questo sia anche il mio futuro!” - gli disse.


Ogni volta che Bonnie prendeva il coraggio a due mani e scendeva al piano di sotto in pieno giorno, cioè quando tutti i superstiti erano svegli e coscienti e potevano vederla, si sentiva sempre un po’ in imbarazzo e spaesata a cuasa delle continue occhiate che riceveva da loro.
Tutti sapevano che lei non era l’altra Bonnie, ma continuavano a guardarla come se lo fosse.
Dopotutto, immaginava che doveva essere assai complicato per delle persone totalmente e magnificamente normali avere a che fare di punto in bianco con mostri soprannaturali di ogni genere e viaggiatori del tempo quindi, anche se la cosa la metteva in forte disagio, ad ogni sorriso ricevuto sorrideva anche lei e ad ogni richiesta di conforto lei dispensava baci e abbracci a tutti.
Non era ancora l’altra Bonnie quindi non era ancora una strega potente e una donna forte quanto lei, ma nessuno tra i superstiti le chiedeva di fare incantesimi o roba del genere quindi lei cercava di accontentarli e rasserenarli per quanto le era possibile.
Dopo l’incantesimo fatto all’altra Meredith persino quest’ultima quando la vedeva in giro le poggiava una mano su una spalla e le sorrideva e, se era possibile, era proprio in quei momenti che Bonnie si sentiva maggiormente a disagio.
Mai avrebbe pensato che Meredith, una delle poche persone con le quali si era sempre sentita se stessa, un giorno l’avrebbe messa in soggezione, ma ciò con l’altra Meredith era avvenuto eccome.
Bonnie la guardava e la vedeva darsi da fare ovunque, dare disposizioni e ordini a destra e a sinistra, allenarsi in giardino con lame lunghe e affilate senza fare il minimo sforzo. La sua amica Meredith era forte, ma neppure lei era ancora all’altezza della sua controparte futura e questo sembrava divertire un po’ tutti, soprattutto quando le si vedeva l’una di fianco all’altra con l’altra Meredith che dava ordini pure a Meredith senza farsi il minimo scrupolo e con la scusa che doveva riforzarsi sia fisicamente che mentalmente se voleva sperare di vivere a lungo con la vita e gli amici vampiri sempre in mezzo ai casini che si era scelta.
Bonnie finì di ricucire un piccolo strappo nella maglietta di un bambino e poi lo rispedì a giocare regalandogli un sorriso.
Al pensionato i bambini erano pochi e per di più avevano tutti subito gravi perdite ed erano stati terrorizzati dai demoni, ma Bonnie spesso si fermava a sentire le loro grida spensierate mentre si divertivano a rincorrersi - lo faceva soprattutto nei momenti in cui si sentiva maggiormente depressa e affranta - e subito le ritornava il sorriso misto ad una buona dose di rinnovata speranza.
Lo stesso effetto glielo faceva passare il suo tempo con Nicole, ma adesso la ragazza era impegnata a decidere la prossima e forse definitiva mossa contro Astaroth quindi non poteva pretendere di averla lì con lei ogni volta che si sentiva giù di morale, cosa che succedeva praticamente sempre da quando aveva perso il contatto con Damon e non sapeva in che condizioni fosse.
Di tanto in tanto l’altro Damon andava da lei, le poggiava una mano su una spalla e poi le si parava di fronte facendo una teatrale e lenta giravolta su se stesso, mostrandole che era vivo e vegeto e dicendole che se lo era lui allora lo era anche Damon.
La prima volta che era successo Bonnie era scoppiata a ridere e subito dopo era scoppiata a piangere, non riuscendo a trattenersi.
Le ci era voluto un po’ per calmarsi e per calmare l’angoscia e la preoccupazione che sentiva quando pensava a Damon o quando Damon veniva nominato, ma Stefan le era stato vicino in quel momento, limitandosi a tenerle una mano senza farle domande, condividendo con lei ogni ansia come solo lui poteva fare, un po’ per natura, un po’ perché era anche lui in pena per suo fratello.
Bonnie lanciò un ultimo sguardo ai bambini che saltavano da una poltrona all’altra del salotto e poi si alzò dalla sedia sulla quale era seduta, preparandosi a tornarsene di sopra.
Fu mentre passava nel piccolo atrio subito prima di cominciare a salire le scale che successe una cosa veramente strana, una cosa che in altre situazioni sarebbe stata normale, ma che lì nel futuro era fortemente sospetta e non succedeva praticamente mai: qualcuno bussò alla porta del pensionato.
Due leggeri colpi educati che fecero gelare il sangue nelle vene a Bonnie.
Pensò subito di correre al piano di sopra ad avvertire qualcuno, ma poi le tornò in mente che nessun demone poteva entrare al pensionato grazie all’incantesimo di protezione che ancora teneva in piedi l’altra Bonnie dalla sua cella quindi…o era un umano e aveva bisogno di aiuto e nessuno di loro doveva temere nulla oppure era un demone che non avrebbe potuto comunque torcere un capello a nessuno ammesso che nessuno attraversasse l’uscio del pensionato. In ognuno dei due casi Bonnie non doveva aver paura e poteva stare tranquilla.
Prese un bel respiro e andò alla porta, girando due volte la chiave nella toppa per aprirla e poi afferrando la maniglia per spalancarla.
“Buongiono!” - fu la prima parola che sentì accompagnata da un sorriso talmente innocente da essere inquietante.
Bonnie si immobilizzò sul posto, con gli occhi sgranati e i muscoli in tensione.
Tutto si sarebbe aspettata, anche un esercito di demoni che avevano deciso di essere cortesi e bussare, tranne Astaroth stesso che adesso se ne stata tranquillo e indifferente ad aspettare…cosa?….che lei ricambiasse il suo saluto?
Bonnie deglutì ed in preda al panico fece l’unica cosa sensata che le venne in mente: urlò il nome di Nicole.

lunedì 20 febbraio 2012

Spoiler "Forse...il destino..." - Capitolo 22

Forse il fatto di avere qualcuno che ti stritolava letteralmente il cervello poteva essere, agli occhi degli altri, una scusa accettabile per essersi dimostrato così debole da non riuscire a combattere, ma per lui no.
Lui si sentiva deluso da se stesso, indegno di essere considerato un vampiro.
E se non era degno di essere un vampiro allora di cosa mai poteva essere degno?
Aveva trascorso la sua vita nella convinzione che la sua natura fosse tutto ciò che gli serviva e tutto ciò che meglio lo rappresentava, che passare il tempo a far finta di essere ancora umano non sarebbe mai servito a nulla.
Essere un vampiro era tutto ciò che realmente aveva, l’unica cosa che sapesse fare al meglio.
Ma se si lasciava sottomettere così dal primo demone che passava, se non era più in grado di essere un vampiro temibile allora quale altra ragione aveva per continuare a lottare e ad andare avanti?




Eccomiiiiii!!!!
Oddio stasera sono in ritardissimo, scusateXDXDXD
Allora...il POV dello spoiler è un POV Damon, ovviamente!
Ho pensato che se "l'interrogatorio" ve l' ho mostrato dal punto di vista di Astaroth, mi sembrava giusto mostravi il "post-interrogatorio" dal punto di vista di Damon!XD
Oltreutto nel prossimo capitolo cercherò di fare un pò il punto della situazione con tutti i cambiamenti in atto, temporalmente parlando.
Cioè...i nostri eroi sono le versini passate dell'altra Bonnie, dell'altro Damon ecc., giusto?
E vi ho detto fino allo sfinimento che Astaroth è unico nel Tempo. Inoltre tramite una chiacchierata tra Matt e l'altro Matt vi dissi anche che le versioni future non avevano mai vissuto ciò che stavano vivendo le versioni passate, che nel loro 2011 non era mai arrivato nessun Astaroth e loro non avevano mai fatto nessun viaggio nel tempo! Ma i nostri eroi hanno cambiato le cose! Loro hanno incontrato Astaroth e sono andati nel futuro e questo ovviamente sta cambiando anche le storie di vita delle loro versioni future! Insomma....se il tuo passato cambia allora è ovvio che cambi anche tu! Se nel tuo passato succede una cosa che non ti era mai capitata è logico che tu poi la ricordi come se fosse successa anche a te! Sono confusionaria, lo so XD, ma spero di riucire a spiegare meglio ciò che voglio dire nel capitolo di giovedì!
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 16 febbraio 2012

Rubrica Fotografica: Così come li vedo io!

Ciao!Innanzitutto vi chiedo ancora scusa per aver saltato la scorsa settimana a causa della brutta influenza che avevo e poi, dopo il capitolo, adesso che tutto è tornato alla normalità, eccomi qui a postare le nuove foto di questa settimana.
Ho deciso di postare le foto di Matt, Katie e Lucas!*_*
Matt...beh...lo conoscete tutte, mi sa, no?
Lui vi confesso che l'ho sempre immaginato un pò come il tipo biondo, occhi azzurri e un pò anonimo!XDXDXD
Katie, non so se la ricordate, ma è stata una delle protagoniste delle ultime due storie della serie de "Il linguaggio della resa" dove era una strega che ha aiutato moltissimo i nostri protagonisti diventando una grande amica di Bonnie e Stefan e...la ragazza di Matt!*_*
Infine c'è Lucas e anche lui risale a "Il linguaggio della resa" dove era il vampiro che nella prima storia doveva sposare Bonnie prima del ritorno di Damon, ovviamente! E' un personaggio che amavo parecchio e per questo ho voluto farlo tornare ne "Il grigio della vita" per dargli un finale felice perchè se lo meritava! *_*
Adesso vi lascio alle foto!XD


Matt - Alexander Ludwig
Matt Alexander Ludwig


Da Il linguaggio della resa: Il Sigillo e Il grigio della vita
Katie - Monika Jagaciak
Katie Monika Jagaciak Copia


Da Il linguaggio della resa e Il linguaggio della resa: Il grigio della vita
Lucas - Sean Faris
Lucas Sean Faris

Eccoli qui!
Vi confesso che Lucas l'ho sempre immaginato così quindi quando ho scelto la foto sono andata sul sicuro!XD
Katie...beh....trovo che quella modella sia bellissima e che la rispecchi in pieno e Matt...che dire....quell'attore appena l'ho visto mi è sembrato abbastanza biondo, occhi azzurri e anonimo per essere il mio perfetto Mutt!XDXDXDXD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

"Forse...il destino..." - Capitolo 21

Il risveglio
L’attesa era la parte peggiore.
L’attesa era sempre la parte peggiore.
Sia che si trattasse di un evento lieto, sia che si trattasse di brutte notizie, stare seduta con le mani in mano ad aspettare era la cosa che l’aveva sempre infastidita di più.
Meredith aveva sempre avuto un animo pacato, per questo in molti erano spesso portati a pensare che neppure qualcosa di normalmente così frustrante come una lunga attesa potesse farle saltare i nervi.
La verità, però, era un’altra.
La sua facciata algida le permetteva di nasconderlo bene, ma Meredith si sentiva ribollire dentro quando non poteva concretamente fare nulla per rendersi utile.
Aveva assistito a tutto l’incantesimo fatto da Bonnie senza fare domande e senza opporre resistenza nonostante le cose all’improvviso aveva cominciato a diventare parecchio spaventose.
Bonnie con gli occhi chiusi che si muoveva a scatti e parlava da sola non era stato uno spettacolo né bello né tranquillizzante, ma quando le avevano detto che adesso non restava che aspettare che l’incantesimo facesse effetto e che l’altra Meredith si risvegliasse aveva tirato un sospiro di sollievo e aveva pensato che forse tutto ciò che di terribile era successo ne era valso la pena.
Lei, Owen e l’altro Alaric avevano dovuto aspettare sei ore prima che le ferite dell’altra Meredith cominciassero a rimarginarsi spontaneamente.
Quello era un buon segno perché il veleno demoniaco non era più in circolo e l’altra Meredith sembrava essere tornata come nuova, almeno fisicamente.
Ma da quel momento era cominciata la vera agonia.
Di ferite adesso non ce n’erano, ma l’altra Meredith non accennava a svegliarsi e nel frattempo era calata la notte.
Il pensionato si era fatto silenzioso e, nonostante fossero ancora tutti in piedi, nessuno aveva più messo piede in quella stanza da quando Bonnie aveva terminato l’incantesimo.
Forse perché credevano che si trattasse di una questione di famiglia.
Forse perché credevano che fosse un qualcosa di privato che lei doveva affrontare da sola.
Meredith non ne era certa, ma si sentiva divisa in due.
Da una parte voleva essere sola nel momento in cui l’altra Meredith si fosse svegliata in modo da poter essere la prima a parlarle e da poter avere almeno un momento da sola con lei.
Dall’altra parte voleva che ci fossero gli altri proprio per evitarle un confronto diretto.
Non che avesse timore di qualcosa, ma adesso che si fermava a pensarci lei non aveva mai riflettuto seriamente sulle differenze che potevano esserci tra lei e la sua controparte futura.
L’altro Alaric diceva di stare tranquilla perché era rimasta sempre la stessa, ma Meredith dubitava fortemente che fosse così.
L’altra se stessa era una cacciatrice, una madre forte e una moglie fedele.
Lei fino a pochi giorni prima del loro viaggio nel futuro non aveva fatto altro che pensare al modo più opportuno per troncare qualsiasi rapporto con il suo Alaric visto che non facevano altro che litigare a causa della distanza.
Avrebbe avuto bisogno di un consiglio, ma a chi poteva chiederlo?
A volte il suo ruolo nel gruppo le impediva di essere semplicemente una ragazza qualsiasi un po’ confusa perché lei era quella risoluta, era quella saggia che dispensava consigli, ma quando era lei ad aver bisogno di qualcuno con cui parlare allora le cose diventavano difficili.
Poteva andare da Elena, ma lei aveva già la crisi con Stefan e la sfuriata di Lilian da affrontare e lo stesso valeva per Stefan che già doveva occuparsi di Elena e Lilian per poter badare a lei.
Poteva parlare con Bonnie, ma da quello che aveva capito dalle spiegazioni appena sussurrate che l’altro Damon le aveva fornito, per l’incantesimo Bonnie era entrata in contatto con la parte più profonda dell’animo di Damon e aveva incontrato l’altra se stessa nella sua mente mentre si occupava di tenere a bada una magia che non le apparteneva e per la quale non era ancora pronta quindi adesso Meredith presupponeva che la sua amica avesse bisogno di riposo, sia mentale che fisico.
C’era Matt, ma anche lui doveva trovarsi in un brutto momento visto che aveva dovuto rinunciare ai suoi sentimenti per Bonnie e adesso stava cercando di trovare chissà dove la forza per combattere per una felicità insieme ad una persona che non conosceva e per la quale non provava ancora niente, fidandosi solo delle parole dell’altro Matt.
A parlare del suo Alaric con l’altro Alaric ci aveva già provato, ma non era arrivata davvero ad una soluzione, anzi se possibile la confusione era aumentata.
Quindi non restava altro da fare che stare seduta lì, in quella stanza, accanto a quel letto ad aspettare, sperando e allo stesso tempo non sperando che arrivasse qualcuno.
Ormai l’alba doveva essere alle porte e Owen e l’altro Alaric si erano allontanati un attimo entrambi.
Owen era andato a cercare Lilian e l’altro Alaric era crollato su una sedia poco più in là, andandosene dritto nel mondo dei sogni dopo chissà quante notte di veglia costante a sua moglie.
Meredith continuava a restare lucida, invece, guardando ora la porta ora il corpo addormentato dell’altra Meredith che, poche ore prima, l’altra Elena si era premurata di rivestire con una camicia da notte pulita.
Aveva lottato così tanto per riportarla alla vita che adesso non sapeva cosa pensare.
Alcune volte le era capitato di immaginare il momento in cui l’altra Meredith si sarebbe svegliata, ma nella sua visione delle cose lei avrebbe dovuto sapere quando la sua controparte avrebbe riaperto gli occhi, avrebbe dovuto, in qualche strano modo, sentirlo sulla sua stessa pelle, ma nulla di questo era accaduto.
Lo squarcio si era rimarginato, le varie tumefazioni erano scomparse e l’altra Meredith era tornata ad essere più bella di prima senza che nulla cambiasse in lei.
Adesso poteva vedere l’altra se stessa per come davvero sarebbe diventata, con il volto privo di rughe, i capelli ancora scuri e lucenti e il fisico ancora tonico di chi combatteva giorno dopo giorno per la vita sua e dei suoi cari.
Era l’espressione del viso anche nel sonno ad indicare che anche per lei il tempo era passato, che persino lei era maturata, era cresciuta.
L’espressione del viso e le mani, mani che non erano più perfettamente curate come le sue, ma che erano diventate le mani callose e dure di una donna che aveva imparato a mettere da parte anche quei pochi capricci che aveva per riuscire a tenere al sicuro la sua famiglia, suo figlio in primis.
Meredith si sentiva orgogliosa, orgogliosa e mediocre.
Tutti quelli che la conoscevano non facevano che lodarla per il suo sangue freddo e per la sua mente pronta, ma come facevano a non vedere che anche lei aveva ancora molta strada da fare prima di diventare davvero una persona degna di lode?
L’altra Meredith, invece, ci era riuscita e ne portava i segni, come era giusto che fosse.
Persa nei suoi pensieri, si ritrovò distrattamente ad accarezzare la pelle tirata delle mani che l’altra Meredith teneva giunte in grembo quando all’improvviso si accorse di un movimento appena percettibile delle dita.
Meredith spalancò gli occhi e si alzò lentamente, facendosi più vicina e concentrando la sua attenzione sugli occhi dell’altra se stessa, sperando che si aprissero finalmente.
All’esterno il sole stava tornando a tingere tutto di un perenne arancione e la cupola demoniaca in cui la città era rinchiusa aveva già cominciato a riflettere la sua terrificante luce su tutto il pensionato quando un secondo movimento delle dita dell’altra Meredith arrivò a fare da eco al primo.
Meredith si guardò intorno, guardò verso Alaric.
Si sentiva agitata e fremeva d’impazienza e alla stesso tempo si chiedeva cosa sarebbe successo da lì a poco, come avrebbe dovuto comportarsi se fosse rimasta ancora da sola.
Ma di tempo ormai non c’era più perché nessuno arrivava, perchè lei non aveva il coraggio di svegliare l’altro Alaric dopo settimane in cui non dormiva mai più di due ore a notte e perché adesso l’altra Meredith aveva sollevato appena una mano e aveva stretto la sua.
Meredith prese un bel respiro e decise che ce l’avrebbe fatta.
Si chinò in avanti, sporgendosi vero il viso dell’altra Meredith mentre i capelli le ricadevano tutti da un lato, sfiorando appena il cuscino su cui la sua controparte riposava.
“Meredith?” - provò a chiamare - “Mere? Mi senti?”.
Non ebbe risposta e allora chiamò e chiamò ancora, aumentando appena il volume della voce.
Al terzo tentativo ebbe in risposta un piccolo gemito rauco.
Sorrise e si chinò appena un po’ di più.
“Mered..?” - fece per riprovare, ma l’altra Meredith la prese in contropiede spalancando all’improvviso entrambi gli occhi, di scatto, e tirandosi su a sedere con una velocità ed una coordinazione strana per chi avrebbe dovuto avere tutti i muscoli atrofizzati dopo mesi di completa inattività.
Meredith venne presa alla sprovvista dalla cosa e si ritirò velocemente indietro, finendo seduta sulla sedia sulla quale era rimasta per ore aspettando quel momento.
L’altra Meredith battè un paio di volte le palpebre e poi prese a guardarsi intorno.
Si tastò il petto più o meno all’altezza dove fino a poche ore prima c’era lo squarcio e poi puntò il suo sguardo sull’altro Alaric.
Si concesse un minuto solo per sorridere alla vista di suo marito addormentato prima di voltarsi verso di lei e spalancare gli occhi dalla sorpresa.
“Tu!” - disse - “Che ci fai qui, tu?” - le chiese.
Meredith restò interdetta per qualche attimo prima di ricordare che erano arrivati dal futuro per ordine dell’altro Damon quando l’altra Meredith era già stata da tempo ferita da Astaroth.
“Io…ehmm..vengo dal passato! Dal 2011!” - rispose Meredith.
“Questo lo so anch’io, genio, lo vedo! Quello che voglio sapere è perché sei qui! Sei da sola? Ci sono gli altri? Come hai fatto ad arrivare? Questo voglio sapere! Tu non dovresti essere qui!” - rispose piccata e risoluta l’altra Meredith.
Meredith la guardò per qualche attimo senza parlare, stringendosi nelle spalle e abbassando lo sguardo, mortificata come una bambina sorpresa dalla mamma a fare qualche marachella.
Poi ricordò che quella che aveva davanti non era sua madre, ma era lei stessa e quasi le venne da ridere per l’assurdità della situazione.
Una cosa era certa: l’altra Meredith non era il tipo che le mandava a dire né era il tipo che si faceva impressionare facilmente.
Il quel momento un ridicolo pensiero le attraversò la mente e cioè che, se c’era una cosa che non doveva essere cambiata affatto nel futuro, era quella sottospecie di rapporto che c’era tra lei e Damon.
“Allora? Voglio delle risposte!” - la incalzò l’altra Meredith, al che Meredith non potè fare altro che mettersi dritta e cominciare a raccontare tutto dall’inizio.
Le raccontò del loro primo incontro con Astaroth, dell’arrivo di Nicole e Lilian e delle lotte che ci c’erano state nel passato prima che scoprissero chi fossero in realtà le due ragazze.
A quel punto le raccontò di Nicole che aveva rischiato di scomparire e che poi era tornata giusto in tempo per ricevere un messaggio dall’altro Damon che le diceva di portare tutti loro nel futuro.
Le raccontò del loro arrivo, dell’incontro con i vari loro stessi futuri, di come aveva scoperto la storia di ciò che le aveva fatto Astaroth, delle missioni e di tutto ciò che era successo fino a che Bonnie non aveva fatto l’incantesimo per salvarla.
L’altra Meredith l’ascoltò in silenzio, seduta al centro del letto con le mani che si stringevano a pugno ogni volta che veniva nominato il Figlio del Fuoco.
“Quindi adesso la Bonnie del mio tempo e il Damon del tuo tempo sono entrambi prigionieri di Astaroth?” - le chiese alla fine.
Meredith annuì.
“Si! Da quello che ho capito l’altro Damon pensa che forse è possibile sfruttare la situazione a nostro vantaggio in qualche modo!” - rispose.
L’altra Meredith si portò una mano al mento e soppesò brevemente le sue parole.
“Senza dubbio direi che ha ragione! Bisogna soltanto trovare il modo adatto per farlo!” - disse - “E…tu sai dirmi quanto tempo è passato da quando io sono stata ferita ad oggi?” - le chiese.
Questa volta Meredith fu costretta a scuotere la testa.
“Non saprei dirlo con certezza! Qualche mese probabilmente! Nessuno è mai stato chiaro in merito, ma se tu eri già in quelle brutte condizione prima ancora che Nicole e Lilian venissero nel passato…” - rispose.
L’altra Meredith strinse ancora una volta i pugni, indurendo la mascella.
“Astaroth!” - sibilò - “ Mi ha portato via mesi preziosi con la mia famiglia!” - continuò a denti stretti prima di voltarsi verso di lei.
“Owen! Come sta Owen?” - le chiese.
“Owen….credo che adesso che ti rivedrà di nuovo sveglia starà bene! Ha sofferto molto e la mia presenza qui non deve aver aiutato le cose, ma è un ragazzo forte!” - fece Meredith, sorridendo.
“Si, è un ragazzo forte!” - convenne l’altra Meredith prima di inspirare ed espirare profondamente, chiudendo gli occhi appena un attimo prima di riaprirli a puntarli di nuovo su di lei, fermi e risoluti - “Chiama gli altri! Dì loro che sono tornata, che rivoglio indietro la mia migliore amica e che voglio vendetta per ciò che mi è successo, anzi..per ciò che è successo e sta succedendo a noi tutti!”.


Erano all’alba di un nuovo giorno, ma questa volta c’era qualcosa di diverso nell’aria: Nicole poteva percepirlo.
Dopo l’incantesimo fatto da Bonnie con l’aiuto di sua madre, al pensionato si respirava un’aria differente, leggermente più sollevata, con una calda nota di speranza.
Lei stessa si sentiva meglio.
Il senso di colpa per il fatto che quella che a tutti gli effetti poteva definire sua zia Meredith si fosse sacrificata per salvare lei da un colpo di Astaroth che poteva esserle mortale l’aveva perseguitata per così tanto tempo che adesso la prospettiva che almeno questa crisi fosse superata, che Meredith potesse svegliarsi da un momento all’altro, la rendeva quasi felice e non le aveva permesso di chiudere occhio per tutta la notte.
Voleva esserci quando Meredith avrebbe riaperto gli occhi, voleva essere una delle prime a vederla e voleva confidarle quanto fosse stata in pena per lei e quanto le fosse grata per ciò che aveva fatto, salvandole la vita a costo di perdere la sua.
Non avendo ricevuto notizie per tutta la notte, appena il cielo assunse il suo solito e tragico color arancione spento decise di andare a controllare di persona cosa stava succedendo.
L’ultima volta che aveva fatto visita alla stanza di Meredith era stato verso le tre del mattino, proprio quando la ferita al petto aveva cominciato a rimarginarsi ed in quel momento - Nicole doveva ammetterlo - aveva dovuto abbandonare la stanza per potersi asciugare in tutta calma la lacrima di gioia che le aveva percorso la guancia destra lasciandole una scia salata sul viso.
In quell’istante aveva pensato che, per una volta, era bello piangere di felicità anzi che di dolore.
Legò i suoi capelli in una lunga treccia nera ed infilò una lunga canotta grigia sugli shorts di jeans prima di indossare i suoi soliti anfibi e afferrare la polsiera dal comodino per poter uscire dalla sua camera e dirigersi al piano di sotto, da sua zia Meredith.
Camminava a lunghe falcate, quasi correva, per l’impazienza.
Riavere Meredith indietro sarebbe stato meraviglioso e forse avrebbero avuto delle chance in più di sconfiggere Astaroth e il suo esercito di demoni in un ultimo scontro fatale.
Meredith era addestrata, aveva una mente pronta e un cuore buono: con lei al fianco di suo padre avrebbe potuto concentrarsi solo su Astaroth e lasciare tranquillamente a loro i demoni.
Potevano farcela, Nicole lo sapeva, questa volta potevano farcela sul serio.
Stava per scendere le scale quando si bloccò, guardando lungo il corridoio che ancora le si stendeva davanti.
Bonnie era appena uscita dalla sua camera e si era appoggiata alla parete di fianco alla porta ormai chiusa, lasciandosi scivolare a terra, tremendamente abbattuta.
Nicole ci pensò su appena un attimo e poi andò da lei.
Era da tanto che non aveva più avuto l’occasione di parlare da sola con Bonnie, ma a vederla in quello stato, così turbata, non poteva che andarle incontro.
Le si sedette di fianco, tirandosi le ginocchia al petto e tenendole strette con le braccia.
Sin dall’inizio di tutta quella storia, guardare Bonnie era sempre stato diverso dal guardare Damon.
Quando guardava Damon, Nicole vedeva solo la pallida copia in evoluzione di quello che forse un giorno sarebbe davvero stato suo padre.
Quando guardava Bonnie, Nicole vedeva sua madre. Punto. Con la sua determinazione, il suo animo gentile e i suoi occhi capaci di esprimere un’ immane dolcezza. Forse c’era qualche strato in più di timidezza, ma Bonnie era sua madre e Nicole l’aveva sempre riconosciuta come tale.
“Bonnie…..cosa succede?” - le sussurrò con il tono più pacato che potesse avere.
Bonnie alzò lo sguardo dalle sue mani intrecciate sulle ginocchia unite e si voltò appena verso di lei, sorridendole di un sorriso che non riuscì a contagiare gli occhi: se Nicole voleva una prova del fatto che qualcosa non andasse l’aveva appena ottenuta.
“Va tutto bene, davvero…” - le rispose Bonnie, ma Nicole scosse la testa.
“Non ci provare nemmeno a negare, che tanto non ti credo! Che succede? Ti vedo preoccupata! E’ per Meredith, la nostra Meredith?” - fece Nicole.
Questa volta fu Bonnie a scuotere la testa, causando un uragano di riccioli rossi che si abbatterono delicatamente su una spalla nuda di Nicole.
“L’altra Bonnie….tua madre…ha detto che l’altra Meredith sarebbe stata bene, che bisognava solo aspettare, quindi io confido in lei…” - rispose Bonnie.
“E allora di cosa si tratta?” - chiese Nicole.
“Damon!” - ammise Bonnie.
Nicole restò un attimo in silenzio, sospirò e appoggiò la testa alla parete alle sue spalle, guardando verso il soffitto.
Aveva evitato di pensare a Damon per tutta la notte fino a quel momento.
L’ultima volta che l’aveva fatto aveva pensato che forse si era sbagliata su Damon, che forse stava cambiando davvero. Lentamente, ma lo stava facendo.
Lo scambio era stato una prova concreta dell’inizio di questo cambiamento, ma adesso non sapeva più davvero quali erano i suoi sentimenti rispetto a Damon.
Lui aveva aperto di sua spontanea volontà un collegamento telepatico con Bonnie e Nicole sapeva cosa significava: Damon aveva permesso a Bonnie di vedere nella sua anima, di scrutargli liberamente nel profondo senza opporsi.
Ma cosa stava a testimoniare questo?
Che Damon si stava innamorando di Bonnie?
Che stesse andando oltre tutta la sua fase da idiota cronico?
E per lei cosa significava?
Che finalmente era giunto il momento di cominciare a considerarlo davvero come suo padre?
Che poteva essere libera di tenere a lui, di amarlo come amava suo padre?
Mai Nicole aveva pensato di poter essere davvero una testimone di questo cambiamento tanto radicale, ma se era davvero così, se era davvero ciò che stava accadendo, allora le sarebbe piaciuto vederlo, forse avrebbe capito più cose sulla sua famiglia, la sua famiglia in generale, compresa sua zia Elena.
“Sei preoccupata per Damon?” - chiese a Bonnie.
“Ha chiuso il contatto quando sono arrivati dei demoni per portarlo da Astaroth! Da quel momento non l’ho più sentito e adesso mi stavo chiedendo se….” - rispose Bonnie.
Nicole inclinò appena la testa e la poggiò su una spalla di Bonnie.
“Damon sta bene! Damon sta sempre bene! E torna sempre, qualsiasi cosa accada lui torna sempre! E‘ la prima cosa che mio padre ha voluto che imparassi: che lui torna sempre!” - disse Nicole.
“L’ha detto anche Damon, l’ha promesso!” - fece Bonnie.
A quelle parole Nicole si lasciò scappare un sorriso.
“Allora dobbiamo fidarci! Siamo la sua famiglia……tornerà!” - disse.
Non la vide, ma percepì distintamente che anche Bonnie stava sorridendo quando le passò un braccio dietro le spalle, abbracciandola mentre guardavano insieme le finestre che venivano inondate della luce aranciata del mattino.



Le tecniche psichiche di “interrogatorio” demoniaco si suddividevano generalmente in tre fasi distinte e consecutive: la preparazione, il contatto e il rilascio.
La preparazione non consisteva in altro che in un mucchio di chiacchiere che servivano a predisporre il soggetto agli argomenti ai quali si voleva che pensasse.
La memoria era un fatto strano.
Tutti gli avvenimenti di una vita intera, tutte le emozioni provate e tutte le persone conosciute venivano catalogate e ammassate in quel piccolo reparto del cervello e proprio in quel punto c’era così tanto caos che bisognava che il soggetto venisse preparato, venisse spinto, senza che se ne accorgesse, a pensare solo a determinate cose, a ripescare lui stesso dalla sua memoria ciò che interessava maggiormente al demone che lo stava interrogando.
Quando si trattava di un semplice umano la fase della preparazione poteva anche essere saltata del tutto. In genere gli umani tendevano ad avere una vita breve, quindi una memoria più “ordinata”.
Ma adesso Astaroth aveva di fronte un vampiro, un vampiro molto vecchio tra l’altro, con una memoria attiva da troppi secoli perché non fosse tremendamente ricolma e difficile da setacciare.
La seconda fase era la più elaborata e consisteva nel contatto vero e proprio tra la mente di chi interrogava e la memoria di chi veniva interrogato.
Il soggetto avrebbe solo sentito un dolore immane alla testa, facilmente riconducibile a qualche strano incantesimo di tortura mentale e non si sarebbe reso conto di ciò che stava realmente avvenendo, cioè l’intrusione del demone nei suoi ricordi.
Astaroth l’aveva fatto molte volte ed ogni mente gli aveva presentato dinanzi uno spettacolo diverso.
Alcuni pensavano alla proprio memoria come ad una sorta di computer gigante in cui venivano immagazzinati dati.
Altri vedevano la loro memoria come una camera piena zeppa di tv al plasma sulle quali venivano incessantemente proiettati i momenti della loro vita.
Altri ancora gli mettevano davanti un muro del quale ogni mattone era un ricordo.
Astaroth era curioso di vedere cosa avrebbe trovato nella mente di Damon, su quale scenario si sarebbe mosso.
La terza fase era la più divertente perché poteva essere la più sadica.
Il rilascio era semplicemente il demone che si staccava dalla mente del soggetto riportando tutto alla normalità, ma la cosa poteva avvenire secondo due modalità.
Poteva essere un rilascio delicato, quasi indolore oppure poteva essere brusco e rappresentare l’esperienza più terribile mai vissuta dall’interrogato, come un rastrello dalle punte arrugginite che raschia in profondità il cervello.
Non era difficile immaginare quale fosse la modalità preferita da Astaroth.
Si alzò dalla poltrona su cui se ne stava comodamente seduto lanciando un cenno verso il camino in cui il fuoco prese istantaneamente vita e si apprestò a dare il benvenuto al vampiro che entrò nel suo studio scortato da due dei suoi demoni.
Astaroth sorrise, risistemandosi la giacca.
Per l’occasione aveva lasciato da parte il solito marrone dei suoi abiti e aveva optato per il nero che sapeva essere il colore preferito da Damon.
Persino la sua cravatta era nera, fatta eccezione per il brillante disegno satinato di un gigante rosa e panciuto vestito da pirata che suonava il flauto per un gruppo di piccolissimi esserini rossi con la testa a forma di fungo e delle bocche larghissime dalle quali spuntavano lunghe file di denti affilati. Ogni dente era un diamante: la cravatta che sfoggiava quella sera brillava di luce propria ed era una delle sue preferite, Astaroth ne andava orgoglioso.
“Benvenuto! Spero che i miei ragazzi ti abbiano trattato con il dovuto rispetto!” - disse, facendosi avanti e porgendo la sua mano al vampiro.
Damon lo fissò per alcuni istanti e lanciò un’occhiata ai due demoni che, dopo un impercettibile cenno di Astaroth, stavano abbandonando la stanza.
“Sono stati dei maggiordomi perfetti, dei veri cavalieri! Mi hanno addirittura fatto fare un giro della tenuta!” - rispose Damon, cinico come sempre.
Astaroth sorrise e lo invitò a sedersi sulla poltrona di fronte a quella su cui lui stava riprendendo posto.
“Ah si?” - chiese.
“Già! E a proposito….Cosa sarebbe tutto quel gran movimento di sotto?” - chiese il vampiro, mettendosi a sedere e lanciandogli uno sguardo a dir poco circospetto.
“Oh! L’hai notato?” - fece Astaroth, fingendo platealmente di essere stato preso alla sprovvista dalla domanda - “Beh…non è nulla di che! Ho solo pensato che in questa cittadina manca un po’ di divertimento e non volevo che Nicole morisse nella noia perpetua di questo posto quindi le sto organizzando una sorpresa, per lei e per tutti ovviamente!”.
“Ovviamente!” - gli fece eco Damon - “Sono convinto che Nicole ne sarà felicissima! Almeno potrà mozzarti la testa in un bel Luna Park! Originale come cosa!”.
“Non è un Luna Park, Damon!” - lo corresse Astaroth - “Ma sai una cosa? Ti ringrazio per il suggerimento! Ho pensato spesso a come uccidere tua figlia, ma non ho mai preso in considerazione la decapitazione!”.
Damon gli sorrise, un sorriso di scherno e sfida che nascondeva una profonda rabbia: “Contento di esserti stato d’aiuto!” - gli sibilò in risposta.
Nicole….uno degli argomenti a cui Astaroth voleva che il vampiro pensasse.
Se voleva sapere cosa aveva in mente la ragazza al pensionato, allora aveva bisogno che Damon pensasse a lei il più possibile, che la tenesse così bene a mente che nel momento in cui sarebbe entrato nella sua testa la prima cosa che avrebbe visto sarebbero stati solo ricordi legati a Nicole.
Astaroth schioccò le dita e fece comparire tra le loro due poltrone un tavolino basso di legno d’ebano su cui era poggiato uno scintillante vassoio di cristallo con due bicchieri.
Il demone ne afferrò uno contenente un miscuglio di fuoco e veleno di scorpione che prese a sorseggiare tranquillamente mentre spingeva con una mano l’altro bicchiere verso il vampiro.
“E’ sangue, solo sangue! Non c’è nulla da temere!” - gli disse sorridendo.
“Sangue…” - ripetè Damon - “Già e di chi, se non sono indiscreto?” - gli chiese.
“Stai suggerendo che sia di tua moglie? Che sia il sangue di cui l’ho privata durante settimane di torture?” - fece Astaroth, fingendosi offeso.
“E’ esattamente ciò che sto suggerendo!” - rispose Damon.
“Beh, ti sbagli! E’ comunissimo sangue, di nessuno che tu conosca personalmente!” - lo informò Astaroth.
Damon gli sorrise ancora: “Credo che passerò comunque!” - disse.
Astaroth scrollò le spalle, indifferente: “Come vuoi! Io cercavo solo di essere gentile!”.
“Credo che sia un po’ tardi per cominciare a fare il bravo padrone di casa, non trovi?” - gli fece notare Damon sporgendosi verso di lui e poggiando i gomiti sulle ginocchia.
“A cosa ti riferisci esattamente?” - volle sapere Astaroth, contento che proprio il vampiro stesse andando dritto sull’altro argomento a cui voleva che pensasse.
“Non saprei! Forse al fatto che mi hai fatto assistere alle torture che infliggi a Bonnie senza che potessi fare nulla per aiutarla? Non è stato molto…gentile!” - rispose Damon.
Astaroth sorrise quasi con nostalgia, come se gli si fosse affacciato alla mente un bel ricordo.
“In quel momento ero molto arrabbiato per la vostra effrazione in casa mia e poi…ad essere onesti mi stavo annoiando!” - si difese.
Damon restò in silenzio, ma il suo sguardo divenne ancora più scuro di quanto già non fosse in precedenza e Astaroth lo sentì ringhiare distintamente mentre stringeva i pugni e lo fissava al limite della sopportazione con la mascella serrata e un vena che gli pulsava al lato della testa.
Astaroth finì tranquillamente il suo drink e si alzò risistemandosi i polsini della camicia e stirandosi la cravatta con le mani.
“Cosa vuoi da me? Perché mi hai fatto venire qui?” - si sentì chiedere dal vampiro.
Sospirò pensieroso e si mosse, facendo un paio di passi in avanti per poter arrivare tranquillamente alle spalle della poltrona di Damon.
“Cosa voglio?” - ripetè sorridendo - “Nulla che a parole tu possa darmi!” - gli sibilò all’orecchio sinistro prima di bloccargli la testa con entrambe le mani e dare inizio alla seconda fase dell’interrogatorio.
Damon tentò di ribellarsi, tentavano sempre tutti di ribellarsi, ma alla fine anche il vampiro, come tutti gli altri, dovette cedere sotto il pressante dolore che gli catturò la testa.
Astaroth lo sentì stringere i denti ancora e ancora, ma alla fine anche Damon non riuscì a resistere oltre e cominciò ad urlare: urla strazianti e cariche di rabbia e dolore che riuscivano a risuonare in ogni ala del castello nero.
Nel frattempo Astaroth aveva chiuso gli occhi e, indifferente alle suppliche e alle grida del vampiro, era riuscito a penetrare nella testa di quest’ultimo.
Quando si guardò di nuovo intorno la sua coscienza aveva abbandonato il suo corpo ed era letteralmente entrata nella mente di Damon.
Si trovava in una stanza infinita e dalle pareti completamente nere e lucide in cui riusciva persino a specchiarsi.
L’unica illuminazione erano delle fiammelle che galleggiavano nell’aria sopra la sua testa, totalmente libere di spostarsi a loro piacimento.
Si trovava al centro della stanza e tutto intorno a lui si estendevano a perdita d’occhio delle file concentriche e ben distanziate di scrigni d’oro intagliato e ricoperti da pietre preziose: dovevano essere i “contenitori” dei vari ricordi che Damon aveva accumulato nei secoli.
Secondo i suoi calcoli quelli più vicini dovevano essere quelli che riguardavano Nicole, Bonnie e il pensionato, i ricordi che a lui interessavano e verso i quali aveva spinto Damon durante la breve chiacchierata di pochi istanti prima.
Persino all’interno della mente del vampiro riusciva a sentire le grida che lo raggiungevano e che gli ricordavano che doveva fare attenzione se non voleva che Damon si accorgesse di ciò che gli stava capitando.
Regola numero uno: poteva scrutare tra i ricordi, ma non poteva spostarli da dov’erano altrimenti correva il rischio che la sua intrusione venisse scoperta.
Fece per avvicinarsi allo scrigno che aveva di fronte a se e, senza usare nessun tipo di magia - perché poteva danneggiare qualcosa -  si abbassò e lo aprì con il solo ausilio delle mani.
Istantaneamente dallo scrigno di levò un luce bianca che si infranse sulle pareti lucide della stanza proiettando il ricordo contenuto al suo interno.
Come previsto si trattava di Nicole.
Doveva risalire a qualche giorno prima perché erano al pensionato, insieme al Damon del passato e a Matt Honeycutt e, presumibilmente, facevano piani.
La cosa strana era che sembrava che Nicole gli stesse dando contro, schierandosi con la sua versione passata.
Astaroth passò al secondo scrigno e c’era ancora Nicole.
Erano ancora al pensionato, ma Fell’s Church era fiorente e tranquilla come lo era prima della sua venuta. Nicole sembrava che stesse svanendo e….Astaroth serrò la mascella e cominciò a sentire l’ira che gli ribolliva nel petto.
Non poteva essere!
Non potevano averlo fatto davvero!
Non potevano averlo preso in giro così!
Passò agli scrigni seguenti e ciò che vi trovò fu Nicole che urlava contro Damon e diceva che non era ancora degno di essere considerato suo padre, il Damon che avrebbe dovuto essere quello del passato che si comportava e parlava come se fosse quello del futuro, ancora Nicole abbracciava quello che doveva essere il Damon del passato e non degnava lui nemmeno di uno sguardo.
E alla fine….vide l’incontro nelle sue segrete tra il vampiro e la strega e sentì ciò che il vampiro aveva provato: curiosità, fascino, scoperta.
Quello non era solo il ricordo della prima volta che il vampiro vedeva la strega da quando lui l’aveva rapita, ma era il ricordo del primo incontro in assoluto tra quella versione futura della strega e il vampiro perché quello che aveva davanti, quello di cui stava scrutando i ricordi non era il padre di Nicole, era colui che sarebbe diventato il padre di Nicole, il vampiro del 2011.
L’avevano preso in giro!
Avevano preso in giro lui, Astaroth!
Avevano fatto uno scambio tra i due Damon, facendogli credere di avere il coltello dalla parte del manico quando in realtà non era così!
Astaroth chiuse gli occhi e sorrise.
Adesso che aveva scoperto il loro inganno quasi si sentiva ferito da ciò che gli avevano fatto.
Decise di andarsene di lì, di porre fine a quella farsa dell’interrogatorio, tanto non avrebbe trovato nulla di interessante in quella mente: dubitava che Nicole avesse fatto piani con quello che reputava la versione stupida e poco degna di fiducia di suo padre.
Si rimise al centro di quella stanza scura e chiuse nuovamente gli occhi, immaginando un grosso artiglio che afferrava la mente del vampiro e la stritolava, graffiandola e riducendola in pezzi.
Riaprì nuovamente gli occhi ed era di nuovo nel suo studio, con il vampiro divenuto improvvisamente muto dal dolore.
Staccò le sue mani dalle tempie di Damon e tornò a sederglisi di fronte, cercando di trattenere la rabbia e mostrarsi pacato e tranquillo.
Non avrebbe detto niente! Non avrebbe detto che aveva scoperto l’inganno!
Voleva che continuassero a credere di avere un qualche vantaggio su di lui per poi poterli cogliere alla sprovvista quando meno se lo sarebbero aspettato, quando sarebbero stati più vulnerabili.
Aveva in mente un paio di cosette da mettere in atto che probabilmente gli avrebbero rallegrato diversi anni a venire.
“Quindi era questo che volevi? Torturarmi? Stritolarmi il cervello a morte?” - gemette Damon.
“A morte? Mi sembra che tu sia ancora vivo, no?” - fece Astaroth.
“Allora perché mi hai fatto venire qui? Rispondimi!” - ringhiò Damon.
“Noia, Damon! E’ sempre questione di noia!” - rispose Astaroth, richiamando con un battito di mani i due demoni che avrebbero scortato nuovamente il vampiro nella cella della strega.



“Ti ho cercato dappertutto!” - la voce preoccupata di Owen irruppe violentemente nei suoi pensieri riportandola alla realtà.
Dopo la sfuriata a Stefan e ad Elena di cui era stata protagonista e dopo aver assistito all’incantesimo di Bonnie sulla loro Meredith, Lilian aveva risalito tutte le scale che attraversavano i vari piani del pensionato fino ad arrivare ad una porticina chiusa a chiave che lei aveva aperto senza sforzo andandosi a rintanare in un angolo appartato del tetto.
Voleva stare un po’ da sola e riflettere senza nessuno che le ronzasse intorno.
Ciò che sentiva in quel momento era ansia per la madre di Owen e delusione verso Stefan ed Elena.
Più li guardava e più vedeva il mondo perfetto a cui aveva sempre pensato di appartenere che si sgretolava e le cascava sulla testa, rivelandole le crepe che erano sempre state lì senza che lei ne sapesse nulla.
A dire il vero si sentiva anche un po’ delusa dai suoi genitori perché non le avevano mai parlato di ciò che il loro rapporto aveva attraversato in passato.
Forse era sbagliato che i genitori si confidassero con i proprio figli, ma Lilian pensava che fosse altrettanto sbagliato che i genitori ponessero i figli sotto una perfetta campana di vetro, creando per loro un mondo perfetto e facendo si che conoscessero solo quello.
Non che Lilian non avesse presente tutte le minacce che potevano venire dal mondo esterno, ma non aveva idea delle minacce che potevano venire dalle profondità della sua anima e delle anime delle persone che amava.
Conosceva il dolore fisico inferto da un nemico, ma non conosceva il dolore emotivo che ti può venire inferto dalle persone a cui tieni, quel dolore che ti segna dentro e che ti cambia, quel dolore che può essere più intenso di qualsiasi ferita possa subire il tuo corpo.
Lilian non era preparata a tutto questo e adesso che guardava Owen si chiedeva se non avesse idealizzato anche il loro rapporto sulla base di quello che aveva sempre creduto essere il rapporto simbiotico e privo di qualsiasi imperfezione dei suoi genitori.
Non sapendo cosa fare o cosa rispondergli, si limitò a sorridergli debolmente, alzandosi in piedi e cercando di ripulire dalla polvere il vestito leggero che indossava, strofinandolo con le mani.
Owen le si avvicinò e senza alcuna esitazione le sorrise e l’abbracciò passandole le mani lungo tutta la vita, spingendola verso di se e tenendola saldamente.
“Pensavo di averti persa!” - scherzò.
Lilian abbassò lo sguardo, completamente rossa in volto, poggiandogli delicatamente le mani sulle braccia lasciate scoperte dalla camicia alla quale erano state ripiegate frettolosamente le maniche fino all’altezza dei gomiti.
“Ero qui!” - ripose.
Owen annuì: “Come stai?” - le chiese premurosamente.
Lilian sorrise e alzò gli occhi ad incontrare quelli grigi di lui: “Sto bene! Benissimo, anzi!” - rispose.
Ma Owen non le credette e scosse la testa.
“Qualsiasi cosa tu stia pensando…non è così grave come sembra, Lilian!” - le disse - “Hai fatto bene a dire ciò che pensavi e vedrai che le cose tra Stefan ed Elena miglioreranno adesso! Non credo che rimarranno indifferenti a tutto ciò che hai detto, non Stefan almeno! Lui capirà e saprà cosa fare per rimettere le cose al loro posto senza pregiudicare in alcun modo te!”.
“Ed Elena?” - chiese Lilian.
Owen rimase a fissarla in silenzio per alcuni istanti prima di risponderle.
“Seguirà Stefan! Lo
ha già fatto una volta!” - le disse, riferendosi ai suoi genitori che qualche anno prima erano allo stesso punto in cui erano adesso Stefan ed Elena. Lilian annuì, riabbassando la testa, ma fu costretta a rialzarla di scatto quando Owen serrò di più la presa sulla sua vita e prese in mano un argomento che cercavano sempre di evitare entrambi, un argomento che avevano deciso di riprendere solo quando tutta quella storia di Astaroth sarebbe finita.
“E…per quello che riguarda noi, quello che c’è tra noi due….io ti conosco, Lilian, e so cosa stai pensando! Ma ti assicuro che…quello che abbiamo è reale, non è una fantasia né un sogno idealizzato né la copia perfetta di qualsiasi altra cosa! E’ reale! Lo sento! Lo so! Il nostro…è un amore reale!” - le disse.
Lilian sentì gli occhi pungerle per le lacrime che all’improvviso erano accorse, in risposta all’ultima affermazione di Owen.
“Amore?” - gli chiese.
Owen sorrise appena e abbassò il suo viso fino a far toccare la fronte di Lilian con la sua.
“Tu in quale altro modo lo chiameresti?”.
A Lilian mancò il respiro.
Lei sapeva, sapeva con tutta se stessa di amare Owen, di amarlo da sempre e, forse era un po’ presuntuoso dirlo, ma si era sempre sentita amata da lui.
Quella, però, era la prima volta che usavano entrambi la parole “amore” per descrivere ciò che sentivano l’una per l’altro.
Una lacrima le rigò il viso e subito sentì una mano di Owen che corse ad asciugargliela prima di avvicinare le labbra alla sua guancia, lasciandole un bacio tenero che le scaldò l’anima.
Sentì il cuore cominciarle a correrle nel petto e il respiro che le diventava affannoso mano a mano le labbra di Owen si spostavano dalla guancia a quella piccola parte sensibile appena dietro il lobo dell’orecchio fino a scenderle lungo il collo.
Dovette aggrapparsi alle spalle di lui per non cadere e allora Owen la strinse maggiormente mentre le baciava la spalla quasi del tutto nuda, fatta eccezione per la sottile bretellina del vestito che indossava.
Mai, mai, mai aveva provato delle sensazioni simili e mai lei ed Owen erano stati tanto vicini, ma forse le cose stavano cambiando, forse non era la sola ad aver cominciato a pensare che quel patto che avevano fatto era stato un terribile sbaglio, forse non era la sola ad aver cominciato a credere che stargli accanto senza poterlo sfiorare come avrebbe voluto non le bastava più.
Quel momento, però, venne interrotto quando captò con il suo udito da mezza vampira la notizia che la madre di Owen era finalmente sveglia.
Si staccò da lui quasi bruscamente e non potè fare altro che sorridere dell’espressione del ragazzo.
“Che succede? Ho fatto qualcosa che…” - subito si preoccupò lui.
Lilian scosse vigorosamente la testa.
“No, Owen, no! E’ tua madre….si è svegliata!” - gli comunicò restando a guardare mentre sul viso di Owen prima calava la confusione, poi la consapevolezza e infine la gioia.
“Mia madre…” - disse.
Lilian annuì: “Andiamo!” - lo esortò, prendendolo per mano e trascinandoselo dietro mentre tornavano alla porta che dava sull’interno del pensionato e scendevano le scale fino ad arrivare alla stanza dove la madre di Owen, la loro Meredith, sorrideva a tutti, completamente guarita, standosene seduta al centro del letto con il marito che non faceva altro che riempirle la mano di baci devoti.
Owen scoppiò a ridere e si tuffò su sua madre, stringendola e gridando quanto gli fosse mancata.
Erano presenti tutti in quella stanza e tutti stavano condividendo la gioia di quella famiglia che finalmente si ritrovava.
Istintivamente Lilian si avvicinò a Stefan e ad Elena.
“Vi chiedo solo una cosa…” - sussurrò loro - “Quella felicità!” - disse indicando il padre, la madre e il figlio finalmente riuniti - “Per noi tre desidero solo quella felicità! Ve ne prego!”.