Il nuovo bambino
“Mamma e com’era il drago?”
“Il
drago? Il drago era enorme, grande quanto una cattedrale, con due
possenti ali ed era tutto blu, di un blu così scuro che di notte si
confondeva con il cielo…”
“E sputava tanto fuoco?”
“No, questo
drago era un drago particolare! Era il comandante di tutti i draghi e
come tale aveva capacità diverse che lo distinguevano dagli altri…”
“Ad esempio?”
“Ad
esempio lui non sputava fuoco, ma ghiaccio! Lunghe lance di ghiaccio
pericolosissime per ogni cavaliere osasse sfidarlo e, infatti, il
principe per poter salvare la principessa dovette combattere
strenuamente contro questa possente creatura. Fu una lotta così
difficile che quasi temette di perdere, ma alla fine…”
“Noooo! Non dire che alla fine vince, salva la principessa e vivono tutti felici senza più il drago..”
Damiano,
dal suo lettino nella sua camera, fece quell’osservazione alla madre,
intenta a raccontagli l’ennesima favola della buonanotte, con tutta
l’innocenza che un bambino di tre anni potesse avere, certo senza
sapere che in quel modo metteva in seria difficoltà Margherita che ogni
volta non riusciva a capire come concludere una storia.
Già di per
se era difficile inventarle visto che Damiano era un bambino molto
perspicace per la sua età e particolarmente amante dei racconti di
gloriose battaglie e strane creature inventate, ma arrivati al finale
la cosa si complicava.
Lì dove ogni bambino avrebbe voluto il lieto fine, infatti, Damiano lo respingeva a pretendeva altro.
“Beh…a dire il vero era proprio quello che stavo per dire…” - rispose Margherita accennando un sorriso dolce al figlioletto.
“No, non mi piace!” - si ostinò il bambino.
“E allora quale finale vorresti?”.
“Un
finale dove il drago sconfigge il principe troppo buono e porta via con
se la principessa che capisce che anche il drago è buono e che tutti
pensano che sia cattivo solo perché è tutto scuro…” - rispose Damiano,
illuminandosi di un sorriso così entusiasta da contagiare anche i suoi
enormi occhi scuri che, per l’euforia, divennero lucidi e splendenti.
“Perfetto!
E allora…dopo una strenua battaglia il principe viene sconfitto, la
principessa vola via con il drago e capisce che in realtà è un drago
buono. La morale potrebbe essere che a volte l’apparenza inganna…”
“La mo…cosa?”
“Oh,
niente! E’ un po’ presto per metterci morali nelle storie!” - rispose
Margherita, alzandosi dal letto del bambino per potergli lasciare un
leggero bacio su una guancia.
“Adesso è giunta l’ora di dormire! Fuori è buio e la mamma deve parlare col papà..”
“Di cosa?” - chiese Damiano.
“Te lo diremo domani..” - rispose sua madre.
“Ma se adesso che te ne vai arriva il drago?”
“E’ un drago buono, ricordi? L’hai detto tu!”
“Oh..si…è vero!”
“Coraggio!
Chiudi gli occhietti, fai un bel sogno e vedrai che in men che non si
dica sarà di nuovo giorno e potremo giocare ancora molto!” - lo esortò
Margherita.
Damiano, in fondo, nonostante per la sua età fosse
parecchio sveglio, era pur sempre un bambino di soli tre anni e come
tale, di notte era sempre un po’ riluttante a restare da solo nella sua
camera.
“Va bene! Ma non chiudere la porta, mamma!” - acconsentì
alla fine, sporgendosi per ricevere un nuovo bacio e tirandosi le
coperte fin sotto il mento mentre guardava sua madre uscire dalla
stanza.
Accanto al suo letto, sul piccolo comodino, un’unica candela
era ancora accesa e Damiano si perse con lo sguardo ad osservarne la
fiammella e poi il fumo che saliva verso l’alto e veniva attirato fuori
dalla finestra semiaperta che lasciava passare un po’ dell’aria che di
sera arrivava a rinfrescare corpo e mente dopo il caldo sole delle
giornate ormai entrate nel pieno dell’estate.
Non gli piaceva restare da solo; fondamentalmente era quello il problema che si affacciava alla mente del bambino ogni sera.
Durante
il giorno, anche se non erano presenti sua madre e suo padre, Damiano
era sempre circondato da tante persone sia che si trovasse in giardino
a giocare, sia che fosse in casa o che andasse nelle scuderie ad
accarezzare il suo cavallo preferito: un maschio grosso e tutto nero
che suo padre aveva chiamato Furore.
Di sera, però, tutto cambiava.
I lavori in casa e nel giardino si fermavano, le scuderie venivano
chiuse ed ognuno si ritirava nella propria stanza lasciando dietro di
se solo un immenso silenzio che spaventava molto Damiano.Tutti credevano che si trattasse del buio.
“Ha solo paura del buio”, dicevano, ma l’oscurità non lo spaventava affatto, anzi, semmai era il contrario.
Damiano
amava fissare il cielo scuro di notte. Gli piaceva contare le stelle e
ancor di più gli piaceva immaginare di incontrare una ad una tutte le
cose che potevano nascondersi nel buio.
A volte sentiva sua madre
parlare con altre madri di bambini che di notte scappavano se sentivano
un rumore provenire dal loro armadio o da sotto il loro letto.
Damiano
no, lui non era così, lui non scappava. Se avvertiva un rumore
provenire dal suo armadio lui correva ad aprirlo, curioso di incontrare
cosa si celasse lì dentro. Peccato che si trattasse sempre di qualche
vestito che cadeva dal ripiano su cui era posizionato e nulla più.
Era
un bambino curioso ed estremamente coraggioso, sua madre glielo
ripeteva sempre e lui le credeva e ne andava orgoglioso anche se non
conosceva ancora davvero il significato di quelle due parole, ma gli
sembravano belle e sua madre gliele diceva dandogli un bacio sulla
fronte e sorridendogli quindi non dovevano essere così tanto cattive.
Gli
piaceva chiamarsi Bambino Coraggio durante i suoi giochi e di solito,
soprattutto quando giocava al grande condottiero, vinceva sempre con
quel nome quindi gli si era affezionato.
Aveva lo sguardo fisso
sulla finestra e il cielo scuro, come ogni sera, quando la sua
attenzione venne catturata da un rumore di passi veloci per le scale.
Si alzò immediatamente.
Pensò
che se mai qualcuno lo avesse colto in flagrante e avesse fatto per
rimproverarlo lui si sarebbe guistificato dicendo che era il Bambino
Coraggio e che la curiosità lo aveva spinto verso l’avventura poi prese
un bel respiro ed uscì dalla sua camera.
Indossava un camicia da
notte di lino fresco, i piedi erano scalzi e i capelli erano ormai
tutti scompigliati dopo essersi agitato tanto sul cuscino mentre sua
madre gli raccontava la storia del drago, ma il piccolo Damiano aveva
altro a cui pensare il quel momento che non ai suoi capelli quindi
lasciò perdere e attraversò silenziosamente il lungo corridoio fino a
dirigersi verso l’enorme scalinata che dal piano superiore della villa
portava dritto all’atrio dove c’era la porta d’ingresso principale.
Si
affacciò, ma non vide nessuno, quindi prese a scendere i primi gradini
fino a che non riuscì a percepire due voci sommesse che provenivano dal
piccolo salottino di fianco all’ingresso, quello dove si facevano
accomodare gli ospiti prima di portarli nella grande sala.
Una delle
voci sembrava quella di sua madre ed improvvisamente gli ritornò alla
mente ciò che lei poco prima gli aveva detto e cioè che doveva dire una
cosa a suo padre, una cosa che lui avrebbe saputo solo il giorno dopo.
Beh…già
che era lì ed era il Bambino Coraggio pieno di curiosità insoddisfatta,
perché non approfittarne e scoprire tutto subito, no?
Si addossò al
lato destro della scalinata e la percorse fino all’ultimo gradino prima
di cimentarsi in una veloce camminata silenziosa grazie alla quale
riuscì ad arrivare fuori alla porta aperta della stanza dove i suoi
genitori stavano parlando tra loro senza essere né visto né sentito.
Si
appostò lì, scivolando con la schiena lungo la parete e accovacciandosi
a terra, piegando le ginocchia al petto e stringendosele a se con
entrambe le braccia.
Teneva la testa basta.
Aveva calcolato che se abbassava la testa forse il nero dei suoi capelli lo avrebbe reso del tutto invisibile nella casa buia.
Prese ad ascoltare di nascosto. Sapeva che non era educato farlo, ma lo trovava divertente.
“Margherita!
Oh, mia adorata Margherita…tu…l’emozione è così grande che non sono
sicuro di aver inteso bene le tue parole…” - sentì dire a suo padre con
una voce parecchio strana per i parametri che Damiano usava per
definire il suo genitore.
Nella mente del bambino, infatti, Giuseppe
ricopriva un ruolo marginale rispetto a quello che ricopriva
Margherita. Suo padre non era mai in casa quindi non lo conosceva molto
bene e le poche cose che aveva imparato a conoscere lui le aveva
catalogate in modo da saper riconoscere i vari stati d’animo di suo
padre a mano a mano che si presentavano.
Più che altro riconosceva i cambiamenti nel tono di voce.
C’era la voce burbera per quando era stanco per via del lavoro.
C’era la voce esausta per quando era stanco per via della gestione della loro tenuta.
C’era la voce triste per quando si parlava di sua nonna, la mamma di suo padre volata in cielo prima che lui nascesse.
C’era la voce rilassata e divertita per la domenica.
Quel
tono di voce, però, quello che suo padre stava usando in quel momento,
usciva fuori da qualsiasi schema Damiano si fosse fatto nella mente:
era troppo….contento, entusiasta.
“Ti assicuro che è proprio così,
mio caro! Non riuscivo a crederci quando il nostro medico lo ha
confermato. Credevo che Damiano fosse stato un miracolo, un caso
isolato e già mi ritenevo fortunata solo per aver avuto lui e invece…un
altro bambino, Giuseppe, avremo un altro figlio e Damiano avrà un
fratellino con cui giocare oppure una sorella! E’…un miracolo,
l’ennesimo miracolo..” - fece Margherita.
Damiano, all’esterno della stanza, smise di ascoltare e alzò la testa di scatto.
Forse sarebbe tornato visibile, ma non gli importava.
Aveva capito bene?
Stava per arrivare un altro bambino?
Un fratellino oppure una sorella, avevano detto?
Sua madre e suo padre sembravano felici, ma lui come doveva prenderla?
Era un bene oppure era un male?
Sbirciò
cautamente nella stanza e vide sua madre in lacrime che piangeva di
gioia seduta accanto a suo padre su un divano, con la testa appoggiata
ad una sua spalla mente lui la stringeva a se passandole un braccio
intorno alle spalle e le sfiorava la pancia con l’altra mano libera.
Damiano si accigliò.
Decise che ci avrebbe ragionato un po’ su prima di decidere cosa pensare.
Damiano
impiegò quattro mesi dal giorno in cui sua madre e suo padre finalmente
gli avevano parlato della notizia dell’arrivo di un fratello o di una
sorella per decidere se la considerava una cosa buona oppure una cosa
cattiva.
Dopotutto erano diversi i pro e i contro da tenere presenti.
Damiano
aveva già visto cosa succedeva nelle famiglie quando c’era già un
bambino e poi ne arrivava all’improvviso un altro e la cosa non lo
faceva stare del tutto tranquillo.
Da una parte sua madre aveva
ragione quando gli diceva che avrebbe avuto qualcuno con cui giocare,
ma dall’altra sapeva che avrebbe dovuto aspettare perché il bambino
nuovo si trasformasse in un degno compagno di giochi e ci sarebbero
voluti anni visto che almeno doveva diventare com’era lui in quel
momento.
Poi c’era quella cosa del fratello maggiore che suo padre
non faceva altro che ripetergli. Gli diceva che ora doveva pensare
anche al suo fratellino o sorellina, che doveva avere cura di lui e
allora Damiano si chiedeva perché, perché doveva avere lui cura del
nuovo figlio se c’erano già loro due. Non aveva molto senso.
Quando
lo faceva presente a sua madre - non si sarebbe mai azzardato a dire
una cosa simile a suo padre - lei gli rispondeva che era perché lui
stava diventando grande a poco a poco ed era quello che facevano i
grandi, soprattutto i fratelli maggiori: proteggevano quelli minori.
Damiano
non sapeva cosa sua madre volesse dire con quelle parole, ma nella sua
ingenuità di bambino sperava solo che non gli nascesse un fratello o
una sorella con la paura del buio o dei mostri perché quello proprio
non l’avrebbe sopportato.
Se il nuovo bambino voleva essere suo amico allora doveva imparare a farsi piacere quello che piaceva a lui.
La
divisione dei giocattoli già sapeva che non sarebbe stata un problema.
Damiano ne aveva tantissimi e gliene venivano sempre regalati di nuovi,
ma non li usava quasi mai perché a lui piaceva correre nel parco e
viaggiare di fantasia più che stare fermo in una stanza piena di cose
che non gli interessavano cercando di divertirsi senza successo.
Per quanto riguardava la divisione dell’attenzione dei suoi genitori…ecco, quello lo impensieriva un po’ di più.
Sua
madre gli aveva già detto che soprattutto all’inizio della vita del
nuovo bambino lui sarebbe forse stato trascurato un po’ perché creature
così piccole avevano bisogno di molte attenzioni e Damiano non sapeva
se la cosa gli andava bene oppure no.
Suo padre non era il tipo di
padre che ti ripeteva sempre che ti voleva bene o ti abbracciava in
continuazione e, a conti fatti, Damiano era molto più legato a sua
madre che non a Giuseppe, ma non era cattivo e quando non era impegnato
con il suo lavoro era sempre pronto a giocare con lui o a portarlo in
giro per la tenuta in groppa a Furore dato che lui da solo era troppo
piccolo per salirci. Comunque sia le attenzioni che Damiano riceveva da
suo padre restavano sempre relativamente poche e doverle anche
dividere….
Sua madre invece era sempre con lui. Gli parlava, gli
raccontava storie, lo coccolava e insieme facevano lunghe passeggiate o
picnic nel loro immenso giardino. Ricevava da lei così tante attenzioni
che, ad un occhio esterno, doverle dividere non sembrava poi una così
grossa tragedia, ma Damiano era un bambino già profondamente geloso e
possessivo nonostante la giovanissima età.
Era geloso della sua mamma ed era geloso del tempo che trascorreva con lei.
Il nuovo figlio sarebbe arrivato a rovinare tutto?
Damiano
questo non lo sapeva, ma se lo chiedeva spesso e principalmente era
stata quella la domanda che lo aveva fatto titubare di più al momento
di prendere la sua decisione sul fatto di vedere di buon occhio oppure
no quella nascita.
Al momento aveva deciso di bloccarsi sul “forse”,
dando al nuovo bambino un tempo massimo di due giorni dopo la sua
venuta al mondo per dimostrargli che si sbagliava quando pensava che
sarebbe stato solo un peso.
“Allora, piccolino? Sei contento oppure
no dell’arrivo di un nuovo bambino? Quando te lo chiedo non mi rispondi
mai…” - fece Margherita per l’ennesima volta.
Stavano passeggiando
lungo il roseto che costeggiava una parte del giardino, mano nella mano
con Damiano che di tanto in tanto lanciava occhiate poco convinte alla
pancia già grande e tonda della sua mamma.
“Ho deciso che decido dopo che è nato!” - rispose.
“Oh, ho capito! Vuoi prima conoscerlo…”
Damiano annuì.
“Bene!
Allora non mi resta che sperare che i miei bambini vadano subito
d’accordo…” - sospirò Margherita prima di fermarsi e abbassarsi
all’altezza del piccolo Damiano per poterlo guardare in viso con i suoi
occhi verdi mentre lo teneva dolcemente per le spalle.
“Io ti vorrò
sempre bene, lo sai, vero? E anche tuo padre! Continueremo ad amarti
proprio come facciamo adesso, solo che ameremo allo stesso modo anche
il tuo fratellino o la tua sorellina e mi piacerebbe che anche per te
fosse lo stesso, che anche tu lo o la amassi perché è così che funziona
nelle famiglie…” - gli disse nel suo solito tono sincero e tenero - “Mi
prometti che farai uno sforzo? Che ti impegnerai per farmi felice?”Damiano
accasciò le spalle, guardando il sorriso della sua mamma e non potendo
fare a meno di sorridere a sua volta, annuendo per accontentarla.
“Te lo prometto! Davvero…” - disse.
Il
volto di Margherita si illuminò e strinse a se il bambino che ricambiò
subito l’abbraccio avvolgendo il collo di sua madre con le sue piccole
ed esili braccia.
Ma qualcosa cambiò in fretta e Damiano se ne
accorse subito quando sentì la stretta di sua madre indebolirsi
all’improvviso e vide le braccia di lei ricaderle mollemente lungo i
fianchi.
La guardò preoccupato e la vide che stringeva gli occhi e
si portava una mano sulla pancia, lì dove c’era il bambino, come se
stesse soffrendo un grande dolore.
“Mamma? Mamma, stai bene? Mamma?” - prese a chiedere.
Lei
restò ancora qualche attimo in silenzio, facendo lunghi rspiri per
prendere fiato mentre passava una mano nell’erba umida e poi se la
portava semi-bagnata alla fronte.
Damiano non capiva cosa stava
succedendo, ma quando Margherita gli disse che andava tutto bene lui,
per la prima volta in vita sua, non credette alle parole di sua madre e
corse verso le scuderie.
Da lontano aveva visto che uno degli
stallieri stava sellando Furore e ciò significava che suo padre doveva
essere ritornato dato che nessun altro oltre al padrone di casa aveva
il permesso di avvicinarsi a quel cavallo se non dietro preciso ordine
del conte.
Damiano corse a perdifiato e trovò suo padre che usciva da una delle porte laterali della villa, diretto verso le scuderie.
“Padre! Padre! Papà!” - prese ad urlare.
Giuseppe
si voltò verso di lui, accigliato, e quando se lo ritrovò praticamente
addosso si abbassò anche lui alla sua altezza così come poco prima
aveva fatto Margherita e lo esortò a parlare.
“Damiano! Cosa succede? Lo sai che non voglio che tu corra così tanto da farti venire il fiatone, potresi ammalarti…”
“Si, lo so, ma è la mamma…la mamma sta male…” - fece Damiano.
Gli occhi di suo padre cambiarono espressione in un attimo, si fecero attenti e ansiosi.
“Dov’è? Portami da lei!” - gli ordinò.
Damiano
annuì e gli prese una mano, tirandoselo dietro verso il roseto. Erano
arrivati a metà strada quando da lontano scorsero la figura di
Margherita che, ripresasi, si avviava lentamente verso di loro.
Padre e figlio la raggiunsero in un attimo.
“Marherita,
mia cara, stai bene? Damiano mi ha detto che hai avuto un malore…” -
fece Giuseppe, passando un braccio intorno alla vita della moglie per
poterla sorreggere e aiutare lungo il cammino verso la villa.
“Sto bene, sto bene, vi preoccupate troppo voi due….” - ripose lei, rimproverandoli bonariamente con un sorriso.
Damiano non sapeva cosa dire o che pensare.
In
un certo senso si sentiva anche in colpa per essere corso così verso
suo padre e averlo fatto spaventare perché se sua madre stava davvero
bene allora lui avrebbe dovuto ascoltarla e restare con lei senza far
preoccupare nessuno come, invece, aveva fatto.
Abbassò la testa e prese a camminare alle loro spalle, mesto.
Giuseppe fece segno a Margherita di aspettare e si voltò verso di lui.
“Hai fatto la cosa giusta a venire subito a chiamare me, Damiano…” - gli disse, passandogli una mano tra i capelli corvini.
Il
bambino si sentì immediatamente rincuorato e, non sapendo bene come
reagire a quel gesto di affetto così plateale da parte di suo padre,
si voltò a guardare sua madre che gli annuì dolcemente. Allora prese
posto di fianco a suo padre e gli strinse una mano.
Da quel
brutto giorno, però, fino alla fine della gravidanza, Damiano aveva
cominciato a fare ciò che ogni bambino di buona famiglia e con una
buona educazione non avrebbe mai dovuto fare: origliare sempre e
comunque qualsiasi conversazione suo padre e sua madre avessero tra
loro o con altri.
Prima era una cosa che capitava, non lo faceva di
proposito ed erano rare le volte in cui non era lui stesso ad uscire
allo scoperto subito e a farsi notare beccandosi anche una bella
sgridata da entrmbi i genitori che ci tenevano molto alle sue buone
maniere. Poi sua madre si era sentita male e lui aveva già i suoi buoni
motivi per non fidarsi del nuovo bambino, quindi alla fine origliare
era diventata un’abitudine, un vizio anzi.
Dopotutto lui era un
bambino e benchè fosse preoccupato per la sua mamma che, mese dopo
mese, sembrava avere sempre più malori e momenti di scarsa salute e
lucidità, non gli dicevano molto tranne che sarebbe presto stata bene,
ma lo facevano tutti con degli occhi così angosciati che persino se
Damiano fosse stato un bambino meno perspicace di quello che era in
realtà si sarebbe acorto che gli stavano raccontando un mare di
frottole. Persino suo padre, il conte Giuseppe di Salvatore, l’uomo
tutto d’un pezzo che non ammetteva menzogne di nessun genere gli
mentiva e questo non poteva non mettere in allerta Damiano.
Se gli ripetevano in continuazione che dire bugie era sbagliato, allora perché tutti avevano preso a farlo?
Credevano che fosse così stupido da non accorgersene?
Damiano
prendeva la cosa molto sul personale, non ne capiva il motivo
principalmente e, d’altronde, era così piccolo che non riusciva a
comprendere che se gli mentivano era per il suo bene, per tenerlo al
sicuro da quella che era una brutta verità che stava prendendo sempre
più piede nel cuore del conte, di Margherita e di tutti i domestici e
stallieri della tenuta.
Damiano era stato un miracolo, la sua
nascita era stata inattesa e insospettata. Le possibilità di Margherita
di avere dei figli erano pressochè nulle e invece aveva messo al mondo
lui, il suo primo figlio maschio, quel primo figlio che si era sempre
creduto sarebbe rimasto l’unico.
Poi era accaduto di nuovo, a tre
anni di distanza la contessa era rimasta incinta nuovamente, ma sperare
in un nuovo miracolo forse era un po’ troppo persino per lei, una donna
dal cuore puro e devoto.
Il suo corpo non era in grado di sopportare
una nuova gravidanza che, infatti, la stava facendo deperire a poco a
poco, portandole via energia e forza vitale, ma lei non si arrendeva,
non aveva intenzione di farlo.
Nonostante tutto la nuova creatura
dentro di lei stava superando ogni avversità e stava crescendo, si
stava preparando a prendere il suo posto nel mondo e la contessa non
era intenzionata a cedere, non voleva privare quel bambino della sua
unica opportunità di vita solo per rimettersi in forze e tornarsene
alla spensieratezza delle giornate che fino ad allora aveva vissuto.
Si sarebbe sacrificata, se necessario, l’avrebbe fatto con tutto il cuore.
Fu durante una nottedi primavera piena di stelle che la contessa cominciò ad urlare.
La villa si rianimò prontamente e fu subito chiaro che il travaglio era cominciato e il parto era imminente.
Damiano
rimase fuori alla porta della camera da letto in cui era sua madre per
un tempo indefinito, guardandola soffrire così tanto con le lacrime
agli occhi mentre veniva raggiunta da alcune donne che parlavano tra
loro dandosi istruzioni e gridavano a lei di mantenere la calma, che
sarebbe andato tutto bene.
Venne trascinato via dalla mano di suo padre che gli si posò fermamente su una spalla.
Andarono fuori, in giardino, il più lontano possibile dalle urla.
Quella
notte Damiano la passò in silenzio, seduto sulle ginocchia di suo padre
a guardare la luna e a chiederle di non prendersi la sua mamma, di
lasciarla lì con lui, di dargli quel benedetto fratellino se proprio ci
teneva, ma di lasciare lì anche la sua mamma.
Padre e figlio, angosciati ed in attesa, non si rivolsero parola.
Damiano non sapeva cosa chiedere e Giuseppe non sapeva cosa rispondere in caso di domande del figlio.
Ma
rimasero insieme, uniti così tanto forse per la prima ed ultima volta
nella loro vita. Rimasero insieme fino all’alba, fino al momento in cui
il pianto disperato di un bambino non arrivò ad accompagnare il primo
raggio di sole del nuovo giorno.
Una domestica venne loro incontro e Giuseppe corse via subito.
Damiano
se la prese con più calma. Si alzò, si risistemò con le mani i capelli
e poi diede la mano alla domestica che, sorridente, lo portò fino al
piano superiore davanti alla camera da cui si sentivano provenire le
voci di sua madre e di suo padre.
“Avanti, signorino! Potete
entrare…” - gli sussurrò la donna che gli era accanto prima di
lasciarlo solo e dileguarsi velocemente lungo il corridoio.
Damiano rimase fermo lì fuori ancora un po’ prima di decidersi ad entrare.
La prima cosa che vide fuorno le lacrime di suo padre e pensò che dovevano essere lacrime di gioia per la nuova nascita.
“Damiano!
Piccolo, vieni, vieni a conoscere il tuo fratellino!” - lo esortò sua
madre con un tono basso e stanco che Damiano non le aveva mai sentito.
Si
avvicinò al letto, sbirciando nella copertina che sua madre teneva tra
le braccia e dalla quale vedeva spuntare una piccola mano che doveva
essere la metà della sua.
“Un fratellino?” - chiese, suo malgrado,
con una certa soddisfazione: se proprio doveva scegliere tra un
fratello e una sorella, allora meglio il fratello, si era sempre detto.
“Si, un fratellino!” - gli confermò sua madre.
“E
come si chiama?” - chiese allora, sporgendosi col busto in avanti fino
a vederlo finalmente, il bambino di cui tanto si era parlato e a cui
tanto lui stesso aveva pensato in quei mesi.
“Stefano! Si chiama Stefano!”Stefano
era davvero molto piccolo. Se ne stava tra le braccia della mamma con
gli occhi spalancati, occhi che erano chiari come quelli di lei, di un
verde intenso. Sulla testolina aveva già qualche capello scuro e la sua
pelle sembrava di uno strano rosa innaturale, ma quando chiese il
motivo gli dissero che era normale.
Damiano restò a fissarlo per un po’.
“Coraggio! Puoi toccarlo, sai?” - lo esortò sua madre.
Scambiò uno sguardo con lei prima di provarci, di allungare una sua mano a sfiorare quella del nuovo bambino.
Damiano
non se lo aspettava, ma Stefano gli afferrò un dito e glielo strinse
con forza, facendogli nascere un sorriso che si accentuò quando il
bambino spostò i suoi occhi dalla figura di Margherita alla sua.
“Visto? Non mi sembri così dispiaciuto di avere un fratellino adesso che è nato…" -fece Margherita.
Damiano non diede molta retta a quelle parole, piuttosto gli premeva sapere altro.
“Quando possiamo andare a giocare di nuovo? Può venire con noi? Posso giocare con Stefano?” - chiese.
“Certo
che puoi giocare con lui, anzi…devi giocare con lui perché, vedi
Damiano, non so quando io potrò tornare a giocare con te, con voi. Sono
molto stanca, sai? E non sto molto bene, purtroppo…” - gli rispose sua
madre.
Damiano si accigliò. Non capiva. Voleva chiederle ancora
qualcos’altro, ma qualsiasi cosa fosse se la dimenticò nel momento in
cui suo padre, che era rimasto fermo e silenzioso di fianco a sua
madre, si alzò di scatto e andò a rintanarsi in un angolo della stanza,
piangendo.
“Giuseppe! Mio caro, ti supplico, non fare così..” - fece Margherita.
Damiano li guardò entrambi.
Guardò
sua madre e suo padre, poi gli occhi gli caddero su Stefano e le parole
di sua madre gli rimbombarono nella mente insieme alle immagini delle
lacrime di suo padre. Solo in quel momento si rese conto che forse
aveva sbagliato a considerare quelle lacrime delle lacrime di gioia. La
luce che aveva visto negli occhi di suo padre, infatti, non era una
luce luminosa, di felicità, ma una luce oscura, di preoccupazione e
tristezza.
Li guardò ancora. Sua madre, suo padre e poi Stefano. Si soffermò su di lui, sul bambino.
- “…non so quando io potrò tornare a giocare con te, con voi. Sono molto stanca, sai? E non sto molto bene, purtroppo…” - gli aveva detto così sua madre poco prima.
Mesi
e mesi di menzogne, malanni e ansie tornarono a passargli davanti agli
occhi che, in quell’attimo, persero tutta l’ingenuità che gli occhi di
un bambino di tre anni dovrebbero avere.
Fissò lo sguardo sul suo
dito ancora intrappolato nella mano di Stefano e lo tirò via
repentinamente, quasi con violenza e sicuramente con decisione.
“Damiano..” - lo chiamò sua madre, ma lui non le rispose né le diede retta.
Diede le spalle a lei e a quel bambino, si avviò verso la porta e se la richiuse alle spalle dopo averla attraversata.
NOTE:
Ciao a tutti e ben ritrovati! (Oddio, sembravo la D'Urso O_O) XDXDXD
No,
vabbè...senza scherzare...finalmente sono di ritorno. Mi scuso di nuovo
con voi per aver allungato ancora i tempi di postaggio, ma è un periodo
davvero pieno di cose per me ed in qualche modo devo pur destreggiarmi
senza annegare nelle cose da fareXD
Allora, ringrazio tutti coloro che hanno letto e/o recensito il prologo e spero che questo primo capitolo vi piaccia.
Damon
(Damiano al momentoXD) qui ha tre anni ed è raccontata ovviamente la
nascita di Stefan (qui ancora StefanoXD) passando attraverso il momento
della lieta novella e i primi malori dovuti alla gravidanza.
Vi
confesso che è stato difficile scrivere questo capitolo e tutt'ora lo
posto, ma non sono sicura del risultato ottenuto. Spero che vi piaccia
comunque e in caso di critiche sapete sempre dove trovarmi, ormai penso
si sia capito che da voi accetto qualsiasi cosa, anche suggerimenti e
note amare, non solo complimenti nonostante quelli che mi riservate
sempre mi rendono davvero molto felice.
Adesso volevo rispondere ad
una domanda che di sicuro vi starete facendo tutti: perchè Margherita
non è morta dando alla luce Stefan?
Ecco, la risposta è semplice!
Perchè io mi sono rifatta solo a quello che la Smith scrisse ai tempi
del primissimo libro della saga e ho lasciato perdere qualsiasi cosa
avesse aggiunto poi andando a contraddire ciò che disse all'inizio!
Benchè
non abbia letto gli ultimi libri, mi è infatti giunta voce che in uno
di questi, dopo la morte di Damon, Stefan lascia intendere che sua
madre morì dandolo alla luce....
Beh...nel primo libro, Il Risveglio, precisamente a metà della pagina 187, Stefan racconta ad Elena che sua madre morì pochi anni dopo averlo messo al mondo!!
Ora,
dato che ai fini della riuscita della mia storia dovevo decidere quale
strada seguire, ho preferito seguire quella suggerita dal primo libro
dato che...beh...immagino che quella dovesse essere la vera storia del
passato dei Salvatore in origine!XDXDXD
Comunque sia...ecco spiegato
perchè Margherita c'è ancora, anche se per poco visto che già sta male
dato che il suo corpo non era portato per una gravidanza, figuriamoci
per due!!
Beh....mi sembra sia tutto per adesso....
Vi aspetto tra due settimane, lunedì 2 luglio, sul blog per lo spoiler mentre per il capitolo...
A giovedì 5 luglio....BACIONI...IOSNIO90!!!
giovedì 21 giugno 2012
lunedì 18 giugno 2012
Spoiler "Le Porte del Tempo: Passato" - Capitolo 1
“Mamma e com’era il drago?”
“Il drago? Il drago era enorme, grande quanto una cattedrale, con due possenti ali ed era tutto blu, di un blu così scuro che di notte si confondeva con il cielo…”
“E sputava tanto fuoco?”
“No, questo drago era un drago particolare! Era il comandante di tutti i draghi e come tale aveva capacità diverse che lo distinguevano dagli altri…”
“Ad esempio?”
“Ad esempio lui non sputava fuoco, ma ghiaccio! Lunghe lance di ghiaccio pericolosissime per ogni cavaliere osasse sfidarlo e, infatti, il principe per poter salvare la principessa dovette combattere strenuamente contro questa possente creatura. Fu una lotta così difficile che quasi temette di perdere, ma alla fine…”
“Noooo! Non dire che alla fine vince, salva la principessa e vivono tutti felici senza più il drago..”
Ciaooo!!!
Eccomi qui finalmente! Scusate l'enorme ritardo con lo spoiler questa sera, ero presa dal terminare il capitolo°°
Allora....beh non c'è molto da dire.
Questo che vi ho lasciato è praticamente l'inizio del capitolo ed è ovviamente una conversazione tra madre e figlio, cioè Margherita e Damiano che adesso ha 3 anni, più o meno, e non resterà figlio unico ancora per molto.XDXDXD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!
“Il drago? Il drago era enorme, grande quanto una cattedrale, con due possenti ali ed era tutto blu, di un blu così scuro che di notte si confondeva con il cielo…”
“E sputava tanto fuoco?”
“No, questo drago era un drago particolare! Era il comandante di tutti i draghi e come tale aveva capacità diverse che lo distinguevano dagli altri…”
“Ad esempio?”
“Ad esempio lui non sputava fuoco, ma ghiaccio! Lunghe lance di ghiaccio pericolosissime per ogni cavaliere osasse sfidarlo e, infatti, il principe per poter salvare la principessa dovette combattere strenuamente contro questa possente creatura. Fu una lotta così difficile che quasi temette di perdere, ma alla fine…”
“Noooo! Non dire che alla fine vince, salva la principessa e vivono tutti felici senza più il drago..”
Ciaooo!!!
Eccomi qui finalmente! Scusate l'enorme ritardo con lo spoiler questa sera, ero presa dal terminare il capitolo°°
Allora....beh non c'è molto da dire.
Questo che vi ho lasciato è praticamente l'inizio del capitolo ed è ovviamente una conversazione tra madre e figlio, cioè Margherita e Damiano che adesso ha 3 anni, più o meno, e non resterà figlio unico ancora per molto.XDXDXD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!
domenica 10 giugno 2012
Avviso!!!
Ciao a tutti!!!
Vi starete chiedendo: Ha appena postato il prologo e già c'è un avviso?
Ebbene si! Chiedo scusa in anticipo, ma giusto oggi mi sono fatta due calcoli. Per molti di voi con la scuola che finisce d'estate è come se il tempo si allungasse e se ne avesse di più, per me purtroppo non è così tra il lavoro e cose varie. Oltretutto ho in ballo ben tre progetti di scrittura con le mie amiche a cui tengo molto e, perchè no?, se riesco a ritagliarmi un pò di tempo vorrei anche provare a scrivere una storia orginale...per questo motivo ho deciso che aggiornerò la fanfiction non due volte a settimana, ma una volta ogni due settimane, sempre di giovedì. E gli spoiler ovviamente anche loro verranno aggiornati una volta ogni due lunedì sul blog.
Lo so, due settimane tra un capitolo e l'altro è un pò tanto, ma almeno per i mesi estivi sono costretta a fare così visto che a questa nuova serie ci tengo e vorrei mandarla avanti come si deve concentrandomi per bene ad ogni capitolo e, trattandosi di una serie di one-shot e non di una storia continuativa, la distanza tra un capitolo e un altro non credo che andrà ad arrecare nessuno problema per la lettura. Questa situazione, però, la considero solo provvisoria, nel senso che alla fine delll'estate, se tutto va bene, potrei anche ripendere ad aggiornare una volta alla settimana.
Beh...questo era tutto...ho preferito dirvelo adesso: 1) Perchè adesso ci ho riflettutto seriamenteXD 2) Perchè ho pensato che fosse meglio ora che sono solo all'inizio che più avanti!XD
Questo avviso adesso lo posterò anche sul blog e lo cancellerò poi da EFP non appena posterò il nuovo capitolo quindi non giovedì 14, ma il 21!
A presto...BACIONI...IOSNIO90!!!
Vi starete chiedendo: Ha appena postato il prologo e già c'è un avviso?
Ebbene si! Chiedo scusa in anticipo, ma giusto oggi mi sono fatta due calcoli. Per molti di voi con la scuola che finisce d'estate è come se il tempo si allungasse e se ne avesse di più, per me purtroppo non è così tra il lavoro e cose varie. Oltretutto ho in ballo ben tre progetti di scrittura con le mie amiche a cui tengo molto e, perchè no?, se riesco a ritagliarmi un pò di tempo vorrei anche provare a scrivere una storia orginale...per questo motivo ho deciso che aggiornerò la fanfiction non due volte a settimana, ma una volta ogni due settimane, sempre di giovedì. E gli spoiler ovviamente anche loro verranno aggiornati una volta ogni due lunedì sul blog.
Lo so, due settimane tra un capitolo e l'altro è un pò tanto, ma almeno per i mesi estivi sono costretta a fare così visto che a questa nuova serie ci tengo e vorrei mandarla avanti come si deve concentrandomi per bene ad ogni capitolo e, trattandosi di una serie di one-shot e non di una storia continuativa, la distanza tra un capitolo e un altro non credo che andrà ad arrecare nessuno problema per la lettura. Questa situazione, però, la considero solo provvisoria, nel senso che alla fine delll'estate, se tutto va bene, potrei anche ripendere ad aggiornare una volta alla settimana.
Beh...questo era tutto...ho preferito dirvelo adesso: 1) Perchè adesso ci ho riflettutto seriamenteXD 2) Perchè ho pensato che fosse meglio ora che sono solo all'inizio che più avanti!XD
Questo avviso adesso lo posterò anche sul blog e lo cancellerò poi da EFP non appena posterò il nuovo capitolo quindi non giovedì 14, ma il 21!
A presto...BACIONI...IOSNIO90!!!
giovedì 7 giugno 2012
"Le Porte del Tempo" - Prologo
Prologo
12 Febbraio
Caro diario,
ultimamente mi capita spesso di pensare a quanto i miracoli siano indispensabili nella vita di tutti noi per poter andare avanti.
La serenità stessa è un miracolo, un dono che ci viene offerto da un insieme di circostanze e avvenimenti fortuiti che vanno a nostro favore.
E’ da due settimane che non appunto nulla, ho avuto di che pensare e innumerevoli cose da fare e progettare.Si, finalmente posso fare dei veri progetti anch’io.
Un miracolo è ricaduto su di me, risollevando le sorti della mia vita attuale e illuminando la strada che d’ora in avanti mi impegnerò a seguire con costanza e somma gioia.
Aspetto un bambino, mio fido confidente, potrò finalmente dare un’erede al mio adorato Giuseppe.
Mio marito…ho così tanto temuto di perderlo in questi mesi, ho avuto paura.
Dio, Nostro Signore, mi è testimone quando dico in assoluta sincerità che il nostro non è stato un matrimonio d’amore. Ci siamo sposati perché così avevano voluto i miei genitori. Io, dal canto mio, non avevo potuto obiettare nulla quando mia madre venne a darmi la notizia. Ero a conoscenza delle condizioni economiche in cui verteva la nostra famiglia, condizioni che non erano più quelle di un tempo, quindi accettai sommessamente di essere d’aiuto persino sposando un uomo che mai avevo visto.
All’epoca Giuseppe, Conte di Salvatore, viveva da solo con la sua anziana e saggia madre nella sua lussuosa tenuta in campagna. Tutto ciò che sapevo di lui era che discendeva da una famiglia emigrata dalla Sicilia all’inizio del secolo quando la situazione politica in quelle zone era degenerata. Non avevo mai avuto modo di vederlo di persona, però, non era quel tipo d’uomo a cui piaceva partecipare ai balli e alle feste e questo mi faceva temere che fosse burbero e scontroso, una di quelle persone con cui era difficile avere a che fare.
Oh, quanto mi sbagliavo!
Oh, quanto ero ingenua e sprovveduta!
Lo sposai dopo appena tre mesi di fidanzamento e solo dopo le nozze seppi che l’idea di quel matrimonio in fretta e furia non era partita dai miei genitori, ma da lui stesso che, conoscendo il buon cuore di mio padre e la sua situazione in declino, aveva deciso di farsi avanti ed aiutarlo. Ma l’orgoglio del mio adorato padre è una cosa che conosco e che ho ereditato io stessa, quindi Giuseppe si vide costretto a chiedere la mano di una sconosciuta, la mia, pur di riuscire a convincere la mia famiglia ad accettare la sua offerta d’aiuto. In quanto genero, nessuno avrebbe trovato strano lo scambio di beni tra le nostre due famiglie.Imparai a conoscerlo pian piano e dovetti ricredermi anche sulle mie convinzioni circa la sua indole. Giuseppe non era né burbero né scontroso, era solo un uomo che aveva perso precocemente suo padre e si era ritrovato a dover portare avanti il buon nome e l’attività di famiglia da solo, facendosi carico di una madre malata e vicina alla morte.
Credo di essermene innamorata poco a poco.
Forse è stato a causa delle sue attenzioni e premure, che non sono mai mancate.
Forse è stato a causa delle lunghe passeggiate al tramonto.
Forse è stato a causa delle chiacchierate e del fatto che ci tenesse particolarmente a rendermi partecipe di tutto, anche degli affari che svolgeva regolarmente recandosi in città.
Non ricordo esattamente quando è successo, so solo che un giorno mi ritrovai a guardarlo illuminato dal sole alto mentre avanzava a passo lento in una delle stradine laterali di Firenze e a pensare che l’amavo con tutta me stessa, di un amore profondo e radicato fin dentro l’anima.
Non credevo di essere in grado di amare così.
Con la consapevolezza di amarlo, però, arrivò anche la consapevolezza del tempo che era trascorso dal giorno delle nozze: due anni, due anni e non avevo partorito nessun figlio.
Mi maledissi Dio solo sa quanto.
Cominciai a pregare ad ogni ora del giorno e della notte.
Pregavo per non perdere Giuseppe e pregavo per una gravidanza, ma il tempo continuava a passare e il mio ventre continuava a rimanere freddo e vuoto.
Giuseppe mi rassicurava dicendomi che non mi avrebbe abbandonata e che qualora Dio avesse voluto benedirci con un figlio allora lo avremmo avuto. Nel frattempo non dovevamo pretendere troppo, ma accontentarci di ciò che avevamo e lasciare che le cose facessero il loro corso.
Lo amavo per questo, amavo che volesse farmi forza e rasserenarmi, ma più lo amavo più la paura che si sarebbe stancato di una moglie incapace di dargli un’erede cresceva in me e mi atterriva l’animo.
La madre di Giuseppe morì in quegli anni ed io mi sentii in colpa per non averle dato la gioia di conoscere un nipote prima della sua dipartita.
Il medico che aveva avuto in cura la contessa mi confidò che forse il mio più grande incubo era vero, che forse io appartenevo alla categoria di quelle donne il cui corpo non era idoneo a mettere al mondo un figlio.
Ma allora - mi chiedevo - a cosa sarei servita in un corpo sterile?
Perché il Cielo mi aveva punita in quel modo?
Mi rassegnai, persi ogni speranza e dissi a Giuseppe che l’avrei capito se avesse voluto prendere un’altra moglie e abbandonare me, la donna inutile che gli era solo di peso.
Lui volle rimanere al mio fianco.
Sono passati quasi quattro anni dal matrimonio, ma finalmente è accaduto, finalmente la notizia più bella è arrivata, finalmente ho reso felice ed orgoglioso di me mio marito e non smetterò mai di ringraziare i Santi del Paradiso per questo.
Verso la fine di quest’anno metterò al mondo un nuovo piccolo conte o una piccola contessina e, lo prometto su ciò che ho di più caro al mondo, amerò mio figlio o mia figlia come non ho mai amato nessuno e sarò per lui o lei la madre migliore che ci possa essere.
Mi impegnerò a fondo per riuscirci, ho già cominciato a pensare ai nomi più adatti.
Se dovesse trattarsi di una bambina sarebbe sicuramente Cecilia, come la compianta madre di Giuseppe.
Se dovesse trattarsi di un bambino….beh…è strano…ho sempre pensato che il mio primogenito avrebbe avuto il nome del primo martire, Stefano, ma alla messa di questa mattina il vescovo ha onorato un santo sconosciuto ai più di cui non si sa molto tranne il fatto che probabilmente in vita è stato un valoroso soldato e allora ho pensato al mio bambino. Questo esserino che cresce in me ha impiegato quattro lunghi anni prima di fare la sua comparsa e adesso sta lottando con tutta la sua forza per venire al mondo, combattendo strenuamente contro la medicina e la scienza che avevano catalogato sua madre come una donna incapace di avere figli.
E’ un combattente, proprio come quel santo di cui si ricorda soltanto il nome: Damiano.
Ho parlato di queste mie impressioni con Giuseppe, è d’accordo con me. Il nostro primogenito avrà il nome di un soldato caduto e divenuto martire pur di difendere qualcosa in cui credeva. Margherita
12 Febbraio
Caro diario,
ultimamente mi capita spesso di pensare a quanto i miracoli siano indispensabili nella vita di tutti noi per poter andare avanti.
La serenità stessa è un miracolo, un dono che ci viene offerto da un insieme di circostanze e avvenimenti fortuiti che vanno a nostro favore.
E’ da due settimane che non appunto nulla, ho avuto di che pensare e innumerevoli cose da fare e progettare.Si, finalmente posso fare dei veri progetti anch’io.
Un miracolo è ricaduto su di me, risollevando le sorti della mia vita attuale e illuminando la strada che d’ora in avanti mi impegnerò a seguire con costanza e somma gioia.
Aspetto un bambino, mio fido confidente, potrò finalmente dare un’erede al mio adorato Giuseppe.
Mio marito…ho così tanto temuto di perderlo in questi mesi, ho avuto paura.
Dio, Nostro Signore, mi è testimone quando dico in assoluta sincerità che il nostro non è stato un matrimonio d’amore. Ci siamo sposati perché così avevano voluto i miei genitori. Io, dal canto mio, non avevo potuto obiettare nulla quando mia madre venne a darmi la notizia. Ero a conoscenza delle condizioni economiche in cui verteva la nostra famiglia, condizioni che non erano più quelle di un tempo, quindi accettai sommessamente di essere d’aiuto persino sposando un uomo che mai avevo visto.
All’epoca Giuseppe, Conte di Salvatore, viveva da solo con la sua anziana e saggia madre nella sua lussuosa tenuta in campagna. Tutto ciò che sapevo di lui era che discendeva da una famiglia emigrata dalla Sicilia all’inizio del secolo quando la situazione politica in quelle zone era degenerata. Non avevo mai avuto modo di vederlo di persona, però, non era quel tipo d’uomo a cui piaceva partecipare ai balli e alle feste e questo mi faceva temere che fosse burbero e scontroso, una di quelle persone con cui era difficile avere a che fare.
Oh, quanto mi sbagliavo!
Oh, quanto ero ingenua e sprovveduta!
Lo sposai dopo appena tre mesi di fidanzamento e solo dopo le nozze seppi che l’idea di quel matrimonio in fretta e furia non era partita dai miei genitori, ma da lui stesso che, conoscendo il buon cuore di mio padre e la sua situazione in declino, aveva deciso di farsi avanti ed aiutarlo. Ma l’orgoglio del mio adorato padre è una cosa che conosco e che ho ereditato io stessa, quindi Giuseppe si vide costretto a chiedere la mano di una sconosciuta, la mia, pur di riuscire a convincere la mia famiglia ad accettare la sua offerta d’aiuto. In quanto genero, nessuno avrebbe trovato strano lo scambio di beni tra le nostre due famiglie.Imparai a conoscerlo pian piano e dovetti ricredermi anche sulle mie convinzioni circa la sua indole. Giuseppe non era né burbero né scontroso, era solo un uomo che aveva perso precocemente suo padre e si era ritrovato a dover portare avanti il buon nome e l’attività di famiglia da solo, facendosi carico di una madre malata e vicina alla morte.
Credo di essermene innamorata poco a poco.
Forse è stato a causa delle sue attenzioni e premure, che non sono mai mancate.
Forse è stato a causa delle lunghe passeggiate al tramonto.
Forse è stato a causa delle chiacchierate e del fatto che ci tenesse particolarmente a rendermi partecipe di tutto, anche degli affari che svolgeva regolarmente recandosi in città.
Non ricordo esattamente quando è successo, so solo che un giorno mi ritrovai a guardarlo illuminato dal sole alto mentre avanzava a passo lento in una delle stradine laterali di Firenze e a pensare che l’amavo con tutta me stessa, di un amore profondo e radicato fin dentro l’anima.
Non credevo di essere in grado di amare così.
Con la consapevolezza di amarlo, però, arrivò anche la consapevolezza del tempo che era trascorso dal giorno delle nozze: due anni, due anni e non avevo partorito nessun figlio.
Mi maledissi Dio solo sa quanto.
Cominciai a pregare ad ogni ora del giorno e della notte.
Pregavo per non perdere Giuseppe e pregavo per una gravidanza, ma il tempo continuava a passare e il mio ventre continuava a rimanere freddo e vuoto.
Giuseppe mi rassicurava dicendomi che non mi avrebbe abbandonata e che qualora Dio avesse voluto benedirci con un figlio allora lo avremmo avuto. Nel frattempo non dovevamo pretendere troppo, ma accontentarci di ciò che avevamo e lasciare che le cose facessero il loro corso.
Lo amavo per questo, amavo che volesse farmi forza e rasserenarmi, ma più lo amavo più la paura che si sarebbe stancato di una moglie incapace di dargli un’erede cresceva in me e mi atterriva l’animo.
La madre di Giuseppe morì in quegli anni ed io mi sentii in colpa per non averle dato la gioia di conoscere un nipote prima della sua dipartita.
Il medico che aveva avuto in cura la contessa mi confidò che forse il mio più grande incubo era vero, che forse io appartenevo alla categoria di quelle donne il cui corpo non era idoneo a mettere al mondo un figlio.
Ma allora - mi chiedevo - a cosa sarei servita in un corpo sterile?
Perché il Cielo mi aveva punita in quel modo?
Mi rassegnai, persi ogni speranza e dissi a Giuseppe che l’avrei capito se avesse voluto prendere un’altra moglie e abbandonare me, la donna inutile che gli era solo di peso.
Lui volle rimanere al mio fianco.
Sono passati quasi quattro anni dal matrimonio, ma finalmente è accaduto, finalmente la notizia più bella è arrivata, finalmente ho reso felice ed orgoglioso di me mio marito e non smetterò mai di ringraziare i Santi del Paradiso per questo.
Verso la fine di quest’anno metterò al mondo un nuovo piccolo conte o una piccola contessina e, lo prometto su ciò che ho di più caro al mondo, amerò mio figlio o mia figlia come non ho mai amato nessuno e sarò per lui o lei la madre migliore che ci possa essere.
Mi impegnerò a fondo per riuscirci, ho già cominciato a pensare ai nomi più adatti.
Se dovesse trattarsi di una bambina sarebbe sicuramente Cecilia, come la compianta madre di Giuseppe.
Se dovesse trattarsi di un bambino….beh…è strano…ho sempre pensato che il mio primogenito avrebbe avuto il nome del primo martire, Stefano, ma alla messa di questa mattina il vescovo ha onorato un santo sconosciuto ai più di cui non si sa molto tranne il fatto che probabilmente in vita è stato un valoroso soldato e allora ho pensato al mio bambino. Questo esserino che cresce in me ha impiegato quattro lunghi anni prima di fare la sua comparsa e adesso sta lottando con tutta la sua forza per venire al mondo, combattendo strenuamente contro la medicina e la scienza che avevano catalogato sua madre come una donna incapace di avere figli.
E’ un combattente, proprio come quel santo di cui si ricorda soltanto il nome: Damiano.
Ho parlato di queste mie impressioni con Giuseppe, è d’accordo con me. Il nostro primogenito avrà il nome di un soldato caduto e divenuto martire pur di difendere qualcosa in cui credeva. Margherita
mercoledì 6 giugno 2012
OMG!! Domani si posta...O_O
Ok! Sto un tantino sclerando, lo ammetto!XD
Sembrava adesso che finivo "Forse..il destino..." e invece domani è già 7 giugno e riparto con la nuova serie!!!O_O
E' passato veramente troppo in fretta questo mese e mezzo!!!
Vabbè...vi aspetto domani su EFP e anche qui sul blog per il prologo della storia, io nel frattempo vado a rivederlo e a correggerlo!XD
Inoltre...vabbè lo spiego meglio nella nota al capitolo su EFP....ma ho intenzione anche di fare alcuni cambiamenti al blog. Ogni tanto ci vuole!XD
A domani allora...BACIONI...IOSNIO90!!!
Sembrava adesso che finivo "Forse..il destino..." e invece domani è già 7 giugno e riparto con la nuova serie!!!O_O
E' passato veramente troppo in fretta questo mese e mezzo!!!
Vabbè...vi aspetto domani su EFP e anche qui sul blog per il prologo della storia, io nel frattempo vado a rivederlo e a correggerlo!XD
Inoltre...vabbè lo spiego meglio nella nota al capitolo su EFP....ma ho intenzione anche di fare alcuni cambiamenti al blog. Ogni tanto ci vuole!XD
A domani allora...BACIONI...IOSNIO90!!!
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