giovedì 29 marzo 2012

"Forse...il destino..." - Capitolo 27

Unico nel Tempo
Trasformare il dolore in rabbia: quello era un suggerimento tipico di suo padre.
Ormai, anche a voler tentare, Nicole non riusciva a vedere più la distinzione netta e precisa che prima vedeva tra suo padre e Damon.
Sin da quando Damon aveva scambiato il suo posto con quello di suo padre per farsi imprigionare da Astaroth, Nicole aveva avvertito un cambiamento. Poi c’era stata la questione della connessione telepatica con Bonnie e la sensazione di trasformazione che avvertiva provenire da Damon era aumentata, avvalorata dai gesti che il vampiro compiva, quei gesti che all’inizio della loro conoscenza non si sarebbe mai sognato di fare.
Adesso che l’aveva rivisto, però, a così poca distanza da suo padre, Nicole era riuscita a capire perché tutti si fossero sempre ostinati a ripeterle di non essere troppo dura con Damon e di lasciargli spazio per capire ed evolversi nella persona che lei aveva sempre identificato come il suo eroe personale, il suo papà adorato sempre pronto ad aiutarla anche quando le circostante non gli permettevano di farlo in modo…fisico.
A questo punto poteva davvero arrendersi e non dare a Damon la possibilità di diventare davvero come suo padre?
Se il dolore per tutto ciò che aveva visto accadere in quel breve lasso di tempo era talmente grande da averla portata a pensare che non avesse più motivi per continuare quella lotta, poteva considerare questa nuova ragione -  Damon -  come sufficiente a darle la forza per proseguire, per rivoltarsi contro Astaroth anche a costo di dover restare per sempre sola?
Non aveva voluto assistere al “sacrificio” dei suoi genitori, ma alle sue spalle sentiva ancora la presenza sia di Bonnie che di Damon, l’avvertiva sulla pelle e nelle ossa e decise che sì, sforzarsi e arrabbiarsi per dare a Damon la chance di cambiare sul serio era una ragione valida per lottare ancora, era un’ottima ragione.
Non aveva idea di come tutto sarebbe andato a finire.
Per quanto ne sapeva poteva morire da lì a pochi minuti, così come potevano morire anche Damon e Bonnie e far scomparire lei dando la vittoria ad Astaroth e alla sua crudeltà, ma non voleva pensarci.
Perché pensarci riportava a galla il dolore per la morte dei suoi cari e il dolore non era d’aiuto perché la indeboliva, la ammutoliva e la immobilizzava.
Doveva riuscire a raggruppare tutte le sofferenze patite quel giorno in un singolo angolo del suo essere, circoscriverlo e lasciarlo lì, lontano dalla sua mente e dal suo cuore. Doveva farlo a mente fredda. Doveva affrontare tutto con la lucidità che sembrava aver perso.
Chiuse gli occhi e lasciò fuori da lei qualsiasi cosa, qualsiasi suono lontano, qualsiasi parola pronunciata, qualsiasi movimento percepito e stavolta fu lei ad imporre alla sua memoria di riproporle in sequenza la morte di Matt, poi quella di Lilian, di Owen, sei suoi zii, dei suoi genitori.
Era da masochisti autoinfliggersi così un dolore simile invece di allontanarlo, ma se Nicole voleva arrabbiarsi, se voleva seguire il consiglio di Damon, suo padre, allora quella era l’unica strada percorribile per lei: doveva rivederli tutti lucidamente, con freddezza, doveva concentrarsi sul ricordo di quello che aveva provato vedendo la vita che abbandonava gli occhi di tutti coloro che aveva amato e riuscire a mettere tutto insieme e spingere, spingere fino a che quella sofferenza non fosse esplosa, riaffiorando a galla come lava incandescente pronta a travolgere ogni cosa.
Doveva diventare impassibile: aveva già sprecato troppo tempo ad autocommiserarsi e soffrire.
Doveva far uscire il lato più oscuro di lei e fargli prendere il sopravvento se voleva sperare di vincere nonostante si portasse addosso un sofferenza simile a quella che stava patendo.
Quando avvertì l’ira traboccare dal suo cuore e sconvolgerle l’animo intero, Nicole serrò i pugni e si voltò verso Astaroth.
Per tutto quel tempo aveva evitato di guardarlo dritto negli occhi perché aveva creduto che specchiarsi nelle iridi dell’assassino degli altri, dell’assassino di Lilian, l’avrebbe soltanto indebolita di più, schiacciandola sotto il peso e la consapevolezza della sua inutilità.
Si sbagliava.
Quante volte si era sbagliata quel giorno?
Per quante volte si era comportata da perfetta stupida?
Guardare Astaroth non poteva far altro che incrementarla la rabbia, la rabbia e la voglia di vendetta.
Forse quelli non erano sentimenti nobili e forse, sì, le ragioni che avevano preso ad affollarle la mente per spingerla a combattere erano prettamente egoistiche, ma al momento Nicole non riusciva a pensare al resto di Fell’s Church così come non riusciva a pensare al pensionato, ai superstiti o al mondo oltre la cupola di oscurità entro la quale era nascosta la sua cittadina.
Al momento pensava soltanto alla sua voglia di rivalsa.
E dopotutto, a chi importavano le ragioni che la volevano in una lotta all’ultimo sangue contro il Figlio del Fuoco? A chi importavano le sue ragioni?
L’importante era che lei lo battesse, no?
E allora tutto il resto, i suoi motivi, non avevano importanza alcuna se alla fine l’obiettivo restava la morte di Astaroth.
“Oh…non mi dire! Ti sei arrabbiata?” - fece il demone, rivolgendole il suo sorriso di scherno in accompagnamento al quel suo tono divertito.
Nicole non rispose.
“Beh..hai ragione visto che io ho ucciso consapevolmente tutti quelli che ti davano la forza per combattere!” - continuò Astaroth.
“Ti assicuro che io di forza per combattere ne ho eccome, adesso!” - rispose Nicole in un sibilo sommesso.
“Certo perché sei stata a sentire il vampiro, no? Ti sei arrabbiata, giusto? Ma quanto credi che potrà durare quella rabbia?” - disse Astaroth.
“Abbastanza da ucciderti!” - rispose Nicole.
“E invece no! Quella rabbia sfumerà e lo sai! Perché non è rabbia, è dolore e tu sei così sensibile, Nicole!” - fece il demone.
“Non fingere di conoscermi!” - gli intimò Nicole.
“E infatti non sto fingendo! Perché dovrei fingere quando ti conosco per davvero così come tu conosci me?” - ribattè Astaroth sfoggiando la sua migliore espressione confusa.
Nicole aprì la bocca per controbattere, ma non riuscì a trovare nulla da dire perché in fondo ciò che Astaroth diceva era vero.
La regola del “Conosci il tuo nemico” lei l’aveva messa in pratica per bene e il demone aveva fatto lo stesso con lei. Si erano spinti entrambi così oltre che alla fine avevano imparato a conoscersi forse così troppo bene che persino le informazioni che avevano raccolto poco a poco sull’altro si erano spesso rivelate addirittura inutili.
A che serviva conoscere il punto debole del tuo nemico e sfruttarlo quando lui conosceva il tuo di punto debole e poteva sfruttarlo a sua volta contro di te in un gioco che sapevi quando iniziava ma del quale non riuscivi a vedere la fine?
Come poteva allora lei dubitare delle parole di Astaroth quando, paradossalmente, lui era diventato una di quelle pochissime persone delle cui parole non poteva dubitare perché sapeva con certezza che tutto ciò che il demone diceva su di lei non era altro che la verità?
Quindi Astaroth aveva ragione?
La rabbia sarebbe sfumata e si sarebbe ritrovata di nuovo al punto di partenza perchè era troppo sensibile?
Non aveva mai pensato a se stessa come ad una persona sensibile….
In quell’attimo di confusione e incertezza che l’aveva colta si sentì di nuovo una bambina alle prese con i primi incantesimi e i primi allenamenti che, ad ogni ostacolo inatteso, si bloccava senza sapere cosa fare e si voltava a chiedere l’aiuto di suo padre.
Fece lo stesso. Si voltò verso suo padre in cerca di…qualsiasi cosa l’aiutasse a capire come andare avanti, l’aiutasse a superare l’ostacolo e il dubbio.
Damon, nel momento in cui sua madre era precipitata insieme a suo padre, era stato automaticamente liberato dalle catene che lo tenevano sospeso in aria e adesso era atterrato sulla lastra trasparente a poca distanza da Bonnie.
“Te l’ho già detto, Nicole! La soluzione ce l’hai letteralmente davanti agli occhi! Lui conosce te, ma anche tu conosci lui! Cosa sai di Astaroth?” - la esortò a pensare Damon.
Cosa sapeva di Astaroth?
Astaroth era il Figlio del Fuoco. Era un demone potente, uno dei più potenti, anzi…quasi del tutto onnipotente. Non era mai nato, ma era sempre esistito quindi non aveva età. Faceva tutto senza ripercussioni, viaggiava nel Tempo e lo manovrava senza conseguenze perché lui era…
Una luce le attraversò gli occhi, un lampo di estrema lucidità e di furia cieca verso se stessa e la sua insopportabile stupidità che, quel giorno, oltre ad averle fatto sbagliare nel modo di agire, le aveva anche fatto dimenticare la cosa più importante di tutte, non facendole comprendere subito cosa diamine suo padre e Damon le avessero urlato dietro per mezz’ora.
“Tu sei unico nel Tempo!” - fece, rivolta ad Astaroth.
“Beh…questo mi sembra di averlo già messo in chiaro sin dal nostro primo incontro o sbaglio?” - rispose Astaroth, perfettamente tranquillo.
Nicole si voltò verso Damon e lui le annuì.
Era quella la sua carta da giocare e il fatto che il dolore le avesse impedito di ricordarsene le faceva venire una gran voglia di prendersi a calci da sola.
Quante volte erano stati lì a ripetere all’intero gruppo del passato che Astaroth era unico nel Tempo e che se lo si uccideva lui scompariva per sempre e completamente da tutto il corso della storia?
Se non avesse corso il rischio di rendersi ancora più ridicola di quanto già non si sentisse si sarebbe volentieri battuta il palmo della mano sulla fronte urlando:  “Eureka!”.
Questo è ciò che intendeva Damon quando le diceva che non tutto era perduto e che per salvare il suo genitori, i suoi zii, Lilian e gli altri allora doveva uccidere Astaroth!
Perché se uccideva il demone allora lui sarebbe scomparso per sempre dal Tempo e qualsiasi cosa avesse fatto nel corso della sua intera esistenza  sarebbe scomparsa con lui, annullandosi del tutto come se quella determinata azione non fosse mai stata compiuta perché Astaroth stesso non sarebbe mai esistito.
Ciò significava che uccidendo Astaroth avrebbe automaticamente riportato in vita tutti coloro che erano stati uccisi da lui, comprese le persone a lei care.
“Tu sei unico nel Tempo!” - disse ancora.
“Stai cominciando ad essere ripetitiva, Nicole!” - le fece notare Astaroth.
“No! Voglio soltanto che me lo confermi!” - pretese lei.
“Te l’ho già confermato ampiamente!” - rispose Astaroth, sorridendole, ma mostrandole uno sguardo puramente circospetto.
“Perfetto, allora! Era di questo che volevo essere sicura!” - disse Nicole, stavolta assolutamente decisa e senza più nessun’ombra di dubbio.
Astaroth ghignò e le si parò davanti a pochi metri di distanza.
Nicole non riusciva ad immaginare cosa nascondesse quel ghigno, ma cercò di non pensarci e di concentrarsi soltanto sui suoi obiettivi e sulla lotta che da lì a poco sarebbe finalmente cominciata.



Damon le arrivò di fianco in un attimo mentre Bonnie cercava di lasciarsi alle spalle le ultime lacrime che inevitabilmente le avevano rigato il viso per l’altro Damon e l’altra se stessa.
Canalizzare il potere di Nicole ed Astaroth: cercò di focalizzarsi su quello.
Riportò alla mente ciò che sapeva di canalizzazione del Potere di qualcun altro,  cioè ciò che aveva letto nei libri di magia che sua nonna le aveva lasciato e ciò che sporadicamente aveva sentito per caso dire alla signora Flowers.
Non era molto - anche perché di solito quando si entrava in certi argomenti lei faceva orecchie da mercante e tirava avanti - ma doveva farsi bastare le informazioni che aveva se non voleva mandare tutto all’aria.
L’altra Bonnie aveva usato il suo ultimo sprazzo di magia, il suo ultimo respiro per riuscire a concentrarsi e ad inviarle quel pensiero e lei a quel punto poteva solo fare di tutto per non deluderla, non deludere se stessa.
Si voltò verso la piattaforma su cui Nicole ed Astaroth avevano ingaggiato uno scontro fisico e cruento fatto di calci a tradimento e pugni che mozzavano il respiro e prese un bel respiro, serrando i pugni e cercando di focalizzare su di loro tutta la sua attenzione.
Di fianco a lei qualcosa si mosse: era Damon.
“Bonnie! Devi metterti al riparo! I demoni lì sotto non resteranno immobili ancora per molto! Astaroth potrebbe scagliarceli addosso in qualsiasi momento!” - le disse, apprensivo come mai lo era stato nei suoi confronti.
Bonnie avrebbe sorriso serena se non avesse dovuto fare i conti con  una testa che minacciava di scoppiarle per l’eccessiva concentrazione.
“Non posso muovermi da qui, Damon! Devo…tenerli d’occhio e canalizzare il loro Potere in modo da riuscire a rigirarglielo contro e rompere la barriera che li tiene rinchiusi e che blocca anche la loro magia!” - tentò di spiegargli, senza perdere la concentrazione, parlando lentamente e con fatica.
“Che? E da dove diamine ti è venuta un’idea simile?” - fece Damon, lanciando di tanto in tanto delle occhiate non proprio tranquille ai demoni in attesa.
“L’altra Bonnie!” - rispose Bonnie senza troppi giri di parole.
“Ok, allora! E quanto ti ci vorrà?” - chiese, insistente, Damon.
“Non lo so! Non l’ho mai fatto! Io ho letto un sacco di tutta questa roba, Damon, ho letto…troppo forse, ma non ho mai messo in pratica niente! E adesso l’unica cosa che so è che devo riuscire a fare qualcosa che non ho idea di come si faccia se voglio aiutare Nicole!” - rispose Bonnie, lasciandosi per un momento andare allo sconforto che tutta quella situazione le aveva fatto nascere all’altezza del petto.
Damon rimase in silenzio per diversi istanti, istanti durante i quali Bonnie si chiese quale fosse il modo migliore per riuscire a stabilire un collegamento tra lei, Nicole ed Astaroth.
Forse doveva visualizzare un qualcosa che la collegava ai due?
Forse doveva spingere la sua mente verso di loro?
Si torturò con queste domande fino a che qualcosa di freddo non le sfiorò una mano e si rese conto che si trattava della mano di Damon che si era avvicinata alla sua.
Non la stava toccando. La sfiorava soltanto, ma questo bastò a darle coraggio e maggior sicurezza.
“Se liberi i Poteri di Nicole, libererai anche quelli Astaroth! Non sarà troppo rischioso?” - fece Damon.
Bonnie si sentì presa in contropiede dal tono con cui lui le aveva rivolto quella domanda perché non la stava prendendo in giro o chissà cosa, la stava trattando da sua pari, la stava trattando come aveva sempre trattato Elena, Meredith o Stefan quando bisognava prendere delle decisioni.
“Lo so, Damon! Ma è l’unico modo per dare davvero un’opportunità a Nicole di vincere! Non penso che una creatura come Astaroth possa essere ucciso con un paio di pugni! Al contrario, Astaroth può fare molte cose per uccidere Nicole combattendola soltanto in uno scontro fisico, tipo…trapassarle il cuore, strapparglielo o..cose così..” - gli rispose, ma dovette fermarsi e scuotere la testa per le terribili immagini che le erano affiorate alla mente pronunciando quelle ultime parole.
“Ok, ok…ho capito!” - dall’urgenza di chiudere il discorso che Bonnie avvertì nella voce di Damon provò ad ipotizzare che neppure lui volesse pensare a cose del genere.
Avrebbe voluto sorridere, di nuovo, ma si impose di rimanere concentrata.
Aprì la sua mente e cercò di allungarla verso Nicole e verso Astaroth così come stava facendo quando voleva connettersi telepaticamente con Damon poco prima.
Per poter canalizzare il loro Potere doveva prima creare un collegamento con le loro menti, quindi Bonnie tentò di spingere, di visualizzare una strada senza ostacoli, un ponte, un sentiero tra lei e i due che voleva raggiungere.
Chiuse gli occhi.
La prima che riuscì a toccare fu Nicole.
La sentì con tutto il suo essere. La sentì vibrare dentro di lei ed intorno a lei in un’esplosione di luce pura, bianca e calda. E il Potere di Nicole…quello era potente, magnifico, come un’esplosione di pura e forte gioia tutt’intorno a lei.
Arrivò a raggiungere Astaroth subito dopo, come una normale conseguenza e fu…orribile.
Se il Potere di Nicole era luce e gioia, quello di Astaroth era fango, era gelo, era morte, era paura reale, concreta e palpitante che scivolò sotto la pelle di Bonnie e si fece largo lentamente accostandosi e fondendosi con la luce emanata da Nicole.
Bonnie avvertì entrambi i Poteri confluire in lei con difficoltà e, aprendo gli occhi, vide sia Nicole che Astaroth accasciarsi al suolo in preda a dolori invisibili e atroci.
Era lei, lo sapeva. Era lei che stava infliggendo loro quella sofferenza perché non aveva idea di come fare quella cosa correttamente, ma non poteva fermarsi, non ora che aveva iniziato ed era a metà dell’opera.



Si era scagliata su Astaroth senza incertezze, senza freni, totalmente in balia del suo istinto insito di  predatrice.
Avevano ingaggiato una lotta estenuante, raggirandosi l’un altro senza parole, ma solo con i fatti e i colpi subiti ed inferti.
Era a corto di fiato e la spalla destra le faceva male dopo che aveva dovuto rimettersela a posto da sola ed in fretta a causa di un brutto pugno ricevuto da Astaroth, talmente potente e ben assestato da spostarle l’osso al di fuori della sua posizione naturale.
Non stava sudando, non sudava mai, però si sentiva terribilmente accaldata e ormai le idee cominciavano a scarseggiare visto che era costretta a muoversi entro la piccola piattaforma di pochi metri sulla quale erano bloccati a causa della barriera blocca-Poteri eretta da Astaroth.
Doveva sforzarsi per riuscire a trovare un modo per ucciderlo, ma come poteva fare se era relegata all’interno di uno stupido combattimento corpo a corpo?
Prima o poi avrebbe cominciato a perdere colpi e Astaroth l’avrebbe sopraffatta.
Il demone ne aveva di carte da giocare per farla fuori anche in una situazione del genere, ma lei…per lei era essenziale poter usare la magia per ucciderlo e lui l’aveva privata della sua unica arma concreta.
Doveva costringerlo ad infrangere quella barriera, ma come?
Con la coda dell’occhio riuscì a vedere che Damon e Bonnie erano ancora lì, su quella lastra trasparente e non accennavano ad andarsene.
Perché?
Perché non si spostavano?
Avrebbero dovuto mettersi subito al riparo.
“Aaaarghhhh” - un dolore improvviso e lancinante la colpì alla testa e si fece strada attraverso la carne viva del suo corpo fino ad arrivare al suo cuore che sentì stringersi in una morsa tremenda, come se ci fosse la mano di qualcuno lì a spremerlo per bene. Si accasciò, perdendo la presa sulla realtà.
Bastò un istante solo e non appena Astaroth fece per colpirla brutalmente anche lui urlò di dolore e si gettò sul pavimento della piattaforma, tenendosi una mano sul petto, lì dove avrebbe dovuto esserci un cuore e lì dove sua madre le aveva spesso detto risiedeva il vero Potere.
Si voltò istintivamente verso Bonnie ed incontrò gli occhi della ragazza, occhi grandi e consapevoli, ricolmi di senso di colpa e richiesta di perdono.
Si accigliò.
Bonnie sapeva cosa le stava succedendo?
In un flash veloce e della durata di un solo secondo le ritornò in mente suo zio Matt che, dalla sua cella-cilindro, cercava di inviarle a gesti un messaggio che lei non era riuscita a decifrare subito e che per un momento aveva messo da parte, dimenticandosene.
Matt aveva indicato lei ed Astaroth e poi aveva indicato Bonnie, insistendo particolarmente su quest’ultima.
Nicole avvertì con una nuova fitta qualcosa dentro se stessa che si sbloccava e cominciava muoversi, risalendo dal suo cuore verso la sua mente per poi riversarsi al di fuori di lei.
Vide o immaginò - questo non lo seppe mai - un lungo filo di luce che collegava lei e Bonnie e allora capì, capì cosa Bonnie stava facendo e capì cosa Matt avesse voluto dirle.
Astaroth, sottovalutandola, non aveva messo nessuna restrizione ai poteri magici di Bonnie e adesso lei si stava sforzando, andando contro se stessa e superando il terrore che aveva della magia, per riuscire a canalizzare il suo Potere e poterla poi liberare dalla barriera demoniaca.
Bonnie stava tentando di darle una chance e Bonnie stessa era la sua una chance e questo Matt lo sapeva. Lui sapeva che Astaroth avrebbe, in ogni caso, tenuto sempre sotto controllo sua madre e i suoi poteri così come non stava facendo con Bonnie e aveva tentato di dirglielo, aveva tentato di dirle che, non importava cosa sarebbe successo, lei avrebbe dovuto affidarsi a Bonnie che l’avrebbe liberata in modo da darle la possibilità di uccidere Astaroth e porre rimedio a tutte le atrocità e a tutte le morti compiute dal demone, di cancellarle una volta e per sempre così come il demone stesso sarebbe stato cancellato.
Era tutto collegato e adesso Nicole lo vedeva chiaramente.
Si mise sulle ginocchia e buttò la testa all’indietro, con un sorriso sul volto.
Dimenticò ogni sofferenza e cercò di tendere la sua anima stessa vero Bonnie in modo da facilitarle il compito e, nel frattempo, cercò di mettere insieme qualche idea su cosa fare subito dopo che la barriera fosse stata distrutta.
 Se Bonnie - così come Nicole pensava - stava canalizzando anche il potere di Astaroth, allora da lì a breve era previsto davvero un bel botto.



Una scossa tremenda le attraversò la pelle e le scese lungo la colonna vertebrale fino a raggiungere gli angoli più nascosti del suo intero corpo.
Bonnie si sentiva pervasa totalmente dal Potere: il suo che si risvegliava, quello di Nicole luminoso e sicuro e quello di Astaroth forte e oscuro.
I canali che aveva aperto con la ragazza e con il demone avevano preso a canalizzare magia con sempre maggior decisione e velocità.
Se da un lato poteva avvertire chiaramente che Nicole si era lasciata totalmente andare, dall’altro sentiva ancora le resistenze di Astaroth, ma queste non erano in grado di fermarla.
Quando il demone si era accorto di ciò che stava avvenendo ormai era troppo tardi e la prima scia di Potere demoniaco si era già riversata direttamente in Bonnie che, nonostante la paura che provava nei confronti di quella magia così minacciosa e sconosciuta, aveva tenuto duro e stava continuando a farlo.
La presenza di Damon accanto a lei era l’unica cosa che riusciva a tenerla ancorata alla realtà.
Con tutto quel Potere che le scorreva dentro sarebbe stato semplice lasciarsi totalmente andare, anima e corpo, ma non aveva idea di quanto la cosa potesse effettivamente poi risolversi a suo favore, quindi si aggrappava metaforicamente a Damon, al ricordo di Damon e ai leggeri tocchi che di tanto in tanto lui le lasciava su una spalla o lungo un braccio in modo da ricordarle qual era il suo posto, qual era il suo mondo e chi era lei.
Con un unico colpo secco distrusse ogni collegamento tra lei, Nicole ed Astaroth, lasciando bruscamente la presa su di loro nel momento in cui sentì di non essere più fisicamente in grado di contenere altro Potere.
Sentì di essere sul punto di esplodere lei stessa, con la pelle in fiamme, tornadi di rossi e gialli che si avvicendavano dietro le sue palpebre chiuse e il sangue che le bolliva letteralmente nelle vene.
Presuppose che era quello il momento di rilasciare tutto, di infrangere tutto quell’accumulo di magia sulla barriera demoniaca creata da Astaroth.
Immaginò di immergere le sue mani in quella massa informe di magia e di appallottolarla, dandole una forma sferica. Visualizzò il suo Potere ancora debole, ma bianco e puro, che pulsava come il cuore di quella sfera e tutto intorno i Poteri di Nicole ed Astaroth si scontravano e si mischiavano, entrando in collisione e abbracciandosi l’un l’atro, rotando vorticosamente intorno al loro nucleo.
Bonnie spalancò gli occhi e li fissò sulla piattaforma e sulla barriera che intendeva distruggere.
Nicole era in ginocchio e la guardava fisso negli occhi, mentre Astaroth si stava rialzando e sembrava che le stesse ringhiando contro.
Bonnie non ci fece caso e cercò la mano di Damon con la sua.
“Porta via Nicole! Non appena rilascerò tutto questo Potere e la barriera si infrangerà, portala via prima che venga travolta da quella che prevedo sarà una forte esplosione!” - gli disse.
Damon non le rispose, ma le strinse maggiormente la mano per un attimo prima di rilasciargliela.
Non c’era bisogno che lui le desse la sua conferma circa il fatto che avrebbe protetto Nicole, non più: adesso Nicole era diventata una priorità per entrambi e allo stesso modo.
Bonnie prese un bel respiro e contò fino a tre, mentalmente, poi visualizzò una luce che si irradiava dalle sua mani e la sfera di magia che compariva a poco a poco di fronte a lei.
Fu doloroso per lei che non l’aveva mai fatto, ma con una costanza e una tenacia che in passato poco le erano appartenute Bonnie riuscì nel suo intento e quando si ritrovò effettivamente quella sfera tra le mani, fece forza e la scagliò violentemente contro la barriera.
Ci fu un esplosione di luce e un boato assordante e tutto successe troppo in fretta perché riuscisse davvero a distinguere i contorni di qualcosa.
La barriera venne avvolta dalla sfera di Potere e poi si crepò nello stesso istante in cui Damon scattò e con un solo salto riuscì ad arrivare da Nicole giusto un attimo dopo l’esplosione che aveva ridotto la barriera in mille pezzi infinitesimali. Il vampiro afferrò la ragazza e poi scomparve mentre Astaroth levava il suo grido irato e fu allora che Bonnie vide i demoni che dal basso cominciarono a volare puntando dritti verso di lei.
Astaroth rimase bloccato, bloccato dalla luce e dall’esplosione e, provenienti da chissà dove, Bonnie riuscì a sentire le voci di Damon e Nicole che le urlavano di stare attenta e invocavano preoccupati il suo nome.
In un altro momento, con tutti quei demoni pronti ad ucciderla, Bonnie avrebbe temuto il peggio, ma in quel preciso istante, dopo aver fatto ciò che aveva fatto, con il suo Potere appena risvagliatosi e con ancora delle piccole tracce nella sua anima del Potere di Astaroth e di quello di Nicole, Bonnie seppe immediatamente cosa fare.
Tese le braccia davanti a sè e le bastò immaginare un’immensa lama di luce che partiva da lei ed investiva tutti i demoni per vedere quella stessa lama comparire e fare ciò per cui era stata invocata.
Tutto cessò all’improvviso.
Ogni rumore si quietò, la luce sparì e tutto venne ricoperto dalla cenere dei corpi disintegrati dei demoni che Bonnie aveva appena ucciso.
Più in basso, su una delle travi su cui quel giorno avevano combattuto ed erano morti Lilian ed Owen, Nicole e Damon erano vivi, sani e la stavano guardando.
Alle sue spalle, Astaroth era accasciato al suolo e stava cercando di tirarsi su ora che l’esplosione da cui lui stesso era stato investito era giunta alla sua naturale fine.
Bonnie cadde in ginocchio, stremata e con il respiro corto per via della fatica fatta e di cui solo adesso sentiva il peso e l’enormità.
Damon e Nicole furono da lei in un attimo e solo allora, mentre Damon le metteva un braccio intorno alla vita e le faceva poggiare la testa sul suo petto, riuscì a sorridere e, per una volta nella vita, si concesse il lusso di essere davvero fiera ed orgogliosa di se stessa.



Mai nella sua vita Nicole si era sentita così riconoscente verso qualcuno come in quel momento sentiva di esserlo nei confronti di Bonnie.
Lei aveva affrontato ogni sua paura per darle una chance e mentre lo faceva era stata assolutamente fantastica.
L’aveva fissata per tutto il tempo e non riusciva a smettere di farlo, soprattutto ora che la vedeva tra le braccia di Damon.
Guardandoli Nicole avvertì il suo cuore colmarsi si ardente sicurezza. Orami non importava cosa le sarebbe successo quel giorno perché sapeva che grazie a loro lei sarebbe tornata a vivere prima o poi: poteva giocarsi tranquillamente il tutto per tutto per riuscire ad uccidere Astaroth.
Lasciò una carezza su una guancia di Bonnie, come ringraziamento e poi poggiò per una attimo una mano su una spalla di Damon, sorridendogli senz’ ombra di cinismo o ironia per una volta.
Damon annuì e la lasciarono andare.
Astaroth si stava rimettendo in piedi senza troppa fatica e adesso era su di lui che doveva concentrarsi.
“Sta attenta!” - le sussurrò Bonnie.
Nicole le lanciò un’ultima occhiata prima di spiccare un unico salto sulla piattaforma su cui era prima, ma attorno alla quale non c’era più nessun tipo di barriera.
Aveva recuperato i suoi Poteri magici, lo sentiva, e sentiva che anche per il Figlio del Fuoco era così.
Atterrò davanti ad Astaroth e avanzò verso di lui con decisione.
“Basta trucchetti, caro mio! Adesso si fa sul serio! All’ultimo sangue questa volta!” - sentenziò.

lunedì 26 marzo 2012

Spoiler "Forse...il destino..." - Capitolo 27

Era da masochisti autoinfliggersi così un dolore simile invece di allontanarlo, ma se Nicole voleva arrabbiarsi, se voleva seguire il consiglio di Damon, suo padre, allora quella era l’unica strada percorribile per lei: doveva rivederli tutti lucidamente, con freddezza, doveva concentrarsi sul ricordo di quello che aveva provato vedendo la vita che abbandonava gli occhi di tutti coloro che aveva amato e riuscire a mettere tutto insieme e spingere, spingere fino a che quella sofferenza non fosse esplosa, riaffiorando a galla come lava incandescente pronta a travolgere ogni cosa.
Doveva diventare impassibile: aveva già sprecato troppo tempo ad autocommiserarsi e soffrire.
Doveva far uscire il lato più oscuro di lei e fargli prendere il sopravvento se voleva sperare di vincere nonostante si portasse addosso un sofferenza simile a quella che stava patendo.




Ecco qui lo spoiler!
Oddio....dopo il capitolo di questo giovedì ne manca soltanto un'altro e poi l'epilogo!O_O Mi sento triste!

Ma mettendo da parte questo per un attimo, allora...
Lo spoiler è un POV Nicole! Nel prossimo capitolo ci saranno diversi POV suoi, suoi e di Bonnie, anzi...possiamo dire tranquillamente che le protagoniste del capitolo saranno loro due!
Nicole comincerà a riprendersi e ad attaccare, ma c'è ancora la barriera a bloccarle i Poteri ed è qui che entrerà in gioco Bonnie! Come farà? Cosa farà?
L'unica cosa che posso assicurarvi è che i morti sono finiti!XD Fatta eccezione per uno tra Nicole o Astaroth che alla fine dovrà morire per forza se voglio concludere questa fanfiction!XD
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 22 marzo 2012

"Forse...il destino..." - Capitolo 26

Sacrificio
Quando un pezzo del tuo cuore viene calpestato e distrutto lo si avverte all’istante e con una potenza devastante, in grado si afferrarti l’anima e annegarla nel mare nero della disperazione.
Quando più pezzi del tuo cuore vengono calpestati e distrutti all’unisono allora la sensazione che si avverte è un milione di volte peggiore. Una sensazione annichilente di freddo e vuoto che non può essere ricondotta a nient’altro che alla morte stessa.
Il vuoto, l’assenza era la morte e Bonnie l’avvertiva, avvertiva l’assenza di tutti quegli amici che aveva perso nel giro di pochi istanti e si sentiva morire dentro ogni volta che ci pensava.
L’unica luce, l’unica fonte di calore che ancora riusciva a scaldarle il cuore era rappresentata dalla vista di Damon e Nicole ancora in vita, ma adesso c’era una domanda a torturarla: per quanto tempo ancora?
La consapevolezza di ciò che da lì a poco Astaroth avrebbe costretto a fare  a coloro che erano ancora vivi era distruttiva nella sua concretezza e crudeltà. Ciò che il demone voleva già lo sapevano tutti: voleva obbligarli a scegliere sapendo perfettamente che in ogni caso sarebbero stati loro a perdere.
Bonnie non poteva e non voleva lasciar morire Damon, ma da dove poteva prenderla la forza per condannare l’altra versione di se stessa alla morte?
La scelta più logica e razionale sarebbe stata quella di salvare lei e Damon perché dovevano tenere in vita Nicole e la vita della ragazza sarebbe stata stroncata all’istante se uno qualsiasi tra lei e il vampiro fosse morto, mentre non sarebbe successo nulla di irreparabile a Nicole se a morire fossero stati i suoi genitori, l’altro Damon e l’altra Bonnie.
Certo, non sarebbe successo nulla a Nicole fatta eccezione per l’aggiunta di altro dolore a quello che già la stava lentamente uccidendo, schiacciandola sotto il peso del senso di colpa.
Bonnie non poteva capire a pieno ciò che Nicole stava provando o perché si sentisse colpevole, ma riusciva a capire bene il dolore per la perdita delle persone care e il senso d’impotenza.
Quante volte lei stessa si era sentita impotente?
Lei era sempre stata quella da proteggere, quella troppo fragile, troppo debole, troppo piccola, troppo impressionabile, troppo stupida, troppo poco strega e così via per un’infinità di epiteti poco carini, ma che rendevano alla perfezione il modo in cui si era sempre sentita, il modo in cui era sempre stata vista e la sua posizione all’interno del gruppo.
Persino in quel momento si sentiva impotente anche se, fondamentalmente, un gruppo lei non ce l’aveva più. Adesso c’erano solo lei, Damon e le loro controparti future, tutti sospesi in aria a decidere chi tra loro doveva morire.
La confusione era tale nella mente di Bonnie che la razionalità andava a farsi benedire ogni volta che tentava di ragionare per trovare una soluzione al problema e guardare gli altri intorno a lei non le era di grande aiuto.
Tutti, come lei, erano scossi per via delle morti terribili a cui avevano assistito e il fatto che più il tempo passava più i motivi per combattere diminuivano faceva si che la lucidità diventava quasi impossibile da mantenere.
Bonnie riusciva a stento a controllarsi e a non crollare, lo faceva per Nicole, ma vedere gli altri che facevano lo stesso restando immobili a fissare chi un punto della sala chi un altro le faceva desiderare che quel silenzio che era calato cessasse e venisse soppiantato da urla di rabbia e dolore, da una reazione, una qualsiasi che non fosse l’immobilità.
Il sorriso soddisfatto e pieno di se di Astaroth saettò per un attimo su di lei e Bonnie si costrinse a voltare lo sguardo altrove.
Guardò Damon, ma desiderò subito non averlo fatto quando un’ennesima fitta di dolore le colpì il petto nel capire che lo sguardo fermo e immutato del vampiro si era fissato sul punto dove pochi minuti prima stava combattendo Stefan.
Era così concentrata sul suo dolore che non aveva pensato a come potesse sentirsi Damon che aveva appena visto morire quel fratello che, nonostante le liti e le minacce, era stato il suo compagno più fidato durante i suoi cinque secoli di vita.
Bonnie sentì il bisogno di entrare nella sua mente, capirlo e aiutarlo a sopportare il peso che probabilmente sentiva, condividerlo avrebbe fatto forse meno male.
Si concentrò su di lui e provò a svuotare la sua mente, ad aprirla e ad allungarla verso quella di Damon, ma venne sbattuta ripetutamente indietro fino a che non cominciò ad avvertire fitte di fuoco all’altezza delle tempie.
La risata crudele di Astaroth scosse gli animi per l’ennesima volta.
“Lo stavo spiegando giusto poco fa alla giovane Nicole!” - disse - “Questo posto, il Castello, è parte di me e qui dentro sono più forte, quasi del tutto onnipotente! Prima di chiudervi in questa stanza ho creato un incantesimo che la circondasse e la estraniasse dal resto dello scorrere del Tempo, in questo modo io riesco a controllare la vostra mente tanto da far si che ogni ricordo che avete accumulato negli anni o in questi giorni non svanisca nonostante siano morti personaggi che, scomparendo, hanno inevitabilmente influito sullo scorrere del Tempo, riscrivendolo e modificandolo e cambiando anche voi e i vostri ricordi!” - spiegò Astaroth - “Ma questo non è tutto! Mi sono anche preoccupato di bloccare qualsiasi tipo di potere voi aveste, sia in quanto vampiri che in quanto streghe! Nella fattispecie, ho bloccato ogni potere mentale dei due Damon e ho bloccato i poteri magici della madre di Nicole grazie alle catene che le legano i polsi!”.
“C-Catene?”  - chiese Bonnie.
“Tu non le hai!” - fece Astaroth - “Con te non ce n’è bisogno, no? Tu sei una strega soltanto di nome, dopotutto! Devi riconoscerlo!”.
Bonnie non rispose, ma abbassò gli occhi.
Le parole di Astaroth non solo avevano messo in chiaro che la connessione telepatica era impossibile in quelle condizioni, ma le aveva anche ricordato quanto fosse inutile e quanto fosse stata stupida a credere di aver trovato un’idea buona da mettere in pratica.
“Quindi, signori miei, smettetela di crogiolarvi nella speranza che sia possibile trovare una soluzione che vada bene per tutti e oltretutto vi salvi tutti e scegliete una buona volta, così come vi è stato detto di fare!” - riprese Astaroth.
La voce dell’altro Damon arrivò inaspettata e sicura ad interrompere il demone.
“Non ci sarà bisogno di fare nessuna scelta! Saremo io e mia moglie a morire, sacrificandoci per la vita di nostra figlia e per la sopravvivenza di Fell’s Church!”.


La voragine che sentiva all’altezza del petto diventava sempre più grande e profonda  mano a mano che i minuti passavano.
Non sapeva nulla tranne il fatto che lasciarsi trascinare così dagli eventi non era da lei e non sarebbe stato d’aiuto a nessuno, ma come poteva reagire? Come poteva sopportare tutto il dolore che sentiva?
Era atterrita dal pensiero di cos’altro sarebbe accaduto davanti ai suoi occhi senza che potesse intervenire in alcun modo e si sentiva piena di rabbia verso Astaroth, una rabbia malsana e mai provata che, invece di darle la forza di attaccare il demone, la immobilizzava preda dei suoi pensieri e delle sue angosce.
Il silenzio innaturale che era calato subito dopo la morte e la sparizione dei suoi zii continuava ad essere presente e a permeare tutto, portato avanti dalla schiera di demoni rimasti che avevano formato un’unica fila compatta sulla piattaforma sottostante, aspettando le loro prossime vittime con i volti deformi puntati verso l’alto, verso di loro.
Le parole di suo padre non alleviarono la situazione.
“Ma davvero! Quindi voi due volete sacrificarvi per permettere a Nicole di vivere ed uccidermi? E cosa, esattamente, vi fa credere che lei riuscirebbe a fare ciò nelle condizioni in cui è adesso? Se non dovesse riuscirci il vostro sacrificio sarà stato vano!” - fece Astaroth rivolto a suo padre, parlandogli con un tono volutamente carico di pura curiosità.
Nicole poteva dire di conoscere il demone, quindi sapeva che probabilmente lui in quel momento si stava chiedendo perché mai i suoi genitori avevano così tanta voglia di morire per salvare la loro figlia.
Astaroth non capiva, si sforzava in continuazione, ma non capiva cosa ci fosse alla base di quelle azioni così…umane.
E, in tutta onestà, neppure Nicole riusciva a capire perché i suoi genitori stessero dicendo quelle cose, perché stessero facendo ciò che facevano.
“Noi abbiamo piena fiducia in nostra figlia, Astaroth! Lei capirà, capirà e riuscirà a batterti!” - rispose suo padre.
“Si, ma se questo non avvenisse?” - ribattè Astaroth.
“Continueremo ad avere fiducia in lei e ad amarla!” - s’intromise sua madre.
“Ma sareste morti! Per tutti i demoni dell’Inferno, come fareste ad amarla ancora se sarete morti? E’ impossibile!” - s’infervorò Astaroth, lanciando una risata sprezzante ai presenti.
Suo padre scosse la testa.
“L’amore di un genitore per i propri figli non muore mai, Astaroth! Noi ci saremo sempre per Nicole, in un modo o nell’altro! Puoi credermi! Te lo dice uno che un tempo era forse cinico e mal disposto verso questi discorsi tanto quanto te, ma che ha dovuto ricredersi!” - disse.
Nicole non riusciva più a sopportare nient’altro.
Parlavano di amore sconfinato, di esserci sempre per lei in un modo o nell’altro….
Ma cosa se ne faceva lei di tutte quelle belle parole se non poteva più averli al suo fianco?
Sua madre…
Da quanto tempo non riceveva un abbraccio da sua madre?
Astaroth l’aveva rapita prima che lei e Lilian tornassero dal loro viaggio nel passato e…perché? Perché la prima volta che riusciva a rivederla doveva anche essere la volta in cui sua madre moriva per darle l’opportunità di fare qualcosa che non sapeva come fare né se avesse davvero le capacità per fare così come avevano tutti creduto fino a quel momento?
A guardarsi in quel momento l’unica cosa che riusciva a pensare era a cosa erano serviti tutti gli allenamenti a cui si era sottoposta e, più in generale, tutte le esperienze che aveva messo insieme in quegli anni quando Astaroth era stato in grado di intrappolarla senza che lei se ne rendesse conto e di distruggerla pezzo per pezzo uccidendo tutti coloro che amava senza che lei potesse fare nulla per evitarlo.
Senza pensarci si scagliò contro la barriera che la teneva prigioniera e ci battè contro i pugni con tutta la forza che le era rimasta in corpo.
“Basta! Smettetela!” - urlò - “Voi…voi non potete farmi questo! Siete i miei genitori, non potete uccidervi!”.
La sua voce aveva assunto una nota d’isterismo che non le era mai appartenuta, ma che in quel momento le veniva fuori del tutto naturale.
“Nicole! Nicole, ascolta! Noi dobbiamo farlo, non capisci?” - le disse suo padre - “Noi quattro….Da questa lastra di vetro su cui ci troviamo non tutti e quattro riusciremo a scendere! Qualcuno di noi deve morire, ed è più logico e sensato che a morire siamo io e tua madre e non Damon e Bonnie! Loro devono vivere, devono vivere per poter permettere a te di vivere, riesci a capirlo questo?”
Certo che lo capiva!
Lo capiva, ma non lo accettava!
Tutta quella storia era diventata troppo ingarbugliata e troppo piena di complicazioni perché persino lei riuscisse a starvi dietro.
Dapprima le complicazioni erano state soltanto ricordi trasformati e riscritti, ma poi erano diventate persone che morivano…a causa sua.
Come poteva accettarlo?
Come poteva superare il senso di colpa e riuscire a capire, a comprendere così come le diceva di fare suo padre?
“Non posso! Non posso capire e non posso permettervelo! Non ve lo permetterò!” - s’intestardì - “Io non voglio che nessuno di voi quattro muoia!”
“Allora per la tua stupidissima testardaggine condannerai tutti alla fine, inclusa te stessa. A quel punto si che potrai sentirti in colpa, in colpa di essere stata la causa della morte di tutti!” - la voce di Damon, che fino a quel momento non aveva ancora aperto bocca per parlare, arrivò dura e fredda a soppiantare quella sua e di suo padre.
Nicole si voltò verso di lui, lentamente.
“Io sono già la causa della morte di tutti!” - sussurrò.
“Invece no e non lo capisci neppure! Chi è adesso l’idiota, Nicole? Come fai a non vedere che lasciarli morire e salvare me e Bonnie è l’unico modo per salvarci tutti?” - le ringhiò contro Damon, riuscendo a colpire con le sue parole il tasto più scoperto e sensibile di Nicole.
La spinse a fermarsi, a lasciare i suoi dubbi e i suoi capricci da parte e a pensare, a chiedersi perché si fossero infervorati tanto tutti su quella faccenda del sacrificio.
Che ci fosse altro dietro che lei davvero non riusciva a vedere per il troppo dolore che provava?
Che fosse davvero così poco lucida?


Da quando era stato trascinato via dalla cella e separato dall’altra Bonnie, Damon era rimasto in silenzio, trattenendo dentro di se i suoi pensieri e le sue emozioni.
Niente di più facile per un tipo come lui! Ordinaria amministrazione persino stando legato come un salame ad aspettare che succedesse qualcosa.
E qualcosa era successo!
Troppe cose erano successe e tutte insieme!
Il bello era che, in un altro tempo e con un’altra mentalità, lui forse avrebbe addirittura ammirato la sottile furbizia di Astaroth e la sua crudeltà. Forse avrebbe addirittura pensato di prendere esempio dal demone, lui che nei suoi cinquecento e rotti anni di vita di efferatezze ne aveva viste parecchie e ne aveva messe in atto molte di più.
Purtroppo, però, Damon non sentiva più di essere quell’essere senza alcuno scrupolo da parecchio tempo, addirittura da prima di quel Viaggio nel tempo, quindi adesso gli era molto più chiara la totale mancanza di umana logica e di sentimento nelle azioni di Astaroth e se ne sentiva disgustato.
Quale essere al mondo avrebbe riso dopo aver lasciato una ragazza senza parti importanti della sua famiglia?
Quale essere al mondo avrebbe riso dopo aver strappato ad una ragazza i più grandi amici di tutta una vita?
Quale essere al mondo avrebbe riso dopo aver tolto la vita al fratello minore davanti al fratello maggiore?
Era questo ciò che gli faceva più male, ciò che lo aveva maggiormente colpito nel profondo.
Nemmeno vedere Elena morire aveva avuto un effetto così devastante come il veder morire Stefan.
Per quanto tempo aveva creduto di voler vedere morto suo fratello?
Quante volte aveva minacciato di ucciderlo lui stesso con le sue mani?
Eppure adesso che era successo, adesso che quel suo fratellino moralista e impiccione sempre pronto a giudicare ciò che faceva era morto davvero, Damon non riusciva a non sentire nient’altro che…dolore, un dolore sordo e martellante che gli scuoteva l’intero corpo dall’interno e che forse toccava anche la sua anima, sempre ammesso che ne avesse ancora una.
In quel momento si rese conto che, nonostante tutto e nonostante tutti, lui era rimasto sempre che quel ragazzino intrepido e un po’ idiota che non desiderava nient’altro dalla vita se non vedere il suo piccolo fratellino felice e in salute.
Gli umani erano soliti dire che solo quando si perde una persona allora si capisce davvero quanto valore aveva per noi.
Beh…Damon voleva soltanto che Stefan tornasse in qualche modo, si sentiva disposto a fare qualsiasi cosa perché questo accadesse, quindi…doveva dedurne che suo fratello aveva per lui un valore inestimabile?
Forse si, anche se dirlo ad alta voce non sarebbe affatto stata un’opzione semplice e praticabile che lui avrebbe messo in atto.
Rimase immobile a fissare il punto in cui Stefan aveva combattuto prima di tramutarsi in cenere per parecchio tempo, ascoltando solo distrattamente ciò che si dicevano gli altri rimasti in vita.
Oltre a Nicole e ad Astaroth, erano rimasti solo lui, Bonnie e le loro controparti future.
Poteva capire perché Nicole fosse così restia all’idea di veder morire i suoi genitori.
L’altro Damon e l’altra Bonnie erano la sua famiglia così come Stefan era stato la sua quindi Damon comprendeva davvero il dolore della ragazza, ma, nonostante le sue proteste, decise comunque di parlare e di appoggiare l’altro se stesso quando si rese conto di cosa, le parole dell’altro Damon e dell’altra Bonnie, sottintendevano.
Non potevano parlare apertamente perché erano in presenza di Astaroth, ma Nicole doveva capire, doveva capire che forse se tutto andava secondo i piani, se lei riusciva a comprendere e a reagire, se Astaroth veniva ucciso allora…tutte le morti avvenute, la morte di Stefan, niente di tutto ciò sarebbe stato vano e tutto avrebbe avuto un suo perché, una sua ragione di essere.
S’infervorò e scosse le catene che lo tenevano legato, dando al suo corpo una strano movimento oscillante.
“Accedenti Nicole! Sei o non sei mia figlia? Apri le orecchie e usa un po’ di cervello! Nessuno di noi ci tiene tanto a morire, ma qualcuno deve farlo per forza ed è logico che siano loro e non noi! Devi pensare Nicole! Tu ce l’hai la soluzione, diamine! Ce l’hai di fronte a te la soluzione!” - tuonò.
Nicole gli rispose sgranando appena gli occhi e borbottando confusamente.
“La…soluzione?”
“Esatto! La soluzione! Stai soffrendo, lo so! E’ appena morto mio fratello quindi credimi che lo so bene! Ma non puoi lasciarti abbattere da tutto questo e comportarti da ragazzina idiota! Provi dolore? Perfetto! Trasformalo in rabbia, pensa alla soluzione e poi riversa tutto su quel dannato demone!” - continuò Damon.
“Dannato? Oh! Ti ringrazio per il complimento, vampiro!” - s’intromise Astaroth.
“Smettila pure di fare l’imbecille, demone! Hai i minuti contati!” - ringhiò Damon.
“Sul serio?” - lo prese in giro Astaroth.
“Sul serio!” - confermò Damon per poi voltarsi di nuovo verso Nicole - “Nicole? Hai capito allora? Hai capito cosa vogliamo dirti? Perché devi combattere? Perché non ha importanza chi vive o chi muore a patto che tu vinca?” - le chiese, e, giusto per rendere l’idea, lanciò un’occhiata lì dove pochi minuti prima l’altro Matt era ancora vivo.
Dalla sua posizione Damon era riuscito a tenere sotto controllo tutto ciò che era avvenuto e, facendo due più due insieme a tutto ciò che l’altra Bonnie gli aveva spiegato o che aveva sentito dire in giro, alla fine aveva dovuto ammettere che se Mutt sarebbe diventato almeno la metà della sua versione futura allora forse era possibile sul serio che lui prendesse in considerazione l’idea di trattarlo come un essere umano rispettabile e non come un povero imbecille, ovvero un povero Mutt.
“Allora, Nicole, hai capito? Perché io sto cominciando davvero ad annoiarmi! Se vuoi te lo spiego io cosa vogliono dirti anche se è sempre stato piuttosto ovvio e tu l’hai sempre saputo! Però c’è anche da dire che ti ho ridotta davvero male e, nonostante tutto, non penso che riusciresti a fare qualcosa comunque! Ormai sei a pezzi, emotivamente parlando, non hai più forza!” - intervenne Astaroth.
“Ti sbagli! Quella ragazza ha il mio sangue che le scorre nelle vene e, per quanto la cosa non possa propriamente definirsi un bene per la maggior parte delle occasioni, quando si tratta di prendere a calci qualcuno allora è una vera manna dal cielo, te l’assicuro!” - ribattè Damon - “Giusto, Nicole?”.
Non ottenne risposta, ma un flebile cenno del capo da parte della ragazza gli bastò e allora si voltò verso Bonnie, ad incontrare gli occhi della streghetta dopo quella che era sembrata un’infinità di tempo.
Forse l’altra Bonnie aveva ragione!
Forse dire a Bonnie che aveva gli occhi strani non era il modo migliore per rompere il ghiaccio una volta che fossero riusciti a parlare circa tutta la questione della connessione telepatica.
“Tira la leva, Bonnie! Tirala verso di te in modo da salvarci entrambi!” - la spronò.
Bonnie lasciò i suoi occhi solo per voltarsi verso l’altro Damon.
“Ma…” - tentò di dire.
“Coraggio, Bonnie! Fallo!” - la esortò l’altro Damon.
“E’ giusto così!” - aggiunse l’altra Bonnie.
“Si, ma così voi morirete! Scomparirete entrambi….” - fece lei, fermandosi poi con lo sguardo sull’altro Damon - “Tu scomparirai!”.
L’altro Damon sorrise: “Io non scomparirò!” - rispose a Bonnie, aiutandola poi a voltarsi nella direzione in cui lui, invece, era ancora legato.
“Ormai è troppo tardi perché io scompaia davvero!” - aggiunse l’altro Damon lanciandogli un’un occhiata quasi divertita.
Damon dovette dargli ragione, riconoscere la veridicità nelle parole della sua versione futura.
Da quando era arrivato non aveva fatto altro che protestare e lottare, dicendo che non sarebbe mai diventato come l’altro Damon, ma alla fine, volente o nolente, un cambiamento era avvenuto, un cambiamento che l’avevo portato a riconoscere Nicole come sua figlia solo pochi istanti prima e che adesso lo stava portando a guardare Bonnie negli occhi, la sua streghetta, e a dirle ciò che non avrebbe mai pensato di dire.
“Lui ha ragione! Non scomparirà! Io sono qui!”.


Bonnie sentì il fiato mozzarlesi in gola non appena Damon le rivolse quelle parole.
Per quanto tempo era rimasta ad aspettare che qualcosa cambiasse, che lui si accorgesse di lei…
E poi era arrivato quel Viaggio nel tempo e allora aveva creduto che forse c’era davvero speranza, che la presenza dell’altro Damon così diverso dal Damon che era abituata a conoscere era un chiaro segnale del fatto che non doveva gettare la spugna, che doveva ancora sperare che forse un futuro al fianco del ragazzo che amava era possibile.
Nonostante questo, però, spesso aveva dubitato, non poteva negarlo anche perché le conseguenze dei suoi dubbi erano cadute dritte e platealmente su Nicole.
Possibile che tutte le raccomandazioni dell’altro Damon circa il fatto di stare tranquilla riguardo i suoi sentimenti per Damon avessero trovato riscontro?
Possibile che Damon avesse davvero cambiato idea in qualche modo ed in un momento che lei non aveva visto e non era riuscita a vivere?
La connessione telepatica avrebbe dovuto darle qualche suggerimento di questo, ma forse in quegli attimi lei era semplicemente troppo presa da ciò che stava succedendo per rendersi conto che già solo il fatto che Damon l’avesse aperta una connessione con lei significava che aveva fatto un passo avanti nella sua direzione.
“Fidati di me, streghetta!” - la esortò Damon, insistendo sul suo viso con quei suoi occhi così terribilmente profondi e così terribilmente caparbi.
Fidarsi? Come poteva lei non fidarsi?
In qualsiasi situazione si erano trovati, qualsiasi cosa avessero subito e affrontato, qualsiasi cosa si fossero detti o non detti, lei si era sempre fidata di Damon. A prescindere da tutto gli aveva sempre affidato la sua vita senza alcuna esitazione, fin dal primo momento, nonostante avesse sempre provato una sorta di paura recondita nei suoi confronti.
Annuì. Non poteva fare altro.
Lei stessa poco prima aveva pensato che lasciar vivere lei e Damon era la cosa più sensata da fare se volevano preservare la vita di Nicole, quindi anche se soffriva all’idea di veder morire anche l’altro Damon e l’altra Bonnie sapeva che era davvero giusto così, che era ciò che doveva succedere se volevano avere una speranza di farcela ad uscirne vivi tutti da quell’incubo.
“Io mi fiderò sempre di te!” - sussurrò, prima di voltarsi verso l’altro Damon e l’altra Bonnie e annuire.
Lanciò appena uno sguardo a Nicole e la vide chiudere e riaprire ripetutamente gli occhi, come se stesse combattendo contro l’istinto di non guardare ciò che stava per avvenire.
Bonnie sentì una fitta al petto e, non appena arrivò alla leva posta al centro di quella lastra trasparente su cui si stavano muovendo, le si rivolse con un sorriso appena accennato, un sorriso di comprensione e appoggio.
“Chiudi gli occhi, Nicole!” - la invitò gentilmente a fare e, dopo un ultimo sguardo vacuo, Nicole le sorrise debolmente di rimando, grata, lanciò un’occhiata ai suoi genitori e poi serrò gli occhi.
Solo allora, dopo quell’accortezza, Bonnie prese un bel respiro e posizionò entrambe le mani sull’impugnatura della leva mentre l’altro Damon si spostava verso l’estremità opposta della piattaforma, stando il più possibile vicino a sua moglie.
“Vada bene per il sacrificio, anche se avrei preferito di gran lunga una bella scazzottata tra voi, per il mio divertimento personale ovviamente, ma non capisco ancora perché vogliate morire entrambi! Insomma…quella leva porterà alla morte solo la strega!” - fece, curioso, Astaroth.
“Io seguirò mia moglie perché è giusto così! E’ giusto che tutto ciò che avverrà dopo riguardi solo Damon, Bonnie e Nicole perché, in fondo, ha riguardato sempre e solo loro tre! Neppure io c’entro!” - rispose l’altro Damon che, con un solo salto, riuscì ad agganciare le proprie mani alle catene con le quali era tenuta legata l’altra Bonnie, sfiorando appena le sue labbra con quelle di sua moglie prima che Bonnie, in un colpo solo, tirasse la leva verso di lei e guardasse le catene di cui poco prima aveva parlato Astaroth -  quelle catene che avevano tenuta imbrigliata non solo l’altra Bonnie come persona, ma anche l’altra Bonnie come strega - aprirsi e lasciar precipitare giù quelle due persone che, in un modo o nell’altro, avevano fatto tanto sia per Damon che per lei.
Li guardò cadere di sotto, abbracciati, nella moltitudine di demoni che fu su di loro in un attimo e che loro non fecero nulla per respingere perché…era giusto così.
Bonnie sentì qualcosa, qualcosa di indefinito che le si mosse dentro.
Una luce, ecco cos’era. Una luce calda e abbagliante simile a quella che aveva provato durante l’incantesimo fatto sull’altra Meredith con l’aiuto dell’altra Bonnie. Una luce che sentiva risvegliarlesi nell’anima e avvolgerla completamente, spingendo dall’interno per farsi accettare.
Bonnie aveva paura di quella luce, ne aveva sempre avuta, ma questa volta le arrivò un aiuto.
Astaroth aveva inibito i poteri magici e mentali dell’altra Bonnie tramite le catene con cui l’aveva legata, catene che si erano aperte e le avevano lasciato liberi i polsi nel momento in cui lei, Bonnie, aveva tirato quella leva.
Per il breve lasso di tempo prima che l’altra Bonnie e l’altro Damon si lasciassero uccidere dai demoni del Figlio del Fuoco, l’altra Bonnie aveva riavuto i suoi poteri e li aveva usati per comunicare con lei, per inviarle un ultimo messaggio telepatico che adesso le rimbombava ancora nella mente e la liberava da ogni dubbio, ogni incertezza ed ogni paura, che l’aiutava a capire come poter aiutare concretamente Nicole.
“La barriera blocca solo Astaroth e Nicole!” - diceva il messaggio - “Libera Nicole! Se non riesci ad usare la tua magia, allora usa la loro! Canalizzala!”
E poteva farlo perché Astaroth aveva commesso un errore, aveva creduto che lei non rappresentasse alcun pericolo dato che non aveva ancora accettato la sua magia e allora non aveva preso nessun tipo di provvedimento nei suoi confronti atto ad inibire qualsiasi tipo di potere lei possedesse.
Ma se l’accettava in quel momento la sua magia? Allora….era libera di usarla in qualsiasi modo e per qualsiasi cosa.

lunedì 19 marzo 2012

Spoiler "Forse...il destino..." - Capitolo 26

Guardò Damon, ma desiderò subito non averlo fatto quando un’ennesima fitta di dolore le colpì il petto nel capire che lo sguardo fermo e immutato del vampiro si era fissato sul punto dove pochi minuti prima stava combattendo Stefan.
Era così concentrata sul suo dolore che non aveva pensato a come potesse sentirsi Damon che aveva appena visto morire quel fratello che, nonostante le liti e le minacce, era stato il suo compagno più fidato durante i suoi cinque secoli di vita.
Bonnie sentì il bisogno di entrare nella sua mente, capirlo e aiutarlo a sopportare il peso che probabilmente sentiva, condividerlo avrebbe fatto forse meno male.
Si concentrò su di lui e provò a svuotare la sua mente, ad aprirla e ad allungarla verso quella di Damon, ma venne sbattuta ripetutamente indietro fino a che non cominciò ad avvertire fitte di fuoco all’altezza delle tempie.
La risata crudele di Astaroth scosse gli animi per l’ennesima volta.




Eccomi!!!
Ed ecco con me anche lo spoiler!
Per ovvie ragioni direi, nel prossimo capitolo, anzi...nei prossimi capitoli i protagonisti saranno senza dubbio Astaroth e Nicole e i suoi genitori, passati o futuri che siano!XD
Soprattutto ci saranno quelli del passato, quindi Damon e Bonnie, visto che l'altro Damon e l'altra Bonnie....beh...ve lo ricordate che Astaroth li aveva messi tutti e 4 davanti ad una scelta, giusto?
Ecco! Nel prossimo capitolo ci sarà la scelta!
Adesso vi lascio...
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 15 marzo 2012

"Forse...il destino..." - Capitolo 25

Massacro
Per Astaroth, che aveva una visione del mondo tutta sua e a suo dire perfetta e sublime, il concetto di divertimento era alquanto relativo e assumeva nuovi tratti e nuove sfaccettature a seconda delle persone.
Mentre per alcuni divertirsi era sinonimo di chiacchiere senza senso o stupide gite familiari, per Astaroth il divertimento aveva direttamente a che fare con la morte altrui, il dolore altrui, il sangue altrui e qualche testa mozzata o qualche cuore strappato non potevano fare altro che aggiungere ancora più risate a quelle che già ci sarebbero state.
Era per questo motivo, fondamentalmente, che tutti lo chiamavano “mostro”, ma dato che Astaroth - come già detto - riteneva di avere una visione del mondo perfetta e sublime, allora non riusciva a capire come nessuno, nemmeno Nicole, vedesse chiaramente che il termine “mostruoso” aveva la stessa valenza e lo stesso significato del termine “bellissimo”.
A lui la cosa sembrava piuttosto ovvia ed era per questa ottusità innata degli umani o, più in generale, di tutti gli esseri che non erano lui che aveva preso a pensare di essere l’unica creatura senziente, razionale e giudiziosa in un mondo abitato solo da puri idioti.
Partendo da questo presupposto quindi, la sua idea di epurare il mondo da tutti quegli idioti non era così cattiva, giusto?
E cominciare da un gruppo come quello era la mossa giusta, soprattutto se se ne poteva ricavare un vantaggio che in quel caso per Astaroth era enorme: uccidere Nicole era la suprema ricompensa per tutti i suoi sforzi e per tutte le sconfitte che era stato costretto a subire.
Non potè fare a meno di lasciarsi andare ad una liberatoria risata di scherno quando Nicole si voltò verso di lui, con gli occhi ricolmi di lacrime e lo sguardo cattivo a causa della morte e la scomparsa dei due Honeycutt.
Ma se credeva che quella era la fine, allora si sbagliava di grosso perché era solo l’inizio, Matt non era stato altro che….il primo di una lunga lista, appunto! Una lista che comprendeva tutti i presenti in quella sala.
Nicole gli si scagliò addosso, riempendogli il viso di pugni e lo stomaco di potenti ginocchiate.
Astaroth la lasciò fare e non si oppose nemmeno quando lei gli afferrò la testa e gliela sbattè più e più volte contro la barriera demoniaca da lui stesso creata.
La rabbia se l’aspettava, era naturale.
Quando un nemico uccide sotto i tuoi occhi qualcuno a cui tieni profondamente è normale accendersi d’ira, ma quell’ira non è vera ira, piuttosto è…frustrazione, senso d’impotenza, dolore e tutto questo inevitabilmente pian piano viene fuori e porta al crollo e alle lacrime.
Non appena i colpi di Nicole divennero meno decisi, Astaroth capì che il crollo era vicino e non appena le lacrime inondarono le guance della ragazza non si mostrò sorpreso semplicemente perché non lo era affatto.
Se tutta la situazione non fosse stata così esilarante, probabilmente si sarebbe già stancato a causa della prevedibilità delle reazioni della sua avversaria.
Lui odiava così tanto la prevedibilità…..
Preferiva di gran lunga essere sorpreso o sorprendere, ma dato che Nicole in fondo era così pateticamente…umana….Astaroth sapeva che ormai non c’erano più chance che lei tirasse fuori dal cilindro qualcosa - qualsiasi cosa - che lui non avesse già visto o provocato lui stesso.
Da lì in avanti avrebbe dovuto sorbirsi la lenta caduta di Nicole nel nero baratro della noia, ma se serviva a farla fuori allora supponeva di riuscirlo a sopportare.
Quando alla fine Nicole si decise a mollargli il bavero della giacca, Astaroth si rimise in piedi e rimase pazientemente ad aspettare che lei sollevasse gli occhi dal pavimento e tornasse a rivolgerglisi.
La maggior parte delle volte lei aveva sempre dimostrato di non essere poi così totalmente stupida quindi Astaroth sapeva che, passato lo shock iniziale, alla fine sarebbe riuscita ad arrivare ad una conclusione importante, la conclusione sulla quale si fondava tutta la tattica di manipolazione emotiva che lui stesso stava mettendo in atto per distruggerla.
Bastò qualche minuto di silenzio e poi la domanda arrivò.
“Io lo ricordo! Mi ricordo di Matt! Come è possibile che….mi ricordi di Matt?” - fece Nicole - “Tu hai ucciso la sua versione passata per poter far scomparire lui e proprio per questo io non dovrei poterlo ricordare perché quello che è morto è il Matt del 2011, un Matt vissuto prima della mia nascita e se mano a mano che agiamo la storia si riscrive allora….come faccio a ricordarmi perfettamente di qualcuno che, tecnicamente, è morto prima che venissi al mondo?”.
Astaroth sorrise e si perse con lo sguardo a guardare gli scontri che avvenivano al di fuori di quella barriera entro la quale erano rinchiusi.
“Esatto, Nicole! Il tuo ragionamento è sensato e sarebbe giusto se io non fossi intervenuto anche su questo piccolo particolare della faccenda!” - le rispose.
“Spiegati, Astaroth!” - fece lei, sommessamente.
“Quando ho messo insieme le idee del mio geniale piano ho tenuto conto anche di questo! Insomma…che senso aveva uccidere le persone a te più care partendo dalle loro versioni passate per poterti distruggere psicologicamente se…proprio perché partendo dalle loro versioni passate, delle versioni che vivono in un tempo in cui tu non esisti e che quindi non fanno parte della tua storia, alla fine tutti loro sarebbero scomparsi, la tua storia sarebbe cambiata, per te sarebbe stato come se non li avessi mai conosciuti e amati e quindi la loro morte non ti avrebbe scalfito minimamente!?!” - ragionò Astaroth - “Non avrebbe avuto nessun senso, non trovi?” - le chiese retoricamente - “Quindi, dato che sai che questo Castello è come se fosse un’ estensione di me stesso e che la mia maga qui dentro è praticamente illimitata, ho fatto un piccolo incantesimo: finchè resterete qui dentro sarete estranei a qualsiasi riassestamento del Tempo! Siete tagliati letteralmente fuori dal mondo, Nicole!”.
“E se usciamo da qui? Il ricordo di Matt scomparirà?” - chiese Nicole.
“Voi non uscirete mai fuori da qui!” - obiettò Astaroth - “Ma…ok…mettiamo pure che riusciate ad uscire! In quel caso….vediamo….Tu, Lilian ed Owen non avrete mai conosciuto Matt che per i vostri genitori sarà un amico morto da anni e per le loro versioni passate sarà un amico appena morto e da piangere! Vi reinserireste nel flusso naturale del Tempo quindi le vostre storie inevitabilmente cambierebbero!” - spiegò - “Ma te l’ho detto: voi non uscirete mai da qui! Se uscirete significherà che mi avrete ucciso e questo non succederà mai, quindi….perché stare qui a pensarci, no?”.
“Quindi io ricordo perché tu vuoi che io ricordi? E’ questo che stai dicendo?” - chiese Nicole, pericolosamente vicina ad un nuovo attacco di lacrime e sofferenza.
“Già!” - rispose Astaroth, scrollando le spalle.


Nonostante fosse circondata dai demoni, ferita e con la vita sua e di Owen letteralmente appesa al filo sul quale dovevano spostarsi saltando da una trave all’altra, Lilian non riusciva a frenare le lacrime e a pensare ad altro che non fosse Matt.
Lui era morto.
Non aveva mai pensato alla possibilità che proprio Matt potesse morire.
Lui era sempre stato la roccia, l’appiglio, la persona a cui rivolgersi ogni volta che si aveva un dubbio o un problema, di qualsiasi genere essi fossero Matt aveva sempre una soluzione e sapeva sempre trovare le parole adatte a confortarti e a darti forza.
Erano passati solo pochi minuti da che il mondo si era fermato per lasciar scomparire Matt per poi riprendere a girare, ma da allora ogni passo ed ogni colpo inferto erano risultati più pesanti e sofferti perché la mente e il cuore non erano ancora pronti a lasciare andare il ricordo di quell’uomo tanto buono che l’aveva amata come una figlia e allora continuava a riproporle immagini su immagini di momenti trascorsi insieme a lui durante gli anni della sua crescita, torturandola e continuando a torturarla ancora e ancora ad ogni battito di ciglia a cui corrispondeva sempre una nuova immagine, un nuovo ricordo, una nuova fotografia di vita scattata anni addietro oppure solo pochi giorni prima.
I demoni le vorticavano intorno, cercando di spingerla giù dalle travi e Lilian non riusciva a fare altro che difendersi e ringraziare che almeno lì con lei, nella sua stessa situazione, ci fosse Owen.
Aveva paura, tremendamente paura.
Cosa aveva in mente davvero Astaroth nessuno poteva saperlo, nessuno tranne Nicole forse.
Lilian aveva visto gli occhi di sua cugina spalancarsi e spegnersi mentre Matt moriva e aveva visto il ghigno malvagio sul volto di Astaroth.
Nicole sapeva, Nicole sapeva e quella consapevolezza la stava uccidendo: Lilian ne era certa.
Ma cosa poteva fare lei per aiutare sua cugina?
Come poteva ribaltare una situazione che li vedeva tutti in pericolo senza sapere cosa cercava esattamente il Figlio del Fuoco da quella situazione?
Qualcosa che distruggesse Nicole ancor più della morte stessa?
A Lilian veniva in mente un solo scenario, una sola risposta, un solo possibile piano quantomeno logico dietro le azioni di Astaroth e…non voleva pensarci perché pensarci significava chiedersi chi sarebbe stato il prossimo a morire, chi Astaroth avrebbe ucciso per ferire Nicole.
Schiena contro schiena con Owen, non riusciva nemmeno a voltarsi per lanciargli una rapida occhiata.
E se avesse avuto ragione?
E se si fosse trattato di lui?
Come poteva sopportare il dolore di quella perdita?
Semplice! Non sarebbe riuscita a sopportarlo e si sarebbe lasciata abbattere, uccidere magari, ormai priva di una ragione di vita, prima dell’unico ragazzo per il quale avesse provato amore, un amore che, per colpa loro o delle circostanze, non avevano neppure avuto una chance per vivere.
Lilian si scrollò duramente l’ennesimo demone di dosso, afferrandogli il collo e spezzandoglielo con un colpo deciso. Afferrò il pugnale con il quale quel demone aveva cercato di ferirla e si fermò un attimo, guardò in basso verso la pedana sottostante ed individuò Meredith: scagliò il pugnale con una tale forza e una tale decisione che si conficcò perfettamente nel cranio di un demone che si stava facendo largo verso la ragazza ancora accanto al corpo immobile e freddo del suo amico a cui era stata tolta ignobilmente la vita.
Gli occhi di Meredith e di sua zia Meredith saettarono rapidi verso di lei, confusi e severi.
Owen sferrò un pugno deciso ad un demone che stava per avventarlesi addosso e poi la voltò verso di lui, costringendolo a guardarlo negli occhi.
“Lilian! Che fai?” - le chiese, preoccupato - “Di sotto…i miei genitori sapranno cavarsela, ma tu non puoi renderti così vunerabile…potrebbero ucciderti!”
“No, Owen! Potrebbero uccidere te, non lo capisci?”  - ribattè Lilian, stringendo gli occhi e spostandosi appena di lato all’arrivo dell’ennesima lingua di fuoco pronta ad avvolgerli - “Hai visto cosa hanno fatto a Matt? Come…Astaroth è riuscito ad ucciderlo? Ha ucciso la sua versione passata, causando quindi la scomparsa della versione futura!”.
“Si, Lilian, l’ho  visto! Ma…” - tentò di obiettare Owen, parlando mentre si voltava rapido per conficcare uno dei suoi coltelli nella gola di un demone.
“Niente ma, Owen! Dobbiamo difendere Meredith, non capisci? Se arrivano a colpirla, tu morirai!” - lo interruppe bruscamente Lilian.
“No, piuttosto dobbiamo difendere Stefan ed Elena allora altrimenti a morire sarai tu!” - ribattè Owen.
“Non importa…”.
“Si che importa! Importa a me!” - fece Owen.
“Bene! Così come a me importa di tenere te in vita!” - fece a sua volta Lilian.
“Quindi?”  - chiese Owen, continuando a fissarla deciso con quei suoi occhi grigi tanto espressivi.
“Quindi siamo in una situazione di stallo, Owen! Io non cambierò idea e non lo farai neppure tu!” - rispose Lilian.
“Su questo puoi starne certa!”.
Lilian si voltò a fronteggiare l’ennesimo demone, frustrata.
Quel ragazzo sapeva essere così testardo!
Ma non poteva biasimarlo, non lei, non dopo che aveva appena ammesso che non le importava vivere o morire se questo significava riuscire a salvare almeno lui.
Continuò nel suo proposito, strenuamente, lottando con la forza della disperazione che la stava portando a combattere tenendo un occhio sui suoi nemici e uno su Meredith per assicurarsi che stesse bene e per continuare ad uccidere a distanza i demoni che incalzavano la ragazza.
Da quello che poteva vedere, Owen stava facendo lo stesso con Stefan ed Elena.
Entrambi si stavano battendo per preservare la vita dell’altro, ma quanto di tutto ciò sarebbe servito?
Se uno dei due avesse ceduto, se uno dei due avesse sbagliato, Astaroth avrebbe vinto e se Owen la pensava esattamente come lei, se lui sentiva esattamente ciò che lei sentiva allora sapeva che poi sarebbe stata solo questione di attimi prima che anche l’altro morisse.
L’unica soluzione era tentare di resistere entrambi.
E allora prese un bel respiro, si asciugò gli occhi dalle lacrime provocate sia dal dolore che dal fuoco così ravvicinato, si accovacciò in posizione di difesa e si rigettò a capofitto nella mischia, combattendo come mai aveva combattuto in vita sua, cercando di richiamare alla mente ogni consiglio ricevuto negli anni da suo padre, ogni tecnica insegnatale da suo zio Damon, ogni raccomandazione di sua madre ed ogni presa in giro di Nicole perché persino quelle servivano a farle forza.
Richiamò alla mente anche ogni scontro che la cugina aveva combattuto mentre lei faceva da spettatrice e cominciò ad imitarne i movimenti, diventando all’istante inarrivabile e letale.
Tra loro due Nicole era sempre stata quella più portata alla battaglia, quella a cui piacevano gli allenamenti, quella a cui veniva naturale attaccare e difendersi, ideando sul posto delle strategie di lotta.
Lilian sapeva di non essere forte e potente quanto Nicole, sia per natura sia per mancanza di addestramento, ma doveva farsi coraggio e pensare - almeno per quella volta  - come una predatrice a caccia.
Le era sempre piaciuto far finta di dimenticare che per metà era una vampira, crogiolandosi nella beatitudine datagli dal suo lato unicamente umano, ma quei giorni ormai erano finiti.
Prese a saltare da una trave all’altra, uccidendo demoni a mani nude oppure con armi che recuperava da alcune delle sue vittime.
Le lingue di fuoco erano un problema: arrivavano improvvisamente e del tutto inaspettate, per lo più cercando di colpirla alle spalle. Per riuscire a non farsi colpire Lilian era spesso costretta a piegare il suo corpo in posizioni innaturali e per niente comode, ma era l’unico modo che aveva per batterle. Non era dotata di magia né, purtroppo, di un secchio d’acqua quindi doveva arrangiarsi come poteva, rifugiandosi, in quelle occasioni, nell’arte della difesa e della fuga più che in quella dell’attacco.
Andò avanti così, sudando e stancandosi e approfittando dei pochi attimi di respiro tra un demone e l’altro per rivolgere la sua attenzione a Meredith e, in genere, conficcare nella testa dei  demoni che attaccavano la versione più giovane della madre di Owen qualsiasi arma riuscisse ad entrare in possesso.
Fu durante uno di quegli attacchi che qualcosa andò storto, che i demoni, dietro le indicazioni che Astaroth gridava dalla sua gabbia in una lingua orrenda e oscura, cominciarono a farsi furbi.
Questa furbizia costò a Lilian un prezzo troppo alto.
Riuscì, con l’astuzia, a rigirare l’ennesima lingua di fuoco che le andava addosso contro la fila di demoni che aveva alle spalle, liberando il cammino a lei e ad Owen per qualche attimo almeno. Si concentrò, allora, su Meredith e, afferrata una sfera di ferro ricoperta da punte acuminate da uno dei cadeveri di demoni che aveva lì di fianco, la scagliò con forza contro un demone alto e robusto che era riuscito ad aggirare su zio Alaric e a scagliarsi contro Meredith.
La ragazza si stava apprestando a difendersi in qualche modo, ma Lilian aveva già lanciato la sua arma e le urlò di rimanere al suo posto, ma fu un errore.
Il demone in questione, a differenza degli altri che l’avevano preceduto, si fermò e si voltò, estendendo gli artigli della sua mano e afferrando al volo la sfera acuminata con la quale Lilian voleva colpirlo per poi accanirsi su Meredith.
Lilian voleva intervenire, ma Owen arrivò a bloccarle le braccia, trattenendola mentre la madre e il padre di Owen fermavano la loro lotta e si bloccavano al centro della pedana, tenendosi per mano e guardandosi negli occhi.
La risata di Astaroth riuscì ad arrivare persino alle loro orecchie così come le urla di dolore di Nicole.
Lilian si lasciò andare alla rabbia e alla disperazione mentre Owen la tirava su e cercava di costringerla a voltarsi verso di lui, ma lei non poteva, lei doveva guardare perché era giusto che guardasse ciò che lei aveva provocato.
Il demone sulla pedana atterrò Meredith che rimase immobile e non gridò neppure mentre le punte della sfera ferrata le si conficcavano a ripetizione e con forza nella tempia destra, uccidendola.
“No, no, no! Basta! No!” - Lilian urlava e piangeva, in preda ai sensi di colpa.
La madre di Owen alzò la testa a rivolgerle un sorriso e poi scomparve rapidamente mentre il padre di Owen, Alaric, si lasciava pugnalare al cuore da un demone senza opporre la minima resistenza, compiendo forse il gesto d’amore e lealtà più puro e tragico che Lilian avesse mai visto.
Le grida disperate dei suoi genitori e dei suoi zii rimasti le riempirono le orecchie mentre Owen le afferrava il viso con la sua presa che diventava sempre più inconsistente.
“Non sentirti in colpa! Non sentirti in colpa e combatti! Uccidete Astaroth! Combatti per riportarci indietro, Lilian!” - prese a dirle.
Ma Lilian continuò a scuotere la testa.
Non aveva più la forza per combattere. Sentiva che metà del suo cuore stava svanendo e riusciva a malpena a reggersi in piedi.
Dietro la pressione di una mano di Owen sotto il suo mento, Lilian alzò gli occhi ad incontrare quelli di lui, stranamente sereni.
“Non è giusto! Non è giusto! Noi….dovevamo…” - gli sussurrò tra le lacrime.
“Non importa! Non importa ciò che è successo o ciò che ci siamo promessi perché…per come la vedo io la promessa l’abbiamo infranta da un bel pezzo! Non importa come, sta di fatto che noi due ci siamo amati, Lilian, e continuerò ad amarti anche nell’inesistenza! Ti amerò sempre! Io, Owen, ti amo Lilian!” - la interruppe lui.
Lilian rimase immobile, con le mani sulle braccia sempre più evanescenti di Owen.
Da quanto tempo stava aspettando quelle parole?
Eppure adesso che erano arrivate non si sentiva sorpresa perché… - oh che stupida era stata - lui aveva ragione: loro si erano amati, profondamente e nel modo più innocente che potesse esistere.
Il loro era stato un amore fatto di sguardi, sorrisi e tocchi leggeri e appena accennati. Un amore fatto di pazienza, speranza e appoggio reciproco. Un amore semplice, ma indiscutibilmente reale.
E quando Owen avvicinò il volto al suo e le loro labbra si sfiorarono dapprima timidamente e poi si unirono, con bisogno e disperazione, Lilian cedette, si abbandonò completamente al pianto e a quel bacio.
“Ti amo anch’io Owen! Ti amerò per sempre!” - sussurrò mentre riapriva gli occhi e la consapevolezza della scomparsa di lui l’atterriva e la costringeva in ginocchio su quella trave sporca di sangue nero e viscoso.
Quando i demoni tornarono Lilian non si mosse: pochi istanti dopo bastò una spinta e precipitò nel bel mezzo della lotta furiosa che i suoi genitori continuavano a combattere sulla pedana sottostante.


Nel corso dei secoli suo fratello non aveva fatto altro che prenderlo in giro e ridicolizzare la costante preoccupazione che lo attanagliava quando si parlava delle persone a lui care.
Spesso Stefan aveva cercato di difendersi, di ribattere mettendo in luce invece il fatto che Damon troppo di rado si preoccupava per qualcuno oltre se stesso, ma in fondo doveva ammettere che suo fratello aveva ragione.
Era nella sua natura preoccuparsi, lo faceva…in continuazione.
Ma come poteva non arrendersi alla preoccupazione se la vita di Elena, di Damon e dei suoi più cari amici era costantemente in pericolo, per un motivo o per un altro?
Non si parlava di piccoli incidenti domestici, problemi di cuore o brutte compagnie!
Nel loro caso i problemi erano rappresentati da vampiri Antichi e demoni di ogni genere quindi Stefan si sentiva in un certo qual modo giustificato per la sua apprensione.
Le morti di Matt e Meredith, poi, erano stati dei colpi durissimi da attutire in così poco tempo e adesso oltre alla preoccupazione c’era anche il terrore, il terrore di perderli tutti per davvero.
Aveva paura per Damon e per Bonnie, aveva paura per Nicole, ma soprattutto aveva paura per Lilian e per Elena.
Con lei le cose avevano appena cominciato ad aggiustarsi, avevano appena trovato un compromesso che….bam…si erano trovati catapultati in quel regno di sangue e morte.
Che Astaroth volesse ucciderli tutti ormai era scontato e si era capito e che lui ed Elena fossero i prossimi bersagli…beh…anche quello era diventato quasi ovvio.
Uccidere loro significava uccidere le loro controparti future ed eliminare Lilian dalla storia, significava farne fuori cinque in un colpo solo.
Restare lucido e combattere era l’unica cosa che poteva sforzarsi di fare.
Teneva d’occhio Elena continuamente e ringraziava il cielo che, nel poco tempo che aveva avuto a disposizione, l’altra Meredith li aveva istruiti tutti a dovere su dove colpire per poter eliminare efficacemente i demoni.
Matt e Meredith….
Stefan cercava di non pensarci, di tenersi occupato con la lotta, ma lo sentiva ugualmente quel macigno che gli si era formato all’altezza dello stomaco e che quasi non gli permetteva di continuare a muoversi, di riflettere.
Sentiva assurdamente la loro mancanza e una voce dentro di lui non voleva altro che sapere se c’era un modo, se esisteva davvero un metodo efficace per riportarli in vita.
Con Elena era successo, giusto?
Lei era tornata indietro dalla morte, quindi forse anche Matt e Meredith potevano.
Forse se tornavano nel loro tempo….
Ma no, Stefan scacciò via quel pensiero perché sapeva che permettere ad una speranza simile di nascere significava solo illudersi e farsi del male da solo.
Pensava di averci fatto l’abitudine.
Quando si è immortali si passa l’eternità a guardare gli altri appassire e morire, quindi credeva che dopo cinquecento e passa anni ci si  fosse abituato e invece….si era sbagliato di grosso.
Nonostante tutta la preoccupazione provata per i suoi amici in quegli anni, in fondo non aveva mai davvero creduto che un giorno sarebbero morti così, all’improvviso.
Aveva sempre pensato che prima di lasciare il mondo dei vivi avrebbero avuto una vita lunga e felice, ma Astaroth nella sua infinita crudeltà aveva strappato via loro anche quello: la prospettiva della felicità.
Li aveva fatti uccidere prima che fosse davvero la loro ora, intervenendo sulla storia e sul tempo senza farsi il minimo scrupolo, solo per i suoi scopi.
Aveva stroncato la vita di due persone innocenti solo perché aveva paura di affrontare Nicole mentre lei era nel pieno delle sue forze: questo pensiero non glielo avrebbe tolto nessuno dalla testa.
Un disumano grido di Elena, ancora sconvolta dalle lacrime e dalla disperazione, lo ridestò dai suoi pensieri e gli fece abbandonare la posizione per far saettare gli occhi lì dove anche lei stava guardando: Lilian! Lilian si era lasciata buttare giù dalle travi dai demoni dopo la scomparsa di Owen.
Stefan accorse senza pensarci, lanciando un’occhiata alla sua controparte futura accerchiata da un branco di demoni impazziti che non riusciva a scrollarsi di dosso.
Afferrò al volo Lilian e la portò via, su una delle pedane ormai vuote agli angoli della stanza, adagiandocela sopra.
Le mise le mani sulle spalle e cercò di guardare ad di là del buio che aveva invaso gli occhi della ragazza.
“Lilian! Lilian devi risollevarti! Devi combattere! Ti stai arrendendo e non è questo che avrebbe voluto Owen!” - le disse accoratamente, scuotendola con decisione.
“Perché devo combattere? Non c’è più ragione…” - sussurrò appena lei, rimanendo immobile.
Stefan non seppe cosa rispondere.
Cosa poteva dirle?
Lui la capiva! Quando Elena era morta anche lui si era lasciato andare, preda dell’annichilimento più totale del corpo e dello spirito.
Quando la persona che ami muore, ti possono dire di tutto ed aiutarti in ogni modo possibile, ma nel profondo senti che non ti rimane più nulla per cui lottare e per scacciare via quella sensazione….neppure l’eternità è utile.
La lasciò non appena sentì le grida dei demoni che caricavano su di loro.
Scese dalla pedana e riprese la sua lotta, strenuamente, senza esclusione di colpi, destreggiandosi tra i demoni che attaccavano lui, quelli che prendevano di mira Lilian e quelli che attaccavano Elena.
L’altro Stefan e l’altra Elena erano poco distanti da loro e si avvicinavano sempre di più senza neppure accorgersene.
I demoni li stavano respingendo indietro, costringendoli tutti contro la parete più a nord della stanza.
Cos’era? Una trappola?
“Stefan! Stefan!” - cominciò ad urlare per attirare l’attenzione dell’altro se stesso.
L’altro Stefan si voltò appena mentre affondava con una spada appena raccolta dal pavimento nello stomaco di un demone, disintegrandolo.
“Lo so, Stefan! Me ne sono accorto!” - gli rispose.
“Non possiamo indietreggiare ancora! Ci ritroveremo con le spalle al muro e non avremo più libertà di movimento per attaccarli!” - ragionò Stefan.
L’altro Stefan lo guardò, ma non gli rispose: gli diede un ordine.
“Proteggi te stesso ed Elena!” - gli intimò.
Aveva ragione! Per proteggere tutti loro allora lui ed Elena dovevano rimanere vivi, ma….Stefan non riusciva ad allontanarsi troppo da Lilian era più forte di lui, una sensazione che spingeva dal mezzo del petto e si propagava prepotentemente.
Fu quella sensazione a tradirlo, quel bisogno di tenere Lilian al sicuro.
Non appena un demone alato scese dall’alto e caricò su Lilian, Stefan non stette ad ascoltare le urla dell’altro se stesso che gli diceva che ci avrebbe pensato lui e accorse per proteggere lei, quella che sarebbe stata sua figlia.
Si ritrovo Elena davanti senza neppure rendersene conto e dallo sguardo azzurro di lei capì che aveva sentito e pensato la stessa cosa e per quel motivo si era mossa.
Lilian alzò lo sguardo su di loro nel momento in cui anche l’altro Stefan e l’altra Elena arrivavano a fare quadrato intorno alla ragazza.
L’unica cosa che avvertì Stefan in quel momento furono due forti mani che lo afferrarono e lo spinsero contro Elena e poi…solo dolore.
L’unica cosa che vide, invece, furono gli occhi spalancati di Elena, le mani di Lilian che scomparivano, l’altro Stefan e l’altra Elena che svanivano istantaneamente nel nulla e poi…solo sangue.
Il demone alato che aveva attaccato aveva solo finto di caricare su Lilian.
In realtà era stato mandato da Astaroth ad uccidere in un colpo solo sia lui che Elena.
Per quel motivo li aveva spinti petto contro petto, cuore contro cuore e poi aveva affondato la sua lancia di legno grezzo nella schiena di Stefan, trapassandogli il cuore e spuntando dall’altra parte solo per poi conficcarsi nel cuore di Elena.
L’unica cosa che Stefan sentì in quel momento fu la voce di Nicole che, dalla sua gabbia, invocava il nome di Lilian.


Astaroth li aveva uccisi tutti e Nicole lo sentiva ancora ridere al suo fianco e assicurarle che presto anche i suoi genitori si sarebbero aggiunti al massacro.
Astaroth aveva ucciso Lilian.
Lei e sua cugina erano…diverse, eppure erano simili.
Rappresentavano l’una l’esatta metà dell’altra e avevano sempre vissuto credendo che ciò non sarebbe cambiato, invece Astaroth aveva permesso che cambiasse e aveva ucciso Lilian….lasciandola spezzata, divisa a metà, dilaniata, sola.
Nicole si sentiva cedere.
Non riusciva più a piangere perché il dolore era troppo e troppo forte perché le lacrime avessero la forza di solcarle il viso.
Si sentiva bloccata, bloccata nella sua inutilità e nella sua disperazione.
Tutti avevano sempre pensato a lei come alla persona che li avrebbe salvati e invece non ci era riuscita e li aveva delusi: era questo ciò che faceva più male.
Si era allenata negli anni, si era data tanto da fare, ma per cosa?
La sua forza era sempre stata la sua famiglia e adesso Astaroth glieli stava strappando via tutti, uno ad uno.
Non restavano altri che i suoi genitori, presenti e passati, ma Nicole non ce la faceva proprio a guardarli, a vedere cosa Astaroth avrebbe fatto per ucciderli.
Il messaggio di Matt…forse avrebbe dovuto pensarci, ma a che scopo: ormai Astaroth, qualsiasi cosa lei riuscisse ancora a fare, aveva già vinto.

lunedì 12 marzo 2012

Spoiler "Forse ...il destino..." - Capitolo 25

Era per questo motivo, fondamentalmente, che tutti lo chiamavano “mostro”, ma dato che Astaroth - come già detto - riteneva di avere una visione del mondo perfetta e sublime, allora non riusciva a capire come nessuno, nemmeno Nicole, vedesse chiaramente che il termine “mostruoso” aveva la stessa valenza e lo stesso significato del termine “bellissimo”.
A lui la cosa sembrava piuttosto ovvia ed era per questa ottusità innata degli umani o, più in generale, di tutti gli esseri che non erano lui che aveva preso a pensare di essere l’unica creatura senziente, razionale e giudiziosa in un mondo abitato solo da puri idioti.
Partendo da questo presupposto quindi, la sua idea di epurare il mondo da tutti quegli idioti non era così cattiva, giusto?





Eccomi qui!
Sono in ritardo, lo so O_O Scusate**
Allora...una piccola panoramica nella mente malata di Astaroth, persè sì...ha la mente malata e nel prossimo capitolo lo si vedrà ancor più chiaramente!
Come se non bastasse ciò che è successo al povero Matt, Astaroth si darà ancora più da fare nel capitolo 25...purtroppo!
Nelle recensione al capitolo 24 ho letto che tutte siete un pò preoccupate: chi per Owen, chi per Lilian, chi per Meredith, chi per Stefan....
Stranamente nessuna è preoccupata per Elena, chissà perchè?XD
Comunque oltre a dirvi che...fate bene ad essere preoccupate perchè la lunga lista di Astaroth è davvero lunga, voglio lasciarvi anche il titolo del capitolo giusto per...ehmm...prepararvi un pò al casino che leggerete giovedì.
Il titolo sarà: Massacro! O_O
Adesso mi sa che vi lascio ai vostri pensieri in merito e mi defilo!
ALLA PROSSIMA...BACIONI...IOSNIO90!!!

giovedì 8 marzo 2012

"Forse...il destino..." - Capitolo 24

Il circo del demone
Nicole aveva sempre odiato il circo.
A suo dire era soltanto era uno spettacolo stupido, gli artisti circensi erano per lo più dei fenomeni da baraccone e i pagliacci erano inquietanti.
Da bambina aveva dovuto spesso lottare strenuamente contro sua madre che voleva portarcela, ma per fortuna suo padre era sempre stato dalla sua parte:  in casi come quello il senso di superiorità che lui continuava ancora a nutrire nei confronti degli umani le era stato utile.
Lilian, invece, adorava il circo, essenzialmente perché ogni volta che ci andava i vari direttori vedevano lei e i suoi genitori e restavano così colpiti da tanta bellezza che le facevano sempre fare lunghi giri in groppa agli elefanti.
Fino all’età di nove anni Lilian aveva nutrito una strana e a tratti inquietante passione malsana per gli elefanti, diceva che erano animali nobili ed eleganti.
Adesso, però, guardando lo scempio che Astaroth chiamava < circo demoniaco > , Nicole non potè che pensare che il demone, non solo le stava dando un’ulteriore motivo per odiare il circo, ma stava anche riuscendo nell’impresa in cui lei non era riuscita: far capire a sua cugina che entusiasmarsi tanto per due cretini con le parrucche e le facce dipinte di bianco che fanno giochi stupidi non è esattamente il massimo che una ragazza come lei poteva permettersi di sperimentare nell’ambito delle esperienze di vita.
“Allora? Cosa ne pensate?” - chiese a tutti loro Astaroth, battendo le mani come un bambino davanti ad un barattolo pieno di cioccolata.
“Questo posto è brutto almeno quanto te!” - rispose Nicole, davvero onestamente.
Astaroth scrollò le spalle, continuando a camminare tra i vari corridoi, guidandoli probabilmente verso il salone che Nicole riusciva a scorgere in lontananza.
“Voi non sapete apprezzare la vera bellezza!” - si offese il demone.
“Parla quello con l’ennesima cravatta assurda! Ma davvero credi che quella roba oscena di quel fucsia imbarazzante con la tua faccia stampata sopra sia elegante? Già essere costretti a guardare te non è il massimo, ma addirittura dover vedere il tuo adorabile faccino replicato su quel pezzo di stoffa improponibile che porti appeso al collo è davvero nauseante, una sensazione di voltastomaco dalla potenza distruttiva!” - questa volta a rispondere fu suo padre e Nicole non potè fare altro che voltarsi a guardarlo.
Giusto! In quel momento suo padre non era suo padre, ma era Damon perché Astaroth era convinto che quello che aveva nelle sue segrete era suo padre!
Quello scambio le faceva venire il mal di testa, ma Nicole doveva ammettere che a suo padre veniva bene la parte di Damon: non aveva perso lo smalto dopotutto.
Astaroth non fece una piega e Nicole prese quell’atteggiamento come una prova del fatto che il demone non aveva scoperto il loro scambio: Damon doveva aver saputo recitare bene tanto quanto suo padre.
Astaroth non era stupido e, come chiunque altro, doveva aver capito da un pezzo che suo padre e Damon erano…diversi, avevano reazioni diverse.
Se in un momento come quello suo padre avrebbe taciuto e sarebbe rimasto al suo posto a farsi un quadro generale della situazione, Damon avrebbe parlato a sproposito tirando fuori un battutina delle sue.
Nicole era felice di constatare che, a quanto pareva, né suo padre né Damon si erano dimenticati dello scambio e avevano continuato a recitare le loro parti in presenza di Astaroth.
L’unica cosa da fare adesso era riuscire a capire cosa aveva in mente il Figlio del Fuoco e come potevano sfruttare lo scambio a loro vantaggio.
Qualsiasi cosa si fossero fatti venire in mente prima, l’invito inaspettato di Astaroth, quella presa di posizione, quella prima mossa improvvisa, aveva mandato tutto all’aria, quindi occorreva loro un piano B.
Nicole non dubitava che, una volta capiti i piani di Astaroth, tutti insieme sarebbero riusciti a mettere su un piano sensato ed efficace.
Forse potevano riuscire a sfruttare la connessione telepatica tra Bonnie e Damon e quindi tra i suoi genitori adesso che erano tutti e quattro vicini, chissà….era da tenere in considerazione.
Nessuno più aprì bocca fino a che quell’oscuro e apparentemente infinito corridoio non finì, poi ci furono solo facce contrite e sussurri di sconcerto.
Astaroth avanzò tranquillo fino al centro di quell’enorme sala in cui li aveva condotti mentre Nicole restò lì, sull’uscio, a fare da scudo a tutti gli altri che sbirciavano all’interno da dietro la protezione offerta dalle sue esili spalle.
Il demone non scherzava affatto quando aveva detto di aver messo su un circo.
Il soffitto di quella stanza era stranamente alto e le mura stesse erano state manipolate in modo che convergessero nel centro e si unissero, creando una specie di tendone di cemento armato.
Se non si fosse trattato di una trovata di Astaroth, Nicole avrebbe persino apprezzato la scelta dei colori: rosso e nero!
Tutto lì dentro era rosso e nero, a cominciare dalle pareti dipinte a scacchiera fino ad arrivare al pavimento completamente nero con enormi disegni tribali in rosso.
La cosa più divertente? Che forse Astaroth l’aveva addirittura fatto apposta, per lei, per farla morire in un posto < confortevole >.
Grossi pilastri si ergevano ai due lati della stanza e tra loro, su in alto, Nicole riusciva a distinguere perfettamente una serie di piccole piattaforme in legno d’ebano collegate le une alle altre da spesse funi infuocate.
Ai quattro angoli della stanza c’erano delle pedane alte abbastanza perché per salirci ci fosse bisogno di darsi una bella spinta.
Sospese a mezz’aria c’erano una piattaforma totalmente scollegata dal resto e una sorta di grosso cilindro trasparente alto almeno due metri e doppio altrettanto, giusto giusto per chiuderci dentro una persona o addirittura due, se erano abbastanza smilze.
Ogni finestra era scomparsa e grossi fuochi sorgevano ovunque sul pavimento, sulle pareti, sul soffitto e persino per aria di tanto in tanto comparivano lunghe fiamme apparentemente create da nulla e nessuno.
C’erano due enormi drappi di stoffa pregiata alla destra e alla sinistra della piattaforma galleggiante al centro della stanza e forse quei lunghi drappi messi lì erano l’unica cosa che poteva considerarsi davvero fuoriposto, come se con la loro sola presenza rovinassero una qualche sorta di equilibrio che regnava nell’organizzazione minuziosa del circo, rendendolo se possibile ancora più orrendo.
Cosa si celasse sotto quelle tende Nicole non riusciva ad immaginarlo, ma aveva una brutta impressione, bruttissima anzi.
L’aria della stanza era soffocante, viziata e si appiccicava letteralmente alla pelle creando uno strato di sudore che quasi bruciava.
E poi c’erano i demoni….
I demoni di Astaroth erano sempre stati un po’ come lui: abbastanza eleganti, ecco.
In ogni scontro si erano sempre presentati in giacca e cravatta, ma da come erano conciati adesso tutti quelli ammassati ovunque in quella sala, Nicole dedusse che probabilmente Astaroth aveva dato loro nuove regole d’abbigliamento per la serata.
Indossavano tutti la stessa maschera terrificante con il viso bianco latte e la bocca spalancata e mostruosa. I capelli di tutti erano lunghi e spettinati e indossavano delle camice di forza aperte, ma le cui maniche ricadevano lunghe a coprire quasi del tutto le loro mani artigliate.
“Una scenografia coi fiocchi, devo ammetterlo, Astaroth!” - fece Nicole.
Astaroth addirittura le regalò un sorriso e un piccolo inchino pregno di finta umiltà.
“Grazie mille, Nicole! Adesso perché non entrate tutti dentro? Stare sull’uscio non è carino! Non potete godere a pieno della bellezza di questa stanza!” - rispose il demone.
Nicole incrociò le braccia al petto e ghignò.
“L’accordo era: noi venivamo tutti qui e tu mi fai vedere i miei!” - gli fece presente - “Noi qui ci siamo venuti, ma non è detto che entreremo lì dentro per prendere parte alla tua nuova trovata per ucciderci! Non hai mai specificato cosa avremmo dovuto fare una volta arrivati, ci hai detto solo di venire e noi abbiamo adempito alla nostra parte dell’accordo, adesso….dove sono i miei genitori?”.
Il sorriso di Astaroth si allargò in maniera inquietante mentre la fissava.
“Li vedrai presto, li vedrai presto..” - le disse, scuotendo la mano in aria in un gesto noncurante - “Ma prima….giocherete con me, che vi piaccia oppure no! Non ho fatta tanta fatica per nulla!” - aggiunse.
Nicole non ebbe il tempo di ribattere.
Le porte della stanza si chiusero ermeticamente alle loro spalle e scomparvero del tutto subito dopo che una potente raffica di vento ustionante aveva spinto il loro intero gruppo ad avanzare fino al centro di quella stanza terrificante, a pochi passi dal loro nemico.
Nicole si voltò a guardarlo, furiosa, ma Astaroth non le diede peso.
“Dicevo…” - fece il demone - “Per puro caso ho scoperto questo vostro spettacolino umano e devo dire che ne sono rimasto affascinato, tanto che ho voluto crearne una mia versione personale! L’unico problema è che i miei demoni non se la cavano molto come artisti circensi, quindi ho bisogno che lo diventiate voi…” - spiegò, con un tono da falso innocente mentre le urla d’incitamento dei demoni presenti crescevano di volume ed intensità.
“Quindi….adesso giocherete con me, anzi…per me!” - aggiunse il Figlio del Fuoco - “Ma state attenti ai miei demoni! Purtroppo ho scoperto che sono gelosi del fatto che ho deciso di mettere il mio personale intrattenimento nelle vostre mani e non penso che vi renderanno la vita facile! Anzi…penso che mirino proprio a privarvene, della vita intendo!” - continuò.
Nicole strinse i pugni e quasi ringhiò, continuando a fissarlo senza dire una parola.
Voleva lei, no?
Allora perché tirare in gioco anche tutti gli altri?
Passi per Damon e Bonnie, lo avrebbe capito: Astaroth poteva tornare sempre al suo piano originario e tentare di uccidere loro per togliere di mezzo lei.
Ma gli altri? Cosa aveva in mente esattamente?
Uccidere tutti quei demoni sarebbe stata una passeggiata restando lì insieme, tutti uniti e lo avevano dimostrato spesso; possibile che Astaroth fosse così recidivo?
“Ah, giusto! Ultima cosa! Non ho creato un posto così grande per vedervi restare tutti sulla stessa mattonella!” - fece improvvisamente il demone, come a rispondere ai suoi pensieri.
Nicole si accigliò e, ancora una volta, Astaroth fu più veloce: sembrava che avesse calcolato tutto nei minimi dettagli questa volta.
Il pavimento tremò.
Le pareti tremarono.
Il soffitto tremò.
Il vento ustionante di poco prima tornò e Nicole riuscì solo a capire che era stata sollevata in aria contro la sua volontà e che le urla degli altri si stavano allontanando un po’ troppo da lei.


Dividi e conquista!
Era così che recitava quell’alquanto intelligente detto umano, giusto?
Astaroth doveva averlo letto in qualche libro o magari l’aveva sentito urlare in qualche lingua antica, non lo ricordava esattamente, ma sapeva che il concetto l’aveva affascinato subito.
Nonostante questo, però, non l’aveva mai messo in atto perché non ce n’era mai stato bisogno, mai che avesse affrontato qualcuno per il quale valesse la pena spremersi le meningi e sforzarsi più di tanto.
Di solito riusciva a sterminare eserciti interi con il solo ausilio di una mela e uno schiocco di dita: lo schiocco di dita serviva per far letteralmente esplodere i suoi nemici e la mela…beh…quella la mangiava mentre schioccava le dita.
Non che avesse bisogno di mangiare lui, ma adorava vedere la rabbia negli occhi delle sue vittime quando si rendevano conto che oltre al danno lui includeva nel pacchetto anche la beffa.
Quella volta però era tutto diverso, c’era Nicole e per lei valeva la pena mettere su tutto quel teatrino complicato e ripescare un vecchio detto del passato per trasformarlo in realtà.
E poi si era ripromesso di distruggerli tutti, no? Uno per uno, giusto?
E allora perché non legare le due cose e far diventare l’uno il motivo della vittoria sull’altro?
Dividi e conquista…..
Quanta saggezza in quelle due piccole parole!
Il piano di Astaroth? Era semplice! Immensamente semplice e geniale!
Lottare contro Nicole quando lei era nel pieno delle sue forze non avrebbe portato a nulla e il tutto si sarebbe risolto come se si trattasse di uno dei loro soliti scontri inutili.
Ma Astaroth aveva deciso che quella sarebbe stata la battaglia finale, giusto? E allora doveva muoversi il tal senso e riuscire ad indebolire Nicole per poi sopraffarla con la forza.
Indebolire Nicole, però, non era inteso come indebolirla fisicamente, stancarla. No! Quel sistema avrebbe portato solo ad un nulla di fatto!
Indebolire Nicole era inteso in senso psicologico, emotivo e certamente più distruttivo.
Quella ragazza agiva solo in virtù della sua famiglia e dei suoi amici? Da loro traeva letteralmente la sua forza? Perfetto! Astaroth glieli avrebbe strappati via uno ad uno senza che lei potesse intervenire in alcun modo e a poco a poco avrebbe perso fiducia in se stessa, si sarebbe sentita in colpa e sofferente fino al punto da diventare una preda facile, forse addirittura la più facile che lui avesse mai incontrato.
Sarebbe stato divertente.
Il vento si placò nel momento in cui lui battè le mani e si guardò intorno compiaciuto nel constatare che tutti erano esattamente dove voleva che fossero e, soprattutto, tutti erano divisi.
Lui era sulla piattaforma che sorvolava l’intera stanza, insieme a Nicole.
La piattaforma era rettangolare, solida e, soprattutto, era chiusa entro una barriera di forza oscura che impediva a chiunque vi fosse dentro di uscire.
Sotto di loro…
Matt Honeycutt, quello adulto, era tenuto prigioniero all’interno della gabbia-cilindro che Astaroth aveva creato appositamente per l’uomo, onde evitare che si facesse venire una delle brillanti idee delle sue mandandogli tutti i piani a monte uno per uno. Già lo vedeva battere con le mani contro il cilindro e tentare di farsi sentire all’esterno, di gridare agli altri cose che solo lui era riuscito a capire della trappola entro cui Astaroth teneva tutti in pugno.
Infondo Honeycutt ce l’aveva un merito: aveva fatto si che Astaroth riconsiderasse l’intelligenza della razza umana e la vedesse sotto una nuova luce, quasi con rispetto ed educazione, ecco.
I giovani Lilian ed Owen erano stati spediti sulle piccole piattaforme in legno che grosse funi tenevano collegate alle due colonne presenti nella stanza. Avrebbero dovuto vedersela con i suoi demoni e con il fuoco che avanzava sulle funi, ma almeno - a detta di Astaroth - si sarebbero divertiti.
La rediviva cacciatrice era con suo marito, la sua versione passata e quella di Honeycutt al centro della stanza, attorniati da altri demoni armati con spade e mazze ferrate.
Gli zii di Nicole e le loro versioni più giovani, invece, erano sulle quattro piattaforme agli angoli della stanza, ognuno impegnato a combattere per conto suo, a difendere il perimetro per far si che nessun altro demone potesse raggiungere l’altro gruppo al centro della pedana.
I genitori di Nicole invece….oh, per loro e le loro versioni passate aveva realizzato un qualcosa di speciale e per il momento la versione giovane della strega e il padre di Nicole - perché c’era da ricordarsi che l’avevano preso in giro con quello scambio - erano in piedi, su una lunga lastra di vetro trasparente di fronte alla loro piattaforma, lastra che collegava i due lati della stanza e quindi i due grossi drappi di tessuto posti così accuratamente l’uno di fronte all’altro.
Cosa c’era sotto quei drappi era piuttosto semplice da capire, no?
“Che…cosa hai fatto? Fammi uscire da qui!” - strepitò Nicole a pochi passi da lui, guardandosi intorno con gli occhi fuori dalle orbite e battendo i pugni contro la barriera che li teneva bloccati lì, insieme.
Perché c’era da dire che neppure Astaroth, una volta all’interno della barriera, poteva uscirne.
“E’ inutile, Nicole! Ho creato questa barriera sapendo ciò che facevo: si infrangerà solo quando uno di noi due morirà!” - le disse.
Nicole si bloccò di colpo, con i pugni serrati lungo i fianchi e si voltò appena verso di lui.
“E allora che stiamo aspettando, no? Combattiamo e facciamola finita!” - fece, ma Astaroth alzò una mano e la parò tra loro due, come a trattenerla.
“Non vuoi vedere prima i tuoi genitori?” - la tentò.
Come prevedibile, Nicole non rispose e allora Astaroth sorrise e, ad un suo cenno, due dei suoi demoni distrussero con delle spade quei due drappi di stoffa pregiata rivelando a tutti cosa celavano: il vampiro e la strega.
Nicole si portò una mano alla bocca, spalancata per lo stupore e il dolore.
Astaroth sogghignò ancora a quella reazione.
Il vampiro e la strega, infatti, erano stati issati su per le braccia tramite due lunghe catene che legavano loro i polsi e stringevano loro le braccia sopra la testa.
Le due catene erano collegate l’una all’altra e il meccanismo che le teneva insieme si presentava come una sorta di bilancia il cui sbilanciamento dipendeva da una grossa leva di diamante posta al centro della piattaforma di vetro su cui erano l’altro vampiro e l’altra strega.
Per i più intelligenti non sarebbe stato difficile capire cosa significava tutto ciò e cosa comportava, ma - nel dubbio - Astaroth decise comunque di dare delle spiegazioni.
“Parlo a voi due, sulla lastra trasparente! Dovete decidere, decidere chi tra i miei due prigionieri far vivere e allora tirare quella leva in un senso o nell’altro! Il prigioniero che verrà salvato potrete prendervelo, ma l’altro morirà all’istante!” - spiegò, vedendo le loro facce sbiancare ed incupirsi.
“Perché fai questo?” - fece Nicole - “Perché non combattere solo contro di me e smetterla una volta per tutte? Perché coinvolgere anche loro?” - gli chiese.
“Perché così imparerete che con me non si scherza! Che non potete prendermi in giro e sperare di passarla liscia! C’è sempre un prezzo da pagare, Nicole! Sempre!” - rispose Astaroth, freddo e distaccato.
Nicole ammutolì e restò a fissarlo per qualche attimo, alternando lo sguardo tra lui e la scena che vedeva coinvolti i suoi genitori, presenti e passati.
“Tu lo sai!” - dedusse.
Astaroth scrollò le spalle e tornò a rivolgersi a coloro all’esterno.
“Ovviamente mi aspetto uno scontro tra voi due sulla lastra! Insomma…la giovane Bonnie non vuole che il suo vampiro muoia, no? Così come il caro Damon, padre di questa giovane qui con me, non vuole che sua moglie muoia anche a costo di uccidere la sua versione più giovane e morire lui stesso, giusto?” - fece - “Ebbene si, signori miei, so che i due vampiri hanno operato uno scambio e la cosa non mi è piaciuta per niente! Ecco il perché di tutto questo! Mi avete ferito, sapete? Quindi io ferisco voi! Non potete salvarli entrambi, perciò….decidete, con quale mezzo farete una scelta è a vostra assoluta discrezione, io non ci metto bocca!”.
“Non puoi costringerli a scontrarsi così! Non puoi!” - fece Nicole, continuando a battere i pugni sulla barriera e a tenere lo sguardo fisso su suo padre, sua madre e gli altri due a cui sembrava molto affezionata comunque.
“Si che posso!” - rispose Astaroth con nonchalance - “L’ho appena fatto!” - le fece notare.
“Loro non te la daranno vinta, troveranno un altro sistema, qualcosa per fregarti!” - ribattè Nicole, indurendo la mascella.
“Ma davvero? Allora non mi resterà altro da fare che rimanere a guardare, non ti pare?” - disse Astaroth, incrociando le braccia al petto con tutta la tranquillità di cui era capace.
Sembrava così convinta delle sue parole, cosi fiduciosa….
Come faceva a non capire che ciò che lui aveva fino a quel momento rivelato era solo la punta dell’iceberg? Che ciò che aveva in serbo per tutti loro era qualcosa di infinitamente più crudele e calcolato? E, soprattutto, che aveva tenuto conto di ogni cosa questa volta, anche la più apparentemente insignificante?


Molte volte aveva immaginato i possibili scenari entro i quali Astaroth l’avrebbe costretta per poterle togliere la vita, ma mai aveva pensato che lui potesse semplicemente metterla in un angolo, spettatrice impotente della caduta di tutte le persone a lei care, coloro che aveva giurato a se stessa di proteggere sempre.
Non voleva guardare, non voleva assistere allo scontro tra gli altri e i demoni e non voleva neppure pensare a cosa avrebbero fatto suo padre e Bonnie, a come avrebbero affrontato la situazione in cui si trovavano.
Non sapeva come, ma Astaroth aveva scoperto dello scambio e adesso Nicole sentiva di aver perso la sua ultima chance di difendere almeno la sua stessa famiglia, le persone che l’avevano o l’avrebbero messa al mondo, riservandole tutto l’amore che avrebbe potuto desiderare.
A volte guardando Astaroth si sentiva in colpa: se non fosse stato per lei il demone non avrebbe mai fatto la sua comparsa e nessuno di loro sarebbe finito in quel modo.
Sferrò l’ennesimo pugno alla barriera demoniaca e ringhiò di frustrazione nel momento in cui il colpo andò a vuoto, di nuovo.
C’era qualcosa di strano in quella barriera.
Per quanto Nicole si sforzasse non riusciva ad abbatterla e, nonostante ci provasse con tutta se stessa, si sentiva come bloccata dall’interno e per questo inutile, confusa e terribilmente stanca.
“La barriera, Astaroth! Cosa mi sta facendo?” - sibilò.
“Oh ti riferisci al fatto che non riesci ad usare la tua magia, il tuo Potere?” - fece il demone - “E’ fatta così! Te l’ho detto: l’ho creata ad arte per noi due, mia cara! Neanch’io posso usare il mio Potere, sai? Sono completamente bloccato, esattamente come te!”.
“Perché?” - chiese Nicole - “Perché autoprivarti del tuo Potere? Posso capire che tu ne abbia privato me per indebolirmi, ma…te stesso….Perché? Non capisco…”.
Astaroth si voltò completamente verso di lei e le mise le mani sulle spalle, guardandola fisso.
Nicole si accigliò e, per la prima volta, a causa di quel contatto si sentì davvero intimorita dal Figlio del Fuoco, come se lui, imprimendole le sue mani sulle spalle, le stesse finalmente facendo presente tutta la sua superiorità e la sua maggior esperienza in lotte del genere.
Si impose di non dare a vedere tutto quel suo disagio e allora raddrizzò la schiena, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Astaroth, curiosa di ciò che le avrebbe risposto.
“Voi avete una così bassa opinione di me…” - sospirò Astaroth - “La realtà è che io sono molto leale, sai? Capisco l’importanza del nostro scontro e so che alla fine voglio sconfiggerti sapendo di aver contato solo sulle mie forze fisiche e sapendo che se sarò riuscito ad indebolirti così da ritrovarmi in una situazione di vantaggio sarà stato solo grazie all’uso dell’arte della manipolazione e non per merito di incantesimi vari che risulterebbero, francamente, poco originali!” - le spiegò, parlandole lentamente, scandendo ogni parola con estrema innocenza.
Nicole si sentì presa in giro.
“Ed io dovrei crederci?” - sibilò, assottigliando lo sguardo e scostandosi malamente le mani di Astaroth dalle spalle.
Il demone non si lasciò scalfire e rise, proruppe in una risata cinica, crudele che, per i gusti di Nicole, le risuonava un po’ troppo nelle orecchie.
“Quindi possiamo usare solo la forza bruta qui dentro, eh?” - fece, retorica.
E prima che Astaroth riuscisse a risponderle, Nicole caricò il destro e glielo infranse sul mento, provocandogli dolore ed un salto all’indietro che lo portò a sbattere contro il lato più a sinistra della barriera.
Come prevedibile, Astaroth si riprese subito e tornò a guardarla, mentre si rialzava e si risistemava il colletto della giacca scura.
“Vedo che hai capito il concetto…” - le disse.
Nicole annuì e scrollò le spalle, seria in volto.
“Non ho ancora capito cosa vuoi ottenere da tutto questo, però!” - ribattè - “Perché coinvolgere tutti gli altri e perché rinchiuderti qui dentro con me e privarci dei Poteri? Non potevi semplicemente lottare contro di me come abbiamo sempre fatto? Che piano hai in mente?”.
“Oh, finalmente fai una domanda intelligente!” - la interruppe Astaroth, esasperato quasi - “Che piano ho in mente? Perché ti ho chiuso qui dentro e perché ho coinvolto tutti loro? Non capisci che è tutto collegato?” - le chiese - “Hai presente quando poco fa ti ho parlato di manipolazione? Mi riferivo alla manipolazione emotiva, Nicole! Un po’ complicata, ma efficace!”.
Nicole sentì un brivido correrle lungo la schiena.
“Manipolazione emotiva?” - fece.
Astaroth sorrise e allungò un braccio, indicandole l’esterno, gli altri.
Lilian ed Owen erano impegnati fianco a fianco in una lotta estenuante, cercando di scrollarsi di dosso i demoni, di restare in equilibrio sulle sottili travi su cui si muovevano e di evitare le lingue di fuoco che facevano per raggiungerli.
Sulla pedana sottostante alla piattaforma volante, sua zia Meredith e suo zio Alaric cercavano di tenere al sicuro Meredith e Matt, combattendo al meglio contro i demoni che li caricavano con spade enormi e altre armi di antica fattura.
I suoi zii e le loro controparti passate, dal canto loro, lottavano contro quei demoni che si calavano dall’alto e cercavano di avanzare verso il centro della pedana, correndo da un angolo all’altro dell’enorme sala.
Demon, demoni e ancora demoni!
E tutti loro lì sotto sembravano talmente pochi…
I suoi genitori, tutti e quattro, invece, erano immobili, indifesi, incerti sul da farsi.
“Guarda queste persone, Nicole! Loro sono tutta la tua vita, tutto ciò che ti sta a cuore! Sono la tua forza, sì, ma possono essere anche la tua debolezza! Io te li strapperò via, Nicole, uno ad uno io li ucciderò tutti fino a lasciarti sola e scoperta…vulnerabile! Il dolore che ti infliggerò sarà talmente grande che mi implorerai tu stessa di ucciderti pur di liberartene, pur di permetterti di rincontrarli dall’Altra Parte, nel Regno dei Morti!” - le disse Astaroth.
Nicole serrò la mascella e strinse i pugni.
Avrebbe voluto dire il contrario, smentire, ma come poteva?
Astaroth aveva ragione!
La sua famiglia e i suoi amici erano tutto ciò che aveva, rappresentavano il suo equilibrio, il suo “motivo per lottare”.
Se li perdeva…per cosa avrebbe lottato poi?
Sarebbe valsa la pena di lottare?
Con gli occhi lucidi Nicole li guardò nuovamente tutti, ad uno ad uno.
Combattevano con coraggio, con passione, del tutto inconsapevoli dei piani che Astaroth aveva per loro.
In quel momento fece l’unica cosa sensata che poteva fare: si voltò leggermente verso la sua sinistra e fissò i suoi occhi in quelli chiari dell’unica persona che forse aveva già capito tutto, che forse sarebbe riuscita a trovare una soluzione e che, per questo, era stata isolata ed intrappolata esattamente come lei.
Suo zio Matt le restituì lo sguardo dalla sua cella-cilindro e le annuì, come a dirle che sapeva, che aveva capito.
Nicole cercò di trasmettergli la sua confusione, il suo bisogno di trovare una via d’uscita.
Suo zio Matt cercava, invece, di restituirle fiducia - Nicole lo sentiva - e cercava di rassicurarla e di farle capire a gesti…qualcosa…
Nicole si accigliò e si avvicinò di più alla barriera per cercare di decifrare al meglio il messaggio nascosto nei movimenti delle mani di suo zio Matt.
Non capiva…
Sembrava che le indicasse Astaroth, poi lei e poi….Bonnie!
Non sua madre, ma Bonnie!
Suo zio Matt non faceva che indicarle Bonnie…in continuazione.
Ma perché?
Cosa voleva dirle esattamente?
Nicole pregò che intorno a lei tutto si fermasse, che le dessero altri due minuti per capire, per ragionare su quei gesti, ma nulla si fermò, anzi…continuò ad andare avanti nel peggiore dei modi.
“Matt Honeycutt! Il primo di una lunga lista, nonché il più scomodo!” - fece Astaroth.
Nicole si voltò a guardare il demone con la fronte corrugata.
Il primo di una lunga lista?
Stava per parlare, ma un urlo improvviso sovrastò tutto il resto e la pietrificò.
Cominciò a tremare e fu Astaroth che le afferrò le braccia e la voltò di nuovo affinchè potesse vedere cosa stava succedendo.
Sotto di loro, sulla pedana, un demone, minuto rispetto agli altri e dall’apparenza più innocua, era riuscito ad aggirare lo scudo formato da sua zia Meredith e suo zio Alaric ed era arrivato a Matt, colpendolo alla testa con una pesante mazza ferrata.
Nicole spalancò gli occhi, sentì il respiro che le si mozzava in gola e le lacrime che le rigavano le guance: era da tanto che non piangeva e quella novità, insieme ad un' improvvisa consapevolezza, la sconvolse totalmente.
Mentre Matt si accasciava al suolo privo di vita e con il cranio ridotto in pezzi, Nicole si voltò verso la cella-cilindro: suo zio Matt era scomparso, sparito nel nulla.
Certo! Uccidere la versione passata di Matt significava cancellare dal Tempo la versione futura, quella del 2034.
Non riuscì a guardare per troppo tempo Meredith che si accasciava accanto al corpo morto dell’amico.
Non riuscì a guardare per troppo tempo Elena che tentava di ragguingere Matt e Stefan che glielo impediva, trattenendola per il suo bene.
Non riuscì a guardare per troppo tempo Bonnie che gridava il nome di Matt.
Non riuscì a guadare per troppo tempo Damon che serrava gli occhi.
Passò fugacemente lo sguardo su sua madre e su suo padre per poi abbassarlo sulle sue mani inermi e pulite, ma che sentiva sporche del sangue di una delle persone a lei più care.
In quel momento qualcosa in Nicole si spezzò.
“Matt Honeycutt! Solo il primo di una lunga lista!” - tornò a sussurrarle Astaroth.